etera
Il termine étera appare in due luoghi del Paradiso e in varianti del Convivio. In Cv IV XV 8 è variante poco attendibile di corpo sottile e diafano. In III XV 16 è complemento di Busnelli-Vandelli, reso non solo probabile ma sicuro dal confronto col testo biblico: Prov. 8, 27-30 " quando [Dio] aethera firmabat sursum, et librabat fontes aquarum ", e in D. infatti: quando [Dio] suso firmava [l'etera] e suspendeva le fonti de l'acque. Per il significato, questa è l'occorrenza in cui il valore del termine è meno pregnante, equivalendo semplicemente a " cielo ".
Nei due luoghi della Commedia abbiamo invece un uso più specifico, indicante " la quinta essenza, cioè aere purissimo del quale son fatte le otto spere " (Nannucci, Teoria dei nomi, Corfù 1840, 216). Si capisce che, anche in questi casi, è legittimo il traslato per cui dal senso di " materia celeste " (il quinto elemento o essenza che per Aristotele era appunto lo αἰθήρ, lo aether: cfr. Coel. I 3, 270b 1-25; ma v. anche Isidoro Etym. XIII V 1 " Aether locus est in quo sidera sunt... Sane aether est ipsud elementum, aethra vero splendor aetheris, et est sermo Graecus ") si passa a quello di " cielo " più in generale, sicché l'etera tondo (Pd XXII 132) e l'etera addorno (XXVII 70) sono le sfere celesti che D. percorre per giungere alla visione di Dio. In entrambi i casi si può notare, in ogni modo, il senso di grandiosità che il termine conferisce all'immagine, sia in unione con l'aggettivo tondo (a indicare l'immensa sfera per cui vola la turba trionfante dei beati, in XXII 132), che nell'ambito dell'ardita immagine della ‛ nevicata ' di vapor triunfanti (XXVII 70).
La forma ‛ etera ' per ‛ etere ' è accusativo alla greca, sul tipo di orizzonta (If XI 113), Flegetonta (XIV 116) e Calcanta (XX 110: cfr. Carisio Gramm. 121 12 " aerem veteres dixerunt, non item aetherem, sed aethera, quia utraque graeca sunt ").