CONDILLAC, Ètienne Bonnot de
Filosofo francese, nato a Grenoble il 30 settembre 1714. Dopo un primo periodo di tempo in cui, morto il padre, abitò in casa del fratello maggiore, e venne in contatto col Rousseau, precettore dei figli di quest'ultimo, entrò in un seminario a Parigi, donde uscì prete. A Parigi, ritrovato il Rousseau, si legò d'amicizia con lui e poi col Diderot. In quel tempo C. lavorò all'Essai sur l'origine des connaissances humaines, che uscì nel 1746. Ma l'opera che gli aprì la via della notorietà filosofica fu il Traité des systèmes (1749), del quale furono prese pagine intere per l'Encyclopedie. Nel 1752 fu nominato membro dell'Accademia di Berlino. Nel 1754 uscirono il Traité des sensations e il Traité des animaux. Nel 1758 fu chiamato a Parma come precettore dell'Infante Ferdinando, figlio del duca. In seguito (dal 1769 al 1773) il C. distese e pubblicò il suo Cours d'études, che comprende la Grammaire, l'Art d'ecrire, l'Art de raisonner, l'Art de penser, l'Histoire générale (antica e moderna) des hommes et des empires (in 16 volumi: il 17°, De l'étude de l'histoire, è attribuito al fratello, l'abate di Mably). Tornato a Parigi, nel 1767, fu l'anno seguente nominato membro dell'Accademia francese. Ma la vita parigina non era per lui, onde risolse di ritirarsi in campagna presso una nipote, per la quale comprò il castello e la terra di Flux, nell'Orleanese, dove visse sino alla morte, avvenuta la notte dal 2 al 3 agosto 1780. Nel 1776 aveva pubblicato Le commerce et le gouvernement considéres relativement l'un à l'autre, trattato di economia politica. Nello stesso tempo usciva l'opera di Adamo Smith, e quella del C. passò rapidamente nell'oblio. Pochi mesi prima della sua morte era uscita la Logique, e restò incompiuta La langue des calculs, pubblicata postuma. Il C., personalmente devoto alla monarchia, antimaterialista, cattolico per professione, sembrò con le sue dottrine convalidare le opinioni più lontane, anzi opposte, che sboccarono nella Rivoluzione. I suoi maestri in filosofia furono Descartes e Malebranche, Bacone e Locke; conosceva Spinoza e Leibniz. Né Berkeley né la letteratura filosofica francese del tempo ebbero-molta efficucia su di lui. Ma suo maestro e autore fu Locke, dal quale muove direttamente la sua filosofia, per quanto con una fisionomia e uno sviluppo del tutto proprî.
Il problema allora più discusso era quello della certezza e del valore della conoscenza sensibile in rapporto alla realta esteriore. Il C., nella sua prima opera, aveva modificata la dottrina lockiana delle due fonti della conoscenza col fare della riflessione una facoltà analitica posteriore all'atto primitivo del conoscere, ch'è la percezione sensibile degli oggetti. In questa la caoticità e passività delle sensazioni è superata dall'attività dell'attenzione, dalla quale, poi, derivano la memoria e tutte le altre operazioni dello spirito, il cui risultato finale è il concepire.
Nel Trattato delle sensazioni la tesi fu ripresa e approfondita con la dimostrazione che tutte le operazioni dello spirito posteriori al sentire sono uno sviluppo del sentire stesso (onde questa dottrina fu detta della "sensazione trasformata"). Nel concetto dello spirito come attività sintetica e della conoscenza come sviluppo, il L. superava il Berkeley e, pur non avendo l'ardimento della tesi idealistica di lui, tentava di spiegare mediante un puro processo psicologico del soggetto autocosciente quell'oggettività che al Berkeley era garantita soltanto da un ricorso a Dio. L'oggettività in questione era quella del nostro corpo in primo luogo, e, in relazione a questa, quella degli altri corpi (D'Alembert); e per ciò Diderot aveva già tentato di dare una preminenza al tatto su gli altri sensi. Ma questa preminenza vuol essere in C. una conquista molto più interiore e speculativa. Egli immagina una statua, alla quale vengano aperte, una alla volta, le porte dei sensi. Si comincia dall'odorato, ch'è il senso più povero di conoscenze. Pure, con questo solo senso, la statua già acquista un materiale sufficiente per svolgere tutte le operazioni che riguardano l'intendere e il volere: attenzione, memoria, immaginazione, giudizio, desiderio, ecc. Queste operazioni, infatti, vengono spiegate semplicemente con la conservazione delle sensazioni, col loro riconoscimento, col confronto tra esse, con il piacere o dolore che le accompagna. Quando si aggiungono il gusto, l'udito, la vista, in realtà non si accresce altro che quel materiale, né si esce dal soggettivismo. Il tatto è il solo senso che può giudicare degli oggetti esteriori: non, tuttavia, immediatamente, ma in quanto la statua, toccando sé stessa, prova una duplicità di sensazione, in cui avverte di esser insieme soggetto e oggetto, laddove, quando tocca un corpo estraneo, questo avvertimento manca: così, con la scoperta lenta e progressiva del proprio corpo comincia la scoperta altrettanto lenta e progressiva degli altri corpi in relazione con quello. Comincia di qui un nuovo periodo di attività, nel quale il tatto ammaestra gli altri sensi intorno agli oggetti esteriori, aiutato dalla riflessione analitica: nella quale operazione la fatica della statua a considerare le sensazioni precedenti come qualità degli oggetti non è minore di quella che poi dobbiamo noi sostenere per riguardarle, rifacendoci alla loro origine, come mere modificazioni del nostro spirito. Oggettivismo e soggettivismo, per tal modo, si contendono ancora il campo. Se esistono "cose" fuori dello spirito, esse non possono essere se non "occasioni" al nostro sentirle, né noi col nostro sentire usciamo da noi stessi. La statua in fine si concentra in sé stessa, rifà la storia della sua formazione mentale, riconosce ch'è, per sé, ciò che s'è fatta, ma ignora ciò ch'è in sé (metafisicamente). Questa conchiusione scettica (o fenomenistica in senso affine a quella del Hume) non è, tuttavia, quella voluta dal C., che lascia qui un po' di margine (similmente al Locke) al mistero in senso religioso.
Un secondo periodo dell'attività filosofica del C. s'inizia col Cours d'études, e s'incentra nella trattazione logica dei precedenti risultati psicologici. La riflessione deve riprodurre, con un processo genetico a ritroso, l'opera spontanea dell'attività originaria, e dar così consapevolezza allo spirito delle sue operazioni naturali. Questo concetto parve una scoperta importante, e fu da C. magnificato come un nuovo metodo per la ricerca della verità. L'attività sintetica originaria si ridusse sempre più a quello ch'era, invece, il risultato dell'analisi astratta: un complesso di idee-sensazioni, che hanno per segni le parole. La questione del linguaggio si trovò, così, a coincidere con quella logico-metodologica, e, su quel fondamento di una psicologia rozzamente sensistica, venne fuori il pensiero dominante della posteriore ideologia. L'arte di ragionare si ridusse a quella di applicare, con la naturalezza dell'abitudine, le regole che l'analisi scientifica ci scopre: in questo concetto si riassume la maggior parte delle trattazioni dalla Grammaire alla Logique. Alla fine il C. arrivò all'affermazione che "creare una scienza non è altro che creare una lingua": una lingua, s'intende, ben fatta, conforme ai risultati dell'analisi psicologica, in cui le parole siano quel che sono le cifre o le lettere nel calcolo matematico. A questo concetto era ispirata la Langue des calculs.
La filosofia del C. godé un favore enorme per circa mezzo secolo, specialmente in Francia, dove l'ideologia ebbe ufficiale riconoscimento dal governo. Essa, infatti, conforme al gusto francese, semplificava la filosofia lockiana teoretica sorta nel contrasto tra Descartes e Gassendi, mentre col suo reciso sensualismo favoriva, sia pure al di là della sua intenzione, la tendenza del secolo di opposizione alla tradizione dogmatica nella morale. Si comprende, quindi, come tra i numerosi seguaci alcuni dessero a quel psicologismo un fondamento affatto fisiologico (Cabanis), altri facessero riserve sull'originarietà spirituale della coscienza (su questo punto avevano già insistito per vie diverse il Rousseau e il Bonnet), mentre tutti si trovarono d'accordo a svolgere il lato più propriamente ideologico della dottrina (in primo luogo, il Destutt de Tracy). Il predominio di questa filosofia rovinò, poi, con la reazione al sec. XVIII della scuola tradizionalistica e del romanticismo filosofico tedesco.
Ediz.: Øuvres, in 23 voll., Parigi 1798 (altre edizioni, nel 1803 e 1821-23). I mss. sono nella Bibl. Naz. di Parigi (n. acq. fr. 6344-46). Inedito è, ivi, un Dictionnaire des synonymes de la Langue française (n. fi. 9090-96, già suppl. fr. 4657-1-5). In ital.: Opere metafisiche volgarizzate (Pavia 1819-1824); recentemente, Trattato delle sensazioni a cura di A. Carlini (Bari 1925) e di R. Mondolfo (Bologna 1927).
Bibl.: Utile per varietà di notizie: Baguenault de Puchesse, C., sa vie, sa philosophie, son influence, Parigi 1910. Sulla scuola, v.: F. Picavet, Les idéologues, Parigi 1891. Per l'Italia è storicamente notevole il ripensamento critico della dottrina compiuto dal Galluppi: v.: Lettere filosofiche, 1ª ed., 1927.