Esofago
L'esofago (dal greco οἰσοϕάγος, derivato dai temi οἰσ-, "portare", e ϕαγ-, "mangiare") è il tratto di tubo digerente compreso tra faringe e stomaco, responsabile del movimento del bolo alimentare che, dal cavo orale e dalla faringe, è inviato allo stomaco grazie ai movimenti peristaltici della parete esofagea (v. anche Torace, Mediastino).
L'esofago decorre lungo il collo e nella cavità toracica, dov'è localizzato posteriormente alla trachea e anteriormente al mediastino; attraversa il diaframma tramite un'apertura chiamata iato esofageo e termina nello stomaco. La lunghezza media dell'esofago è di circa 25 cm, mentre il diametro è di circa 2 cm. La parete esofagea è formata da più tonache sovrapposte che, procedendo dall'esterno verso l'interno, sono: una lamina propria connettivale, una tonaca muscolare esterna - composta di uno strato interno circolare e uno strato esterno longitudinale -, una sottomucosa contenente le ghiandole esofagee e una mucosa costituita da muscolatura liscia che, insieme alla sottomucosa, è disposta a formare delle grandi pieghe. In assenza di deglutizione, il lume della cavità esofagea è mantenuto chiuso dal normale tono muscolare, mentre il passaggio del bolo alimentare determina la distensione delle pareti esofagee, con conseguente compressione delle strutture circostanti, come la porzione posteriore della trachea, che in questa regione è sprovvista di rinforzi cartilaginei. La deglutizione provoca l'apertura dello sfintere esofageo superiore, dopo la quale il bolo attraversa l'esofago grazie a un'onda peristaltica principale che termina con l'apertura dello sfintere esofageo inferiore e l'ingresso del bolo stesso nello stomaco. La velocità di transito risulta diversa a seconda della consistenza del cibo: il nutrimento liquido, non risentendo di forze frenanti da parte delle pareti e sfruttando la gravità, anticipa l'onda peristaltica e transita nell'esofago molto rapidamente, mentre un bolo relativamente solido viaggia più lentamente e necessita, a volte, di movimenti peristaltici secondari. L'attrito del materiale con le pareti dell'esofago rende inefficace la peristalsi ed è per questo motivo che è impossibile deglutire cibi molto secchi senza bere. L'atto della deglutizione è supportato da movimenti volontari esclusivamente nel cavo orale. Quando il bolo raggiunge la faringe, la deglutizione diviene un fenomeno del tutto involontario, determinato dalla stimolazione di recettori tattili localizzati sugli archi palatini e sull'ugola. La stimolazione si trasferisce poi al centro della deglutizione tramite i nervi trigemino e glossofaringeo, con conseguente invio di impulsi motori alla muscolatura faringea ed esofagea e contemporanea inibizione della funzione respiratoria (fig. 2). I movimenti peristaltici secondari sono indipendenti dal sistema nervoso centrale; dipendono infatti da recettori esofagei che inducono un riflesso mioenterico locale, tipico del tratto di tubo digerente compreso tra l'esofago e l'intestino retto.
Poiché l'esofago è deputato pressoché esclusivamente al transito del bolo alimentare dalla cavità orale e dalla faringe sino allo stomaco e non possiede competenze digestive specifiche, la sua evoluzione è legata non tanto a modificazioni delle abitudini alimentari, quanto al cambiamento morfologico, dovuto principalmente alla comparsa del collo, la regione compresa tra la testa, in cui è localizzata la bocca, e il tronco, dove è localizzato lo stomaco. L'esofago, come organo ben definito rispetto sia alla faringe sia allo stomaco, è identificabile solo nei Vertebrati terrestri, tuttavia una struttura con funzione specifica di allontanamento del cibo dalla cavità orale è riconoscibile anche negli altri Cordati e in alcune specie di Invertebrati, per es. nelle sanguisughe, nelle quali notevoli quantità di sangue possono essere conservate per lunghi periodi in una dilatazione annessa allo stomaco, analoga al gozzo degli Uccelli, e inviate gradualmente allo stomaco per essere digerite. Nei Pesci, l'esofago è assente nei Ciclostomi (per es. lampreda) e nei Condroitti (pesci cartilaginei), mentre un esofago estremamente breve e mal definito rispetto allo stomaco è identificabile negli Osteoitti (pesci ossei). Negli Anfibi l'esofago è più lungo e meglio delimitato rispetto allo stomaco, mentre nei Rettili assume una lunghezza considerevole in rapporto alla lunghezza del collo ma, contemporaneamente, le sue pareti si assottigliano. In alcuni Cheloni (tartarughe), la parete esofagea contiene papille corneificate che trattengono la preda. Negli Uccelli l'esofago si dilata a formare il gozzo, o ingluvie, un sacco ricco di ghiandole, che può essere costituito da una camera singola o da camere multiple, come nel piccione. La sua funzione è generalmente l'immagazzinamento provvisorio del nutrimento in attesa della digestione, ma in alcuni casi vi si possono verificare secrezioni che iniziano il processo digestivo. Nei Mammiferi l'esofago diviene molto lungo, superando i limiti del collo e del torace e giungendo nella cavità addominale.
L'esofago deriva dalla regione anteriore dell'intestino primitivo e la sua formazione comincia dalla 4ª settimana di vita intrauterina, determinata dallo sviluppo di un setto esofagotracheale che lo separa dalla trachea. Inizialmente l'esofago è estremamente corto; il suo allungamento relativo si completa in circa 7 settimane. L'epitelio delle pareti esofagee, come la componente epiteliale di tutto il canale digerente a esclusione delle regioni estreme di bocca e ano, è di origine entodermica, mentre la componente muscolare deriva dal mesenchima degli archi branchiali caudali e da quello della splancnopleura.
4. Patologia (Red.)
Anomalie durante lo sviluppo ontogenetico possono comportare gravi alterazioni funzionali a carico dell'esofago (fig. 3). In caso di deviazione del setto esofagotracheale, si può manifestare un'atresia esofagea, con incompleta separazione tra esofago e tubo laringotracheale. Più frequentemente, la mancata ricanalizzazione del lume del canale esofageo può determinare una stenosi esofagea evidenziabile come un tratto dotato di lume estremamente filiforme. Infine, l'assenza di un corretto allungamento dell'esofago in relazione alle altre regioni del canale digerente può causare l'innalzamento dello stomaco al di sopra del diaframma, attraverso lo iato esofageo, dando luogo alle cosiddette ernie iatali congenite (v. ernia). Una patologia analoga può presentarsi anche molto tempo dopo la nascita ed è imputabile all'indebolimento del tono diaframmatico con conseguente allargamento dello iato esofageo. Oltre alle malformazioni congenite descritte, l'esofago può essere sede di molteplici patologie acquisite. Ferite, perforazioni e rotture dell'organo rappresentano eventi di notevole gravità a causa delle facili complicazioni. Nell'esofago possono fermarsi corpi estranei ingeriti accidentalmente: i sintomi consistono in dolori retrosternali, talora irradiati al dorso, disfagia, rigurgito, emorragie ecc. La diagnosi è accertata soprattutto con radiografia ed esofagoscopia. La rimozione viene di solito effettuata per via endoscopica e solo nei casi più gravi richiede l'intervento chirurgico. Lesioni dell'esofago sono dovute a ingestione di caustici (acidi o alcalini, soprattutto soda caustica), accidentale o a scopo suicida; nei casi non letali la retrazione cicatriziale determina stenosi dell'organo e disturbi di canalizzazione, in quelli più gravi, nei quali è impossibile anche la semplice alimentazione liquida, sono necessari interventi palliativi (gastrostomia, digiunostomia) in attesa di un intervento chirurgico radicale (esofagogastrostomia, esofagodigiunostomia).
Con il termine disfagia si definisce un disturbo della deglutizione, che diviene dolorosa, difficile o impossibile. Il meccanismo di insorgenza può essere: psicogeno (stati isterici, ossessivi ecc.), funzionale (acalasia, cioè discinesia sfinterica) od organico; quest'ultimo è rappresentato da numerose affezioni a carico del cavo orofaringeo e dell'esofago, specialmente da quelle che determinano un restringimento del lume (flogosi, raccolte ascessuali, stenosi cicatriziali, tumori). Anche malattie neurologiche o di origine vascolare possono determinare disfagia. In particolare si parla di disfagia paradossa quando essa si manifesta per i liquidi ma non per i solidi; di disfagia lusoria (da lusus naturae) quando è dovuta alla compressione operata da grossi vasi anomali (per es. succlavia destra). La diagnosi di disfagia di origine esofagea si basa sull'impiego di indagini radiologiche ed endoscopiche.
L'esofagite è l'infiammazione dell'esofago. Se ne distinguono varie forme in rapporto al tipo (catarrale, suppurativa, specifica ecc.), al decorso (acuto o cronico), all'eziologia (microbica, allergica, traumatica, da caustici, peptica). Un interessamento dell'esofago si può riscontrare in caso di ulcera peptica. I sintomi locali consistono in deglutizione dolorosa (odinofagia), disfagia e talora emorragia; quelli generali dipendono sia dalla natura dell'agente causale sia dalla difficoltà dell'alimentazione (dimagrimento). La terapia varia dall'adozione di particolari diete all'impiego di farmaci e, infine, al ricorso alla chirurgia (esofagiti traumatiche, da caustici, peptiche ecc.). I tumori dell'esofago sono di natura benigna, come nel caso di fibromi e leiomiomi, e maligna; in quest'ultimo caso si caratterizzano per la comparsa di disfagia ingravescente, prima per i cibi solidi poi anche per quelli liquidi.
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