Età
Il processo di crescita e invecchiamento è un fenomeno universale. Uno dei dati biologici fondamentali, comune a tutte le società, è che la vita umana ha un decorso temporale limitato. Lo sviluppo delle piene capacità fisiche nel corso dell'infanzia e dell'adolescenza consiste in un aumento costante e relativamente rapido delle dimensioni del corpo nonché nel grado di forza e di autonomia; segue un periodo, che dura circa la metà di quello precedente, in cui il corpo raggiunge il massimo delle sue capacità, dopo il quale inizia a declinare con ritmo più lento avviandosi verso l'età anziana, allorché la perdita di diverse facoltà fisiche rende l'individuo debole e infine dipendente dagli altri. Questo modello universale, tuttavia, è valido solo in una situazione ideale, ossia in assenza di pericoli provenienti dall'esterno. In realtà una nutrizione insufficiente, malattie e calamità improvvise possono impedire o compromettere lo sviluppo di alcuni individui, oppure interrompere il potenziale completamento del ciclo di vita. Pertanto, sebbene vi siano senza dubbio caratteristiche biologiche comuni a tutti gli esseri umani, il significato dell'età deve essere valutato in rapporto ai diversi contesti specifici piuttosto che a una generalizzazione ideale.
Vi è una notevole diversità nella struttura per età fra le popolazioni dei paesi industrializzati e quelle dei paesi non industrializzati. Tale differenza a volte viene presentata in termini di speranza di vita alla nascita o di età media alla morte. Nel primo caso l'effetto di una migliore nutrizione e i progressi della medicina hanno ridotto i rischi cui sono esposti gli individui. Nelle società che dispongono di tecnologie avanzate vi sono in proporzione più anziani che nel Terzo Mondo, dove si ha un'alta percentuale di giovani che non raggiungono il pieno sviluppo e molti di loro non vivono a lungo. Queste semplici contrapposizioni, tuttavia, possono risultare fuorvianti se non le si considera in rapporto alla struttura per età delle popolazioni. Un esame di tale struttura mostra come la differenza tra le nazioni più ricche e con migliori condizioni sanitarie e quelle meno sviluppate risulti determinata sia dai diversi tassi di mortalità infantile, sia dal numero di adulti che sopravvivono fino all'età anziana. Un alto tasso di natalità e un'elevata mortalità infantile e giovanile determinano un basso tasso di sopravvivenza fino all'età anziana, mentre un basso livello di natalità associato a un'elevata percentuale di sopravviventi tra i nati produce l'effetto contrario. Un alto tasso di sopravvivenza sembra render probabile l'esistenza futura nella popolazione di una classe numerosa di individui anziani. Tuttavia la presenza di anziani in condizioni di dipendenza non è un tratto distintivo delle società industriali: anche in società semplici e di dimensioni ridotte un certo numero di persone raggiunge l'età anziana e diventa dipendente dai figli o dai nipoti. Nei paesi in via di sviluppo, però, la maggioranza delle persone improduttive cui devono provvedere quelle produttive è costituita da bambini, mentre nelle società industriali i membri della società in condizioni di dipendenza sono ripartiti, in diverse proporzioni, tra giovani e anziani.
Come ha rilevato P. Spencer (v., 1989), si è prestata maggiore attenzione al periodo tra la nascita e la maturità, allo sviluppo del comportamento e delle capacità proprie dell'adulto nonché ai vari stadi di questo processo, che non ad altre fasi del ciclo di vita. La psicologia dell'età evolutiva, la linguistica e l'etologia sono state le discipline più importanti in questo campo, mentre la sociologia e l'antropologia sociale si sono occupate prevalentemente dei membri adulti della società. Anche quando i sociologi si sono occupati della rilevanza sociale dell'età hanno studiato prevalentemente la giovinezza (ad esempio Eisenstadt: v., 1956). Nell'ultimo decennio, tuttavia, sia in Europa che negli Stati Uniti si è manifestata una certa preoccupazione per il fatto che l'alta percentuale di persone che sopravvive venti o più anni dopo il pensionamento può drenare le risorse economiche di un paese. Di conseguenza lo studio dell'età anziana ha ricevuto uno stimolo particolare. Questo nuovo interesse ha fatto sì che gli scienziati sociali focalizzassero l'attenzione su un diverso insieme di problemi. Laddove lo studio dell'età evolutiva e della giovinezza riguarda i meccanismi della trasmissione culturale nel senso più ampio e dell'inserimento dei giovani nei ruoli sociali, il nuovo interesse nei confronti degli anziani ha richiamato l'attenzione sul modo in cui, sebbene fisicamente in declino, l'anziano possa ancora esercitare autorità. È così diventato nuovamente attuale il problema - che Weber formulò per primo - dell'interazione tra forza fisica o coercizione economica e i diversi tipi di potere legittimo.
Nel mondo occidentale l'età è definita in precise unità temporali. La data di nascita di un individuo viene registrata e rimane un fattore di identificazione essenziale per i membri di tali società, richiesto in parecchie occasioni. L'usanza di festeggiare i compleanni dei bambini sottolinea l'importanza della data di nascita per la loro identità individuale. La ricorrenza annuale del compleanno segna gli incrementi regolari dell'età e la graduale acquisizione dei diritti propri di una persona sociale a pieno titolo. L'ingresso nella scuola, il diritto di contrarre matrimonio e di votare, l'obbligo di pagare le tasse e di prestare il servizio militare possono essere regolati dall'età cronologica. È di estrema importanza dal punto di vista comparativo il fatto che tali diritti sono conferiti a ogni singolo individuo allorché acquisisce i requisiti necessari per ottenerli, non collettivamente a un'intera categoria di persone idonee.
In altre parti del mondo l'età misurata in anni è meno importante dello sviluppo fisico, mentale e sociale valutato sulla base delle concezioni della società relative al ciclo normale di sviluppo e declino dell'uomo. Questa differenza nella determinazione dell'età sembra implicare un netto contrasto tra le società in cui l'esistenza di archivi di registrazione consente di avere dati precisi e società che non conoscono la scrittura, per le quali l'età costituisce un valore approssimativo. Tuttavia l'importanza sociale attribuita all'età non è semplicemente il risultato di sistemi di documentazione e di tecniche che danno luogo ad accurati registri cronologici. L'età in quanto principio di organizzazione sociale acquista la massima importanza in società nelle quali l'età cronologica degli individui è sconosciuta. Viceversa, nelle società in cui l'alfabetizzazione e registri cronologici elaborati consentono di definire con precisione la data di nascita, l'età può avere un'importanza relativamente scarsa, oppure essere rilevante solo per individui marginali come i bambini e per quanti si sono ritirati dalla partecipazione attiva alla vita politica ed economica.
Alcuni studiosi, interessati a individuare un terreno comune agli esseri umani e agli animali sociali a essi affini, hanno visto nell'associazione tra coetanei una caratteristica propria non solo degli uomini, ma anche dei primati. Altri sostengono che la classificazione degli esseri umani differisce dalle classificazioni di altri esseri che vivono in società per il fatto che essa influenza il comportamento di coloro che vengono classificati. Gli esseri umani identificano se stessi e gli altri in base alle distinzioni di età proprie della loro società, ed esprimono tali identificazioni nel loro linguaggio, nelle loro azioni e nelle aspettative reciproche. L'impianto culturale di uno sviluppo 'normale' contiene una connotazione morale che condiziona gli individui oltre che classificarli. L'influenza dell'età nella vita sociale può essere studiata sotto diversi aspetti: le percezioni culturali del ciclo di vita; l'effettiva distribuzione dei ruoli in base all'età; il ruolo dell'età nella strutturazione delle relazioni interpersonali e delle associazioni tra gli individui; l'età come base per l'organizzazione formale di gruppi e per l'accesso a determinate posizioni sociali. Così, se è vero che in molte società di norma sono le persone di mezza età e gli anziani a detenere il potere, questo fatto di per se stesso non denota una società basata sull'età. Tale modello è frutto del concorso di vari altri fattori, quali gli anni spesi per la preparazione professionale, le strutture di carriera imposte da grandi organizzazioni di tipo burocratico o il valore positivo attribuito all'esperienza. Nella struttura occupazionale specialistica propria delle società industrializzate, alle capacità dei giovani e degli anziani viene dato un rilievo diverso a seconda del contesto: l'importanza della forza fisica nelle occupazioni manuali favorisce i giovani, e un effetto analogo ha il ruolo rilevante assunto dall'innovazione nell'industria della moda e nei media. Nelle grandi organizzazioni burocratiche, per contro, si ha generalmente un avanzamento per anzianità, sicché si viene a creare una certa corrispondenza tra età e posizioni di prestigio. Questi modelli sociali sono tuttavia modificati da certi fattori che in ogni società occidentale consentono ad alcuni individui di svolgere attività professionali ad un livello superiore rispetto ad altri e di far carriera più celermente. Come sottolineava Weber, la rilevanza formale attribuita alle capacità individuali è una caratteristica associata allo sviluppo della burocrazia e contraddistingue le società occidentali; anche in queste, però, la distribuzione dei ruoli è influenzata dal sesso, dal gruppo etnico di appartenenza, dalla posizione ereditata, dalla classe sociale e dalla ricchezza.
Il processo di invecchiamento non solo è universale, ma è anche universalmente ritenuto importante. Le percezioni culturali relative alla natura degli esseri umani e ai loro rapporti col mondo, inclusa la società di cui sono membri, sono parte integrante delle percezioni sociali dell'età. Tutte le società, comprese quelle occidentali, anziché considerare il ciclo di vita come un fluire indifferenziato dalla nascita alla morte lo suddividono in una serie di stadi. Il ciclo vitale manifesta cambiamenti regolari - e dunque prevedibili - nella conformazione fisica degli individui, nonché uno sviluppo delle loro capacità. Ad alcune trasformazioni fisiche che si presentano regolarmente viene data particolare rilevanza in quanto vengono considerate caratteristiche tipiche di uno stadio successivo della vita. Certi aspetti della crescita umana come la dentizione o l'imparare a camminare segnano il passaggio individuale del bambino a uno stadio successivo; la nascita di un figlio e i capelli bianchi sono contrassegni del medesimo processo per gli adulti. I significati attribuiti ai diversi stadi della vita implicano anche determinati stereotipi relativi allo sviluppo intellettuale, morale e sociale. Ci si aspetta che le persone cambino il loro comportamento e assumano altri ruoli nello stesso modo in cui ci si aspetta che passino a un altro stadio. Questa successione di stadi, basata su ciò che viene considerato lo sviluppo 'normale' dell'uomo, è l'unica rilevanza sociale universalmente riconosciuta all'età, mentre la natura degli stadi, il loro numero e il valore loro attribuito variano nelle diverse società.Sebbene la psicologia dell'età evolutiva abbia come principale oggetto di studio il processo di maturazione, la rilevanza sociale degli stadi del ciclo di vita è stata studiata in modo meno approfondito nella società occidentale che nel Terzo Mondo. È mancato quasi del tutto, ad esempio, uno studio sistematico dell'influenza che le concezioni dei genitori relative al processo evolutivo e ai suoi stadi esercitano sul trattamento riservato ai figli. Molte caratteristiche attribuite agli stadi dello sviluppo sembrano essere comuni a parecchie società. Schildkrout ha dimostrato che le concezioni degli Hausa relative al momento in cui i bambini sviluppano un senso morale sono simili a quelle diffuse in Occidente. Tuttavia le trasformazioni evolutive significative sul piano morale e sociale - e dunque la definizione e la concettualizzazione degli stadi d'età - variano nelle diverse società. Così, mentre alcune riconoscono una quantità di stadi attraverso i quali il bambino deve passare prima di essere considerato maturo, in altre non si fanno distinzioni e tutti i bambini sono classificati complessivamente come differenti dagli adulti. Tutte le società, tuttavia, fanno una netta distinzione tra il bambino e l'adulto, e riconoscono la piena facoltà di agire solo agli adulti (di solito, inoltre, solo agli adulti di sesso maschile).
La distinzione di gradi o stadi d'età costituisce un mezzo per classificare gli individui. Gli eventi del ciclo di vita che sono considerati indicatori importanti dello sviluppo degli individui definiscono anche classi di persone con caratteristiche simili. Tali classi possono essere contraddistinte da una serie di denominazioni diverse. Così la lingua inglese distingue tra il lattante (baby) e il bambino che fa i primi passi (toddler), tra l'adolescente e l'adulto; in altre lingue le distinzioni terminologiche di questo tipo possono essere ancora più numerose. Poiché lo sviluppo individuale segue ritmi diversi, le persone che si trovano nello stesso grado d'età possono essere soltanto approssimativamente coetanee, allo stesso modo in cui una scolaresca di bambini della medesima età mostrerà una certa gamma di stadi di sviluppo differenti.I gradi di età considerati nel loro insieme danno un'idea di quella che è considerata una evoluzione 'normale', idea che sta alla base dei modi di concepire la persona propri di una certa società. A volte si ritiene necessario che l'individuo abbia attraversato tutti gli stadi per essere considerato una persona a pieno titolo, o si crede che lo stadio raggiunto determini ciò che avviene alla morte. Tra i Tallensi del Ghana, come riferisce Fortes, chi muore prima di aver completato tutti gli stadi normali della vita è una persona in senso meno pieno di chi li ha invece portati a compimento. In ogni società il concetto di ciclo di vita ha implicazioni che vanno al di là delle definizioni immediate di un processo di crescita normale.La divisione in gradi d'età organizza le categorie 'naturali' entro un sistema che stabilisce una gerarchia sociale tra gli individui oltre che la loro classificazione. I gradi d'età non sono semplicemente disposti in sequenza, ma vengono valutati anche secondo l'importanza dell'uno rispetto all'altro, e pertanto implicano nozioni di gerarchia e di autorità. Il ciclo di vita si configura come una scala sociale che gli individui percorrono. Tutte le società attribuiscono ai bambini un rango inferiore rispetto agli adulti, ma la posizione delle persone molto anziane varia a seconda del sistema sociale. La vecchiaia può essere tenuta in grande considerazione, oppure comportare un relativo disinteresse. Può conferire maggiore autorità alle persone accrescendone il potere, oppure privarle del controllo sulle risorse e su altri esseri umani, lasciandole deboli e neglette. È stato rilevato che le donne soffrono relativamente meno degli uomini della diminuzione di status che la vecchiaia comporta, posto che abbiano figli e nipoti viventi. In Occidente è opinione comune che l'estrema deferenza nei confronti dei vecchi sia una prerogativa delle società tradizionali, la quale si contrappone all'atteggiamento di relativa indifferenza e persino di abbandono tipica delle società occidentali. Le ricerche etnografiche, però, hanno mostrato che nelle società tradizionali il valore attribuito alla vecchiaia può variare ampiamente entro i due estremi che vanno dall'abbandono degli anziani nelle società di cacciatori e raccoglitori - come ad esempio gli Hadza della Tanzania - o dalla considerazione in cui viene tenuto il suicidio in vecchiaia tra gli Eschimesi, da un lato, alla venerazione degli anziani che si diceva fosse una caratteristica della Cina tradizionale, dall'altro. Nelle società di ampie dimensioni, inoltre, le posizioni più influenti sono occupate da persone più vicine all'età anziana che non alla giovinezza. Là dove l'accesso alle cariche politiche o il controllo delle risorse economiche conferisce potere agli anziani, questi possono conservare il loro status, collettivamente o individualmente, meglio che nelle società in cui i costi del loro mantenimento sono elevati.
Nelle relazioni interpersonali l'età è di solito solo uno tra i molti elementi socialmente rilevanti. In alcune società di dimensioni ridotte, tuttavia, essa ha un ruolo preminente rispetto ad altre caratteristiche sociali nel foggiare i rapporti e le organizzazioni sociali. Richards (v., 1956) ha osservato come tra i Bemba anche i bambini piccoli fossero a conoscenza del rango appropriato alla loro età tra i compagni di gioco, e i più giovani davano la precedenza ai più anziani. Gulliver (v., 1955) ha mostrato come gli allevatori nomadi Turkana organizzino in base all'età i loro incontri negli accampamenti e ai più anziani venga riconosciuta automaticamente l'autorità di prendere decisioni e di comporre le controversie. Nella maggior parte delle società la differenza d'età rappresenta solo uno tra i tanti elementi che determinano il rango degli individui - ad esempio il sesso, lo status ereditario, la generazione cui si appartiene, i successi ottenuti - e tra di essi alcuni possono risultare più importanti dell'età. Là dove vi siano una aristocrazia e sovrani ereditari, i bambini di alti natali possono esigere obbedienza da parte di adulti di rango inferiore; nei casi in cui la superiorità è determinata dalle capacità personali e dalla ricchezza, i ragazzi e le ragazze possono avere subordinati assai più anziani.
La divisione per gradi di età e la diversa condizione individuale a seconda dell'età sono esempi di differenziazione sociale, ma di solito viene usata l'espressione 'organizzazione per età' per indicare quelle situazioni in cui l'età costituisce il principale criterio per la formazione di gruppi e per l'attribuzione formale a essi di diritti e responsabilità. In alcune società l'organizzazione per età può riguardare solo un periodo della vita, di solito quello che precede la piena maturità sociale. Tra i Kikuyu del Kenya, gli Ifikpo della Nigeria e molte popolazioni indiane del Nordamerica sembrano esistere gruppi di pari, formali e informali, simili a quelli di molte società industrializzate. Per questo motivo, forse, questi ultimi sono definiti gruppi di età (v. Eisenstadt, 1956). Esistono tuttavia differenze decisive di cui attualmente viene riconosciuta la rilevanza sul piano teorico.
Mentre l'espressione 'gradi d'età' per indicare gli stadi del ciclo di vita sembra ora universalmente accettata, i termini impiegati per designare i gruppi costituiti sulla base dell'età non sono uniformi. Il problema è quello di mantenere chiara la distinzione tra gruppo organizzato di coetanei, ruolo del gruppo entro il sistema complessivo e grado d'età al quale viene assegnato tale ruolo. I differenti usi linguistici che si riscontrano negli studi monografici riflettono l'elemento cui di volta in volta viene dato risalto nelle società studiate, ma hanno ingenerato una certa confusione nei tentativi di comparazione. Le espressioni 'insieme d'età', 'gruppo d'età', 'grado d'età' sono state impiegate per designare le unità all'interno delle organizzazioni per età, come pure per denominare gruppi più o meno coesi all'interno di un determinato sistema. Poiché tutti i gruppi di questo tipo dipendono da una classificazione in base all'età, il termine generale più adeguato sembra essere 'classe d'età'. Esso presenta il vantaggio di essere affine ai termini usati in lingue diverse, anche se secondo alcuni antropologi è privo di una connotazione essenziale, quella di gruppo organizzato. Nei casi in cui è necessario distinguere il gruppo dalla posizione che i suoi membri occupano nel sistema delle classi d'età, si impiegherà l'espressione 'gruppo d'età'.
Attualmente gli scienziati sociali distinguono tra classi d'età e gruppi di coetanei - generalmente giovani - ossia gruppi di pari (peer groups). Nelle società industrializzate esistono molti esempi di gruppi di questo tipo, sia formali che informali. Sebbene in passato - soprattutto da parte di Talcott Parsons e della sua scuola e da parte di Eisenstadt - sia i gruppi di pari che le classi di età siano stati considerati esempi di organizzazione per età, essi si differenziano sotto molti aspetti: i gruppi di pari non sono estesi a tutta la società e possono coinvolgere solo una minoranza di quanti hanno i requisiti per farne parte; l'età costituisce solo uno dei criteri di accettazione nel gruppo, mentre di solito è più importante l'impegno individuale; così, sebbene l'età costituisca un elemento essenziale per il ritiro dall'attività lavorativa, organizzazioni quali le Pantere Grigie negli Stati Uniti rappresentano gruppi di pressione politica formati da pensionati piuttosto che classi d'età o gruppi di pari.Sebbene possano impegnarsi in azioni politiche, i gruppi di pari non sono parte integrante di istituzioni politiche formali. Essi caratterizzano soprattutto l'adolescenza e la giovinezza, e non perdurano negli stadi di vita successivi. Quest'ultima caratteristica ha indotto alcuni autori a definire i gruppi di pari come gruppi giovanili.
Nelle società industrializzate esistono molti tipi di gruppi giovanili, sia formali che informali. Quelli dotati di un'organizzazione formale possono avere ampia diffusione, in alcuni casi su scala nazionale, e un notevole grado di stabilità e di continuità nel lungo periodo. I ruoli di comando sono formalizzati e vengono assegnati per elezione o per nomina dall'alto; può esservi anche una stratificazione interna in ranghi - ciascuno dotato di propri dirigenti - ai quali i membri dell'organizzazione vengono via via promossi. Alcuni gruppi giovanili, come i movimenti collegati con organizzazioni religiose o politiche, sono fondati da una organizzazione-madre per il reclutamento di membri futuri, oppure da adulti che desiderano incoraggiare determinati ideali e un tipo di addestramento di cui avvertono la mancanza. Questi gruppi - come ad esempio quello dei boy scouts o delle 'guide' - sono di norma controllati da adulti e le loro suddivisioni interne, basate sull'età, sono connesse a finalità educative, incarnando altresì le concezioni della società relative all'evoluzione del bambino e agli stadi del ciclo di vita.
Per quanto in molte società esistano organizzazioni informali di coetanei, queste sono tipiche delle società occidentali. Sia che si tratti di bande di strada o di cricche di amici, tali gruppi informali hanno in comune con i gruppi giovanili formali il fatto che i membri sono reclutati individualmente. La cerchia entro la quale avviene la scelta è caratterizzata di solito da fattori quali l'appartenenza a una medesima istituzione (scuola, college o università, chiesa), la classe sociale e la residenza in una determinata località. L'età non è un criterio esplicito per l'accettazione nel gruppo, sebbene alcuni aspiranti possano essere rifiutati in quanto troppo giovani, e dunque per motivi di età. I gruppi giovanili informali di questo tipo hanno di solito dimensioni ridotte; alcuni possono esigere che i novizi si sottopongano a prove iniziatiche, ma nella maggior parte dei casi l'ingresso nel gruppo non è formalizzato. I capi devono la loro posizione dominante o alla loro superiorità fisica o al fatto di rispondere agli ideali del gruppo relativi all'aspetto e al comportamento. All'interno del gruppo possono formarsi delle cricche che a volte creano divisioni, sebbene venga data una grande importanza alla lealtà nei confronti del gruppo. Il gruppo in genere non è affiliato ad altre formazioni analoghe, le quali tendono invece a essere considerate con ostilità o schernite. I gruppi giovanili informali di norma hanno breve durata; i loro membri possono allontanarsi allorché perdono interesse per le attività del gruppo, che può disgregarsi anche a seguito di rivalità interne.I gruppi giovanili esemplificano un aspetto ampiamente diffuso della vita sociale: la marginalità di coloro che, pur essendo ormai maturi dal punto di vista fisico, occupano ancora una posizione secondaria rispetto alle principali istituzioni della società. Il matrimonio e l'assunzione delle responsabilità familiari, oppure l'ingresso nell'attività produttiva integrano gli individui nella società degli adulti; ed è significativo il fatto che questi due eventi di solito pongano fine all'appartenenza ai gruppi giovanili.
Nel linguaggio quotidiano, nonché in certa letteratura sociologica, il termine 'generazione' può essere usato per designare gli individui nati nell'arco dello stesso periodo. L'intera popolazione può essere considerata come un insieme di generazioni, contrassegnate dai passaggi prescritti all'età adulta e al ritiro dall'attività lavorativa (v. Cain, 1964). I sociologi, sulla scia di Mannheim, ritengono che ogni generazione sia modificata dalle diverse circostanze storiche in cui vive, che si trovi alle prese con difficoltà diverse e sviluppi nuove idee per fronteggiarle. Le differenze tra generazioni determinano anche una conflittualità tra di esse. Come nota Spencer (v., 1989, p. 14), questa autorevole teoria nell'ambito della sociologia dell'età - al pari di quella basata sulla nozione di ciclo di vita - si fonda su un'incomprensione di fondo delle differenze tra gradi d'età, generazioni in senso genealogico e sistemi formali di classi d'età. Sociologi e demografi preferiscono ora impiegare il termine 'coorte' o l'espressione 'fascia d'età' per indicare tali divisioni. Ma qualunque sia la terminologia in voga, le divisioni basate sulla data di nascita sono finzioni statistiche, non categorie o gruppi socialmente rilevanti; i membri di una coorte non sono necessariamente consapevoli di essere classificati come tali, non avvertono affatto - o scarsamente - un senso di comunanza con altre persone appartenenti alla stessa fascia d'età, né sono impegnati in un'attività comune.Il termine generazione è impiegato anche, più propriamente, per designare la distanza strutturale tra parenti. La generazione genealogica consiste di un insieme di persone definite in rapporto alla loro discendenza, e sebbene ciò implichi logicamente una certa differenza d'età tra generazioni, questa può variare notevolmente. Il divario d'età tra i membri di generazioni successive può andare dai quindici ai sessant'anni. Non sempre i membri di una stessa generazione sono pressoché coetanei. Tra i figli di una coppia che costituiscono il primo nucleo di una singola generazione genealogica la differenza d'età può essere anche di vent'anni; là dove vige la poligamia o quando vedovi e divorziati si risposano con donne più giovani, le differenze d'età all'interno di una singola generazione possono essere ancora maggiori. È possibile che un uomo procrei per un periodo di almeno cinquant'anni, cosicché alcuni dei suoi figli saranno assai più giovani dei suoi nipoti. Dal punto di vista genealogico, i primi appartengono a una generazione più anziana rispetto a quella di questi ultimi. Se si considerano progenitori più distanti, età e generazione divergono in modo ancora più notevole. Anche tra i membri di una stessa generazione può sussistere una gerarchia basata sull'ordine della nascita o sull'età, il che rende evidente la distinzione tra età e generazione.In tutti i sistemi parentali esiste una qualche differenziazione tra generazioni che comporta degli elementi di ineguaglianza e obblighi di deferenza dei più giovani nei confronti dei più anziani. Si è creduto erroneamente che tale distinzione universale implichi l'universalità delle distinzioni d'età e dell'importanza a esse attribuita. Generalizzare i rapporti interpersonali tra genitori e figli, estendendoli ad ampi segmenti della popolazione che vengono così definiti generazioni, benché sia tipico nel linguaggio comune nel mondo occidentale, non è sufficientemente rigoroso per l'analisi sociale.
I sistemi di classi d'età istituzionalizzate comportano l'assegnazione di ogni individuo a un determinato gruppo, ben definito e dotato di un nome specifico, i cui membri sono reclutati in base all'età. In alcuni sistemi due o più gruppi successivi sono aggregati in unità più ampie, all'interno delle quali vengono classificati in base all'ordine di ingresso nel sistema. L'accesso alla classe d'età è sancito da una serie di rituali grazie ai quali gli iniziati costituiscono un gruppo a cui apparterranno per tutta la vita (Bernardi - v., 1984 - definisce 'età strutturale' l'identità di classe così acquisita). L'ingresso nel gruppo può coincidere con l'iniziazione all'età adulta, oppure quest'ultima può essere semplicemente un prerequisito necessario per l'appartenenza al gruppo. Gli intervalli tra i rituali creano confini ben definiti tra ciascun gruppo e sottogruppo. Periodi in cui vengono reclutati nuovi membri si alternano a periodi in cui non è consentito alcun ingresso ulteriore, sicché ogni classe risulta separata da quelle che la precedono e da quelle che la seguiranno. L'età cronologica e lo stadio di sviluppo fisico dei membri di una classe possono variare in modo più o meno marcato a seconda del sistema; sul piano sociale essi vengono considerati coetanei. Esiste un obbligo di fedeltà al gruppo e di identificazione con esso, particolarmente nelle prime fasi, quando l'uniformità nell'abbigliamento e negli ornamenti, le attività comuni e determinati privilegi identificano i membri di un gruppo come un'unità solidale. L'esclusione dalla vita domestica può servire in questo periodo a rafforzare la fedeltà reciproca dei membri e la loro mutua identificazione. Ciascun gruppo è parte di una serie ordinata di altri gruppi analoghi; quelli formati per primi godono di maggior prestigio e possono esigere deferenza e obbedienza da parte di quelli che sono entrati a far parte del sistema successivamente.
Ciò che caratterizza l'organizzazione per classi d'età sono i legami espliciti esistenti tra classi e gradi d'età. Ciascun grado è concepito come un insieme di privilegi e obblighi attribuiti al gruppo che occupa quel grado. I membri di una classe d'età passano via via come gruppo da un grado d'età a quello successivo. Per esprimere il carattere di tale avanzamento la letteratura antropologica definisce 'promozione' ogni cambiamento di grado. Ogni passaggio può essere contrassegnato da un rituale elaborato, oppure il rito di iniziazione che inaugura una nuova classe può elevare automaticamente le classi esistenti a un grado superiore, mutandone i diritti e accrescendone lo status. Una caratteristica decisiva sul piano politico è data dal fatto che l'autorità legittima è detenuta da una classe per volta e trasferita a tempo debito al gruppo successivo.
Nelle organizzazioni per classi d'età la forza fisica dei giovani è subordinata all'autorità legittima dei più anziani; la maturità sessuale viene inoltre distinta dalle istituzioni sociali del matrimonio e della paternità. Vi sono distinzioni ulteriori: tra l'autorità giudiziaria e l'autorità amministrativa, tra l'autorità politica e quanti detengono la conoscenza del rituale o lo officiano. Tutte queste distinzioni vengono rese operanti assegnando le diverse funzioni a gradi separati e definendo i ruoli delle varie classi d'età. Si tratta di un sistema politico, in quanto affida l'esercizio dell'autorità a persone designate, ma esso ha un significato più ampio della mera designazione del gruppo dirigente. Bernardi (v., 1984) si serve di tre modelli strutturali e di tre modelli funzionali per risolvere le complessità delle testimonianze descrittive.Il sistema delle classi d'età è essenzialmente maschile; un gruppo di fanciulle può essere iniziato insieme quando raggiunge la maturità sessuale, ma le cerimonie comunitarie che concludono questo tipo di rituali non sanciscono la formazione di una classe d'età, sebbene in alcune società esista una gerarchia di rango basata sull'ordine di iniziazione. Non si conosce alcuna società in cui le femmine vengano inquadrate in classi di età e i maschi no, mentre il caso contrario è piuttosto frequente. Le fanciulle e le donne di solito sono associate al sistema delle classi d'età in virtù delle loro relazioni con i maschi - con il padre prima e con il marito poi. Stando ad alcune testimonianze, in alcune società solo le donne sono raggruppate in classi d'età, ma le relazioni al riguardo spesso sono imprecise.
Per quanto ampiamente diffuse, le organizzazioni per classi d'età sono una caratteristica delle società africane, soprattutto dell'Africa orientale, dove assumono forme altamente elaborate. L'esistenza di gruppi formati sulla base dell'età è stata attestata anche in Asia e in America, sebbene per quel che riguarda il Nordamerica le descrizioni provengano da fonti storiche e i sistemi non siano mai stati osservati mentre erano operanti. A quanto sembra, mancava in questo caso una regolamentazione formale dell'avanzamento delle classi nella gerarchia propria delle organizzazioni articolate in gradi d'età. Nelle società industrializzate le classi d'età possono formare la struttura organizzativa nelle scuole e in alcuni gruppi giovanili istituzionalizzati, ma non riguardano in alcun modo la popolazione adulta. Bernardi (v., 1984) fornisce un quadro della distribuzione geografica del sistema delle classi d'età, evidenziandone inoltre la connessione con i sistemi di discendenza patrilineari e con i sistemi politici completamente decentralizzati (acefali), oppure basati su entità politiche di piccole dimensioni all'interno di una popolazione assai più vasta. Le classi d'età non hanno rilevanza politica nei grandi Stati centralizzati o nelle società fondate su economie altamente differenziate e sull'etica del successo personale. L'eguaglianza formale di status imposta ai membri di una classe d'età appare incompatibile con l'individualismo competitivo di queste società, e sembra una forma di organizzazione limitata a coloro che non si sono ancora differenziati in base alle realizzazioni personali, ossia agli individui non ancora pervenuti alla maturità. L'istituzionalizzazione della nascita come determinante di status, tipica dei sistemi feudali, aristocratici o castali, raramente si trova associata al sistema delle classi d'età, sebbene nella forte monarchia zulu del XIX secolo queste fossero la base del potere militare del capo.
Le prime analisi del sistema delle classi d'età si basavano su dati raccolti nell'Africa occidentale, interpretati in chiave evoluzionistica come sviluppo del patriarcato da una società originariamente matriarcale. Questa spiegazione presupponeva una sorta di cospirazione maschile contro le donne, in quanto metteva l'accento sulla segretezza dei riti di iniziazione e sulla struttura gerarchica dell'organizzazione maschile. La critica mossa da Robert Lowie a questo approccio evoluzionistico definì l'impostazione moderna del problema, che consiste nell'attribuire alle classi d'età un valore sociologico anziché storico. Anche l'interpretazione di Lowie, però, risultava in parte viziata dall'eccessiva rilevanza che egli attribuiva al contrasto tra la parentela, ascritta per nascita, e altre forme di associazione classificate nel complesso come volontarie. L'approccio di Lowie fu influenzato probabilmente dalle sue ricerche sugli Indiani delle praterie, ma autorevoli studiosi successivi continuarono a riproporre l'assunto secondo il quale il sistema parentale e quello delle classi d'età sono reciprocamente esclusivi. L'approccio funzionalista di Talcott Parsons e dei suoi seguaci non rappresentò un progresso significativo rispetto all'opera di Lowie. Sebbene Parsons distinguesse tra età e generazione, non sempre gli esponenti della sua scuola fecero altrettanto. Eisenstadt (v., 1956) intraprese una pionieristica analisi comparativa di gruppi giovanili in tutto il mondo, che includeva sia le associazioni volontarie dei gruppi di pari sia i gruppi organizzati in entità politiche istituzionalizzate basate sull'età. Concentrando l'attenzione sulla socializzazione, Eisenstadt trascurò le differenze strutturali tra i gruppi giovanili e il principio dell'età come fondamento di organizzazione sociale. Secondo la sua tesi, di ordine essenzialmente teleologico, l'organizzazione basata sull'età era tipicamente riscontrabile nelle società in cui la parentela non è in grado di fornire un contesto capace di integrare la struttura familiare nella più ampia compagine sociale. Il 'fallimento' della parentela in questo senso sarebbe dimostrato dall'esistenza di gruppi basati sull'età.
Nello stesso periodo in cui i sociologi si interessavano della socializzazione e dell'organizzazione per età, gli studi effettuati in Africa stimolavano l'interesse degli antropologi per il sistema delle classi d'età come sistema politico. Anzitutto, si era pensato che tale sistema avesse una funzione prevalentemente militare. Le classi d'età di popolazioni quali gli Zulu del Sudafrica - dove dopo la riorganizzazione del sistema ad opera di Shaka si trovavano sotto il controllo diretto del sovrano - erano descritte come reggimenti. Veniva del pari rilevato come nell'Africa occidentale le classi di giovani uomini avessero il ruolo di fungere da 'braccio' degli anziani al potere. Molte di queste società nelle due aree dell'Africa si trovavano in guerra anche con le potenze coloniali o con altre popolazioni, sicché nei primi studi sul sistema delle classi d'età la componente militare appariva dominante.
La grande importanza politica dell'organizzazione per età fu riconosciuta relativamente tardi nella storia dell'antropologia. Fortes e Evans-Pritchard non inclusero i sistemi delle classi d'età nel loro studio pionieristico sui sistemi politici africani, pubblicato nel 1940. Solo nel 1962, nell'analisi di Mair sui sistemi politici dell'Africa orientale, l'organizzazione per età veniva presentata come un tipo distinto di struttura politica. In seguito gli etnografi - in particolare coloro che effettuarono studi sul campo nel Corno d'Africa e in Kenya - hanno messo in rilievo come l'insistenza sull'organizzazione militare fosse influenzata dal carattere piuttosto insolito delle società dell'Africa meridionale, e dallo scontro che queste, come pure le società basate sull'età dell'Africa orientale, dovettero sostenere con le forze politiche estranee (v. Baxter e Almagor, 1978; v. Bernardi, 1984). Alcuni vocaboli indigeni che designano i gradi d'età, come ad esempio il termine moran nella lingua masai - prima tradotto con 'guerriero' -, spesso vengono ora conservati nell'originale per evitare le implicazioni legate all'uso di un termine militare.
Per quel che riguarda le caratteristiche formali di un sistema di classi d'età vi sono notevoli variazioni etnografiche: nella formazione dei gruppi, nell'elaborazione della struttura complessiva del sistema e nella distribuzione dei ruoli tra i gruppi. La maggior parte dei sistemi di classi d'età escludono i bambini; l'ingresso in una classe è collegato al raggiungimento di un considerevole grado di maturità e di indipendenza. L'organizzazione per età può pertanto essere rilevante per un periodo limitato della vita. Presso gli Afikpo della Nigeria gli uomini entrano a far parte di una classe d'età solo dopo essere passati attraverso tre gradi d'età giovanili organizzati in modo informale, riguardanti lo sviluppo delle abilità nella lotta; anche questi sono connessi all'età, ma non costituiscono formalmente un gruppo. Le classi d'età dei giovani eseguono gli ordini degli anziani, tra i quali la classe d'età è divenuta una mera questione di identità sociale. Di solito anche nei sistemi ristretti vige l'obbligo di amicizia perenne e di sostegno reciproco tra i membri di una singola classe. L'avanzamento nella carriera politica tuttavia dipende dai successi conseguiti e dalla ricchezza. Là dove esistono gruppi organizzati in base al rango - in forma di società, di consigli o di gruppi gentilizi - la possibilità di esserne membri si fonda su doti individuali. L'effetto di questo tipo di organizzazione per classi d'età è quello di ritardare l'ingresso dei giovani nell'arena politica; a differenza di altri tipi di organizzazione per classi d'età non si tratta di un meccanismo per stabilire il diritto al comando.
I sistemi in cui la classe d'età costituisce la struttura principale dell'organizzazione politica possono essere più o meno complessi. Il tipo più semplice consiste di una serie non limitata di classi, i cui membri sono stati iniziati nella stessa stagione. Le classi d'età dei Gisu si distinguono per il fatto che l'iniziazione ha luogo in anni alterni; in altre società gli intervalli tra i gruppi possono essere più lunghi. I sistemi lineari danno maggior rilievo ai gruppi costituiti al momento dell'iniziazione, assegnando un nome a essi piuttosto che alla posizione che occupano nel sistema.
Nei sistemi più complessi classi più estese, formate da membri reclutati in un periodo più lungo, possono essere articolate internamente in sottoclassi o insiemi, che comprendono quanti sono stati iniziati al sistema nel corso di una stessa stagione. (Tali articolazioni a volte vengono definite gradi, soprattutto nei primi studi sull'argomento). Vi è un periodo, che dura pressappoco quanto quello del reclutamento, durante il quale non viene effettuata alcuna iniziazione. La formazione di nuovi gruppi dopo un periodo 'chiuso' costituirà sia il primo insieme, sia la nuova classe d'età nel suo complesso. Poiché alcuni giovani che hanno raggiunto la pubertà nel corso del periodo 'chiuso' hanno dovuto aspettare l'apertura della classe per essere iniziati, è facile che il primo insieme di una classe in tali sistemi sia più ampio ed eterogeneo rispetto all'età di quelli successivi. Per ragioni analoghe l'ultimo insieme di una classe d'età può comprendere ragazzi i cui padri non vogliono che il loro ingresso nel sistema venga dilazionato oltre, e che sono alquanto più giovani della maggior parte dei compagni. I capi dei gruppi pertanto spesso provengono dal primo insieme della classe d'età, quello cioè dei più anziani.I nomi di classi d'età complesse fanno riferimento alla posizione di ciascun gruppo all'interno del sistema o con un richiamo diretto alle loro funzioni, oppure utilizzando un sistema di nomi di classi ripetuti secondo un preciso ordine. Là dove i nomi si riferiscono a funzioni via via più avanzate, il sistema copre l'intero ciclo di vita. Tra i Masai del Kenya gli individui fanno il loro ingresso nel sistema come giovani moran, passano quindi attraverso i tre stadi ulteriori finché, da vecchi, entrano nel grado degli anziani addetti ai riti. Tra i Nandi e le vicine popolazioni del Kenya occidentale una classe riceve il primo nome disponibile di una lista di nomi di classi con un ordine fisso; il gruppo conserva tale nome man mano che avanza nel sistema finché tutti i suoi membri sono morti; dopodiché il nome sarà riassegnato a una classe, creando un ciclo perpetuo.In alcuni sistemi un'ulteriore articolazione è introdotta da regole che collegano classi alterne con elementi della struttura parentale. Scopo di tali regole è quello di assicurare che l'antagonismo che può sfociare anche in conflitto tra classi contigue non disturbi il rapporto, stretto ma autoritario, tra padri e figli. Così tra i Samburu i giovani devono essere separati dai padri da almeno due classi d'età. L'effetto di tali regole è quello di coordinare la gerarchia dei rapporti tra le generazioni con la gerarchia delle classi d'età; intere classi possono essere definite 'padri' o 'figli' l'una dell'altra. La struttura effettiva dei legami parentali può avvicinarsi solo approssimativamente a questo ideale, poiché l'età al momento del matrimonio, la nascita di figli e la sopravvivenza di questi ultimi fino all'età dell'iniziazione influenzano la posizione dei parenti nella classe d'età e tutti questi fattori variano da individuo a individuo.
In alcuni sistemi conservare la distanza strutturale tra generazioni è più importante dell'appartenenza degli individui a una determinata classe d'età. Tra i Karimojong dell'Uganda ogni classe, composta da cinque insiemi, rappresenta idealmente una generazione. Quando la classe che rappresenta i 'figli' della classe precedente è chiusa al reclutamento, i giovani i cui padri sono nella classe superiore a quella non possono essere incorporati nel sistema. Questi outsiders sono relativamente pochi tra i Karimojong e rimangono anomalie individuali. In altre società la regola della generazione esclude una notevole porzione della popolazione maschile dalla partecipazione al sistema centrale di autorità. Il sistema gaada delle popolazioni etiopiche Galla prevede una distanza di cinque insiemi tra padri e figli. Solo quanti sono già nati quando il padre raggiunge approssimativamente i quarant'anni possono accedere al sistema in modo appropriato. Poiché gli uomini si sposano tardi, molti figli possono restare esclusi. Una serie addizionale di gruppi, l'harriya, nella quale non esiste alcun legame tra padri e figli, consente a quanti restano fuori dal sistema gaada di essere associati a esso. Coloro che partecipano al sistema gaada godono di uno status più elevato rispetto a quanti ne restano esclusi. L'autorità legittima viene trasmessa solo all'interno del sistema gaada, sicché ogni generazione genealogica è di fatto divisa per rango tra quanti eserciteranno il potere politico e religioso e quanti non potranno esercitarlo.Il sistema formale dei Dassanetch in Etiopia è un sistema di classi basate sulla generazione, eterogenee rispetto all'età ma simili alle classi d'età in quanto a una di esse è riconosciuto formalmente il diritto al comando. I giovani sono ammessi in una classe a seconda di quella a cui appartiene il padre e vi sono molte classi in cui il reclutamento avviene contemporaneamente. I membri di una classe possono avere età assai diverse, ma vi sarà almeno una classe al vertice del sistema costituita solo da anziani e un'altra che ha appena iniziato a reclutare i primi membri. Tra i Dassanetch, tuttavia, l'appartenenza a una determinata classe-generazione non conferisce alcun potere e dà ben poca autorità. Il potere si ottiene sfruttando il bestiame per cementare le alleanze nelle occasioni rituali e attraverso matrimoni poliginici. A differenza dei sistemi nei quali vi è un collegamento tra classe d'età e grado d'età, il sistema dei Dassanetch non fornisce una struttura formale entro la quale gli individui possono competere solo con i propri pari. I giovani non dipendono dai padri per il bestiame e di fatto sono in aperta competizione con gli anziani per le mogli e l'autorità.
In tutti i sistemi di classi d'età le irregolarità demografiche rappresentano una minaccia costante per l'effettivo ordinamento degli individui. Le regole che disciplinano il matrimonio e l'inserimento nelle classi sembrano avere la funzione di conservare una conformità perlomeno approssimativa tra gli eventi demografici e la forma ideale rappresentata dal sistema delle classi e delle generazioni. Alcuni autori (v. Legesse, 1973; v. Stewart, 1977) hanno dedicato la loro analisi interamente alle regole e alla logica che le governa, accordando a esse un ruolo prioritario rispetto alle osservazioni empiriche e allo studio dei comportamenti effettivi e degli eventi da parte di coloro che hanno studiato sul campo tali sistemi. Di conseguenza, secondo Baxter e Almagor (v., 1978), essi sono arrivati ad affermare che l'osservatore era tratto in inganno, o che le discrepanze tra il modello ideale del sistema e il suo funzionamento derivavano da un 'guasto' verificatosi nel sistema. Alla base di questi errori vi è l'assunto secondo il quale tali regole descrivono ciò che accade realmente anziché una struttura ideale, nonché l'accentuazione della loro rilevanza politica a scapito di quella religiosa e cognitiva. Baxter e Almagor hanno notato che una certa discrepanza tra il sistema ideale e la situazione in un dato momento sembra costituire una caratteristica di questi sistemi. In seguito è stata messa in discussione anche l'idea iniziale secondo la quale la carriera di una classe consisteva in un passaggio privo di difficoltà da un grado all'altro (v. Gulliver, 1963). I membri della classe che occupa il grado più autorevole sul piano politico possono mostrarsi riluttanti a cedere il posto ai loro successori e possono cercare di ritardare la promozione della classe sottostante. Ciò che fornisce impulso al sistema, più che una meccanica aderenza alle 'regole', può essere una pressione dal basso, che a volte comporta un conflitto reale.
Nei sistemi basati sulle classi d'età la progressione regolare di gruppi di uomini verso la vecchiaia sembra assicurare l'esercizio dell'autorità a tutti coloro che vivono abbastanza a lungo. Il dibattito attuale si incentra sulla questione se sia la classe degli anziani nel suo complesso a esercitare il potere politico, oppure solo alcuni dei suoi membri. Bernardi (v., 1984) sostiene che il sistema delle classi d'età costituisce un meccanismo per la ripartizione sia del potere effettivo che dello status. Si tratta a suo avviso di un sistema democratico, nel senso che il potere è affidato a un gruppo e i gruppi lo esercitano a turno; ogni classe d'età subentra a tempo debito nell'esercizio della legittima autorità. Bernardi rileva che le decisioni vengono prese, i conflitti ricomposti e gli ordini emanati all'interno dei consigli locali formati dai membri di una classe d'età. I membri di una classe sono tenuti a trattarsi reciprocamente da pari e lo fanno realmente; l'autorità propria dell'età anziana è conferita al gruppo, non agli individui. I poteri rituali, come quello di maledire i giovani insubordinati, sono conferiti in egual misura a tutti i membri della classe e non dipendono dall'acquisizione individuale di potere. Coloro che esercitano funzioni in questi sistemi restano in carica per un periodo limitato oppure - come i laibon masai - si tratta di capi rituali che rappresentano la società nel suo complesso e che restano quindi in certa misura al di fuori del sistema delle classi d'età.
Baxter e Almagor (v., 1978) sostengono che l'eguaglianza formale dei membri di una stessa classe d'età maschera il fatto che essi sono in competizione tra loro per il potere e l'autorità. Secondo i due studiosi, il potere collettivo degli anziani è un mito, perché se lo status associato a un determinato grado è conferito alla classe nel suo complesso, non tutti gli anziani acquisiscono il potere effettivo, che si fonda invece sulla ricchezza e sull'abile gestione di rapporti clientelari e di alleanze matrimoniali. Sono gli individui ad acquistare potere, non è il gruppo nel suo insieme che governa.Il sistema delle classi d'età è stato definito anche una gerontocrazia (v. Spencer, 1965). Vi è una netta distinzione tra la forza fisica di cui dispongono i giovani e i poteri rituali e politici che vengono acquisiti solo dagli anziani, i quali controllano anche i matrimoni e le risorse economiche. Il controllo dei giovani da parte degli anziani è una dimostrazione del fatto che in un sistema di questo tipo il potere coercitivo è subordinato all'autorità legittima. Tuttavia il controllo politico da parte degli anziani può escludere le persone in età molto avanzata; la classe d'età dei più anziani è ridotta nei ranghi e i suoi membri sono deboli fisicamente. Tale classe di solito non si occupa più della direzione degli affari pubblici, ma fornisce gli esperti dei rituali. L'esercizio dell'autorità politica è prerogativa della classe d'età immediatamente più giovane. Altre forme di autorità legittima, quali quelle derivanti dalla nascita e dall'esperienza, possono anch'esse riservare l'autorità ai più anziani. Là dove non vi sono cariche formali che comportano il diritto al comando, anche il potere su basi informali può dar luogo al dominio dei più anziani, se sono essi a controllare le risorse e la forza lavoro. Questa capacità di esercitare il comando dovrebbe essere distinta dallo status proprio della classe d'età o dal prestigio e dall'autorità che l'esperienza e la longevità stessa conferiscono agli individui. L'autorità degli anziani, sia nel sistema delle classi d'età che in altri, può implicare uno scarso potere effettivo.
I sistemi di classi d'età hanno l'effetto di scandire il tempo (v. Baxter e Almagor, 1978). L'inaugurazione di ogni nuova classe segna lo scorrere del tempo come il ticchettio di un gigantesco orologio. Il sistema stesso fornisce dei modelli per concettualizzare il tempo. I sistemi lineari ristretti, come quello dei Masai, riducono il concetto del tempo all'estensione di un ideale arco di vita - il passaggio di gruppi di individui attraverso tutti gli stadi d'età. I sistemi che adottano una serie ciclica di nomi propongono una concezione iterativa del tempo, un ciclo infinito di continuità via via che i nomi si succedono in ordine. Il cambiamento è ridotto alle regolarità della successione. I nomi desunti da eventi contemporanei secondo una sequenza lineare aperta, per contro, rappresentano il tempo come un flusso di mutamenti e la lista completa dei nomi fornisce una cronologia in base alla quale datare gli altri eventi. In alcuni sistemi si ha una combinazione di entrambi i metodi: i nomi delle classi si ripetono secondo un ordine fisso, mentre i nomi dati a ciascuna sottoclasse si riferiscono a circostanze particolari e non vengono ripetuti. Gli storici dell'Africa hanno utilizzato le classi d'età come cronologie, a volte in modo eccessivamente acritico. Gli studi sul campo degli etnografi hanno dimostrato che in tali società l'ordinamento regolare degli insiemi costituisce un ideale, non una pratica invariante. Le variazioni locali, una volta fatte confluire in un singolo elenco, possono gonfiare artificialmente l'estensione temporale di una cronologia di questo tipo, mentre raccolti scarsi o altre calamità possono occasionalmente accrescere il divario tra le classi. Sebbene alcuni sistemi ciclici possano distinguere tra i diversi gruppi che portavano un determinato nome nel passato, vi sono molte possibilità di errore, anche se più facilmente a carico del passato remoto che del passato prossimo. Per la maggior parte degli scopi sociali l'organizzazione in classi d'età serve a scandire il trascorrere del tempo e a inquadrare al suo interno la vita sociale.
Gli aspetti simbolici dei sistemi delle classi d'età, sinora trascurati, sono ora diventati oggetto di attenzione. A parte l'analisi dei concetti di tempo impliciti nelle relazioni reciproche dei vari insiemi, il simbolismo dei rituali associati alle classi d'età e il significato dei loro concetti chiave ci fanno comprendere meglio i sistemi di classi d'età e la rilevanza sociale dell'età in generale. (V. anche Anziani; Generazioni; Giovani; Vecchiaia).
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