ESEDRA (gr. ἐξέδρα, exĕdra, exhĕdra, propriamente "sedile", successivamente "sala munita di sedili")
Nella casa greca e romana exedra è anzitutto uno degli ambienti propri della casa signorile, collocato davanti all'atrio e comunque prossimo a questo, munito di sedili per servire da sala di ritrovo e di conversazione, ben distinto dagli altri ambienti per essere completamente aperto sopra uno dei lati, quello verso il peristilio, e privo perciò di porta vera e propria. Ambiente quindi luminoso e aereato sopra tutti gli altri, e ricercato come luogo di riposo e di ristoro nella stagione calda. Esedre intese in questo senso si riconoscono in molte case di Pompei. Nessun'altra caratteristica costruttiva, all'infuori di quella accennata, presentano però tali esedre, non potendosi a rigore considerare una proprietà di questo tipo di ambienti la ricca decorazione pittorica delle pareti e quella musiva dei pavimenti. I sedili delle esedre private dovevano essere mobili e di legno. La più certa denominazione di esedra, con la precisa destinazione a luogo di ritrovo, si ha per quegli ambienti di carattere pubblico, dove, prescindendo anche qui dalla forma geometrica della sala, si trovano sedili fissi, o meglio un unico sedile fisso, di pietra o di marmo, sviluppato per tutta la lunghezza delle pareti: come nelle palestre, ad es., di Delo, Priene, Pergamo, ecc. La grande palestra di Olimpia (del sec. III a. C.), presso l'angolo NO. dell'Altis, consta quasi esclusivamente di una corona di esedre, o sale aperte, intorno alla corte centrale; la maggiore di esse sviluppava una fronte libera di una trentina di metri di lunghezza, con quindici colonne di sostegno dell'architrave.
Le pubbliche esedre, munite di sedili di pietra fissi, potevano naturalmente servire anche a riunire gruppi di ascoltatori o di discepoli intorno a un oratore, a un maestro: nel qual caso l'esedra prende opportunamente il nome di schola (σχολή). Viene appunto considerata una schola l'esedra nel Foro triangolare di Pompei, munita d'un orologio solare. Con tutte queste e altre possibili destinazioni si comprende come in età romana nessun importante edificio potesse andare privo di esedre. Nell'esedra del teatro di Pompeo si riuniva alle volte il Senato.
La forma dell'esedra variava ad arbitrio dell'architetto. Ma si dovette constatare che, per comodo degli uditori, specie nel caso di una schola, la forma a emiciclo con i sedili all'intorno era quella che meglio si conveniva. Il mondo romano dimostra largamente la sua predilezione per questo tipo di esedra, che è in sostanza un'abside munita di sedili.
Ampî sedili a emiciclo, per più persone, si trovano costruiti lungo le vie suburbane di Pompei, annessi a monumenti sepolcrali. Tali esedre sono di un tipo assai semplice. Presso la strada, sopra un piano elevato di un gradino, si spiega l'emiciclo di pietra, lungo il quale è ricavato il sedile continuo, a cornice sporgente, e lo schienale; il tutto senza ornamenti, all'infuori di due zampe di grifo, scolpite agli estremi dell'emiciclo. Tale il monumento a esedra della sacerdotessa Mamia, presso la Via Ercolanese. A volte l'iscrizione dedicatoria è limitata a una targa inserita al centro del dossale; in altri casi al centro dell'esedra s'inserisce un plinto con epigrafe, sormontato da una colonna che regge l'urna cineraria.
Monumenti a esedra s'incontrano di frequente nel mondo grecoromano. Piccole esedre con iscrizioni onorarie si trovano a Delo e in altre città ellenistiche: da esse deriva quella dedicata a Settimio Severo e alla sua famiglia, a Leptis Magna.
In edifici più complessi la forma a esedra ebbe dai Romani numerose e sistematiche applicazioni. Basti citare la disposizione semicircolare di alcuni imponenti organismi edilizî, quali le botteghe dei Mercati traianei e la recinzione del Foro di Augusto. Particolarmente interessanti sono pure le esedre ottenute col raccordare mediante superficie curve i contrafforti esterni o interni, caratteristici delle grandi costruzioni romane a vòlta (v. contrafforte), secondo una disposizione di cui si ha esempio magnifico nelle terme di Diocleziano.
L'uso della parola esedra è stato modernamente generalizzato e ap plicato a edifici che dell'esedra classica del tipo più noto non presentanu che la forma a emiciclo. Così è stato assegnato impropriamente il nome di esedra alla monumentale fontana, o ninfeo, che tra il 150 e il 160 d. C. Erode Attico volle innalzare nell'Altis di Olimpia in onore della moglie Regilla, con vasche, giuochi d'acqua, nicchie e tempietti, e senza il più piccolo accenno di sedile.
Nell'architettura moderna la parola esedra è passata a significare genericamente ogni disposizione planimetrica sviluppantesi intorno a un semicerchio o ad altra figura simile. Più che per costruzioni isolate, tale configurazione è stata usata nei giardini (ninfei, fontane) e in sistemazioni urbanistiche di carattere monumentale, come a Napoli in Piazza del Plebiscito, a Roma nella piazza detta appunto dell'Esedra dalla forma degli edifici che la racchiudono e che, sorgendo sopra una parte delle antiche terme di Diocleziano, ne seguono l'andamento.
Bibl.: P. Paris, in Daremberg e Saglio, Dict. des ant., s. v.; A. Mau, in Pauly-Wissowa, Real-Encycl., s. v.; G. Stara-Tedde, in De Ruggiero, Dizion. Epigr., s. v.; N. Gardiner, History a. remains of Olympia, Oxford 1925; A. Mau,, Pompeji in Leben u. Kunst, 2ª ed., Lipsia 1908, passim; Notizie d. scavi, 1927, pp. 26, 37, 44, 58, 62; ibid., 1910, p. 385 segg.; R. Cagnat e V. Chapot, Manue d'Archéologie romaine, Parigi 1916, I, pp. 210;, 214; 358.