ESERCITO
(XIV, p. 314; App. IV, I, p. 722)
Il sistema difensivo europeo, che è restato per quarant'anni fermo alla contrapposizione dei due blocchi NATO-Patto di Varsavia, si è trovato nella necessità di adeguarsi a una situazione nuova, in conseguenza della fine della guerra fredda e della grave crisi che ha coinvolto l'intero sistema politico-militare dell'Unione Sovietica e dei paesi a regime comunista. Il clima di ottimismo creatosi dopo la caduta del muro di Berlino (1989) è stato bruscamente turbato dalla crisi del Golfo Arabico (gennaio 1991), seguita a breve distanza dal tentato colpo di stato di Mosca (agosto 1991). In presenza di un crescente disimpegno statunitense, e in assenza di qualsiasi garanzia rispetto alle forti tensioni politiche e militari dell'ex blocco sovietico e dei Balcani, con una situazione medio-orientale tutt'altro che stabilizzata, l'Europa si è trovata nel 1991 nella necessità di costituire un apparato militare il più possibile integrato, facente perno su una forza mobile navale, aerea e terrestre in grado di intervenire efficacemente anche a notevole distanza dalle proprie basi.
Una tale necessità appare non affrontabile con un e. composto prevalentemente da personale di leva, e la questione, lungamente dibattuta in Italia, appare oggi registrare una certa convergenza verso una soluzione che veda l'e. composto da una percentuale rilevante di militari di professione.
In Europa, per es., la Gran Bretagna ha un e. di mestiere, e se questo risponde a evidenti criteri di garanzia professionale, data l'elevata complessità degli armamenti moderni, presenta tuttavia altri inconvenienti quali la difficile reperibilità sul mercato del lavoro degli effettivi necessari a costi non eccessivamente elevati, e il loro reinserimento nella vita civile dopo tempi di ferma relativamente brevi (massimo 12 anni). Per molti anni l'istituzione di un e. di mestiere è stata avversata in Italia da ampi settori dell'opinione pubblica e da alcune forze politiche, nel timore di una possibile ''estraniazione'' dell'e. come ''corpo separato'' all'interno della nazione e il conseguente pericolo di azioni eversive. La coscrizione obbligatoria d'altra parte trova ostacoli fra i giovani, spesso poco disponibili al servizio militare per ragioni di ordine ideale, psicologico e sociale. Tutto ciò ha determinato una tendenza al contenimento del servizio di leva entro limiti di tempo molto ristretti, tali da compromettere − per la brevità della leva e il continuo ricambio − le possibilità di disporre di un e. adeguatamente addestrato.
Rimangono così irrisolti due problemi fondamentali dell'e.: la sua ''accettabilità'' e la sua ''credibilità''. L'opinione pubblica e le forze politiche debbono infatti ''accettare'' i pesanti oneri finanziari che l'esistenza di un moderno e. impone, mentre la ''credibilità'' riguarda il potere di dissuasione che, dal punto di vista militare, un tale e. avrebbe nei confronti di un eventuale nemico.
La crisi del Golfo Arabico, cominciata con l'occupazione irachena del Kuwait nell'agosto 1990 e conclusa (ma solo per ciò che riguarda la fase acuta) con l'operazione Tempesta nel Deserto del febbraio 1991, ha portato in evidenza all'opinione pubblica ciò che gli esperti di politica militare avevano capito da tempo, e cioè l'eventualità di dover intervenire con rapidità e decisione in scacchieri operativi lontani dal suolo nazionale, tradizionalmente considerato come specifica zona di difesa. Già l'e. italiano aveva avuto occasione di inviare contingenti in lontane zone di conflitto armato, a fini sia di soccorso di una delle parti contendenti sia di missione di pace (per es. l'intervento italo-francoamericano in Libano, le missioni ONU; da segnalare l'azione dell'e. italiano in Albania in soccorso della popolazione colpita da carestia), ma il vero problema, allo stato dei fatti non risolto, è l'invio oltre mare di un corpo di spedizione militare tecnicamente pronto e psicologicamente disposto ad azioni di guerra.
Altro problema che si va profilando è quello posto dal decremento demografico, con conseguente necessità di un aumento della durata del servizio o dell'ammissione delle donne nell'e., soluzione che ormai sembra incontrare i favori di tutti.
Sul piano qualitativo, il problema maggiore deriva dal continuo progresso tecnologico che, senza aumentare la panoplia di armi disponibili, ne ha sofisticato l'impiego con l'introduzione a tutti i livelli dell'informatica, dell'automazione, della computerizzazione, dell'elettronica, portando a una obsolescenza dei materiali in servizio molto più rapida del normale logorio, anche questo, peraltro, intenso, dato il rapido susseguirsi di cicli addestrativi. Di qui problemi sempre più ardui di scelta e di finanziamento, sia per l'aggiornamento continuo del parco materiali, sia per il suo mantenimento in efficienza.
Sul piano operativo notevole importanza ha assunto la possibilità di movimento nella terza dimensione, con il potenziamento dell'Aviazione Leggera dell'Esercito (ALE); essa comporta tanto la capacità di trasporto tattico e logistico quanto l'intervento diretto in combattimento, con la potenza di fuoco espressa dall'armamento di bordo degli elicotteri controcarro.
La denominazione ''Aviazione leggera'' nacque ufficialmente nel 1956, con la circolare che autorizzava l'e. italiano a impiegare ''velivoli leggeri'' (cioè di peso non superiore a 1500 kg a pieno carico) per l'osservazione del tiro d'artiglieria. Oggi questo termine non è più attuale: l'ALE impiega numerosi elicotteri pesanti tra cui i CH 47, il cui peso massimo al decollo è di circa 23 t, e si appresta a ricevere i bimotori Dornier 228 (v. fig.) per collegamento veloce e lancio di paracadutisti. Oggi l'ALE conta 770 piloti, 2000 specialisti e 400 velivoli dei tipi: SM 1019 (ala fissa), AB 205, AB 206, AB 212, AB 412, A 109, A 129, CH 47; provvede autonomamente alla manutenzione e alle riparazioni dei suoi mezzi. Come scopi immediati si propone il perfezionamento della prontezza operativa ''ogni tempo'', anche con l'impiego di visori notturni, la manutenzione in campo aperto, il rifornimento e il riarmamento rapido campale, la ricerca e il soccorso di equipaggi. A operazioni di soccorso, in particolar modo in montagna, l'ALE partecipa già, con crescente efficienza, fin da quando ha messo in linea i primi elicotteri.
La rapida evoluzione delle dottrine e dei mezzi ha portato ad accentuare negli Stati Maggiori dei vari e. gli aspetti manageriali e tecnici rispetto a quelli tradizionali, operativi e ordinativi, con conseguente trasformazione, specie nei gradi più elevati, della figura dell'ufficiale da comandante a dirigente di un'impresa industriale che produca ''sicurezza'', naturalmente al minimo costo. Dobbiamo anche ricordare l'integrazione interforze e quella interalleata in comandi operativi plurinazionali, con tutte le difficoltà conseguenti.
In tale ottica, così vasta e complessa, si è mosso negli ultimi anni anche l'e. italiano. Ulteriori complicazioni sono derivate dalla mutata situazione nel bacino del Mediterraneo, di cui la penisola italiana costituisce elemento geopolitico fondamentale. Mentre in precedenza il principale problema strategico era la difesa del settore nordorientale, rientrante nei compiti dell'alleanza atlantica (necessità attualmente molto meno acuta, benché la crisi iugoslava crei notevoli preoccupazioni), oggi i problemi prevalenti sembrano riguardare il Medio Oriente, con l'affermarsi sulle rive del Mediterraneo orientale di paesi di nuova indipendenza, sovente in forte contrasto con il mondo occidentale, e la turbolenza e l'instabilità politica di un'Africa ancora sotto gli effetti della decolonizzazione. Tali questioni, con la conseguente maggiore importanza data alle componenti navale e aerea dell'e., hanno richiesto una più spinta integrazione interforze e, nello stesso tempo, una più precisa definizione degli scopi dell'e. stesso.
Nel progetto del nuovo modello di difesa presentato nel novembre 1991 dal ministro della Difesa alle Commissioni parlamentari riunite, l'e. italiano dovrebbe essere organizzato in 19 brigate, così suddivise: 5 brigate di ''pronto impiego'', formate quasi completamente da professionisti e assegnate alla NATO; 10 di ''secondo tempo'' e 4 ''quadro'', cioè di mobilitazione, formate prevalentemente da soldati di leva e richiamati. Fra le unità di pronto impiego figurano: una brigata corazzata, una motomeccanizzata aviotrasportabile, una blindata, una alpina e una di paracadutisti.
Le brigate di ''secondo tempo'' avranno, in tempo di pace, un numero di effettivi ridotti al 50% e, al momento della mobilitazione, saranno completate da richiamati il cui addestramento dovrebbe richiedere da uno a tre mesi. La composizione delle forze di secondo tempo è prevista come segue: una brigata corazzata, sette meccanizzate, due alpine con relativi supporti tattici e logistici.
Le brigate ''quadro'' saranno al completo per quanto riguarda i materiali, ma avranno pochi uomini, in pratica quelli necessari per la custodia dell'equipaggiamento. La composizione delle forze di riserva e di mobilitazione è prevista come segue: una brigata corazzata, due motorizzate-meccanizzate e una alpina. Il progetto prevede peraltro una sostanziale riduzione del personale della difesa che, per l'e., è del −28%.
Si deve sottolineare come nelle trasformazioni ordinative e organiche intervenute si è cercato al massimo di non disperdere il patrimonio di tradizioni direttamente derivate dalle armi e dai corpi preesistenti, conservando denominazioni storiche, quali ''battaglioni bersaglieri'' o ''gruppi di squadroni'' per minori unità meccanizzate, mantenendo così in vita un corpo e un'arma di grandi tradizioni (la cavalleria) del nostro e. nazionale. Tutte le unità minori (vale a dire battaglioni, gruppi di squadroni, gruppi di artiglieria, ecc.) hanno una loro bandiera o un loro stendardo con le decorazioni al valore riportate dai reggimenti da cui tali unità derivano.
L'e. dispone poi di un apparato scolastico-addestrativo di notevoli dimensioni: a livello universitario per la formazione dei quadri permanenti (accademia e scuola d'applicazione) e postuniversitario per dar loro maggiore professionalità (scuola di guerra), nonché di reclutamento e specializzazione per ufficiali di complemento, sottufficiali e specializzati di truppa, sia volontari che di leva.
Complessivamente l'e. italiano impiega circa 270.000 uomini, di cui il 15% circa costituito da personale di carriera o a lunga ferma. Per queste ultime categorie di personale, mentre non si pongono particolari problemi per gli ufficiali di grado elevato, si nota una certa deficienza quantitativa per quelli inferiori, anche se integrati, questi, da circa 7000 ufficiali di complemento di prima nomina. Analoga deficienza si riscontra nei sottufficiali, il cui numero è vincolato per legge a un quantitativo inferiore al fabbisogno, mentre quasi del tutto insignificante è l'apporto dei volontari a breve e media ferma, ben lontano dal 15% previsto e ancor di più dal 30% auspicabile per un e. moderno. Il problema degli effettivi s'impone in tutta la sua evidenza soprattutto nel quadro, cui si è già accennato, del decremento demografico, che in vent'anni, dal 1962 al 1981, ha ridotto il contingente di leva da 480.000 a 319.000 unità. Rimanendo nell'ambito dell'organico dobbiamo ricordare che, con leggi approvate agli inizi degli anni Ottanta, sono stati unificati, ferma restando una differenziata qualificazione professionale, i ruoli degli ufficiali delle varie armi con l'obiettivo di eliminare le sperequazioni di carriera, ed è stato costituito il ''Corpo tecnico dell'esercito'' raggruppante i preesistenti servizi tecnici, anche qui a scopi funzionali e d'integrazione professionale. Sotto il profilo ordinativo-operativo sono stati costituiti due comandi interforze, in cui l'e. è parte essenziale, per far fronte ai compiti previsti dalle missioni di difesa del territorio e di operazioni di pace, cui si è accennato: il comando della Forza d'Intervento Rapido (FIR) e quello della Forza di Pronto Intervento (FOPI), disponenti ciascuno di reparti appropriati per stroncare con immediatezza qualsiasi tentativo di violazione da Sud del territorio nazionale o per concorrere in modo organico e preordinato in operazioni di protezione civile.
Nel settore dei materiali, malgrado le enormi difficoltà di bilancio, si è provveduto, o si sta provvedendo, all'eliminazione di vistose lacune (v. artiglieria, in questa Appendice). La linea carri è stata completamente rinnovata con il carro Leopard armato di un cannone da 105 mm e con altri mezzi blindati cingolati e ruotati. È in atto uno studio avanzato per un sistema integrato ''Campale di Trasmissione e Informazione'' (CATRIN), destinato ad assicurare ''in tempo reale'' lo scambio e l'elaborazione delle notizie interessanti una qualsiasi azione operativa. Nel campo infrastrutturale si è dato inizio a rinnovamenti o a costruzioni ex novo per sostituire i 2/5 delle caserme esistenti, del tutto inadeguate per vetustà alle moderne esigenze. Anche nel campo addestrativo si è fatto ricorso a efficaci impianti di simulazione, in modo da contenere al massimo necessità di aree, costi e tempi di addestramento.