etnici
Etnico è un termine (si tratta di solito di un aggettivo, ma anche di un nome) indicante l’appartenenza a una nazione, un popolo, una regione, una città: ad es., romano in rapporto a Roma o milanese in rapporto a Milano. Parola di origine dotta, deriva dal gr. ethnikós «nazionale, pagano» (tratto da éthnos «razza») attraverso il latino ecclesiastico ethnicum «pagano». Specie in passato, al posto di etnico si usava anche patrionimico (o, impropriamente ma più spesso, patronimico), o aggettivo di patria; gli aggettivi etnici riferiti a cose (come la forma romanesco per romano) sono stati definiti anche ctetici (Migliorini 1963).
Nelle prime raccolte di etnici italiani (ad es., Cherubini 1860) si trovano tentativi di stabilire regole, sia pur generali, per la formazione degli etnici, che presentano una varietà di suffissazioni sia in italiano che nei dialetti. È utile anticipare che vi possono essere notevoli differenze tra le forme ufficiali e quelle dialettali; d’altra parte la forma italiana può essere un adattamento di quella dialettale. Complessivamente la varietà delle formazioni è tale che è difficile fissarla in regole.
Nella formazione degli etnici esistono varie tradizioni, che si possono definire colte, semicolte e popolari, antiche e moderne: ad es., per Pistoia, la forma moderna pistoiese si distingue dalle antiche pistorese e pistolese. Esistono poi forme endogene ed esogene: le prime corrispondono al modo in cui gli abitanti di un luogo chiamano sé stessi, le seconde al modo in cui sono chiamati dagli abitanti di altre località; tra queste ultime rientrano anche designazioni perifrastiche del tipo quelli di … Esistono infine varianti locali: nel caso di Varese, l’etnico ufficiale è varesino (in dialetto varesìn, che si usa in città, e varesòt, in campagna, cui corrisponde l’italiano varesotto); nel caso di Claut (Pordenone), localmente Ciolt, gli etnici cioltàn (forma endogena) e clautàn (quella esogena di tradizione veneta e friulana), a cui corrisponde l’italiano clautano.
L’aggettivo etnico può essere sostituito da un sintagma preposizionale: mari italiani o mari dell’Italia (o d’Italia). Inoltre gli etnici possono avere una forma sostantivata, che pone vari problemi ortografici: può infatti presentarsi anche con la lettera ➔ maiuscola (spec. al plurale), sebbene sia più comune la minuscola, obbligatoria con la forma aggettivale: si scrive quindi gli Italiani o più spesso gli italiani, ma prevalentemente l’italiano e solo i prodotti italiani (Serianni 1998: 55). Al maschile singolare e con l’articolo determinativo gli etnici possono designare la lingua o il dialetto corrispondente: il francese (l’articolo può mancare se l’etnico è introdotto da verbi come parlare, scrivere o se è retto da in: parlare francese, tradurre in francese). La medesima forma sostantivata, generalmente (ma non sempre) con lettera maiuscola, indica il territorio: il Bergamasco (nel caso specifico, si usa anche la Bergamasca: Thornton 2004), il Napoletano. Quasi sempre al femminile sono i nomi delle squadre di calcio: la Fiorentina (Thornton 2004: 510-515), la Reggiana, la Sanbenedettese. Sia come sostantivi sia come aggettivi, molti etnici (anche nelle forme suppletive; ➔ suppletivismo) indicano giocatori e tifosi di squadre di calcio: i partenopei, i laziali «i giocatori del Napoli, della Lazio». Interessante anche che l’aggettivo sostantivato al singolare possa designare il tipo etnico inteso come paradigma di un determinato comportamento, specie nel linguaggio colloquiale: «il romano è amante della buona tavola», «il tedesco è un gran lavoratore» (Serianni 1998: 178).
Dal valore di antonomasia che vari etnici sostantivati hanno assunto derivano nomi comuni indicanti mestieri e abilità diverse (Prati 1936): così norcino (etnico di Norcia), in dialetto nurcinu, divenuto (almeno nella zona centrale d’Italia) nome di un mestiere originariamente tipico degli abitanti di quel paese («chi ammazza i maiali e ne lavora le carni; chi li castra»; poi genericamente «macellaio specializzato in maiale»); bergamino (variante di bergamasco) «bifolco, lavoratore in un allevamento di vacche da latte», un mestiere che gli abitanti di Bergamo esercitavano in tutta la Pianura padana. Dello stesso tipo sono usi propri di modi di dire come squagliarsela all’inglese o fare l’indiano per «fare lo gnorri».
Occorre accennare a quegli etnici, spesso scherzosi o ironici, la cui origine, di tradizione esogena, allude a situazioni varie: si veda ambrosiano per «milanese», scaligero per «veronese», regnicolo per «abruzzese» (riferito più in generale agli abitanti del Regno delle due Sicilie). Il termine dotto blasoni popolari si riferisce a casi come crucco per «tedesco» o macaroni per «italiano», o gli etnici compresi in modi di dire e ➔ proverbi del tipo di veneziano largo di bocca stretto di mano («pronto a promettere, tardo a mantenere»).
Un aggettivo etnico può essere all’origine di un nome di persona (poi di un cognome), come il già ricordato bergamino, da cui deriva il nome di persona Bergaminus (ben attestato nei documenti medievali: Bergamina si trova anche nel Decameron) o Francesco («francese»), Romano, Pisano e altri di cui si hanno testimonianze fin dal medioevo.
Un impiego frequente degli etnici si ha nella terminologia gastronomica, ove sono ricorrenti le denominazioni di pietanze con sintagmi del tipo alla calabrese, alla siciliana, alla milanese, alla parmigiana e così via (in entrambi i due ultimi esempi c’è una sostantivazione per ellissi: la milanese, la parmigiana). Tale modalità, frequente nei testi di cucina a partire dal Settecento, è dovuta probabilmente all’influsso di un modello francese.
Dopo documentazioni sporadiche e raccolte parziali, Carlo Tagliavini preparò, con la collaborazione di Teresa Cappello, una raccolta sistematica degli etnici italiani, integrando le fonti già disponibili con inchieste svolte per corrispondenza nei paesi italiani. Così, nel 1981 apparve il Dizionario degli etnici e dei toponimi italiani (DETI), il repertorio più completo di questo patrimonio così ricco di forme. Il DETI censisce gli etnici relativi ai capoluoghi di comune e alle principali frazioni d’Italia e comprende anche gli etnici di località oltreconfine in cui, in forma popolare, si ritrovano etnici italiani o italianizzati. Un’opera di minore estensione ma non di minore impegno è il Deonomasticum Italicum (DI).
Dal DETI risultano più di una cinquantina di suffissazioni, una parte delle quali formazioni con suffissi composti, alcune a suffisso zero, oltre alla perifrasi quelli di ..., assai diffusa ovunque. Per diverse località sono possibili più etnici, connessi a varie e complesse tradizioni o anche a basi suppletive. La casistica è piuttosto ricca:
Aosta: augustano è aulico rispetto a aostano e si confronta con l’antico toponimo Augusta (Praetoria), da cui Aosta;
Cagliari, in dialetto Castéddu (in latino Caralis, nel medioevo anche Calaris, con l’etnico Caralita e più spesso Caralitanus): si hanno cagliaritano e l’antico e disusato calaritano, caralitano; nella tradizione dialettale casteddàiu e l’antico calaresu (continuato nel cognome sardo Calaresu, e anticamente anche nome di un’antica moneta sarda);
Caltanissetta: la forma di etnico corrente è nisseno, dal toponimo antico (prearabico) Nissa (che figura in un’iscrizione latina: DTI, Dizionario di toponomastica), ma esiste anche caltanisettese e in dialetto cartanittisi, cartanissitisi;
Città di Castello (Perugia), in dialetto Castèlo con l’etnico casteleno: in italiano accanto a castellano si ha l’aulico tifernate, che richiama l’antico nome latino Tifernum e l’etnico Tifernates (al plurale);
Como: si registrano comasco, comense (in latino è forma attestata Comenses al plurale), comacino (anche accentato comàcino) e anticamente anche comasino (e comàsino come forma popolare anch’essa antica) e comasno;
Cosenza: cosentino si collega ai nomi latini Consentia e Consentinus;
Firenze: fiorentino si collega al nome latino Florentia e all’etnico Florentinus;
Napoli: accanto a napoletano, si ha l’aulico partenopeo, che rinvia a Parthenope, antica denominazione greco-latina della città;
Padova: si registrano il tipo padovano e l’aulico patavino (che riprende il toponimo latino Patavium), ma varie fonti accennano ad altre forme usate in passato, come pavano, dal toponimo medievale Pava per Padova, e anche padovese e padovìn, che risultano dal repertorio dei cognomi italiani (molti dei quali derivano infatti da etnici).
Tra i casi di basi suppletive (con oltre trenta suffissi disponibili, da quelli più produttivi a quelli rari come -oto), si hanno fenomeni di ➔ suppletivismo parziale (eugubino ← Gubbio, tiburtino ← Tivoli) o totale (felsineo ← Bologna, partenopeo ← Napoli, eporediese ← Ivrea).
Tra le varie forme di etnico possono esservi differenze d’uso dipendenti dal giudizio dei parlanti: ad es., per Palmanova (Udine) si registrano per l’italiano sia palmarino (adattamento di una forma dialettale) sia palmanovano (derivato dal toponimo); per il dialetto palmarìn e palmarû (da ricondurre a Palme, dizione locale del toponimo), quest’ultimo meno gradito in loco; per Comelico Superiore (Belluno) in dialetto cumeliàn, in italiano comelicese, comeliano e anche comelicano, che non piace agli abitanti.
Alcuni etnici mostrano una forma piuttosto distante rispetto al toponimo e ciò è dovuto al fatto che derivano da nomi di luogo che sono stati modificati nel tempo: Mondovì (Cuneo) ha come etnico monregalese, munregalèis in dialetto, che si capisce se si fa riferimento a Monte Regale, nome della località in passato. Comparando la tradizione dialettale e quella dell’italiano emergono numerose differenze nella formazione degli etnici sia per la suffissazione che per la base, anche perché spesso è diversa la dizione dialettale del toponimo da cui dipende l’etnico: Bormida (Savona) e bormidese, in dialetto Burgna e burgnótu; Pietrelcina (Benevento) e pietrelcinese, localmente Pretapucina (anticamente Pietrapulcina) e pucinàrë.
D’altra parte in vari casi la forma italiana non è che un adattamento di quella dialettale: ad es., per Bormio (in dialetto Burm, Burmi) bormiese e bormino e in dialetto bormìn. Vi sono poi etnici dialettali che rispondono a toponimi che, pur se mantenuti nel dialetto, sono stati sostituiti da altri nella forma ufficiale (numerosi i casi specialmente dopo la costituzione del Regno d’Italia), come Aquilonia (Avellino), il cui etnico in italiano è aquilonese, fino al 1862 Carbonara, da cui in dialetto carunaresë, carbunaresë; Fontegreca (Caserta), il cui etnico è fontegrecano, in dialetto fossacecanë e fossacecarë, da Fossaceca, toponimo ancora usato localmente ma ufficialmente dismesso nel 1862; Fontechiari (Frosinone), che ha per etnico fontechiarese, in dialetto schiavarotto, da Schiavi, toponimo ancora in uso in loco, ufficialmente sostituito dalla denominazione attuale nel 1862. Anche il toponimo Esperia (Frosinone) è forma recente, risalendo al 1867, data della costituzione del comune che riunisce i due comuni soppressi di Roccaguglielma e San Pietro in Curolis: ne deriva l’etnico italiano esperiano, in dialetto sperianë, ma si mantiene anche la forma roccanë, dal toponimo ancora in uso che è La Rocca (anche Roccaguglielma, Roccasperia); Arcevia (Ancona), denominata Rocca Contrada fino al 1816, mantiene l’etnico locale rocchesano, mentre quello ufficiale è arceviese.
Con i toponimi composti (frequenti quelli con Borgo, Castello, Rocca, Pieve e altri) è più frequente l’etnico che dipende dalla prima parte, specie nella forma dialettale, che non dalla seconda o dall’intero toponimo: da Castel San Giovanni (Piacenza), castellano e in dialetto castlàn; da Pieve di Soligo (Treviso), pievegino e pievese, in dialetto pievesàn; da Pieve a Nievole (Pistoia), pievarino, nievolino, pievannievolino, pievannievolese, pievàgnolo; da San Marco dei Cavoti (Benevento), sammarchese, localmente sammarchisë e marchittu.
Dal punto di vista della formazione con suffissazione vanno considerati i ➔ suffissi italiani e quelli dialettali che in vario modo possono aver condizionato la forma italiana (cfr. Crocco Galèas 1991; Rainer 2004; per un elenco di suffissi tedeschi, albanesi, sloveni si rinvia a DETI).
Il suffisso più frequente e ancora produttivo è -ese, esito del lat. -ensis, che serviva a formare aggettivi che esprimevano un rapporto di appartenenza, in particolare a un luogo o a un popolo. Nei dialetti meridionali e meridionali estremi si presenta con l’esito -ise o -isi, come il siciliano trapanisi rispetto all’italiano trapanese (per Trapani cfr. Rohlfs 1966-1969). In qualche caso il suffisso ha la variante dotta -ense, come in estense da Este (Padova), accanto a atestino che si rifà al classico Ateste; clodiense da Fossa Claudia, da cui deriva Chioggia con l’etnico popolare chioggiotto, chiozzotto; capranicense, forma ufficiale per Capranica Prenestina (Roma), accanto a quella in dialetto capranicuòtto; arcense (o anche archese) per Arco (Trento), localmente archés.
Nel confronto tra l’uso dialettale e quello italiano, va aggiunto che evidentemente varie forme italiane, e in modo particolare quelle in -ese, sono state create a tavolino, da geografi o altri che si sono trovati nella necessità di disporre di un aggettivo etnico, non avendone uno locale eventualmente da adattare.
Assai diffusi e presenti sia in italiano sia nei dialetti sono i seguenti suffissi:
-ano (dal lat. -anus, che esprimeva un rapporto di appartenenza);
-ino (vicentino, agrigentino, ecc.) come canubìn in dialetto e in italiano cannobino, oltre che cannobiese, per Cannobio (Novara);
-ello come in buranello per Burano (Venezia), sia nella forma dialettale che in italiano, diversamente dagli etnici di Pagnotto (Chieti), in dialetto pegnuttiéllë e in italiano pagnottino, e di Canterano (Roma), in dialetto canteranèllu e in italiano canteranese.
Meno frequenti i suffissi:
-esco o -isco, come tedesco e gli antichi francesco e persesco («della Persia») ecc. Si trova in quasi tutte le regioni italiane e anche in Sardegna, soprattutto per gli etnici dialettali: montesco sia in italiano che in dialetto per Monte Santa Maria Tiberina (Perugia); casalisco (in italiano salvatorese) per San Salvatore Telesino (Benevento); parèsk (in italiano parrese) per Parre (Bergamo); arsugnescu (in italiano rossiglionese) relativo a Rossiglione (Genova); canaliscu (in italiano domusnovese) per Domusnovas Canales (Oristano); pantiscu e pantiddariscu e in italiano pantesco per Pantelleria (Trapani);
-asco, come in bergamasco, diffuso in Liguria, Piemonte, Lombardia, Emilia. Nell’Italia centrale è segnalato solo per allumierasco relativo alla località di Allumiere (Roma);
-atto, frequente nell’Italia settentrionale (sporadico nell’Italia centrale) nelle forme dialettali con alcuni adattamenti in italiano. Si vedano sonegàt rispetto a sonicese relativo a Sonico (Brescia), burgarlàt e borgarellese per Borgarello (Pavia), caprolatto sia nella forma locale che in quella italiana per Caprarola (Viterbo);
-otto, diffuso in Italia settentrionale e in parte in quella centrale, tipico delle forme dialettali, ma raro in quelle italiane: per Albignasego (Padova) bignasegòto e, in italiano, albignasegotto; per Ala (Trento) alòt (ma in italiano alense o alese); per Bordighera (Imperia) burdigòt (ma bordighese); per Cesenatico (Forlì-Cesena) zisnadgòt e zsnadgòt (ma cesenaticese);
-ita, -ito (dal gr. -ites), che interessa l’Italia meridionale e la Sicilia nelle forme dialettali e raramente in quelle italiane: sinopulitu (o sinopulisë per sinopolese), relativo a Sinopoli (Reggio Calabria); pirainitu o prainitu (o anche pirainisi rispetto a pirainese) da Piraino (Messina);
-itano, continua il lat. -itanus col quale venivano latinizzate forme greche in -ites, presente specialmente al Sud, come in anconitano, salernitano, ischitano, palermitano, cagliaritano, napolitano (e napoletano con vocalismo toscanizzante), ecc., e frequente nelle forme dialettali calabresi: riggitanu di Reggio Calabria (ufficialmente reggino), acritanu di Acri (Cosenza) e acritano;
-oto, di origine greca, latinizzato in -ota (come in epirota), diffuso nel Sud, spesso nella variante dialettale -otu (particolarmente comune nella Calabria meridionale; in italiano può essere anche grecizzante nella forma -ota come in cipriota, candiota): si vedano Campi Salentina (Lecce), localmente Càmpie, con l’etnico campiòtu, in italiano campioto; Lipari (Messina), il cui etnico è in dialetto liparotu (in DETI anche liparuòtu) e in italiano liparese, liparense, liparino, lipariotto, liparèo, e l’aulico liparitano, etnici in parte connessi con le forme latine attestate Liparenses, Liparaei, Liparitani (dal repertorio dei cognomi siciliani risulta anche la forma con -ota, cioè Liparota, oltre che Liparoti, Liparoto, e si ricordi in siciliano il termine liparota per una varietà di uva nera prodotta soprattutto nell’isola di Lipari); Briatico (Vibo Valentia), il cui etnico è briaticòtu; Mileto (Vibo Valentia), da cui militotu (e militisë); Giarre (Catania), da cui giarrotu (e garrese); Scordia (Catania), da cui scurdiòtu (gli etnici in italiano sono rispettivamente briaticese, militese, giarrese e scordiense).
Tra i suffissi composti rientrano formazioni come: -ensiano, -esano, -isano, -isiano, -eggiano, -igiano, -eggiano (vari esiti dotti, semidotti e popolari in -ensis e -anus), forme che interessano tutta l’Italia, ma non la Sardegna: parmigiano da Parma (antico parmegiano, aulico parmense, in dialetto pramsàn); rocchegianu e la denominazione ufficiale rocchigiano (da Rocca Sinibalda, Rieti).
Sono composti, tra gli altri, anche -olano, presente nell’Italia in generale (anche in Corsica), come in trepolàn (in italiano treppese) per Treppo Grande (Udine) e Treppo Carnico (Udine; per questo nella forma locale è attestato anche anche trepòt); ricciulanë (in italiano riccese) per Riccia (Campobasso), dove si usano anche ricciarulë (al maschile singolare e plurale), ricciaróla, ricciarólë (per il femminile), formati con -arolo, di cui si hanno altri esempi, come barcaròl e italiano barcarolo per Barco (Reggio Emilia), bagnaiolo per montecatinese, relativo a Montecatini Terme che è stato denominato Bagni di Montecatini fino al 1928.
Alcune forme di etnici sono a suffisso zero (➔ conversione), con una suffissazione inibita «a causa della presenza nella base di una sequenza pseudosuffissale» (Rainer 2004: 408): Albiano (Trento) ha come etnico in dialetto i biani (plurale), accanto a (al)bianero e in italiano albianese; Aurano (Novara), localmente Vran o Avràn, con l’etnico vran, vrani; Cutigliano (Pistoia), ha come etnico locale cutigliano (o anche cutiglianese), e ufficiale cutiglianese; Drena (Trento), da cui in dialetto l’etnico dreni o sdreni, in italiano drenotto o dreni (al plurale); Aviatico (Bergamo), con l’etnico italiano aviatici (plurale); Dubino (Sondrio), in dialetto Dübìn, con l’etnico i dübìn (plurale) e dubinese nella forma italiana.
Rispetto al repertorio di forme dialettali riunito dal DETI, varie altre si possono censire, alcune ancora attuali e in modo particolare di tipo esogeno, altre invece uscite dall’uso ma variamente testimoniate. Una fonte in tal senso è costituita dai ➔ cognomi, che in buon numero derivano da etnici. Si può richiamare il tipo Mammoliti, che attesta una forma di etnico relativa a Mammola (Reggio Calabria) rispetto al dialettale mammulisi e all’italiano mammolese; Scopelliti (da Scopello in provincia di Trapani, con l’etnico scupiddaru in dialetto e scopellese in italiano) e vari altri cognomi di area siciliana e calabrese dai quali risulta che la formazione in -ita, -ito doveva essere un tempo più diffusa.
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