ESCHINE (Αἰσχίνης, Aeschĭnes)
Oratore e uomo politico ateniese, rivale di Demostene, andato in esilio a Rodi nel 330 a. C., e morto in data ignota. Il suo ritratto è stato riconosciuto per l'iscrizione autentica di un'erma dei Musei Vaticani, ma l'archetipo è meglio rappresentato dalla replica ercolanese del Museo Naz. di Napoli che è una statua-ritratto completa. Ritornano in quest'opera gli elementi essenziali dello schema figurativo del Sofocle lateranense, che i più fanno risalire all'originale dedicato da Licurgo nel 340 a. C. nel teatro di Dioniso ad Atene, ossia la solida ponderazione delle masse, ottenuta rappresentando la figura con una gamba avanzata, un braccio portato sul petto e l'altro dietro la schiena, e la chiusura delle masse nella stoffa che fascia. Ma qui il gioco delle pieghe è più mosso, e nello stesso tempo più serrato, perché più frequenti sono gli incontri angolari. Inoltre l'espressione psicologica ha una maggiore interiorità individualistica e pertanto meglio risponde alle nuove aspirazioni dell'ellenismo. Si potrebbe dunque pensare che lo schema del Sofocle abbia fornito l'ispirazione e che l'originale dell'E. sia stato costruito più tardi, fra il 322 e il 307 a. C., quando ad Atene ritornò al potere il partito macedone, nel quale doveva essere vivo e grato il ricordo di Eschine.
Il Lippold ritiene che l'archetipo sia stato creato a Rodi, dopo la morte dell'oratore, ma bisogna osservare che la grafia figurativa, per la sua contenutezza formale, è schiettamente attica e che lo schema statuario dell'E. - come quello del Sofocle - ritorna in buon numero di stele ellenistiche e romane attiche e in nessun rilievo rodio. È lecito dunque pensare che l'originale, certo in bronzo, sia stato dedicato in Atene.
Esistono 10 repliche della testa.
Bibl.: L. Laurenzi, Ritratti Greci, Firenze 1941 (con bibl. prec.); K. Schefold, Die Bildnisse der antiken Dichter, Redner u. Denker, Basilea 1943, pp. 36, 100, 103, 104; E. Buschor, Das hellenistische Bildnis, Monaco 1949, pp. 8, 13, 45.