Esaù
Figlio di Isacco; in quanto capostipite degli odiati Edomiti (Gen. 36, 1), è descritto a fosche tinte dalla Bibbia (cfr. Gen. 25, 34; 26, 34 ss.; 31, 2 ss.) come persecutore del fratello gemello, Giacobbe, da cui derivarono gli Israeliti. D. prende i due fratelli come esempi tipici di due caratteri assai diversi per dimostrare che l'indole non dipende dalla virtù dei genitori, ma dagl'influssi celesti, concepiti - diversamente da come facevano gli astrologi - quali esecutori della Provvidenza divina: La circular natura, ch'è suggello / a la cera mortal, fa ben sua arte, / ma non distingue l'un da l'altro ostello. / Quindi addivien ch'Esaù si diparte / per seme da Iacòb (Pd VIII 127-131).
Il particolare, rilevato dalla Bibbia (Gen. 25, 22), dell'urto dei due gemelli nel seno di Rebecca è addotto da D. come prova della libertà di Dio nel creare le varie anime, dotandole di Grazia in misura differente: le menti tutte nel suo lieto aspetto / creando, a suo piacer di grazia dota / diversamente; e qui basti l'effetto. / E ciò espresso e chiaro vi si nota / ne la Scrittura santa in quei gemelli / che ne la madre ebber l'ira commota (Pd XXXII, 64-69).
Un altro particolare biblico impressionò la fantasia dei lettori: la rinunzia alla primogenitura a favore del fratello Giacobbe (Gen. 25, 27-34). Con scarsa verosimiglianza, rispetto ai due testi del Paradiso, che suppongono colpe molto maggiori di quelle caratteristiche degl'ignavi, Benvenuto identificò con E. l'enigmatico personaggio che fece per viltade il gran rifiuto (If III 60).