BRANDOLINI, Ettore
Nacque intorno al 1455 da Cecco, conte di Valmareno, importante feudo della Marca Trevigiana, e da Filippa, figlia del conte Giovanni Trissino di Vicenza. Alla morte del padre, avvenuta nel 1464, ereditò, insieme con i fratelli Guido e Gianconte, il titolo comitale ed i diritti feudali sulla Valmareno: l'investitura ufficiale da parte della Repubblica di Venezia, della quale i conti di Valmareno erano vassalli, reca la data del 24 dic. 1464. Nel 1475 Sposò Teodora dei conti di Collalto, appartenente ad una famiglia del più illustre patriziato veneto.
Come il padre e come i fratelli il B. si dedicò al mestiere delle armi, che era tradizionale nella sua famiglia. Le notizie relative alla sua attività militare sono peraltro più tarde e più episodiche che non quelle riguardanti i suoi fratelli: sembra probabile che, mentre Guido e Gianconte contribuivano alle fortune familiari con un assiduo esercizio delle condotte militari, in particolare al servizio della Repubblica di Venezia, al B. fosse piuttosto affidata l'amministrazione del patrimonio familiare e l'esercizio della giurisdizione feudale: impegni che, del resto, non erano sempre pacifici, se non altro per i difficili rapporti dei valligiani della Valmareno con le popolazioni del Tirolo asburgico. E comunque anche il B. svolse un'attività di condottiero non molto inferiore a quella dei suoi fratelli.
Le prime notizie intorno a questa sua attività militare sono del 1487 quando, nel corso della guerra tra Venezia e Sigismondo d'Austria, la Valmareno fu direttamente coinvolta nelle vicende belliche. Insieme ai fratelli ed agli ordini di Giulio da Varano e poi di Roberto da Sanseverino il B. partecipò alla sfortunata campagna per la difesa di Rovereto contro i Tirolesi di Federico Kappler e poi a quella per la riconquista della stessa città. Prese parte alle cruente battaglie di Rapacione e del castello di Petra e quindi alla decisa resistenza dell'esercito veneziano sconfitto, ma non travolto, che dalla piazzaforte di Serravalle impedì ai Tirolesi, con una audace ed estenuante guerriglia, di trarre vantaggi decisivi dall'offensiva.
Il B. tornò a combattere al servizio della Repubblica veneta nel 1495, quando gli fu affidato, insieme al fratello Guido, il comando di un reparto di stradiotti albanesi, con i quali, sotto la guida del marchese di Mantova, partecipò alla battaglia di Fornovo. In questa occasione il B., al cui fianco faceva la sua prima prova d'armi il figlio Antonio Maria, non ancora ventenne, diede un vigoroso contributo all'offensiva sferrata dal Gonzaga contro la prima ordinanza dell'esercito francese, e ne travolse la resistenza sino ad esporre alla cattura lo stesso Carlo VIII; ma poi non riuscì meglio di quanto non riuscissero gli altri condottieri veneti a trattenere gli stradiotti dal dedicarsi al saccheggio dei carriaggi reali invece che proseguire sino in fondo la offensiva.
L'anno seguente, ancora con il figlio Antonio Maria, il B. partecipò alla spedizione veneziana nel Regno di Napoli, a seguito degli accordi del gennaio 1496 con i quali la Repubblica si impegnava a sostenere Ferdinando d'Aragona contro i contingenti francesi lasciati nel Regno da Carlo VIII. Dopo questa impresa il B. fece ritorno nel suo feudo di Valmareno, del quale riprendeva l'amministrazione, mentre i suoi fratelli partecipavano alla guerra di Pisa contro Firenze, sempre al servizio veneziano. Il B. riprese le armi nel 1498, sotto l'urgenza della minaccia turca contro il Friuli, distinguendosi al comando di 160 cavalli nella dura guerra di logoramento che, dopo gli iniziali successi riportati dalla forte armata turca, costrinse infine questa a ritirarsi.
Morto nel 1503 il fratello Guido, il B. ne assunse la condotta insieme a Gianconte per concessione del Consiglio dei savi. In quello stesso anno fu inviato insieme a Gianconte in Romagna, alla testa di 320 cavalli, nel quadro del tentativo veneziano di approfittare della morte di papa Alessandro VI per mettere le mani su alcune posizioni chiave della regione, sempre presente nelle aspirazioni espansionistiche della Repubblica: il B. partecipava così all'occupazione di Faenza ed agli altri principali episodi di questa spregiudicata iniziativa veneziana.
Nel maggio del 1506 il B. era nell'esercito veneto agli ordini di Bartolomeo d'Alviano; nell'ottobre dello stesso anno era mandato a presidiare il Friuli insieme al fratello ed a Pandolfo Malatesta: qui rimase pressocché ininterrottamente sino all'inizio delle ostilità con gli Imperiali, nel febbraio del 1508. Partecipò allora, sebbene in posizione di minore evidenza rispetto al fratello Gianconte, ormai affermato come uno tra i più abili condottieri al servizio della Repubblica, alla grande offensiva dell'esercito veneziano in Cadore, il capolavoro militare di Bartolomeo d'Alviano che costringeva l'imperatore Massimiliano d'Asburgo ad una pace ingloriosa.
La grande vittoria sugli Imperiali, tuttavia, era gravida di sfavorevoli conseguenze per la Repubblica, poiché esasperava tutti gli antichi risentimenti antiveneziani delle potenze: e Venezia, nell'attesa dell'offensiva dei collegati di Cambrai, preparava le sue difese ai confini con lo Stato milanese, donde si attendeva l'urto principale ad opera dei Francesi: tra i condottieri inviati alla frontiera lombarda, insieme con il fratello Gianconte, era anche il Brandolini. Questi non vide tuttavia l'inizio della campagna e la cocente sconfitta veneziana ad Agnadello: morì infatti prima che si aprissero le ostilità, nel gennaio del 1509.
Dal suo matrimonio con Teodora di Collalto nacquero Antonio Maria, nel 1476; Cornelia, secondogenita, che sposò il conte Francesco di San Bonifacio; ed infine Cecco, nato intorno al 1485, che assicurò alla famiglia una discendenza maschile.
Fonti e Bibl.: M. Sanuto, Diarii, I-IX, Venezia 1879-1883, ad Indices;A. Brandolini d'Adda, IBrandolini di Bagnacavallo, Venezia 1945, pp. 135-142.