ESILARCA
. Con questo titolo (aramaico Rāsh Gālūtē, ebraico Rōsh Gōlāh o Rōsh Gālūt), che significa "capo dell'esilio" era designato il supremo capo di quella parte della popolazione ebraica rimasta in Babilonia anche dopo che Ciro ebbe concesso agli esuli giudei il ritorno in patria nel 586 (v. ebrei, XIII, p. 346).
Almeno dalla metà del sec. II d. C., sotto il dominio degli Arsacidi, ci è attestata l'esistenza della carica ereditaria di esilarca. La tradizione giudaica considerava gli esilarchi discendenti dalla dinastia reale davidica, e ne faceva risalire la serie fino al re Yĕhōyākīn (597). Naturalmente questa tradizione non ha valore storico, ma tuttavia è da pensarsi che l'istituzione sia assai più antica delle prime notizie che ne abbiamo. Dalla metà del sec. II in poi possiamo ricostituire pressoché completa la lista degli esilarchi. Già nel periodo degli ultimi Arsacidi e dei Sassanidi l'esilarca era considerato come il rappresentante ufficiale dei sudditi ebrei presso il governo e come loro giudice supremo col diritto di nominare i giudici locali e di esigere tasse per il mantenimento della propria corte principescamente sfarzosa. La corte dell'esilarca era una delle poche sedi di studî giudaici tradizionali in Babilonia prima che gli scolari di Rabbī Vĕhūdāh ha-Nāsī venuti dalla Palestina dessero a questi studî larga diffusione. L'autorità che i capi delle accademie vennero acquistando diminuì alquanto l'importanza, prima esclusiva, dell'esilarcato, il quale tuttavia continuò a restare formalmente dotato degli stessi alti poteri; talvolta sorsero conflitti e contrasti fra le due autorità. Nelle persecuzioni religiose del sec. V, l'esilarca Hūnā subi il martirio (470). Le condizioni si fecero ancor più gravi al principio del sec. VI in seguito al movimento mazdakistico, e l'esilarca Mār Zuṭrā si decise a un'aperta ribellione contro il governo persiano, riuscendo a costituire un piccolo stato indipendente che si mantenne per alcuni anni; ma poi, sopraffatto dalle forze persiane, egli fu catturato e ucciso. All'inizio della conquista araba l'esilarcato era affidato a un reggente, essendo morto l'esilarca precedente senza lasciar figli adulti; all'età di sedici anni il figlio maggiore Bostānay fu nominato esilarca dal califfo ‛Omar, che gli diede in moglie una delle figlie del vinto re persiano. L'autorità dell'esilarca si estendeva naturalmente agli ebrei di tutti i paesi sottoposti al califfo. Fra i contrasti che gli esilarchi ebbero coi gĕ'ōnīm (titolo dei capi delle accademie nell'epoca islamica) è particolarmente degno di nota quello che si dibatté per lungo tempo e con estrema asprezza fra l'esilarca Dāwīd ben Zakkay e il gā'ōn Sa ‛adyāh, nella prima metà del sec. X. L'opinione di alcuni storici che l'esilarcato cessasse di esistere verso la metà del sec. X è certamente fallace, come mostrano i documenti recentemente ritrovati nella gĕnīzāh cairina; certo è però che l'autorità dell'esilarcato, già notevolmente scemata nel sec. IX, perse ancora terreno di fronte ai gĕ'ōnīm dopo la morte di Dāwīd ben Zakkay. Di questo periodo sono le ampie e interessanti notizie sull'esilarcato, la sua giurisdizione e il suo fasto, forniteci da un frammento di Nātān ha-Bahlī che fu testimone del solenne insediamento di Dāwīd ben Zakkay. Morto l'ultimo gā'ōn di Pum-Bĕditā, Hay, nel 1038, l'esilarca Hizqiyyāh assunse anche il gā'ōnato. È stato detto che egli fosse l'ultimo degli esilarchi, ma anche ciò è smentito dai documenti testé ritrovati, che ci mostrano la continuazione dell'esilarcato anche dopo di lui. Neppure la tempesta della conquista mongola e della caduta del califfato ‛abbāside (1258) scosse l'esilarcato, che continuò a esistere anche sotto i Mongoli. Ne abbiamo notizie anche nel sec. XIV, ma certamente esso non sopravvisse alla conquista di Tamerlano.
In molti degli stati islamici più o meno effettivamente indipendenti che vennero formandosi a partire dal sec. VIII nel processo di smembramento del califfato di Baghdād, sorsero, per ovvie ragioni politiche, esilarchi locali. Li troviamo, sia con lo stesso titolo di esilarca, sia con quelli di nāsī (principe) o di nāgīd (prefetto), a Mossul, ad Aleppo, a Damasco, in Palestina, in Egitto, a Qairawān, a Granata, ecc. Quelli che portavano il titolo di esilarca o di nāsī erano di solito membri della famiglia degli esilarchi babilonesi.
Bibl.: Lazarus, Die Häupter der Vertriebenen, Francoforte sul M. 1890; Poznanski, Babylonische Geonim im nachgaonäischen Zeitalter, Berlino 1914, pp. 111-125; Tykocinski, Bostānay Rōsh ha-Gōlān (L'esilarca Bostānay), in Děbīr, I, Berlino 1923, pp.145-179; Mann, Misrat Rōsh ha-Gōlāh wĕ-hista‛ăfūtāh bĕ-sōf tĕqūfat ha-Gĕ'ōnīm (La carica di esilarca e le sue diramazioni alla fine dell'epoca gā'ōnaica), in Livre d'hommage à la mémoire du Dr. S. Poznanski, Varsavia 1927, parte ebraica, pp. 18-32.