ETILICO, ETERE (lat. scient. aeter sulfuricus)
È il più importante e il più usato degli eteri (v.). La sua formula chimica è (C2H5)2O.
Era già conosciuto sin dall'epoca di Raimondo Lullo e più tardi da Basilio Valentino ed era preparato dall'alcool e acido solforico. Paracelso lo usò in medicina in miscela con l'alcool. La prima descrizione vera di un metodo di preparazione, partendo dall'alcool e dall'acido solforico, fu data dal medico tedesco Valerius Cordus e fu pubblicato da Konrad Gesner nel 1552 nella seconda edizione della Farmacopea germanica. Il Frobenius (1730-1741) ne studiò le proprietà fisiche e chimiche. Il Baumé (1787) ne descrisse più precisamente il metodo di preparazione. Fino al 1800 si credette che lo zolfo entrasse come uno dei componaiti dell'etilico; Valentino Rose dimostrò in quell'anno che lo zolfo non entra affatto come costituente di questa sostanza e che perciò il suo nome era improprio. L'analisi quantitativa elementare dell'etilico venne eseguita per la prima volta dal Saussure nel 1807 e ripetuta poi più esattamente dal Gay-Lussac nel 1815.
La preparazione industriale si esegue ancor oggi quasi esclusivamente con le prescrizioni dettate da P. F. G. Boullay (1777-1869), consistenti nel far giungere l'alcool etilico sopra una miscela di alcool ed acido solforico fatta in proporzioni tali che essa bolla a 140°. La miscela che risponde a queste caratteristiche è formata da 5 parti di alcool al 90% e 9 parti di acido solforico concentrato. Questa miscela è introdotta in apparecchi di ferro rivestiti internamente di piombo, riscaldati mediante vapor acqueo a 5 atmosfere di pressione circolante in un serpentino di riscaldamento pure di piombo; sopra la miscela di alcool e acido solforico calda si fa lentamente arrivare l'alcool etilico. I vapori che si svolgono dalla reazione vengono condensati per raffreddamento e raccolti in un collettore. Il liquido distillato si separa in due strati, il superiore principalmente costituito da etere acquoso, l'inferiore da una soluzione di etere nell'acqua; altre sostanze si trovano in questa soluzione acquosa come alcool sfuggito alla reazione, acido solforoso, ecc. Lo strato superiore viene separato, lavato, neutralizzato con ossido di calcio, essiccato su cloruro di calcio e rettificato per distillazione. Per avere etere assolutamente anidro bisogna lasciarlo in contatto per qualche tempo con sodio metallico e poi distillarlo sopra questo metallo.
L'etere etilico è liquido, incoloro, mobilissimo, bollente a 35°,4. La sua densità a 15° è di 0,70240; a 20° la tensione di vapore è di mm. 433,2 di mercurio; i suoi vapori sono più pesanti dell'aria; la loro miscela con l'aria stessa è fortemente esplosiva in contatto con un corpo caldo o con la fiamma. Per raffreddamento solidifica in una massa cristallina fondente a −117°,6. Un volume di etere si scioglie in 11,1 volumi di acqua a 25°, viceversa 100 volumi di acqua sciolgono, a 12°,2 volumi di etere. L'alcool è miscibile in tutte le proporzioni con l'etere; così pure molti idrocarburi si sciolgono nell'etere in tutti i rapporti. ottimo solvente di molte sostanze organiche, come resine, grassi, alcaloidi; scioglie pure molte sostanze inorganiche come il fosforo bianco, lo iodio, il cloruro ferrico.
L'etere è largamente usato nell'industria per le sue proprietà solventi e per la sua facile volatilità; così per disciogliere il cotone collodio, per estrarre l'acido tannico, gli alcaloidi e simili. È anche largamente usato in farmacologia.
farmacologia. - L'etere etilico fu usato come sedativo, in miscela con l'alcool, fin dall'epoca di Paracelso (Panacea Vitrioli); più tardi, prese il nome di liquore anodino dell'Hoffmann (Liquor anodynus Hoffmann) e, per quest'uso, è tuttora adoperato nella dose di 10-15 gocce. Nel 1842, C. Long negli Stati Uniti, lo usò per la prima volta come anestetico; contemporaneamente, senza conoscere l'esperienza del Long, lo adoperavano per lo stesso uso gli odontoiatri Ch. T. Jackson e W. T. G. Morton. Quest'ultimo, che a torto s'attribuì l'esclusiva scoperta, fu il primo a darne la dimostrazione facendo eseguire un'amputazione di coscia in narcosi eterea nell'ospedale generale del Massachusetts nel 1846 (v. anestesia). L'etere è più facilmente somministrabile del cloroformio, ma la narcosi avviene meno rapidamente ed è meno profonda. La sua facile infiammabilità lo rende più pericoloso. I suoi vapori in contatto con le mucose, provocano una dilalazione vasale che favorisce le emorragie per cui l'etere non è molto indicato nelle operazioni da praticarsi nella bocca o nella laringe. Tuttavia presenta parecchi notevoli vantaggi sul cloroformio. È meno tossico: l'intervallo fra la dose narcotica e la dose tossica (zona maneggiabile di P. Bert) è molto maggiore per l'etere che non per il cloroformio; la sua eliminazione è più pronta perché dopo due ore è scomparso dal sangue, ma, ciò che più importa, l'etere ha una azione meno deleteria sul cuore, abbassa meno la pressione sanguigna e le condizioni della respirazione restano più vicine alla normalità. In seguito ad anestesia con etere si può però avere broncopolmonite. Come il cloroformio l'etere produce per primo effetto un periodo d'eccitamento che va prolungandosi sempre più in coloro che s'abituano all'uso di questa sostanza, la quale finisce col produrre un'ebbrezza simile a quella alcoolica. L'uso dell'etere a questo scopo è abbastanza diffuso in Irlanda. Fra gli eteromani celebri va ricordato il famoso novelliere francese Guy de Maupassant. L'etere etilico destinato ad uso anestetico deve essere purissimo.