BUGATTI, Ettore
Nato il 15 sett. 1881 a Milano da Carlo e da Teresa Lorioli, passò l'infanzia e l'adolescenza tra la città natale e la Francia (il padre, artista allora di una certa fama, aveva aperto a Parigi uno studio laboratorio, e in Francia, a Pierrefonds nell'Oise, la famiglia finì con lo stabilirsi), iniziando a studiare a Brera architettura, pittura e scultura, e avendo tra gli altri a maestro Pavel P. Trubeckoj. Un forte stimolo artistico e intellettuale esercitarono sul B. l'ambiente familiare e i suoi frequentatori (oltre al Trubeckoj, G. Puccini, R. Leoncavallo, l'editore G. Ricordi, L. Illica, A. Rietti, E. Rosa, G. Segantini, zio acquisito del B.), e a quell'ambiente risale il suo profondo convincimento - che fu poi anche la sua filosofia aziendale - che l'attività creativa dovesse essere manifestazione e coronamento della personalità e non semplice mezzo di guadagno.
Il passaggio dall'interesse per le belle arti a quello per la meccanica avvenne un po' per sfiducia in sé, destatagli dagli inizi artistici del fratello minore Rembrandt, un po' per caso. Amici del padre, l'ingegnere Prinetti e l'industriale Stucchi avevano chiesto al B., nel 1898, di provare il triciclo a motore costruito dalla loro ditta, ed egli non solo si era subito impadronito del funzionamento, ma aveva suggerito diverse modifiche. Così fu che quell'anno il B. entrava come apprendista nella ditta.
Nel 1899 - e non solo per spirito agonistico, quanto perché era convinto fossero l'unico banco di prova delle sue modifiche e delle sue nuove progettazioni, tra cui un triciclo a due motori e un quadriciclo - il B. partecipò a numerose gare, con una buona media di affermazioni. L'anno stesso costruiva la sua prima autovettura, di piccole dimensioni, con due motori anteriori e due posteriori, per la quale la ditta Pirelli fabbricò i suoi primi pneumatici. Essendosi però rifiutata la ditta Prinetti e Stucchi di realizzare un secondo progetto di autovettura, verso la fine dell'estate il B. si associò coi fratelli Gulinelli di Ferrara, e nei primi mesi del 1901 presentava la sua creazione: motore a 4 cilindri a valvole in testa, 3.000 cm3 di cilindrata, 90 mm di alesaggio per 120 di corsa, raffreddamento a circolazione d'acqua, accensione sia a bruciatori sia a batteria con bobine o candele, trasmissione a catena, 4 marce anteriori e retromarcia, 60 km/h di velocità, kg 650 di peso. All'Esposizione internazionale di allevamento e sport, a Milano, la macchina del B. ebbe il Gran Premio e una medaglia speciale offerta dall'Automobile Club di Francia. Il prototipo destò l'interesse della casa De Dietrich di Niederbronn (Strasburgo), che ne acquistò la licenza di fabbricazione impegnando il B., dal 1902, a realizzarne varie versioni che avrebbero portato i nomi De Dietrich-Bugatti.
Non essendo ancora maggiorenne, la lettera di impegno per sette anni fu indirizzata per la firma al padre. Dovevano essere costruite tre serie, da 10 CV, da 15, e da corsa, dietro compenso di 50.000 franchi, più le somme di 400, 500 e 2.000 franchi per ogni vettura venduta. Fra le serie realizzate va ricordata quella del 1902, molto bassa, a 4 cilindri, 5.300 cm3 di cilindrata, alesaggio di mm 114 e corsa di mm 130, 50 CV di potenza, preparata per la corsa Parigi-Madrid e prodotta poi in diverse varianti, e quella del 1903, alesaggio e corsa 130 per 140, 7.500 cm3 di cilindrata.
Nel 1904 la casa di Niederbronn si ritirava dal settore automobilistico, lasciando libero il B. che l'anno stesso, in società con l'imprenditore E. Mathis di Strasburgo, iniziava a costruire grosse vetture (il "modello Hermès": 4 cilindri e 8 valvole, albero a camme in testa, 140 per 160, 9.000 cm3, 60 e 90 CV) presso la Société alsacienne de constructions mécaniques di Graffenstaden. Scioltasi la società col Mathis, lavorò a realizzare un prototipo (monoblocco a 4 cilindri, albero a camme in testa, 150 per 150, 10.000 cm3, 50 e 60 CV), che fu acquistato e messo in produzione nel 1907 dalla Deutz Gasmotorenfabrik di Colonia, di cui il B. diventava direttore del settore fabbricazione. La stessa casa nel 1909 metteva in produzione un altro suo modello (4 cilindri e 8 valvole, albero a camme in testa, 95 per 120, 3.200 cm3, 13 e 25 CV, trasmissione cardanica).
Il B. si era riservata la facoltà di elaborare progetti e modelli in proprio; così nel 1909 disegnò e costruì quel prototipo ultraleggero (peso kg 300, 4 cilindri e 8 valvole, 62 per 100, 1.100 cm3, km/h 80) che fu la base del famoso "modello 13". Intanto, tra il dicembre 1909 ed i primi mesi del 1910, con l'appoggio finanziario della Darmstadt Bank di Strasburgo impiantava nel piccolo villaggio di Molsheim (Strasburgo) un proprio stabilimento, e nello stesso anno venivano consegnate le prime cinque vetture "modello 13" (monoblocco a 4 cilindri e 8 valvole, albero a camme in testa, 65 per 100, 1.400 cm3, circa km/h 100, quattro sospensioni semiellittiche a balestre multiple e sottili). Diverse gare ne confermavano subito i pregi, fino all'eccezionale secondo posto nel Grand Prix de France (luglio 1911). Sempre nel 1911 il B. realizzava un altro modello superleggero (due e quattro posti, 55 per 90, 855 cm3, 10 CV, km/h 80) che fu acquistato nel novembre e prodotto dalla casa Peugeot di Beaulieu sul Doubs: era la famosa "Bébé Peugeot", nel 1914 arrivata già a 3.000 esemplari.
Di questo periodo iniziale della fabbrica del B. va ricordato un altro modello. Ai primi del 1912 fu approntata una vettura da competizione, costruita in tre o quattro esemplari. Dati: 4 cilindri, 100 per 160, albero a camme in testa, due valvole d'immissione e una terza molto grande di scarico per cilindro (soluzione applicata poi dal B. sulle 8 cilindri, e infine generalizzata), nuovo sistema di comando delle valvole, 5.000 cm3, km/h 160. Il modello, "Garros", è noto col nome dell'aviatore che ne acquistò un esemplare.
La fabbrica, nel 1911, era salita da venti a sessantacinque operai, con una produzione di 75 châssis (prezzo di vendita: 7.000 marchi, senza carrozzeria né accessori salvo un contagiri). Nel 1913 la produzione annua ammontava a 175 châssis. Nel 1914 erano occupati 200 operai, con una produzione di 27 châssis mensili. In quell'anno, oltre alla realizzazione di un modello per Indianapolis (4 cilindri, 100 per 180, 5.650 cm3, km/h 180) derivato dal "Garros", il B. aveva elaborato un nuovo tipo di sospensione posteriore, messo in produzione il "modello 22", e stava preparando delle elaborazioni a 16 valvole del "modello 13".
Lo scoppio della guerra mondiale interruppe tutto. Il 2 ag. 1914, primo giorno della mobilitazione germanica, il B., italiano per origine e cittadinanza, attivo da anni in territorio tedesco, ma profondamente francofilo, abbandonò tutto: con la famiglia, da Molsheim per Stoccarda a Friedrichshafen, e da qui (con un salvacondotto ottenutogli dal conte Zeppelin) per Costanza raggiunse Milano. Con un breve ritorno, nel settembre 1914, precedendo la requisizione dello stabilimento, riuscì a nascondere sottoterra i tre motori da corsa derivati dal "modello 13" cui stava lavorando. Nel novembre dall'Italia passò quindi in Francia. Qui, nel maggio del 1915, all'entrata in guerra dell'Italia, fu mobilitato a domanda presso la Section technique de l'Aéronatique militaire di Chalais-Meudon. Risultato principale del suo lavoro furono due motori per aereo. Uno (a 8 cilindri in linea, 120 per 160, 14.500 cm3 250 CV) fu messo in produzione nel 1916-17 dalle ditte Diatto e Delaunay; l'altro (a 16 cilindri affiancati, 120 per 160, 29.000 cm3 400 e 500 CV, doppio albero motore, demoltiplicatore) fu messo in produzione dalla Peugeot per conto del governo francese e dalla Duesenberg di Elisabeth nel New Jersey per conto del governo americano (40 esemplari; 2.000 commissionati al momento dell'armistizio). Da questo secondo modello derivarono diversi motori per aerei, a cilindri affiancati o contrapposti, tra cui il Bréguet francese.
Nel novembre 1918, appena l'armistizio interruppe le ostilità, il B. rientrò a Molsheim, ritornata con l'Alsazia territorio francese, dove trovò l'officina distrutta. Riuscì a riaprirla già nel gennaio 1919 - nel marzo la produzione riprendeva con dieci "modello 13" al mese - autofinanziandosi con la vendita di brevetti e di licenze di motori alla ditta Diatto italiana, e nel 1921 alla Crossley inglese e Rabag tedesca. Infatti il governo francese aveva rifiutato di indennizzargli i danni di guerra essendo cittadino italiano, mentre il governo italiano glielo rifiutava perché tutti i suoi beni erano all'estero. Sulla base dei tre motori da corsa elaborati nel 1914 a 16 valvole, ritrovati in buono stato, iniziava la produzione del nuovo "modello 22", del "modello 23" e del "modello 13 Brescia", tutti a 16 valvole. Le vittorie nel Grand Prix di Le Mans (1920) e nel Gran Premio di Brescia (1921) confermavano la bontà dei motori.
Il Salon de l'Automobile del 1921 segnò, in un certo senso, una svolta nella produzione del B.: presentò quel "modello 28" (8 cilindri e 24 valvole, 70 per 100, 3.000 cm3), da cui prese avvio l'anno dopo il noto "modello 30" (60 per 88, 2.000 cm3). Il punto d'arrivo della meccanica della nuova autovettura a 8 cilindri fu, nel 1924, il famosissimo "modello 35", uno dei suoi capolavori: 8 cilindri e 24 valvole, 60 per 88, 2.000 cm3, albero motore su rulli, assale anteriore curvo e cavo, ponte posteriore a scatola, ruote in lega leggera con incorporati i tamburi dei freni, peso intorno a 660 kg. Il motore rimase a lungo in produzione nei tipi competizione, sport e turismo, in diverse varianti e su diversi modelli. Dotato di compressore nel 1926, nello stesso anno vinse tra l'altro la Targa Florio, i Grandi Premi di Roma, d'Alsazia, di Francia, di Spagna, d'Europa, di Boulogne, d'Italia, di Milano, e i campionati dei paesi latini e del mondo.
Sempre nel 1924 il B. realizzò un motore d'aereo ("modello 34") - che avrà anche altri impieghi - di resa e robustezza eccezionali: 16 cilindri in doppia linea, 2 alberi motore, 125 per 130, 25.000 cm3.
Gli anni seguenti furono il periodo migliore. All'affermatissimo "modello 35" si vennero affiancando: dal 1925, il "modello 37" (4 cilindri, 69 per 100, 1.500 cm3, con e senza compressore, km/h 170 e 150), uscito in versione turismo l'anno seguente ("modello 40"), e ancora nel 1930 ma con alesaggio aumentato; dal 1926, il "modello 39" (8 cilindri, 1.500 cm3, con varianti nella corsa e alesaggio); dal 1927, il "modello 43", vettura sportiva a due e quattro posti di grande successo (8 cilindri, 60 per 100, 2-300 cm3, km/h 170-175); ancora dal 1927, ma studiato fin dal 1925, il "modello 41", la famosa autovettura "Royale", fuori catalogo, prodotta in soli sei esemplari più il prototipo, prezzo di 500.000 franchi senza carrozzeria, garanzia a vita, di eccezionale silenziosità, elasticità e potenza (in seconda accelerava da 5 a 150 km/h), che utilizzava il blocco del motore "modello 34" (8 cilindri, 125 per 1130, e 125 per 150, 12.800 cm3 e 14.750 cm3, più di 300 CV, 3 tonnellate di peso, km/h 200); dal 1928, il "modello 45", vettura sportiva a due posti (16 cilindri in doppia linea, 60 per 84, 3.800 cm3, doppio albero motore e doppio compressore, km/h 200), riproposto l'anno seguente con corsa e cilindrata diminuite ("modello 47"); dal 1930, il noto "modello 50" (8 cilindri, 86 per 107, 4.900 cm3, doppio albero a camme, compressore, km/h 175, e 160 nella versione turismo), ripreso nel 1931 col "modello 53" (vettura a 4 ruote motrici, km/h 200) e nel 1932 col "modello 54" che conquistava l'anno seguente il record mondiale dell'ora con km/h 216; ancora dal 1930, il "modello 51" che riprendeva il "modello 35" introducendo il doppio albero a camme e 8 valvole a 90º.
Furono anche gli anni del maggior numero di vittorie sportive: 468 nel 1925, 577 nel 1926, 806 nel 1927. La Targa Florio, massima prova di resistenza, elasticità e maneggevolezza, fu vinta consecutivamente dal 1925 al 1929. Con le macchine del B. emersero piloti quali R. Benoist, L. Charavel (Sabipa), J. Chassagne, L. Chiron, B. Costantini, P. e F. de Vizcaya, A. Divo, R. Dreyfus, Ph. Étancelin, E. Friderich, C. Masetti, E. Materassi, T. Nuvolari, A. Varzi, W. Williams, P. Wimille.
Se le gare sportive gli servirono da continua prova e fonte di miglioramenti, il B. ne seppe anche apprezzare il valore pubblicitario. I cataloghi elencavano le vittorie conquistate; e del resto le macchine con cui egli correva ufficialmente erano vetture di serie del modello da competizione offerte in vendita nel catalogo, e i modelli da turismo analoghi ne adottavano le stesse soluzioni e materiali, seppure con motore meno spinto.
La fabbrica, la cui produzione godeva enorme stima per il grado di precisione e rifinitura, e che raggiungeva i mille, milleduecento dipendenti, con un massimo di millecinquecento, colpiva per l'inusitata pulizia, per l'ordine, per un'atmosfera di decoro e di gusto. Era particolarmente curata la formazione e selezione dei personale: si esigeva una estrema coscienza professionale nell'esecuzione di qualsiasi lavoro, e si attribuiva grandissimo valore all'abilità manuale. La fabbrica era non solo attrezzata per tutte le fasi di lavorazione i tutti i pezzi, ma anche in grado di produrre i propri aggiornatissimi utensilerie e macchinari.
Il B., la cui casa (una villa di gran lusso, comodità, bellezza e originalità) confinava con la fabbrica, seguiva da vicino il lavoro dei reparti, intervenendo con un continuo rapporto diretto che escludeva la spersonalizzazione gerarchica. Questa atmosfera e organizzazione, che suggerivano del B. più un'immagine di ricco signore con la passione, tra le altre, della meccanica, che non l'immagine di un industriale, era espressione della sua concezione del lavoro e dell'azienda come grande laboratorio artigiano. Sicuro di sé, disinteressato, rivolto più al creare che al produrre, curando l'aspetto estetico e la finitura anche dell'oggetto e particolare più effimero, il B., che non aveva studi di base ingegneristici, sviluppava le sue ricerche con procedimenti intuitivi, "sapendo vedere" il problema globalmente ed esprimendolo attraverso disegni d'insieme, favorito da eccezionali immaginazione, memoria visiva e versatilità. La creazione di un motore come di un particolare meccanico fu per lui più un'operazione appartenente al campo delle arti applicate che a quello della tecnica industriale.
Nel listino del marzo 1929la produzione del B. aveva questi prezzi. Per la classe turismo: châssis "modello 44" (8cilindri, 3.000cm3) franchi 60.000; châssis "modello 40", franchi 36.500. Per la classe sport: "modello 43", franchi 130.000; "modello 38 a" (8 cilindri, 2.000cm3 compressore), franchi 75.000. Per la classe competizione: "modello 35 b", franchi 165.000; "modello 35 c", franchi 150.000; "modello 37 a", franchi 74.000; "modello 39", franchi 165.000.
Le strette della grande crisi mondiale, che avevano diradato dal 1928 le competizioni, fecero tramontare un'era dell'artigianato di lusso; il mercato si chiudeva non solo per autovetture come la "Royale", ma anche per i lussuosi modelli 46 e 50. Negli anni '30 il B. colse ancora affermazioni in gare (tra le altre: 1933, Gran Premio di Monaco; 1936, Grands Prix di Francia e di Reims; 1937, 24 Ore di Le Mans); mise ancora in produzione, ora affiancato dal figlio Jean, vetture di altissima qualità (progettato dal 1932 e lanciato dal 1934, il famosissimo "modello 57", 8 cilindri, 72 per 100, 3.800 cm3 doppio albero a camme. Classe turismo: châssis franchi 73.000; berlina 113.000, coupé 115.000;classe sport: châssis 100.000 , coupé 140.000 e 150.000;classe competizione: châssis 120.000). Dovette però, nel 1931, cercarsi un nuovo spazio nella locomozione ferroviaria, con la realizzazione di un'automotrice, completata nel 1933.
Il prototipo svolse regolare servizio quotidiano, lungo il 1933, sul percorso Parigi-Deauville-Cabourg e ritorno. Aveva 107 posti (84 seduti, 23 in piedi), pesava 22 tonnellate e mezzo, era lungo m. 22, raggiungeva i 100 km/h in 1' 43'', frenava a 105km/h in m 275, era mosso da due motori derivati dal "modello 34"(che equipaggiava anche la "Royale") per 400 CV e km/h 150. Nelle prove raggiunse i 171km/h, e l'automotrice si attribuì poi il record di 196km/h. Tra le innovazioni, oltre ai sedili reversibili nei due sensi di marcia e dispositivi di aggancio dei vagoni, adottava ruote elastiche (cerchione in acciaio gommato) e doppio carrello a 4 assi (di cui due di guida) che assicuravano una perfetta stabilità laterale e una tenuta eccezionale: nessun asse poteva deragliare anche per un salto di binario di cm 50.
Il successo assicurò al B., fino al 1937, la produzione di 80 automotrici, in diversi tipi (leggera a due motori; "Présidentiel" a quattro motori; a uno, due e tre elementi).
Le contraddizioni oggettive dell'organizzazione e dei rapporti aziendali (un laboratorio artigiano, che però aveva le dimensioni di media industria; l'intervento e la conduzione diretta del B., che però si traduceva in paternalismo) esplosero durante le agitazioni sociali e politiche del 1936. Uno sciopero e un'occupazione colpirono la fabbrica. Amareggiato e sorpreso, il B. si allontanò, e la direzione fu tenuta con impegno e abilità dal figlio Jean fino all'improvvisa sua morte, l'11 ag. 1939, durante il collaudo di un modello.
La seconda guerra mondiale non solo troncò i nuovi lavori del B. (un prototipo di vedetta lanciasiluri leggera, 8 motori "modello 50b", 4 eliche a doppio tandem; un progetto d'aereo per superare il record dei 750 km/h), ma segnò la fine della sua fabbrica. Allo scoppio del conflitto (settembre 1939) aveva trasportato l'officina da Molsheim, insicura zona di confine, a Bordeaux, dove assunse commesse militari (alberi motore e pezzi del motore Hispano-Suiza). Nel luglio 1940 la regione di Bordeaux era invasa dalle truppe tedesche. L'industriale tedesco Trippel, che produceva a Homburg nel Saarland auto anfibie ed aveva ottenuto la gestione dello stabilimento di Molsheim - sequestrato dopo il rifiuto del B., cittadino italiano, di ritornare in Alsazia -, ottenne i macchinari e i magazzini di Bordeaux, che cominciarono ad essere ritrasferiti a Molsheim dall'autorità tedesca nell'ottobre. Nel frattempo, per conti scoperti di 30.000.000 presso la Banque rurale di Strasburgo e presso fornitori, sul B. impendeva una vendita all'asta dei beni. Si risolse così a vendere per 150 milioni l'industria stimata 334 milioni il ºdic. 1941. Intanto, nel 1941, a Molsheim, a fianco del Trippel che continuava la produzione di auto anfibie, si istallava la Maschinenfabrik della Kriegsmarine che produceva siluri. Dal 1942 i due reparti si riunirono nella Trippel Werke.
Finita la guerra, il B. fu accusato di collaborazionismo per aver ricevuto danaro dai Tedeschi, e la fabbrica fu confiscata dal governo francese. L'industria era considerata francese e un francese non poteva vendere alla Germania; il B. però aveva la cittadinanza italiana (si naturalizzò nel 1946), e se ciò durante la guerra lo aveva esposto a pesanti pressioni, ora lo escludeva da diritti a indennità. Dopo negoziati, sostenendo il motivo della vendita forzata, il B. citò l'Administration des domaines; intanto vinceva con Wimille la Coppa dei prigionieri nel Grand Prix de la libération a Parigi (9 sett. 1946). Persa la causa nel novembre 1946 al tribunale di Saverne, vinse l'appello alla corte di Colmar l'11 giugno 1947. Ammalatosi nel frattempo in aprile, il B. morì il 21 ag. 1947 a Neuilly-sur-Seine (Parigi).
Il B. è stato uno dei massimi protagonisti dell'avvento e della realizzazione dell'automobile. Personaggio d'avanguardia del periodo che ha preceduto le autovetture di serie, anche in questa successiva fase rimase una figura di punta nella fabbricazione di autovetture d'altissima qualità, prima che la produzione di massa e automatizzata trasformasse la qualità in un sottoprodotto della quantità.
Indagandosi, in un'abbozzo d'autobiografia steso pochi mesi prima della morte, il B. scriveva che le doti essenziali di un tecnico o di un artista (e ricordava Leonardo da Vinci) sono l'osservazione e il disegno. "Je crois que le dessin est la base la plus solide pour réaliser toutes les idées. Pouvoir reproduire ce que l'on imagine est un grand appui et un concours précieux pour tirer parti des éléments acquis par l'observation. L'observation est l'élément indispensable pour produire..., (elle) pénètre dans la nature des choses... Cette habitude d'observation systématique conduit au but dans toutes les branches de l'activité humaine..." (L'Ébé Bugatti, pp. 38 s.).
Il modus cogitandi et operandi del B., pur col suo eccezionale e versatile apporto di perfezionamenti e invenzioni (circa 950 brevetti) che lo rende un protagonista della storia della tecnica dei primi decenni del sec. XX, lo esclude dal filone storico della problematica dello sviluppo aziendale e della organizzazione industriale, che negli stessi anni avevain H. Ford il massimo attore. Il B. appartiene piuttosto a quel filone della storia della cultura che, partendo dalle ardenti polemiche di J. Ruskin e W. Morris per una rinascita dell'artigianato di qualità, attraverso l'Art nouveau arriva all'Industrial design precedente la seconda guerra mondiale. Tipico, in questo senso, perché si contrappone alla caratteristica forma, di schema illuministico e a tabula rasa, della mentalità del tecnico e dell'industriale, era il valore da lui attribuito al passato: "...Il nous serait possible d'avancer beaucoup plus rapidement dans tous les domaines si notre suffisance ne nous faisait oublier et dédaigner ce qui s'est fait avant nous" (ibid.).
Fonti e Bibl.: Dispersi gli archivi della fabbrica per le due guerre mondiali, molti documenti sono stati raccolti da privati, specie in Inghilterra, dove a Londra è attivo il Bugatti Owners' Club. Numerosi gli articoli e le pubblicazioni sul B., e di vario valore. Per una presentazione della sua attività, sufficienti: W. F. Bradley, E. Bugatti, London 1948;H. G. Conway, Bugatti,le pursang des automobiles, Bentley (U.S.A.) 1963;L'Ébé Bugatti, L'épopée Bugatti, s.l. [ma Paris] 1966.