Esumazione
Esumazione è l'atto di esumare (dal latino exhumare, "trarre fuori dall'humus, dalla terra") cioè di estrarre dalla tomba, o dalla terra, il cadavere che vi era stato deposto. Le esumazioni possono avvenire nel rispetto delle norme e delle modalità prescritte, oppure essere illegali, sovversive in rapporto all'ordine che separa i vivi e i morti. Parte integrante di alcuni riti funerari, l'esumazione, riportando alla luce i resti materiali del defunto, costituisce il tramite con cui il gruppo simboleggia la propria identità e continuità.
Intesa in senso stretto come azione che riporta alla luce il cadavere, l'esumazione ha in Occidente un'eco sinistra; essa rinvia, pur se si resta nell'ambito della legalità, alle anomalie e all'irregolarità della morte o dell'inumazione. In alcuni casi il diritto ammette che - su richiesta dei familiari e previa autorizzazione delle autorità amministrative - sia possibile esumare la salma per trasportarla. Inoltre l'esumazione può essere effettuata qualora l'inumazione non sia stata autorizzata o sia avvenuta nel mancato rispetto delle previste norme sanitarie, oppure ancora in un luogo non idoneo. Può ancora avvenire allorché l'autopsia del cadavere si renda necessaria per lo svolgimento di indagini criminali. All'infuori dei casi autorizzati, qualsiasi violazione delle tombe o dei luoghi di sepoltura è legalmente perseguibile; il rispetto per l'integrità del defunto e per la sua memoria passano attraverso la tutela del cadavere consegnato alla tomba.
La pratica o l'interdizione dell'esumazione riflettono (come le pratiche relative all'inumazione o alle altre forme di sepoltura) le rappresentazioni culturalmente elaborate riguardo alla morte, i rapporti tra i vivi e i defunti, le idee condivise intorno al corpo e alla persona. Osservando le modalità che ciascuna cultura prescrive in rapporto alle esequie, possiamo individuare i diversi atteggiamenti possibili riguardo ai resti della morte. Talora essi vengono completamente distrutti e dispersi, il cadavere non deve lasciare traccia; altre volte, invece, i resti vengono accuratamente conservati: la memoria dei morti vive attraverso i luoghi che ne accolgono il corpo o attraverso i suoi elementi materiali imperituri (v. cimitero). Tramite le procedure di inumazione ed esumazione il cadavere viene, per così dire, lavorato, trasformato, assimilato dalla comunità. In molte parti del mondo l'esumazione è parte integrante dei riti funebri, le ossa dei morti vengono riportate alla luce in occasione delle seconde sepolture (v. oltre) o delle cerimonie commemorative. In questi casi il corpo del defunto non ne rappresenta tout court l'individualità; alla carne e alle ossa che lo compongono viene assegnato un differente destino: mentre la prima, intaccata dal processo di decomposizione scompare, le ossa restano. Esse possono essere deposte in un luogo separato dalle dimore dei vivi, oppure in casa; essere inumate in tombe comuni, confondendosi con quelle degli altri defunti, oppure mantenere all'interno del sepolcro una collocazione autonoma, che in qualche modo rispecchia il sistema delle relazioni sociali tra i vivi.
L'esumazione, come parte integrante dei riti funebri, rappresenta una pratica ricorrente nelle aree in cui si celebrano i doppi funerali: il cadavere viene sepolto a breve distanza dal decesso; successivamente se ne riesumano le ossa per seppellirle in una tomba non più individuale ma collettiva. Ciò che colpisce nei resoconti etnografici relativi a questa pratica è la differente attitudine suscitata dalla carne e dalle ossa del corpo morto: l'orrore della carne, della sua impurità e la tonalità affettiva dei momenti rituali centrati intorno alla salma si oppongono ai comportamenti relativi alle ossa.
Analizzando i funerali dei bara del Madagascar, P. Metcalf (Huntington-Metcalf 1979) riconduce la coppia carne e ossa del corpo morto alla dicotomia vitalità e ordine che oppone la nascita alla morte e l'utero alla tomba. Mentre il corpo è sintesi dei due principi, nel cadavere la loro complementarità si muta in antagonismo. Nelle ossa riesumate in occasione della seconda sepoltura, la vitalità si è estinta a vantaggio dell'ordine.
Relativamente ai funerali dei merina del Madagascar, M. Bloch (1989) ha impiegato, per rendere conto della contrapposizione tra la caducità della carne del cadavere e la permanenza delle ossa riesumate, la coppia individualità-collettività. La morte segna la fine dell'individualità della persona, ovvero di quel principio di divisione che si oppone all'ideale unità e coesione della discendenza. Mentre la carne si decompone, la sostanza vitale degli antenati sopravvive per nutrire le generazioni future. La continuità dei gruppi di discendenza merina è simboleggiata attraverso i riti funebri, in particolare durante la fase in cui i resti ossei vengono esumati e, nel corso di una danza parossistica, frantumati sino a divenire un 'amalgama impersonale di discendenza', cioè una sostanza nella quale è andata perduta l'individualità di un tempo.
La somiglianza, rilevata da Metcalf, tra i riti malgasci e le doppie esequie dell'area polinesiana analizzate da R. Hertz (1907) è secondo Bloch soltanto apparente. In Polinesia l'esumazione rappresenta, insieme alle seconde esequie, una parte essenziale dei funerali; essa avviene esclusivamente in tale circostanza ed è necessaria a compiere il passaggio dell'anima al mondo dei morti. Diversamente dai secondi funerali la cerimonia merina, che prende il nome di famadihana, non viene celebrata per tutti i cadaveri: i resti di alcuni individui non vengono mai esumati, mentre quelli di altri possono esserlo in più occasioni. Nella credenza polinesiana, esumazione, pulitura delle ossa e sepoltura definitiva permettono di separare irrevocabilmente l'anima dal corpo e il morto dai vivi; il famadihana non ha invece una natura semplicemente strumentale (Bloch 1971). La cerimonia si svolge in tre tempi: le ossa vengono dapprima esumate ed eventualmente ripulite; sono poi avvolte in drappi colorati; infine vengono deposte nella tomba di famiglia. Occorre anzitutto tenere conto del fatto che i funerali merina possono avere luogo secondo differenti modalità: l'inumazione nella grande tomba degli antenati, l'inumazione temporanea nella terra o in altre tombe. La tomba degli antenati è la dimora definitiva a cui tutti i resti devono pervenire. Essa simboleggia l'unità del gruppo, in contrapposizione alla dispersione inevitabile in cui i membri di una comunità vivono quotidianamente. Le forme di sepoltura temporanea hanno il vantaggio di poter essere compiute lontano dalla terra d'origine; possono inoltre essere celebrate anche per quegli individui (bambini, morti a causa di malattie infettive ecc.) per i quali la sepoltura definitiva non è immediatamente possibile. Quando le carni si sono decomposte e le risorse necessarie alla celebrazione della cerimonia sono disponibili, le ossa riesumate vengono trasportate dal luogo della sepoltura temporanea alla terra d'origine del gruppo di discendenza del defunto. Nel caso in cui invece la sepoltura avvenga immediatamente nella grande tomba degli antenati, l'esumazione non è una componente essenziale dei riti funebri; il famadihana può essere celebrato per rendere onore al defunto, ma non ha la funzione che viene normalmente riconosciuta alle seconde esequie, né quella di assicurare ai vivi il favore dei morti.
È vero che, poiché la festa compiace i morti, i vivi chiedono la loro benedizione, ma lo scopo principale della cerimonia non è, secondo Bloch, quello di ottenere la loro protezione. In occasione del trasferimento delle ossa dalla tomba temporanea a quella degli antenati, quando il corteo che le trasporta giunge in prossimità del sepolcro collettivo, alcuni degli scheletri che vi sono sepolti vengono riportati alla luce. La notte prima della cerimonia i parenti devono recarsi presso la tomba e chiamare per nome gli spiriti di coloro che l'indomani verranno esumati. Sono in prevalenza gli scheletri degli individui morti di recente a essere portati fuori o quelli delle persone importanti. Le ossa degli altri defunti non sono per lo più identificabili: spesso sono avvolte nello stesso telo con quelle di altri individui e il nome di coloro cui appartenevano è stato dimenticato. I morti di lunga data non vengono tenuti in grande considerazione, mentre sono le persone decedute di recente a occupare la sezione più onorata della tomba. Il mattino della celebrazione, la processione dei parenti e degli amici raggiunge il sepolcro, uomini e donne separatamente. La porta viene aperta e il capo della cerimonia pronuncia una preghiera con la quale chiede la benedizione degli antenati. Vengono quindi individuati e avvolti in teli di lino gli scheletri che verranno portati fuori. Una volta estratte dalla tomba, le ossa vengono riavvolte e affidate alle donne che se le caricano sulle spalle e, dominate dall'ansia e forzate dagli uomini, incominciano a danzare. Progressivamente la paura diminuisce e si trasforma in una gioiosa eccitazione. Le danze si fanno frenetiche: alcune donne iniziano a correre e a spingersi l'una con l'altra, le ossa vengono lanciate e, spesso, urtando si rompono; al termine della danza il famadihana si conclude con la loro ricollocazione nella tomba. Riportando alla luce le ossa, le quali sono il simbolo della sostanza che rimane a nutrire le generazioni future, l'esumazione e la festa presso la tomba realizzano la trasformazione dell'individualità in unità. Se nella vita quotidiana la realtà del gruppo di discendenza è difficile da percepire, essa viene ricreata nelle vicinanze della tomba che racchiude le ossa raggruppate dei consanguinei. Riunendosi presso di essa i vivi mostrano ai morti, e attraverso di essi a sé stessi, la propria unità.
I funerali e l'esumazione sono, come Bloch ha mostrato, uno dei mezzi attraverso cui il gruppo simboleggia e crea la propria identità e il proprio ordine, fine cui è possibile pervenire agendo sui cadaveri. Le cure dedicate alle ossa, così come l'assunzione della impurità mortuaria da parte dei vivi, che ha luogo nel corso dei riti del lutto, devono essere interpretate come segno di un nuovo rapporto che s'instaura con il morto. Per comprendere tale relazione tra il defunto trasformato in antenato e i sopravvissuti, occorre tenere conto, oltre che della concezione della morte elaborata localmente, dell'ordine che regola la società, ossia della forma delle relazioni sociali che i riti affermano.
Abbiamo sottolineato tre degli elementi centrali dei funerali merina: la divisione tra uomini e donne del lavoro religioso connesso alla morte; l'indifferenziazione dei resti ossei degli antenati nella tomba; la natura non strumentale del famadihana. Bloch interpreta questi aspetti mettendoli in relazione alla dispersione dei gruppi di discendenza e all'esigenza di affermare l'unità contro tale dispersione (unità che viene associata, nel contesto rituale, alle donne).
Tra le società che attribuiscono un'importanza fondamentale alla conservazione dei resti della morte vi è quella cantonese in Cina (Watson 1982), le cui cerimonie funebri sono costituite da tre sequenze rituali: la prima è quella che va dalla morte alla sepoltura, la seconda consiste nella cessazione del lutto, infine la terza, che ha luogo a distanza di diversi anni dalla seconda, prevede l'esumazione e la risepoltura delle ossa. L'impurità domina in particolare la prima fase rituale, che è quella più pericolosa: i discendenti devono manipolarla affinché si realizzi la metamorfosi del defunto in antenato. Secondo Watson, i riti con i quali i vivi assumono su sé stessi l'impurità rappresentano la prima transazione, in una relazione di scambio tra la comunità dei vivi e il morto che si protrae per molte generazioni. Il culto degli antenati si basa su un principio di reciprocità: immediatamente dopo la morte, i vivi sono dominati dal terrore del defunto, mentre in seguito l'antenato diviene totalmente dipendente dai suoi discendenti. Il corpo viene dapprima sepolto in un sarcofago dove resta per circa sette anni. Si ritiene che i resti del defunto abbiano il potere di favorire lo sfruttamento delle risorse naturali da parte dei discendenti, ma questo potere diviene attivo solo dopo che le ossa siano state esumate, deposte in un'urna in ceramica e sepolte nel luogo propizio identificato da un geomante. Diversamente da quanto avviene presso i merina, i resti dei defunti cantonesi sono conservati individualmente e i nomi degli antenati si tramandano attraverso le generazioni, ma ciò vale solo per gli antenati di sesso maschile. Le donne appartengono infatti a un lignaggio esterno a quello dei loro sposi (nella società cantonese i matrimoni sono infatti esogamici); il gruppo al quale si sono unite con il matrimonio non attende alcun beneficio dalle loro ossa, né accorda alle donne lo status di antenato. I loro resti vengono esumati e collocati in prossimità dell'urna del marito e i loro nomi personali sono dimenticati. Il modo in cui le diverse società, ove le cerimonie funebri comprendono la pratica dell'esumazione, prescrivono di disporre dei resti riportati alla luce è un elemento cruciale nella costruzione della relazione con gli antenati. I casi etnografici che abbiamo presentato non esauriscono la gamma dei possibili trattamenti del corpo del defunto. Ogni impiego legale dell'esumazione rappresenta una differente forma del rapporto tra i vivi, i morti e gli antenati, la cui configurazione dipende dalla articolazione interna della società e spesso dal ruolo che viene accordato a uomini e donne, in vita e dopo la morte.
Sinora abbiamo fatto riferimento ad alcuni esempi di esumazione legale; riportando le ossa in superficie l'ordine, tramite la simbologia del rituale, viene riaffermato. L'esumazione, svelando le ossa, rimanda alla società l'immagine dell'ineluttabile finitudine umana, ma può divenire al contempo uno strumento per affermare la permanenza e la continuità degli antenati attraverso la discendenza. Esistono, all'opposto, situazioni in cui l'esumazione del cadavere viene praticata violando le norme sociali, rispondendo, per es., alle regole sovversive di un sottogruppo antagonista rispetto all'autorità costituita. Nella regione africana dei Grandi Laghi è diffusa la credenza che sia abitudine di individui maligni, dotati di poteri nefasti, dissotterrare i cadaveri appena sepolti e nutrirsene. A tale proposito, R. Koch (1908) raccontava come le famiglie montassero la guardia alle salme per evitarne la sottrazione. Similmente H. Johnston (1902) affermava che a Buddu e nelle isole Sese del Lago Vittoria vi erano delle società segrete che si riunivano la notte e divoravano i cadaveri. La consumazione della carne avrebbe fornito ai necrofagi il potere magico di mutarsi in animali selvaggi, con una metamorfosi analoga a quella dei lupi mannari in Europa. Esumare il cadavere appena sepolto per farne un uso illegale è fonte di terrore: significa violare il confine che i funerali istituiscono tra il mondo dei vivi e quello dei morti. Come ogni forma di disordine e di confusione, l'esumazione diviene allora fonte di pericolo ma anche di potere: le streghe si cibano della sostanza putrescente del corpo morto per trasformarsi e mettere a repentaglio non soltanto la pace del defunto ma l'incolumità dell'intera comunità. Questo tipo di esumazione si contrappone a quella legale che, come si è visto, intende proteggere e riaffermare, attraverso l'azione rituale, l'ordine della società.
È significativo che, nel caso delle esumazioni illegali, ciò che viene riportato alla luce non siano soltanto le ossa ma la carne del morto, elemento che è spesso direttamente associato all'individualità della persona e all'impurità. Il cadavere riesumato viene quindi consumato con il risultato di privare il defunto dell'ancoraggio spaziale costituito dalla tomba e della possibilità di contatto con i propri discendenti. Nel suo essere minaccia di caos e confusione, l'esumazione perpetuata dalle streghe percorre, pur muovendo dal polo opposto, il cammino dei morti viventi o dei vampiri che la notte escono dalla tomba per nutrirsi del sangue dei vivi. In entrambi i casi, che siano i vivi a violare lo spazio dei morti oppure i morti a invadere quello dei vivi, le conseguenze sono le medesime: gli individui e l'intera comunità vengono a trovarsi in una situazione di pericolo.
M. Bloch, Placing the dead. Tombs, ancestral villages and kinship organization in Madagascar, London, Seminar Press, 1971.
Id., Ritual, history and power. Selected papers in anthropology, London, Athlone, 1989.
R. Hertz, Contribution à une étude sur la représentation de la mort, "L'Année Sociologique", 1907, 10 (trad. it. in Id., La preminenza della destra e altri saggi di antropologia, Torino, Einaudi, 1994, pp. 53-136).
R. Huntington, P. Metcalf, Celebrations of death. The anthropology of mortuary ritual, Cambridge, Cambridge University Press, 1979 (trad. it. Bologna, Il Mulino, 1985).
H.H. Johnston, The Uganda protectorate, London, Hutchinson, 1902.
R. Koch, Anthropologische Beobachtungen gelegentlich einer Expedition an den Viktoria Nyanza, "Zeitschrift für Ethnologie", 1908, 40, 3.
J. Watson, Of flesh and bones: the management of death pollution in Cantonese society, in Death and the regeneration of life, ed. M. Bloch, J. Parry, Cambridge-New York, Cambridge University Press, 1982, pp. 155-86.