espressione
Termine invalso nell’uso filosofico verso la seconda metà del sec. 17° e utilizzato, inizialmente, soprattutto da Leibniz sia in campo metafisico (per indicare il carattere della «monade» come e. o manifestazione di Dio), sia in campo antropologico (per designare in generale quel tipo di rapporto che lega insieme il simbolo al suo significato). In Kant il concetto di e. assume un significato estetico ed è utilizzato per la classificazione delle arti belle in quanto queste si basano su una specie di e. rappresentata dalla parola, dal gesto o dal tono. Kant stabiliva così attraverso la nozione di e. un nesso fra arte e linguaggio, principio che sarà ripreso e sviluppato dall’estetica successiva. Il concetto di e. ha particolare importanza nell’estetica di Croce e nella filosofia delle forme simboliche di Cassirer. La teoria di Croce si fonda sulla distinzione della nozione di ‘impressione’ (in cui lo spirito subisce, non agisce) da quella di ‘e.’, intesa come la prima forma dell’attività teoretica dell’uomo. L’e., che Croce considera identica all’intuizione, costituisce la sintesi dell’individuale (così come il concetto costituisce la sintesi dell’universale), cioè quella forma che organizza ed elabora le impressioni e le sensazioni. Essa rappresenta quel principio cui si richiama l’arte in modo esemplare (anche se non specifico, dato che non c’è soluzione di continuità, secondo Croce, tra le opere d’arte, considerate come espressioni particolarmente complicate e difficili, e ogni altra e. non artistica), come anche il linguaggio, in quanto pura estrinsecazione di uno stato d’animo (non ancora volto, cioè, al fine pratico e oratorio della comunicazione e della convinzione). La teoria dell’e.-intuizione, approfondita poi nella concezione della ‘intuizione pura’ (quell’intuizione che non ha per oggetto la realtà esterna, ma quello stesso contenuto sentimentale dello spirito che è oggetto anche dell’attività espressivo-linguistica dello spirito stesso), considera inessenziali i momenti della estrinsecazione e della materializzazione, che costituiscono soltanto la riproduzione non necessaria di qualcosa che è in sé già perfetto e compiuto. Secondo Cassirer, qualsiasi forma espressiva, dovuta all’attività riflessa della coscienza, consiste in prima istanza nell’elaborazione attiva dell’immediatezza e della passività delle impressioni sensibili. Le diverse forme vanno però colte nella loro specificità, in relazione alle differenti modalità di organizzazione dei dati percettivi, e tenendo conto del modo in cui esse si manifestano volta per volta non solo nella conoscenza, ma anche nella coscienza mitico-religiosa, nell’arte e nel linguaggio. La filosofia delle forme simboliche consiste infatti nell’ampliamento della ‘critica della ragione’ in una ‘critica della civiltà’, che vuole intendere, oltre alla funzione conoscitiva, la funzione del pensiero mitico-religioso, dell’intuizione estetica e del pensiero espresso nel linguaggio; in tal modo ogni fenomeno espressivo determinato, proprio di qualsiasi produzione culturale (mitico-religiosa e artistica, linguistica e scientifica), deve trovare il proprio fondamento in un principio ‘spirituale’ e ‘creativo’, ossia in un’attività formativa e costruttiva originaria, intesa come sua condizione di possibilità.