ESTREMA UNZIONE
. Detta pure olio santo, è uno dei sette sacramenti della Chiesa, che ha per scopo il sollievo spirituale e anche corporale dei cristiani gravemente infermi (Cath. Rom., De extremae unct. sacram.). Il concilio di Trento, contro i protestanti e i calvinisti, definì che essa "è stata istituita da Gesù Cristo come un vero e proprio sacramento della Nuova Legge; è insinuata dal Vangelo di S. Marco (VI, 13) e promulgata da S. Giacomo quando dice (Giac., V, 14-15): "C'è qualcuno tra di voi che sia ammalato? Faccia chiamare i presbiteri della chiesa che preghino su lui, ungendolo con l'olio nel nome del Signore: e l'orazione della fede salverà l'infermo e il Signore lo solleverà e se trovasi in peccati gli saranno rimessi" (Acta Conc. Trid., sess. XIV, De extr. unct., c.1).
Questa definizione è il suggello ufficiale dato dalla Chiesa a una lunga tradizione. I Padri e gli scrittori ecclesiastici, hanno visto indicato, nel testo scritturale addotto, un sacramento. Anche astraendo dalle allusioni di Ireneo (Adv. haer., I, 21, 5), Ippolito (Com. in Dan., I, 33), Tertulliano (De praescr., 41), vi sono Origene (Hom. II in Lev. 4) e il Crisostomo (De sacerd., III, 6) i quali riportano il citato testo biblico, applicandolo all'estrema unzione. Più espressamente ancora Innocenzo I nell'Epist. ad Decentium, 8, scrive a riguardo delle parole di S. Giacomo: "Non est dubium de fidelibus aegrotantibus accipi debere qui sancto oleo chrismatis ungi possunt... Poenitentibus istud infundi non potest, quia genus est sacramenti: nam quibus reliqua sacramenta negantur, quomodo unum genus putatur posse concedi?" (Patr. Lat., XX, 559). Parlano pure dell'estrema unzione Agostino (Speculum Script. Sacr.), Possidio (Vita S. August., 27), Cassiodoro (Complex. canonic. epist.; epist. Iacobi), Beda (Super D. Iacobi epist.), e molti altri posteriori.
Ma oltre alle testimonianze degli scrittori, vi sono due fatti incontestabili che confermano la tradizione della Chiesa: cioè, il ritrovarsi questo sacramento presso tutte le chiese, anche quelle separate fin dall'antichità dalla cattolica; e la prassi liturgica delle antiche cristianità, anche scismatiche, dimostrata dagli antichi rituali ed eucologi, quali i Canones Hippolyti (can. 99, 100, 200, 218, 222), l'Euchologium Serapionis, le Constitutiones apostolicae (VIII 29), il Testamentum Domini (I, 24), il Liber Ordinum, il Sacramentarium Gregorianum, Gelasianum, ecc. (cfr. L. Duchesne, Origines du culte chrétien, Parigi 1903; F. Cabrol, Introduction aux études liturgiques, Parigi 1907; Monumenta ecclesiastica liturgica, Parigi 1904; L.A. Muratori, Liturgia Romana vetus, Venezia 1748). Non ha quindi fondamento storico l'affermazione, oggi del resto generalmente abbandonata che il sacramento dell'estrema unzione risalga solo al sec. XII.
Gli elementi costitutivi (materia e forma) di questo sacramento sono le unzioni fatte dal sacerdote sul corpo dell'infermo (materia), accompagnate da una speciale invocazione (forma). Le unzioni vengono praticate in diverse parti del corpo, quali sedi principali dei sensi umani (occhi, orecchie, narici, labbra, mani, piedi); devono essere fatte con olio di oliva già benedetto dal vescovo nel giovedì santo. L'invocazione detta dal ministro è: "Per istam sanctam unctionem et suam piissimam misericordiam, indulgeat tibi Dominus quidquid per visum (auditum, odoratum, etc.) deliquisti. Amen" (cfr. Rituale rom., Tit. V, c. 1, 2; Conc. Trid., l. c.; Codex Iuris Can., can. 937 sq.).
Effetto principale dell'estrema unzione, oltre quello di conferire la grazia, comune a tutti i sacramenti, è il rinvigorire lo spirito dell'infermo per il suo ultimo combattimento. Essendo quello il momento che deve decidere della sorte eterna, più necessario si rende per l'uomo l'aiuto soprannaturale per trionfare nella prova. Quali effetti secondarî si possono notare il togliere i residui di peccato da cui il morente potesse essere ancora macchiato; il diminuire la pena temporale dovuta ai peccati stessi; il dare anche la sanità corporale, qualora ciò fosse utile per la salvezza dell'anima. Tutti questi effetti si deducono dalle parole stesse di S. Giacomo e sono espressamente notati dal concilio di Trento. Questo sacramento non si può conferire se non a chi sia gravemente infermo e versi in pericolo di vita. Per riceverlo però con maggior frutto, è opportuno non rimandarlo all'ultimo momento, quando il malato abbia già perduto la conoscenza, ma è molto vantaggioso il riceverlo nella pienezza dei sentimenti, affinché più abbondanti ne possano essere i frutti (Catech. Conc. Trid., n. 269). Il solo sacerdote può validamente conferire l'estrema unzione: tale ufficio è però riservato al parroco o a chi da lui sia stato delegato (Conc. Trid., loc. cit.; Codex I. C., can. 938).
Bibl.: S. Tommaso d'Aq., In IV Sent., I. IV dist. 23; Summa theol. suppl. q. 29-33; Suarez, De Sacramentis, p. 11, disp. 39-44; Benedetto XIV, De Synodo diocesana, VIII; De Saint-Beuve, De sacramento unctionis infirmorum extremae, in Cursus theologiae del Migne, XXIV; R. Bellarmino, De extrema unctione, Parigi 1872; I. Schmitz, De effectibus sacramenti extremae unctionis, Friburgo in B. 1893; M. Boudinhon, La théologie de l'extrême onction, in Revue catholique des Énglises, Parigi 1907, II, n. 7; Puller, The anointig of the sick in Scripture and tradition, Londra 1904; P. Kern, De sacramento extremae unctionis, Ratisbona 1907; C. Ruch, Extrême onction, in Diction. de théol. cath., V, 1897 seg.