Giannini, Ettore
Autore, sceneggiatore e regista teatrale, cinematografico e radiofonico, nato a Napoli il 15 ottobre 1912 e morto a Massalubrense (Napoli) il 15 novembre 1990. La grande finezza espressiva, il senso vivido del racconto, la capacità di orchestrare i diversi apporti artistici e recitativi nell'invenzione della messinscena furono evidenti in campo teatrale ma si manifestarono altresì nel cinema. Testimonianza di ciò fu soprattutto un sorprendente, rivoluzionario e acclamato spettacolo musicale, Carosello napoletano, da cui G. trasse il soggetto e la sceneggiatura del film omonimo, presentato e premiato al Festival di Cannes nel 1954: uno straordinario unicum nella storia del cinema italiano, quasi un musical che coglie il nucleo antropologico dell'anima napoletana.
Figlio di un avvocato, G., laureatosi in legge, vinse nel 1936 il concorso dei Littoriali del cinema con il mediometraggio a soggetto La prua incatenata, ambientato su una nave scuola. Allievo di Tatiana Pavlova e Guido Salvini, si diplomò all'Accademia d'arte drammatica di Roma nel 1939 con il saggio di regia Questa sera si recita a soggetto di L. Pirandello, per esordire l'anno seguente nel teatro professionistico, affermandosi come autore rigoroso, raffinato e innovativo. In quegli anni, in cui alternò all'intensa attività teatrale quella cinematografica, scrisse il soggetto e la sceneggiatura per un film diretto da Salvini, L'orizzonte dipinto (1941), e collaborò ai dialoghi di Addio giovinezza! (1940) di Ferdinando M. Poggioli e Fra' Diavolo (1942) di Luigi Zampa. Tornato a Napoli nel 1944, perché richiamato alle armi alla vigilia dello sbarco degli alleati, G. curò le trasmissioni radiofoniche della Quinta armata statunitense e continuò nell'immediato dopoguerra l'attività teatrale, dedicandosi in quegli anni alla messinscena di autori quali M. Pagnol, A. Salacrou, E. Bourdet, E. O'Neill.
Nel secondo dopoguerra G. diventò esponente di punta di un teatro che apriva le porte a un repertorio non più proibito, in grado di valorizzare attori come Paolo Stoppa, Rina Morelli, Lilla Brignone, Sarah Ferrati, accreditando con scelte coraggiose e risultati scenici dal ritmo personalissimo e dall'attenta introspezione psicologica la legittimità di una forte presenza del regista nel teatro nazionale e conseguendo nella stagione 1946-47 le riuscite più incisive: Strano interludio (protagonista Andreina Pagnani) e Il voto. Lavorò anche come regista lirico con il primo allestimento del Ratto del serraglio di W.A. Mozart al Teatro alla Scala nell'aprile 1952.Intanto nel 1948 aveva esordito nel cinema portando a termine il film di Henri Calef Carrefour des passions (Gli uomini sono nemici), melodramma di partigiani e nazisti che, secondo l'autorevole parere di A. Bazin, esprimeva "qualcosa del migliore stile italiano, un realismo talvolta convincente, un senso dello scenario naturale, una specie di nervosità…" ("Le parisien libéré", 11 agosto 1948). Dopo aver interpretato per Roberto Rossellini il ruolo di Andrea, l'intellettuale comunista di Europa '51 (1952), scrisse il soggetto originale e la sceneggiatura, con Suso Cecchi D'Amico, di Processo alla città (1952) di Zampa, film che rinunciò a dirigere a causa di una censura preventiva dei produttori.Con Carosello napoletano, G., pur facendo ricorso ai classici tipi e caratteri della tradizione folcloristica e letteraria napoletana, trasforma con l'ironia, l'acutezza e la curiosità del demiurgo-orchestratore e con uno sguardo lucido, tenero e crudele, l'anima napoletana da orpello estetico a concezione del mondo. Già con il leitmotiv, il cantastorie ambulante (Paolo Stoppa) sfrattato dalla sua catapecchia e costretto a percorrere le strade della città senza altra speranza se non le sue stesse canzoni, G. riesce a concretizzare l'intuizione irripetibile di un affresco sublimato dalla nostalgia, di un songbook intonato all'eterno polimorfismo partenopeo. Le vorticose riprese in studio ‒ che hanno i propri referenti visivi nel vedutismo delle gouache, negli ex voto naïf, nella fotografia colta di Giorgio Sommer e nei repertori di Brogi e Alinari ‒ non fanno decadere la pienezza compositiva degli esterni (tra cui il trascinante balletto sul molo, con le barche che scivolano leggere nella profondità di campo) ma, anzi, risultano funzionali alle inquadrature gremite come pinnacoli barocchi, ai trompe-l'œil dei paesaggi-cartolina, alla varietà umana e alla verità psicologica dei personaggi. L'invenzione scenografica e coreografica, la ricchezza dei costumi e le corali componenti figurative materializzano sullo schermo la fugace quanto veemente fantasmagoria di un paesaggio familiare che si riverbera in epopea di civiltà. Il film raccolse entusiastici riconoscimenti di pubblico e molti premi internazionali, senza peraltro conquistare in patria l'attenzione che meritava. Amareggiato e deluso da una serie di rifiuti dei produttori (doveva essere, tra l'altro, il regista di Il Gattopardo, di cui aveva redatto la prima, intrigante sceneggiatura), G. si ritirò dopo essersi dedicato con autorevolezza alla direzione dei dialoghi per il doppiaggio.
S. Bolchi, Ettore Giannini o dell'umanità, in "Sipario", 1951, 64, pp. 8-12.
G.P. Brunetta, Storia del cinema italiano, Roma 1982, pp. 245-46, 671.
Spettabile pubblico: Carosello napoletano di Ettore Giannini, a cura di V. Caprara, Napoli 1998.
C. Campanelli, Giannini, Ettore, in Dizionario biografico degli Italiani, Istituto della Enciclopedia Italiana, 54° vol., Roma 2000, ad vocem.