ESTE (᾿Ατεστε, Ateste)
Il nome di E. è collegato con quello del fiume Atesis, che, sino al 589 d. C., cioè alla celebre rotta della Cucca, lambiva la città. E. fu il principale centro dei Veneti, che nel I millennio a. C. si sovrapposero a una preesistente e scarsa popolazione euganea raggiungendo un alto grado di sviluppo, cui seppero mantenere un proprio carattere pur nei frequenti rapporti commerciali tra Etruschi e Galli nella pianura padana e a N del Delta (v. atesina, civiltà). Ma più che una vera e propria città sembra che la Ateste veneta fosse costituita da più villaggi collegati fra loro, in cui la vita si svolse per parecchi secoli senza scosse e senza interruzione sino alla soggezione a Roma.
Il culto più diffuso era quello delle acque, cui è da collegare il celebre santuario della dea Reitia di cui conosciamo il nome, ma nessuna descrizione o immagine. Gli Atestini conobbero anche, dal V-IV sec. a. C. in poi, la scrittura con alfabeto nord-etrusco a caratteri di derivazione greca, ma i loro monumenti in tale scrittura, pur essendo oggi decifrati, ci consentono una ben scarsa conoscenza della lingua veneta,
Venuta a contatto con Roma durante le lotte fra questa e i Galli, specie nel periodo ànnibalico (secondo una testimonianza di Silio Italico; xii, 212, prese parte alla battaglia di Canne sotto il comando di Asconio Pediano), la città perdette a poco a poco; la propria indipendenza. Nel 141-13S a. C. il Senato romano, a dirimere le perpetue lotte fra gli Atestini e Padova da un lato, Vicenza dall'altro, ordinò che fossero messi dei cippi di confine, incaricandone i due; proconsoli della Gallia Cisalpina, Lucio Cecilio Metello e Sesto Attilio Sarano. Dopo la guerra sociale Ateste ebbe il diritto latino e nel 49 a. C. ottenne da Giulio Cesare, insieme a tutta la Gallia Transpadana, la cittadinanza romana con l'iscrizione alla tribù Romilia. È certo che dopo la battaglia di Azio (31 a. C.), quando Augusto licenziò parte delle legioni, Ateste divenne sede di una colonia di veterani, colonia che però non ebbe mai importanza militare come Aquileia o Pola, ma ebbe il solo scopo di beneficiare dei soldati, punendo nello stesso tempo il primitivo municipium che, probabilmente, aveva parteggiato per i repubblicani. I veterani, che in due iscrizioni si dicono Actiaci, ebbero anche un loro proprio collegio funeraticio. Principali magistrati furono i duoviri, gli edili e i quaestores; vi funzionò il senato municipale composto di decuriones. Nel 188o fu anche trovato il frammento di una legge su tavola di bronzo del II sec. a. C. che fissa le competenze dei magistrati della Gallia Cisalpina in rapporto all'amministrazione della giustizia.
Naturalmente la città romana ebbe la consueta forma rettangolare divisa da cardines e decumani lastricati. Si sono trovate tracce di due ponti a più arcate, di un acquedotto, di numerose case ricche di mosaici pavimentali. È quasi certa la esistenza di un teatro.
Accanto ai culti preromani di Reitia e dei Dioscuri doveva esservi un tempio ad Augusto poiché ci rimangono ricordi di numerosi sacerdoti; sono anche menzionati, in iscrizioni su arule votive, Silvano, le Ninfe, Giove e una divinità ignota cui fece una dedica il calderaio Minucio Ottato. Nelle numerose stele funerarie ritroviamo poi echi di un'arte provinciale con caratteri proprî.
Purtroppo la decadenza di E. fu rapidissima, soffocata forse dallo sviluppo della vicina Patavium; le ultime memorie della città romana non scendono infatti oltre il III sec. d. C.
Bibl.: Per quanto riguarda i Veneti, v. la voce atestina, civiltà; per la città romana: C. I. L., V, p. 240; C. Hülsen, in Pauly-Wissowa, II, c. 1925, s. v. Ateste; A. Callegari, Il Museo Nazionale Atestino in Este, Roma 1937; G. Fogolari, Il Mus. Naz. Atestino, 1957.