ESSEN
(Esnede, Asinde, Essinde, Essend, nei docc. medievali)
Città della Germania, nella Renania settentrionale-Vestfalia, chiamata in antico sassone Asnidi (da asni o esni 'salariato giornaliero', 'salariato'; Essener Heimatbuch, 1925, p. 3). Il distretto di E., che abbraccia l'area nordoccidentale dei monti carboniferi della Renania-Vestfalia nel grande bacino della Ruhr, ebbe come più antichi e importanti centri culturali nel sec. 9° E. e Werden (Clemen, 1893, pp. 249-250). Oggi Werden è un sobborgo di E., ma tra i due centri passava un tempo il confine che delimitava il territorio dei Sassoni e quello dei Franchi; Werden acquistò quindi una posizione chiave nella diffusione del cristianesimo in Sassonia. Ai conflitti per la definizione dei reciproci confini - ben nove spedizioni dei Franchi contro i Sassoni sono testimoniate negli anni compresi tra il 718 e il 758 - si dovette il sorgere dell'Alte Burg a Werden, che, a quanto attestano gli scavi che hanno portato alla luce vasellame dei secc. 7° e 8°, era protetta da un muro in pietrisco (larghezza m. 2 ca., altezza m. 3-4). Ai piedi di questa fortezza s. Ludgero fece costruire una chiesa dedicata a s. Stefano, da lui stesso consacrata nell'804, quando era già vescovo di Münster.Altfried (851-874), quarto vescovo di Hildesheim e membro di una delle più importanti famiglie nobili della Sassonia, fondò nell'852 lungo la grande via strategica dello Hellweg, in un'area di sua proprietà, un'istituzione canonicale femminile destinata esclusivamente alla nobiltà sassone, oggi duomo della città, e rese noto al sinodo provinciale di Colonia (870) che vi aveva eretto una chiesa in onore della Trinità, della Vergine e dei martiri Cosma e Damiano. Ricche donazioni giunsero all'abbazia e nel 947 Ottone I (936-973) confermò il privilegio di immunità, con il quale l'abbazia diventava fondazione imperiale, posizione singolare che condivideva con il vicino monastero di Werden. Il papa Agapito II (946-955) concesse nel 951 alla comunità un privilegio che la poneva direttamente sotto l'esclusiva giurisdizione di Roma. Due filiazioni dell'abbazia di E. erano destinate alle famiglie dei ministeriali: Rellinghausen, fondata nel 998 da Matilde, principessa della casa degli Ottoni (973-1011), e Stoppenberg, la cui chiesa venne consacrata nel 1073 da Annone II, arcivescovo di Colonia (1056-1075). L'area dell'abbazia era racchiusa sin dall'origine da una fortificazione, le vestigia delle cui porte erano ancora visibili nel 17° secolo. Il 13 giugno 1041 l'imperatore Enrico III detto il Nero (1039-1056) concesse alla badessa Teofano (1039-1058) il diritto di mercato e già nel sec. 12° tale mercato aveva acquistato valore nodale e l'abbazia notevole ricchezza, continuamente accresciuta dai re e dagli imperatori tedeschi. La collegiata divenne oggetto di contesa tra i balivi, i conti e gli arcivescovi e la lotta per il possesso di E. ebbe termine nel 1225. Dal 1244 la collegiata entrò nell'orbita di dominio degli arcivescovi di Colonia.Sono poche le vestigia relative alla storia architettonica più antica della collegiata. La prima struttura conservata fino al 1819 era la cappella di St. Quintin, situata sul lato nord dell'attuale cattedrale, dove erano custodite le spoglie della prima badessa, Gerswid, sorella di Altfried, inumato nella collegiata. Le sepolture, datate alla seconda metà del sec. 9° grazie ai ritrovamenti di ceramica, riconducono alla costruzione di Altfried, della quale sono noti soltanto i muri di fondazione. Si trattava di una basilica a tre navate (lunghezza m. 35), con stretto transetto, breve corpo longitudinale, coro tripartito, abside semicircolare e atrio quadrato a O. Sull'asse mediano della navata, direttamente davanti all'incrocio, si trovava un piccolo pozzo in muratura, forse la camera funeraria per le spoglie del fondatore. Gli edifici monastici erano a N della chiesa, mentre una cappella a unica navata era annessa all'abside laterale nord.Un incendio nel 946 determinò interventi di ampliamento, attestati archeologicamente, all'epoca della badessa Hadwig (947-965). A E sorse una cripta esterna a cinque navate con stretta abside mediana, consacrata nel 952, confrontabile con la cripta di St. Maximin a Treviri; a O venne eretto un Westbau, con due torri circolari ai lati del portale e un atrio con la cappella di S. Giovanni Battista, con funzione di battistero; all'interno il Westbau si apriva sulla navata mediana tramite una grande arcata.Il momento di massimo splendore dell'abbazia si ebbe nel periodo in cui vi si ritirarono tre principesse della casa degli Ottoni: Matilde, Sofia (1011-1039) e Teofano. Quest'ultima ampliò la chiesa, utilizzando strutture precedenti. La data di consacrazione della cripta (9 settembre 1051) è tramandata da un'iscrizione ancora in situ. I pilastri presentano su ciascuno dei quattro spigoli colonnine con piccoli capitelli. La cripta era stata concepita come oratorio per la venerazione delle reliquie di ventotto santi che vi erano custodite. L'attuale Westbau viene per lo più attribuito alla badessa Matilde, benché soltanto Teofano sia documentata quale committente di architettura. Come quello precedente, anche il Westbau tardo-ottoniano era coronato da tre torri; all'interno si apriva un coro a più piani che in pianta occupava per intero l'ampiezza della navata mediana (Zimmermann, 1956, p. 52). Si trattava della ripresa in scala minore di tre lati dell'ottagono della Cappella Palatina di Aquisgrana. Di questo grande edificio - nel quale Teofano gareggiò con le proprie sorelle e in particolare con Ida, committente di St. Maria im Kapitol a Colonia - si conservano anche tratti delle pareti della navata. Nell'eleganza e nella raffinatezza dell'architettura, caratterizzata dalla ripresa di modelli classici e interamente dipinta a vivaci colori, si potrebbe vedere il pendant 'femminile', di epoca salica, della solenne e severa abbaziale ottoniana di St. Michael a Hildesheim (Braunfels, 1981, p. 417), centro con il quale è noto che E. ebbe sempre stretti rapporti.Le caratteristiche dell'alzato del coro, l'articolazione a nicchie della parete e la forma dei capitelli del sec. 11° vanno visti in relazione con il vicino monastero di Werden. L'atrio annesso al Westbau, sebbene progettato fin dall'origine, dovette essere costruito soltanto dopo il completamento della chiesa, intorno al 1050-1060, come attestano le forme dei capitelli a dado - tipologia sviluppatasi nel sec. 11° - in arenaria rossa, che possono essere posti a confronto con quelli della cripta di St. Georg a Colonia, sorta nel 1060.La colonna detta della Croce, attualmente nel coro, era collocata in origine dietro l'altare della Croce, davanti al quale era il monumentale candelabro a sette bracci, ora nel Westbau.Intorno al 1150 sul lato sud del transetto venne eretto un atrio a due piani, ripristinato dopo la seconda guerra mondiale. Al piano inferiore l'ambiente a N serviva da sala destinata all'amministrazione della giustizia; nel piano superiore, che attualmente ospita il Münsterschatzmus., si trovavano l'archivio dell'abbazia e la sagrestia. Nel 1160, all'epoca della badessa Hadwig von Wied (1150-1176), venne voltata a crociera la parte orientale, in cui emergono pregevoli capitelli figurati con i quattro fiumi del paradiso, i simboli degli evangelisti, leoni, uccelli e grifi, all'interno di girali; il capitello più importante dell'incrocio, che rappresentava Cristo come Salvator mundi, è andato distrutto. Le vele delle volte della campata antistante il coro, note tramite le copie realizzate durante il restauro del sec. 19°, recavano dipinto il Martirio dei ss. Cosma e Damiano e possono essere considerate sviluppo delle pitture murali della chiesa inferiore di Schwarzrheindorf, presso Bonn, la cui costruzione si deve in parte alla medesima badessa (Sölter, 1982b, pp. 20-21).Nel 1275 un grande incendio distrusse la collegiata, della quale si conservò soltanto il Westbau. La ricostruzione venne portata a termine dalla badessa Beatrice von Holte (1292-1327), che eresse un'ampia chiesa 'a sala' secondo il modello della Elizabethkirche a Marburgo, il primo esempio tedesco del genere. La ricostruzione avvenne in due fasi: i lavori del coro, trasformato in un ambiente 'a sala', e della parete meridionale della navata furono diretti fino al 1304 da magister Martinus, "lapicida quondam artifex seu magister fabrice ecclesie Asnidensis" (Zimmermann, 1956, p. 52), artista proveniente forse da Colonia, come indica la decorazione dei capitelli, molto simile a quella del duomo di questa città. A un secondo cantiere appartengono i pilastri del coro e del corpo longitudinale, così come la parete nord di quest'ultimo; il nuovo maestro rinunciò a realizzare capitelli particolarmente elaborati. Degli edifici abbaziali si è conservata soltanto l'ala orientale del chiostro (1230-1240), che presenta capitelli simili a quelli di St. Kunibert a Colonia.Tra le opere che facevano parte dell'arredo della chiesa ottoniana sono anzitutto da ricordare la Goldene Madonna tuttora nel duomo e il candelabro a sette bracci nel Westbau.La statua lignea della Goldene Madonna (980 ca.), rivestita da una lamina d'oro, potrebbe essere la più antica rappresentazione di questo genere in Occidente. L'immagine, destinata al culto, presenta Maria come Sedes sapientiae che tiene sul ginocchio sinistro, contrariamente alla tradizione bizantina, Cristo come Emanuele, in veste sacerdotale.Il candelabro bronzeo (971-1011) a sette bracci aperti 'a parabola', in origine completamente dorato, è ornato da pomelli rotondi o poligonali anticamente decorati da pietre preziose e reca l'iscrizione in maiuscola romana "+ Mathild abbatissa me fieri iussit et (Christo) co(n)s(ecravit) +"; alla base sono raffigurate le quattro figure sedute dei Venti. L'opera venne forse realizzata nell'ambito della bottega di lavorazione del bronzo legata all'età di Bernoardo (Bloch, 1962).Ancora oggi il tesoro del duomo di E. è secondo per ricchezza solo alla Domschatzkammer di Aquisgrana; nel Münsterschatzmus. sono conservate opere di grande pregio: la spada cerimoniale delle badesse di E., l'Evangeliario di Teofano, il Reliquiario del chiodo della croce e il Dittico della Passione. Di grande pregio sono anche le croci processionali ornate da pietre preziose.Nella croce di Ottone, o 'prima croce di Matilde', una piccola immagine in smalto cloisonné ai piedi della Crocifissione raffigura "Otto dux", il duca Ottone di Baviera e Svevia (m. nel 982), mentre presenta la croce a "Mathild abba(tissa)"; donatore e badessa erano familiari dell'imperatore Ottone II (973-983). Particolarità della croce sono le quattro terminazioni dei bracci, che emergono plasticamente come capitelli, richiamando così le croci bizantine. Un bordo realizzato con pietre preziose incornicia il Christus victor, che ha il serpente ai piedi; sul lato posteriore è visibile l'Albero della vita, con al centro l'Agnello, mentre alle estremità delle traverse sono i simboli degli evangelisti.Una croce portatile del 1000 ca., forse di ambito coloniense (Küppers, Mikat, 1966, pp. 30-34, 41-48), richiama nei particolari tecnici quella di Ottone; il retro venne rinnovato nel secondo quarto del 12° secolo. In quanto crux gemmata la parte anteriore si presenta con una superficie liscia nella quale si inseriscono le cinque placchette in smalto cloisonné raffiguranti alle estremità della croce i simboli degli evangelisti e al centro la Maiestas; al di sopra del simbolo di Matteo è applicato un cammeo con la testa di Medusa.La 'seconda croce di Matilde', realizzata sul modello delle precedenti, presenta nella traversa inferiore l'iscrizione "Mathild", da riferire secondo alcuni alla stessa committente che compare sulla croce di Ottone; secondo altri si tratterebbe invece di una omonima badessa della fine dell'11° secolo. La croce, che presenta come quella di Ottone il corpus Christi fuso in oro sulla base di un modello di cera, non è escluso che sia un manufatto della fine del sec. 11°, forse imitazione di un'opera dell'epoca della prima badessa Matilde, eseguita da una bottega di Essen.La croce-reliquiario di Teofano (1050 ca.), con l'iscrizione "Edita regale genere / nobilis abbatissa Theophanu hoc signum (crucis) dedit", venne realizzata probabilmente a Colonia, riutilizzando anche smalti più antichi, per costituire il pendant della croce portatile. La decorazione principale del lato anteriore consiste in diciotto lastre in smalto con temi ornamentali e figurativi; all'incrocio dei bracci sul lato posteriore compare il Pantocratore, su quello anteriore si trova un cristallo molato con un frammento della Vera Croce, montato su seta rossa su una lamina d'oro circondata da pietre rosse, perle e filigrana. Le otto placchette di smalto alle estremità delle traverse, di origine orientale e molto più antiche della croce, mostrano uccelli, grifi, leoni e un motivo fitomorfo di origine sasanide.La spada cerimoniale delle badesse di E. secondo la tradizione era la spada con la quale sarebbero stati giustiziati i martiri Cosma e Damiano; la sua funzione consisteva nell'uso in occasioni festive come segno dell'autorità e del prestigio delle badesse di stirpe imperiale (per es. processione del Corpus Domini). Le ipotesi relative alla sua origine sono molteplici: per taluni sarebbe dono di un imperatore bizantino - le forme vegetali infatti indicherebbero che venne eseguita a Bisanzio -, per altri sarebbe stata acquisita grazie ai rapporti commerciali con l'Italia meridionale, per altri ancora sarebbe stata prodotta a Treviri o a Ratisbona. La spada sembra databile intorno al Mille e potrebbe essere stata donata all'abbazia di E. da Ottone III (983-1002) o da Enrico II (1002-1024), in virtù dei rapporti di parentela che le badesse dell'epoca avevano con la casa imperiale.L'Evangeliario di Teofano (1039-1058) venne scritto per la badessa, nipote dell'imperatore, probabilmente a E. da un unico maestro. Contiene miniature, una serie di tavole dei canoni in dodici arcate, evangelisti a piena pagina e alcuni frontespizi realizzati in parte secondo prototipi merovingi. L'artista utilizzò vari modelli e si individuano nel suo stile influssi della Francia nordorientale e di Liegi. La coperta è decorata da una tavoletta in avorio racchiusa da una cornice in lamina d'oro, con pietre preziose e filigrana lungo le diagonali a formare quattro campi trapezoidali. Le scene rappresentate sulla coperta dall'alto verso il basso sono: la Maiestas Domini, fiancheggiata da due angeli; l'Ascensione con Cristo di profilo con la croce astile, due libri (forse l'Antico e il Nuovo Testamento), due angeli che si volgono verso gli apostoli con Maria e nei quattro angoli gli evangelisti con i loro simboli; la Crocifissione con la mano di Dio che appare tra le nuvole e, ai piedi della croce, Maria, l'Ecclesia e Longino a destra, Giovanni, la Sinagoga e Stephaton a sinistra e i risorti nei quattro angoli; la Natività di Cristo, senza Giuseppe ma con la levatrice, sulla base dell'apocrifo Protovangelo di Giacomo (XIX, 1-3); la Madre di Dio in trono con ai lati le ss. Valburga e Pinnosa, compagne di s. Orsola, le cui reliquie erano giunte a E. già nel sec. 10°, e ai piedi di Maria una figura con l'iscrizione "Teophanu abba(tissa)"; entro arcate laterali a sinistra Cosma e Pietro, a destra Damiano e Paolo (Küppers, Mikat, 1966, pp. 61-66).All'epoca della badessa Teofano risale anche il Reliquiario del chiodo della croce, a teca rettangolare, con il lato anteriore rivestito da una lamina d'oro intatta, caratterizzato da una composizione suddivisa in modo analogo a quello della coperta dell'Evangeliario di Teofano. L'ornato è costituito da pietre chiare e scure ordinate in simmetria diagonale, da una pietra con un'iscrizione in arabo e inoltre da placchette in smalto della prima metà del sec. 11°; al centro è conservato, all'interno di un cristallo di rocca, un chiodo della Croce. Il reliquiario, trasformato in ostensorio nel sec. 14° - con un arco trilobo d'oro nella parte sommitale e con l'impugnatura inferiore (Küppers, Mikat, 1966, pp. 67-69) -, venne adoperato per molto tempo come strumento di pace secondo un uso testimoniato a partire dal 1300.Nel dittico della Passione (Humann, 1904, pp. 96-150) sono rappresentate su una valva le personificazioni a mezza figura del Sole e della Luna e la Crocifissione con Maria e Giovanni Evangelista, sull'altra probabilmente le Pie donne al sepolcro, due angeli e i custodi dormienti. Le proposte di datazione lo assegnano al sec. 10° o all'11° (Elbern, 1962).
L'abbazia benedettina di St. Liudger a Werden venne fondata nell'802 da s. Ludgero, che aveva ottenuto nel 796 una proprietà a S della Ruhr nel Wesewald, e dedicata al Salvatore. Famosa era la biblioteca con i suoi preziosi manoscritti, tra i quali il Codex Argenteus (Uppsala, Universitetsbibl., DG I; Körholz, 1925, pp. 71-86) portato a Werden da Ludgero. Il codice purpureo, scritto in lettere d'argento e dotato di una coperta in argento sbalzato, contiene la Bibbia in lingua gota, tradotta da Wulfila nel 5° secolo.La chiesa attuale presenta un impianto basilicale a tre navate e tribune, l'ultima 'sorella' del St. Quirin a Neuss attraverso il quale si riallaccia all'architettura tardoromanica di Colonia. Un'imponente torre d'incrocio orientale e una più antica torre occidentale sono integrate nell'armoniosa struttura dell'edificio; a E dell'abside principale si estende la cripta esterna più antica. Le navate laterali sono prive di absidi, presenti invece sul lato orientale dei bracci del transetto. Questo edificio mostra numerose parti risalenti a fasi costruttive precedenti a partire dalla sua fondazione nel 9° secolo.Le date di consacrazione della chiesa abbaziale sono attestate da numerose le fonti: nell'875 la chiesa orientale; nel 943 il Westwerk, eretto sul modello di Corvey e antecedente di quello di St. Pantaleon a Colonia; nel 1059 la cripta; nel 1275 l'edificio tardoromanico.Gli scavi più recenti (1979) attestano che la chiesa di Ludgero era un edificio a tre navate di cui la centrale corrispondeva nell'ampiezza all'attuale, mentre le navatelle erano più strette. La terminazione occidentale era rettilinea, ignota resta invece quella orientale. Nota soltanto grazie agli scavi è la chiesa dedicata a s. Stefano (distrutta nel 1760), eretta da Hildigrim (m. nell'827) accanto all'attuale transetto dell'abbaziale. Si trattava di un edificio triconco con un vano ad aula a cella tricora che costituisce il più antico esempio di questa tipologia in Germania.Dopo la morte di Ludgero (809) il locus arboris, il luogo di sepoltura del santo, divenne punto centrale di venerazione e sotto il vescovo di Münster Altfried (m. nell'849), suo biografo e primo successore, si iniziò la costruzione di una nuova chiesa, con la tomba del santo al centro del coro. Era un edificio unitario a tre navate con sostegni alternati in ritmo dattilico (un pilastro, due colonne), a due torri e priva di transetto (Effmann, 1899). Per il sec. 9° questo tipo di alternanza dei sostegni trova un riscontro già nell'atrio di Aquisgrana e, contemporaneamente all'edificio di Werden, nel duomo di St. Maria a Hildesheim, costruito dal vescovo Altfried. Il nuovo corpo longitudinale si concludeva a E con tre absidi, di cui la principale era forse poligonale; a oriente venne realizzata una cripta 'a sala', della quale si sono conservati il corridoio anulare e la coppia di sostegni orientali.Dalla tomba di Altfried, posta 'ai piedi di s. Ludgero', si ricava l'epoca (840-850 ca.) in cui fu iniziata la costruzione della chiesa, consacrata nell'875 benché non ne fosse tuttavia ancora completata la terminazione occidentale.Del Westwerk faceva parte a O la Peterskirche (875-943), consacrata dall'arcivescovo Wigfried di Colonia nel 943 come turrim sanctae Mariae, alla quale nel sec. 11° venne aggiunto l'atrio, ampliato a sua volta nel 12° da una costruzione trasversale tripartita, demolita nel secolo scorso.Benché la ricostruzione del sec. 13° abbia apportato modifiche determinanti, il Westwerk è sostanzialmente conservato; intorno alla grande torre centrale si raggruppano su tre lati corpi di fabbrica a due piani che si aprono verso il centro con doppie arcate.All'epoca dell'abate Gerone (1050-1063) l'antica cripta 'a sala' venne trasformata in una cripta anulare e, nel 1059, l'arcivescovo Annone consacrò l'altare della Trinità, eretto a E della tomba di Ludgero, le spoglie del quale vennero trasportate in un sarcofago collocato sotto l'altare maggiore.La Liudgeridenkrypta fu sostituita da una cripta esterna 'a sala' a tre navate, con pareti articolate da nicchie; colonne in arenaria rossa con capitelli in arenaria di vari tipi conferiscono all'ambiente vivacità cromatica, mentre i capitelli a calice con foglie d'acanto richiamano modelli antichi. Le ricostruzioni del sec. 13° non modificarono in modo sostanziale la cripta.L'incendio del 1256 determinò, sotto l'abate Alberone di Tecklenburg, la ricostruzione tardoromanica dell'edificio consacrato nel 1275 da Alberto Magno (m. nel 1280), vescovo di Ratisbona. La Peterskirche venne unita con l'abbaziale tramite la sostituzione del muro orientale con una grande arcata; la tribuna occidentale venne eliminata e la navata mediana prolungata verso O di una campata coperta a volta; si ottenne in tal modo uno spazio interno unitario. Il coro e le navate laterali appartengono a un unico cantiere (1256) e riprendono in sostanza l'antica chiesa. Nel corpo longitudinale e nel coro sono presenti sia capitelli a calice sia 'a crochets' e soltanto in quelli delle colonne della lanterna della torre d'incrocio compaiono forme gotiche pure.Per quasi tutti i capitelli di Werden si trovano prototipi nella collegiata di Gerresheim (1236) presso Düsseldorf, nel St. Quirin a Neuss e nell'abbazia di St. Suitbertus a Kaiserswerth (1237) presso Düsseldorf.Nel tesoro dell'abbaziale (Essen, Schatzkammer der Propsteikirche St. Liudgerus) si conservano una pisside in avorio del sec. 5°-6°, probabilmente proveniente da Ravenna, con la Natività e l'Annuncio ai pastori; un crocifisso in bronzo di epoca romanica, dall'abbazia di St. Liudger a Helmstedt; il c.d. calice di s. Ludgero, del tardo 9° o del 10° secolo. Il pezzo più interessante è la c.d. cassetta franca, un prezioso reliquiario portatile realizzato tra il 750 e il 760, forse appartenente al sovrano (Elbern, 1962); in parte ricomposta, presenta superfici esterne ricoperte da placchette in osso con soggetti iconografici relativi alla Maiestas Domini.Appartenevano all'abbazia di Werden opere quali il dittico di Probiano, coperta di un codice contenente la Vita sancti Liudgeri, del sec. 11° (Berlino, Staatsbibl., Theol. lat. fol. 323), e il frammento della c.d. cassetta-reliquiario di Werden con scene dell'Infanzia di Cristo (Londra, Vict. and Alb. Mus.).
Bibl.:
Fonti. - W. Diekamp, Die Vitae sancti Liudgeri, in Geschichtsquellen des Bistums Münster, IV, Münster 1881.
Letteratura critica. - P. Clemen, Die Kunstdenkmäler der Stadt und des Kreises Essen (Die Kunstdenkmäler der Rheinprovinz, 2, 3), Düsseldorf 1893; W. Effmann, Die karolingisch-ottonischen Bauten zu Werden, I, Strassburg 1899; G. Humann, Die Kunstwerke der Münsterkirche in Essen, Düsseldorf 1904; Essener Heimatbuch, a cura di H. Wefelscheld, O. Lüstner, Frankfurt a. M. 1925; K. Ribbeck, Aus der Geschichte von Stadt und Stift Essen, ivi, pp. 50-70; F. Körholz, Geschichte des Stifts Werden, ivi, pp. 71-93; Technik des Kunsthandwerks im 10. Jahrhundert des Theophylus Presbyter, Diversarum artium schedula, a cura di W. Theobaldi, Berlin 1933; P.J. Cremers, Essen, Berlin 1937; H. Peters, Die Baudenkmäler in Nord-Rheinland. Kriegsschäden und Wiederaufbau (Jahrbuch der rheinischen Denkmalpflege in Nord-Rheinland, 19), Kevelaer 1951; G. Bandmann, Die Werdener Abteikirche (1256-1275). Studien zum Ausgang der staufischen Baukunst am Niederrhein (tesi), Bonn 1953; H. Köhn, Der Essener Münsterschatz, Essen 1955; P.E. Schramm, Herrschaftszeichen und Staatssymbolik, in MGH. Schriften, XIII, 1-3, 1954-1956; Werdendes Abendland an Rhein und Ruhr, cat., Essen 1956; W. Zimmermann, Das Münster zu Essen (Die Kunstdenkmäler des Rheinlandes, 3), Essen 1956; H. Schnitzler, Rheinische Schatzkammer, I, Düsseldorf 1957, p. 40; Die Kirche zu Essen-Werden (Die Kunstdenkmäler des Rheinlandes, 7), Essen 1959; B. Senger, Die benediktinische Prägung des hl. Liudger, in Erbe und Auftrag. Benediktinische Monatsschrift F 35, Beuron 1959, p. 380; V.H. Elbern, St. Liudger und die Abtei Werden, Essen 1962; Das Erste Jahrtausend. Kultur und Kunst im Werdenden Abendland an Rhein und Ruhr, II, Düsseldorf 1962; H. Weigel, Aufbau und Wandlungen der Grundherrschaft des Frauenstiftes Essen (852-1803), ivi, pp. 256-295; V.H. Elbern, Der fränkische Reliquienkasten und Tragaltar von Werden, ivi, pp. 436-470; id., Das sogenannte ''Szepter Karls des Grossen'' aus der Abtei Werden und die Werdener Karlstradition, ivi, pp. 514-533; P. Bloch, Der Stil des Essener Leuchters, ivi, pp. 534-548; L. Küppers, P. Mikat, Der Essener Münsterschatz, Essen 1966; W. Braunfels, Die Kunst im Heiligen Römischen Reich Deutscher Nation, III, Reichsstädte, Grafschaften, Reichsklöster, München 1981, pp. 413-418; W. Sölter, Die ehemalige Abteikirche Essen-Werden (Rheinische Kunststätten, 254), Düsseldorf 1981; id., Der Essener Dom (Rheinische Kunststätten, 265), Düsseldorf 1982a; id., St. Luzius und die Filialkirchen der Abtei Essen-Werden (Rheinische Kunststätten, 256), Düsseldorf 1982b; T. Jülich, Gemmenkreuze. Die Farbigkeit ihres Edelsteinbesatzes bis zum 12. Jahrhundert, Aachener Kunstblätter 54-55, 1986-1987, pp. 99-258; A. Pothmann, Das Essener Münster (Schnell Kunstführer, 1700), München-Zürich 1987.I. Voss