Esotismo
Moda
Tra la fine degli anni Novanta e il principio del Duemila, nel contesto della globalizzazione, la dimensione mitica dell'e. inteso come 'altro' è andata definitivamente scomparendo. L'e. è divenuto così una ricerca esistenziale individuale che ha espresso, in maniera soggettiva e multiforme, stati d'animo e sensazioni attraverso un abito, un profumo o un ornamento.
Si pensi a questo proposito a J.-P. Gaultier (n. 1952) che ha reso la commistione degli stili il principale filo conduttore delle sue creazioni. La collezione Tatouage et piercing (prêt-à-porter, primavera-estate 1994), per es. - durante la quale lo stilista francese ha fatto scendere in passerella modelle con tatuaggi e piercing che indossavano abiti e T-shirt stampati con gli stessi motivi decorativi dei loro corpi, giacche in jeans dalla foggia settecentesca, gonne sarong e monili etnici - ha dimostrato chiaramente come l'e. potesse coinvolgere l'intero corpo, senza soluzioni di continuità e di coerenza. Accanto a Gaultier, tra coloro che hanno accostato passato e presente, materiali tecnologici e dettagli esotici, vi sono stilisti quali J. Galliano (n. 1960), C. Lacroix (n. 1951), A. McQueen (n. 1969), D. Van Noten (n. 1958), R. Ozbek (n. 1953), G. Versace (1946-1997) e R. Gigli (n. 1949). Nel lavoro di quest'ultimo le suggestioni esotiche sono particolarmente evidenti e sembrano spesso richiamare i motivi orientaleggianti dei Balletti russi che - portati a Parigi negli anni Dieci del Novecento dall'impresario S.P. Djagilev, con spettacoli come Schéhérazade, Le Dieu bleu e Cléopatre, i cui costumi erano firmati dal pittore e scenografo russo L. Bakst - segnarono in Europa l'acme del gusto esotizzante influenzando profondamente la moda. Colui che, tra il primo e il secondo decennio del Novecento, diede un importante contributo al dialogo con mondi diversi da quello occidentale, fu il sarto francese P. Poiret (1879-1944). Suggestionato dai Balletti russi, oltre a concepire mises da odalisca - costituite da pantaloni alla turca, caftani e turbanti in colori particolarmente accesi come il viola, l'arancio, il verde acido, l'oro -, nel 1911 organizzò una festa sontuosa dal titolo La fête de la mille et deuxième nuit dove gli ospiti erano stati invitati a vestirsi alla maniera persiana.
In quello stesso periodo ebbero una predilezione spiccata per la maison parigina delle Sorelle Callot, che realizzò abiti in materiali preziosi con decori ispirati all'Oriente e all'Africa del Nord, e J. Lanvin (1867-1946), che creò lunghi vestiti in seta e velluto ricamati in oro e lanciò turbanti ispirati a divinità indiane o del Sud-Est asiatico come Śiva. Contemporaneamente in Italia lavorarono artisti come lo spagnolo M. Fortuny e M. Monaci Gallenga, i quali nelle loro sperimentazioni su abiti e tessuti, fecero largo uso di tagli e di motivi decorativi esotizzanti.
Un fatto nuovo nella moda degli anni Venti fu anche l'assimilazione del folklore dei Paesi dell'Europa dell'Est e della Russia in particolare, dovuto alla forte immigrazione seguita alla Rivoluzione russa del 1917. Anche G. Chanel (1883-1971), che intrecciò una relazione sentimentale con il granduca D. Pavlovitch, nobile sfuggito alla Rivoluzione, si ispirò alla Russia in più di una collezione (1922-23). Profonda fu inoltre l'influenza esercitata da altri Paesi esotici. La scoperta della tomba di Tutankhamon (1922), per es., determinò il revival dell''egittomania'; le numerose esposizioni organizzate in Francia, per pubblicizzare i prodotti delle colonie, sollecitarono la creatività di stilisti come M. Rochas (1902-1955) e A. Grès (1903-1993) che, in alcune collezioni, trassero ispirazione dal costume balinese. Alla popolarità della moda esotica non fu estraneo il cinema: negli anni Trenta ne fu un emblema D. Lamour che, vestita da E. Head in The jungle princess (1936; La figlia della giungla) di W. Thiele, favorì una grande diffusione del sarong.
In seguito, tra gli anni Cinquanta e il decennio successivo, a parte alcuni casi circoscritti e film quali Love is a many splendored thing (1955; L'amore è una cosa meravigliosa) di H. King e The world of Suzie Wong (1960; Il mondo di Suzie Wong) di R. Quine, che sancirono la moda del qipao o cheongsam (abito cinese dalla linea aderente, di solito caratterizzato da collo alla coreana e da gonna con spacchi laterali, diffusosi a partire dagli anni Venti del 20° sec.), l'e. esercitò un'influenza minore nella moda.
La straordinaria voga dell'e. che dilagò in Europa, a partire dalla fine degli anni Sessanta, può essere considerata la sintesi delle periodiche sollecitazioni alle contaminazioni con altre culture. L'interesse per l'e. non fu dettato da una semplice attrazione nei confronti di un'estetica 'altra', come era spesso accaduto, ma prese la forma di una vera posizione ideologica, fondata sul rifiuto della cultura occidentale, che si estese a un'intera generazione. Per la prima volta la moda dell'e. non derivava né dagli stilisti, né dalla stampa specializzata, ma dalla 'strada' che, con un tipo di abbigliamento esotizzante, si opponeva alla moda ufficiale. All'origine dell'enorme diffusione dell'e. ci fu il movimento hippy che, nato in California nel 1966, rapidamente si propagò nel resto del mondo. Per i 'figli dei fiori' la moda era un sistema imposto dalla società per limitare la libertà; favorevoli all'invenzione di uno stile personale, odiavano tutto ciò che evocava modernità e industrializzazione e, in contrapposizione alla moda ufficiale, caratterizzata da abiti avveniristici che alludevano alle coeve sperimentazioni spaziali, si rifacevano alle civiltà 'altre' (India, Turchia, Cina, Messico, Tibet ecc.). Il loro stile - contraddistinto da giacche alla guru, kajal, catenelle indiane alle caviglie, poncho, sarong ecc. - presto divenne fonte di ispirazione per i creatori di moda che lo commercializzarono. In America R. Gernreich (1922-1985) e R. Halston (1932-1990) realizzarono corti kimono e tuniche in tessuto batik o tie-dye; in Europa, tra i maggiori interpreti dell'e. si annoverano K. Lagerfeld (n. 1938), M. Bohan (n. 1926) per Ch. Dior (1905-1957) e Y.-S. Laurent (n. 1936).
A rendere ancora più intenso il sincretismo etnico si è imposta in Europa, tra la seconda metà degli anni Settanta e il decennio successivo, l'avanguardia degli stilisti giapponesi quali H. Mori (n. 1926), I. Miyake (n. 1938), R. Kawakubo (n. 1942) e Y. Yamamoto (n. 1943). Con loro l'abbigliamento giapponese è divenuto il punto di partenza per un design cerebrale costituito da abiti destrutturati che racchiudono il corpo in una serie di stratificazioni di indumenti dall'apparenza povera e informe dove si fondono Oriente e Occidente.
Con un'accezione diversa, non povera ma opulenta, l'e. ha continuato a influenzare la moda degli anni Ottanta. All'indomani dell'uscita sul grande schermo di Kagemusha (1980; Kagemusha - L'ombra del guerriero) diretto da A. Kurosawa, molti stilisti, da G. Armani (n. 1934), a G. Ferré (n. 1944) a Krizia, hanno trovato nell'Estremo Oriente, il principale filo conduttore per le loro collezioni (autunno-inverno 1981-82).
Nei primi anni Novanta, in coincidenza con l'affermarsi di un gusto minimalista, le atmosfere esotizzanti non hanno cessato di suggestionare la moda, anche se gli spunti da cui hanno tratto ispirazione stilisti e griffe risultano privi di ogni sfarzo e hanno ceduto il passo a garze leggere su abiti dalle linee semplici come tuniche dall'ispirazione indocinese o caftani. L'interesse per la moda esotica è stato ripercorso negli anni Novanta da mostre quali: Orientalism, visions of the East in western dress a New York e Japonisme & mode e Touches d'exotisme xive-xe siècles a Parigi.
Bibliografia
Cataloghi di mostre: R. Martin, H. Koda, Orientalism, visions of the East in western dress, Metropolitan Museum of Art, New York 1994.
Japonisme & mode, Palais Galliera, Paris 1996, pp. 137-142.
Touches d'exotisme xive - xxe siècles, Musée de la mode et du textile, Paris 1998.