eteronimo
Si hanno almeno quattro significati del termine eteronimo in linguistica (altre accezioni sono relative ad altri ambiti):
(a) Negli studi sulla traduzione, l’eteronimia è una particolare relazione di sinonimia tra sistemi linguistici diversi (Beccaria 20042: 702); in altri termini, essa corrisponde alla sinonimia nella relazione infralinguistica; per es., il francese arbre è considerato eteronimo dell’italiano albero.
(b) Nella grammatica tradizionale, gli eteronimi possono essere parole con una base diversa che insieme formano una struttura semantica. «Così, i nomi di parentela (madre, sorella, zio, zia), i nomi relativi ai colori (rosso, verde, giallo, ecc.), i gradi militari, ecc.» (Dubois et al. 19948: 111).
(c) Nella tradizione grammaticale italiana, in un senso più ristretto rispetto al precedente, sono in relazione di eteronimia le coppie di nomi animati, relativi sia alla sfera umana sia a quella animale, che esprimono la polarità maschio / femmina ma sono etimologicamente indipendenti. Tra questi, un nucleo consistente si riferisce a nomi di parentela (➔ parentela, nomi di): oltre a uomo / donna, si hanno infatti le coppie marito / moglie, fratello / sorella, padre / madre, papà - babbo / mamma, genero / nuora. In senso lato, va accolta in questa categoria anche la coppia frate / suora, riflesso del sistema simbolico di relazioni all’interno della Chiesa. «Non è difficile notare che questi nomi designano in prevalenza i gradi di parentela più stretti all’interno del nucleo familiare, dove la distinzione maschio / femmina è semanticamente (e culturalmente) molto marcata» (Serianni 1988: 108). Quanto ai nomi di animali, abbiamo almeno le coppie mucca - vacca / toro, pecora / montone - ariete, fuco / ape (regina) e, con qualche limitazione, scrofa / verre - verro (ma esistono anche maiale - porco / maiala - porca, nonché cinghiale / cinghiala - cinghialessa) e anche becco - irco (quando non si usano capro o caprone) / capra. Oltre che al genere, l’eteronimia può essere riferita anche al numero (per es. nei pronomi personali io / noi). L’italiano ha ereditato l’eteronimia direttamente dal latino, in quanto tutte le parole qui considerate sono di trafila popolare.
(d) Negli studi di semiologia della letteratura, l’eteronimia è il rapporto tra nomi diversi di una stessa persona (l’autore di un’opera); in questo senso, l’eteronimo va distinto dal nome fittizio assunto da qualcuno (che più propriamente dovrebbe chiamarsi pseudonimo), di cui la letteratura, le arti e lo spettacolo offrono numerosissimi esempi. Tra gli eteronimi stranieri il caso più noto è quello dello scrittore portoghese Fernando Pessoa (1888-1935), che ne assunse ben quattro (Álvaro de Campos, Ricardo Reis, Alberto Caeiro e Bernardo Soares), corrispondenti a personalità e ‘biografie’ immaginarie diverse.
Anche nella letteratura italiana ci sono autori che hanno assunto più ‘identità’ letterarie: basti ricordare il caso di Domenico Gnoli (1838-1915), che pubblicò la prima raccolta di poesie nel 1871 con lo pseudonimo di Dario Gaddi; dopo varie pubblicazioni firmate col suo vero nome, pubblicò nel 1896 un nuovo libro di versi con lo pseudonimo femminile di Gina D’Arco e infine nel 1903 la raccolta di maggior successo Fra terra e astri col nome di Giulio Orsini. Olindo Guerrini (1845-1916), poeta e studioso di letteratura italiana, adoperò nel corso della sua carriera letteraria una varietà di eteronimi: Lorenzo Stecchetti (quello più noto), Argia Sbolenfi, Marco Balossardi, Giovanni Dareni, Pulinera, Bepi e Mercurio. Del pari, Anna Zuccari (1846-1918) pubblicò i suoi romanzi col nome di Neera.
Sebbene in epoca moderna l’uso sembri meno diffuso, alcuni famosi scrittori italiani dei secoli XX e XXI hanno usato eteronimi per marcare una presa di distanza dal mondo evocato dal loro nome d’origine o per lanciare sottili allusioni: Curzio Malaparte (1898-1957) si chiamava Kurt Suckert, il giornalista Ugo Stille (1919-1995) si chiamava Mischa Kamenetsky; il nome Elena Ferrante nasconde uno scrittore (o una scrittrice) che preferisce non farsi vedere né identificare. Un caso a parte è quello del nome ‘multi-uso’ (o ‘reputazione aperta’), tipico portato della cultura telematica, che può essere assunto da persone diverse nello stesso momento, e anche da gruppi di persone: in Italia, il caso più noto è quello di un collettivo di scrittori (dalla composizione variabile), che ha pubblicato alcuni romanzi (come Q, 1999) col nome di Luther Blissett (nome ‘multi-uso’ usato in tutto il mondo da una varietà di persone e di gruppi) per poi ribattezzarsi Wu Ming (nome col quale ha pubblicato romanzi come Manituana, 2007 o Altai, 2009).
Beccaria, Gian Luigi (dir.) (20042), Dizionario di linguistica e di filologia, metrica e retorica, Torino, Einaudi (1a ed. 1994).
Dubois, Jean et al. (19948), Dizionario di linguistica, Bologna, Zanichelli.
Serianni, Luca (1988), Grammatica italiana. Italiano comune e lingua letteraria. Suoni, forme, costrutti, con la collaborazione di A. Castelvecchi, Torino, UTET.