DELEGAZIONE, ESPROMISSIONE e ACCOLLO
. Con gli istituti della delegazione, dell'espromissione e dell'accollo (v. in App. I, p. 12), il vigente codice civile ha inteso dare disciplina compiuta del problema riguardante l'intervento di un nuovo debitore in un rapporto obbligatorio già esistente.
Il precedente codice civile del 1865 (soprattutto negli artt. 1270 e 1271, relativi rispettivamente all'espromissione e alla delegazione) aveva considerato detto intervento fondamentalmente sotto il profilo della sua idoneità a estinguere il rapporto obbligatorio preesistente, creandone uno nuovo, in ciò determinato dalla costruzione giuridica adottata secondo la quale gli istituti della delegazione e dell'espromissione venivano considerati come specie particolari del genus più ampio rappresentato dalla novazione (v. in vol. XXIV, p. 994).
La delegazione (art. 1268 e segg. cod. civ.) è istituto giuridico complesso nel quale si saldano tre rapporti giuridici obbligatorî tra delegante e delegatario, tra delegante e delegato, delegato e delegatario, il cui intimo collegamento è preordinato al fine di creare un nuovo rapporto obbligatorio (delegato-delegatario) normalmente in aggiunta (d. cumulativa) ma talvolta anche in sostituzione (delegazione novativa) di un preesistente rapporto obbligatorio (delegante-delegatario).
In dottrina si è tentato di affermare che il fenomeno delegatorio può sussistere indipendentemente da un rapporto obbligatorio tra delegante e delegatario, ma non si vede su quale elemento positivo detta possibilità possa fondarsi, quando l'art. 1268 qualifica il delegante come "debitore" del delegatario, così come si è tentato, peraltro contrastatamente, di delineare accanto alla d. passiva (che è quella prevista e disciplinata dal codice civile) una d. attiva, il cui profilo è tuttavia evanescente di fronte alla costruzione normativa del fenomeno consistente nella creazione di un nuovo rapporto obbligatorio (debito), accanto (in aggiunta o in sostituzione) a un altro rapporto obbligatorio). La funzione pratica della d. nel suo aspetto tipico, che è quella di creare, come si è detto, un nuovo rapporto obbligatorio, è pienamente realizzata con la d. cumulativa, che non determina l'estinzione del preesistente rapporto obbligatorio. I soggetti interessati possono tuttavia derogare alla cumulabilità della d., che è la regola, pattuendo la liberazione del delegante.
Siffatto fenomeno (art. 1268 cod. civ.), corrispondente alla classica delegatio promittendi, è da tenere distinto dalla d. di pagamento (art. 1269 cod. civ.), o delegatio solvendi, consistente nell'assegnazione di altro soggetto per l'adempimento dell'unica obbligazione esistente, alla quale non viene ad aggiungersene altra (figura questa estranea allo schema delegatorio e trattata insieme con la d. esclusivamente per ragioni pratiche).
Con terminologia tradizionale, ma estranea al diritto positivo, il rapporto delegante-delegatario viene detto rapporto di valuta, ed il rapporto delegante-delegato rapporto di provvista.
Il complesso dei rapporti giuridici che concorrono a costituire il fenomeno della d. è triangolare, secondo un'espressione comunemente adottata: siffatto triangolare modo di essere dei rapporti realizza un collegamento funzionale di detti rapporti.
Le questioni essenziali proprie del fenomeno delegatorio sono le seguenti: 1) disciplina positiva dei rapporti in questione all'intemo della d.; 2) costruzione dogmatica della delegazione. Con riferimento alla prima questione, le disposizioni positive contenute nel codice civile riguardano fondamentalmente il rapporto delegato-delegatario, cioè disciplinano gli effetti ultimi della d. (art. 1271 cod. civ.). L'elaborazione degli elementi essenziali tratti dalla disciplina dei tre rapporti interni fornisce la base per la costruzione sistematica del fenomeno delegatorio. Nelle disposizioni positive non si trova la disciplina giuridica del rapporto delegante-delegato, che è piuttosto presentato come un presupposto. L'art. 1268 cod. civ. inizia così: "Se il debitore assegna al creditore un nuovo debitore, il quale si obbliga verso il creditore...": il rapporto è così presentato come derivante dall'iniziativa del debitore originario attuantesi nell'assegnazione di un nuovo debitore.
Ardua e controversa è la natura giuridica di detta assegnazione. Esattamente è stato però osservato che è necessario andare al fondamento dell'assegnazione, a un rapporto giuridico sottostante e giustificante l'assegnazione. Nel caso di un'obbligazione preesistente tra il delegante e il delegato (la cosiddetta d. su debito), il delegante, creditore del delegato, dispone che il proprio debitore si obblighi verso un terzo. Siffatta iniziativa del delegante si è voluta far consistere in una dichiarazione unilaterale, in un ordine, ma ciò non sembra convincente: invero, se - com'è evidente - il fatto dell'obbligarsi del delegato (debitore del delegante) verso un terzo a iniziativa del delegante non può non incidere sul preesistente rapporto obbligatorio, la nuova obbligazione non può non essere il risultato di un accordo tra delegante (creditore del delegato) e delegato (debitore del delegante). Nel caso di inesistenza di alcuna preesistente obbligazione (la cosiddetta d. allo scoperto), l'assegnazione s'identifica con un mandato, a seguito del quale il delegato diventa debitore del delegatario perché assume detto preciso incarico nei confronti del delegante.
La legge prevede inoltre che il delegante possa revocare la d. fino a quando il delegato non abbia assunto l'obbligazione nei confronti del delegatario e, nel caso di d. di pagamento, fino a quando non abbia eseguito il pagamento (art. 1270, 1° comma, cod. civ.).
Il rapporto tra delegato e delegatario è fondato sull'offerta di obbligarsi da parte del delegato e sull'accettazione di detta offerta da parte del delegatario. Detta offerta può essere fatta anche dopo la morte o la sopravvenuta incapacità del delegante (art. 1270, 2° comma, cod. civ.). A seguito della costituzione di detto nuovo rapporto obbligatorio, il delegatario deve escutere prima il delegato e solo successivamente, e in caso d'inadempimento del delegato, il delegante. Il contrario avviene se il delegatario abbia espressamente liberato il delegante dalla sua obbligazione (art. 1268, 1° comma).
Il delegato escusso può opporre al delegatario le eccezioni derivanti dai proprî rapporti con lo stesso, mentre non può opporre quelle derivanti dal suo rapporto con il delegante (anche se a conoscenza del delegatario e salvo patto contrario ed esclusione fatta per il caso della nullità di detto rapporto), e non può altresì opporre le eccezioni derivanti dal rapporto tra delegante e delegatario, salvo patto espresso contrario, e sempre fatta eccezione per il caso della nullità del rapporto delegante-delegatario: e ciò ai sensi dell'art. 1271 cod. civ.
Da siffatta disciplina si desumono le seguenti considerazioni, molto significative per quanto concerne la costruzione della d.: il rapporto fra il delegato e il delegatario, cioè la creazione del nuovo rapporto obbligatorio al quale tende tutto il fenomeno della d., è indipendente dagli altri rapporti (purché le parti interessate non pattuiscano il contrario) con la conseguenza che di regola la nostra legge accoglie la d. cosiddetta pura; l'unico limite all'indipendenza suddetta è rappresentato dalla nullità del rapporto delegante-delegatario, nullità che in generale dottrina e giurisprudenza qualificano della cosiddetta doppia causa intendendo con ciò riferirsi alla contemporanea nullità dei rapporti delegante-delegatario e delegante-delegato. L'esistenza di detta doppia causa di nullità non sembra però necessaria, sia avendo riguardo alla espressione letterale contenuta nella legge (art. 1271, 2° comma, cod. civ. "salvo che sia nullo il rapporto tra delegante e delegatario"), sia per la considerazione che la nullità del rapporto delegante-delegatario è comunque sufficiente a togliere a quest'ultimo (creditore) la legittimazione a ricevere la prestazione dal delegato, giustificando l'opponibilità dell'eccezione relativa da parte del delegato.
Nel rapporto tra il delegante e il delegatario, l'obbligazione del delegante, che costituisce il presupposto di fatto di tutto il complesso schema della d., di regola resta vincolante, anche se il delegatario è tenuto a chiedere l'adempimento prima al delegato e soltanto dopo al delegante (d. cumulativa). Tuttavia è in facoltà del delegatario liberare con espressa dichiarazione il delegante dalla sua originaria obbligazione (d. novativa): anche nell'ipotesi di liberazione, per espressa ed inderogabile disposizione di legge il delegante rimane obbligato se il delegato era insolvente al tempo dell'assunzione dell'obbligazione (art. 1274 cod. civ.) e se l'obbligazione del delegato viene dichiarata nulla o annullata (art. 1276 cod. civ.).
L'elaborazione teorica del fenomeno delegatorio è uno dei settori più delicati e controversi di tutto il diritto civile. Tuttavia le varie teorie elaborate in proposito possono essere distinte in unitarie e in pluralistiche; per le prime il fenomeno delegatorio è manifestazione di un negozio giuridico unico (N. Coviello, A. Ascoli, F. Messineo, R. Nicolò), per le seconde esso consiste in negozî giuridici strutturalmente autonomi ma collegati funzionalmente (W. Bigiavi, L. Barassi, D. Barbero, E. Betti). Maggiore aderenza alla disciplina positiva del fenomeno delegatorio sembra offrire la teoria pluralistica. Invero dalla non 0pponibilità delle eccezioni derivanti dai rapporti delegante-delegato e delegante-delegatario si desume l'indipendenza ontologica e funzionale del rapporto delegato-delegatario e quindi l'impossibilità di una costruzione unitaria della delegazione. Dall'opponibilità della nullità del rapporto delegante-delegatario si desume l'esistenza di un collegamento funzionale tra i rapporti obbligatorî componenti il fenomeno della delegazione. Queste conclusioni rimangono valide in linea di principio anche nell'ipotesi di d. novativa (art. 1276 cod. civ.).
In conclusione nella d. si realizza una situazione negoziale complessa in cui il fine di costituire mediante la cooperazione di un terzo (delegato) un nuovo rapporto obbligatorio, sostanzialmente accessorio e di garanzia (tra delegato e delegatario), è raggiunto mediante il collegamento funzionale di tre diversi rapporti giuridici (delegato-delegatario; delegante-delegato; delegante-delegatario) all'interno dei quali ogni soggetto è parte interessata in due rapporti (costruzione triangolare).
L'espromissione è quell'istituto nel quale un terzo, senza delegazione del debitore, assume il debito di costui nei confronti del creditore, con l'effetto di rimanere solidalmente obbligato col creditore originario: il creditore, tuttavia, può liberare quest'ultimo dal debito facendone espressa dichiarazione (art. 1272 cod. civ.). La e. e la delegazione hanno in comune il fatto dell'assunzione di un debito da parte di un nuovo debitore (terzo) nei confronti del creditore originario, ma differiscono perché nella delegazione il debitore originario con una propria iniziativa provoca la nuova situazione obbligatoria, mentre nell'e. siffatta situazione è determinata dall'iniziativa del terzo.
La materia della opponibilità delle eccezioni è disciplinata in maniera un poco diversa (art. 1272, 2° e 3° comma, cod. civ.): mentre è conservato il principio che il nuovo obbligato non possa opporre al creditore le eccezioni derivanti dai suoi rapporti col debitore originario (in analogia a quanto avviene nella delegazione: art. 1271, 2° comma, cod. civ.), è invece diversamente statuito che siano opponibili al creditore le eccezioni derivanti dal rapporto tra creditore e debitore originario, se non siano personali e non derivino da fatti successivi all'e. (in contrasto con quanto avviene nella delegazione: art. 1271, 3° comma, cod. civ.).
Nell'accollo il debitore (accollante) e un terzo (accollato) convengono che il secondo assuma il debito dell'altro (art. 1273 cod. civ.); trattasi di un caso tipico di contratto a favore di terzo (art. 1411 cod. civ.). E in facoltà del creditore di aderire alla convenzione stipulata tra debitore e terzo con una dichiarazione che rimane strutturalmente separata (negozio unilaterale recettizio), rendendo così irrevocabile a proprio favore la stipulazione. (Per i tipi di accollo, v. accollo, in App. I, p. 12).
Bibl.: N. Coviello, Della successione nei debiti a titolo particolare, in Archivio giuridico, 1896, pp. 320 segg.; P. Greco, Delegazione ed obbligazione nel diritto civile italiano, Napoli 1928; M. Andreoli, La delegazione, Padova 1937; W. Bigiavi, La delegazione, Padova 1940; R. Nicolò, Il negozio delegatorio, Messina 1932. Vedi inoltre: L. Barassi, La teoria generale delle obbligazioni, III, Milano 1948, p. 877; A. Betti, Teoria generale delle obbligazioni, III, Milano 1955, p. 84 e segg.