Euclide
S'incontra E. nel nobile castello, tra gli spiriti magni dell'antichità: e vidi... / Euclide geomètra (If IV 142); ma la proverbialità di questa sequenza nel mondo antico e medievale (cfr. Valerio Massimo VIII XII 1, cit. da F. Mazzoni, in Saggio d'un nuovo commento, in " Studi d. " XLII [1965] 200-201) definisce un interessamento di D. per questo autore solo secondario e mediato. Anche altrove infatti E. è ricordato, più che come luogo di riflessione personale, come stabile punto di riferimento in un'ideale storia della cultura occidentale, come Aristotele e Cicerone.
I risultati delle sue ricerche in materia di geometria sembrano a D., che ripete probabilmente un'opinione comune del suo tempo, aver raggiunto una completezza e una stabilità di valore storico e scientifico eccezionale. Le sue definizioni possono essere usate in senso assoluto e come premesse essenziali a un qualsiasi discorso matematico: Nam quem fructum ferret ille qui theorema quoddam Euclidis iterum demonstraret? (Mn I I 4). Gli altri cenni danteschi alla geometria euclidea si articolano quindi di solito in scontate allusioni alle più consuete proposizioni medievali; in Cv II XIII 26 D. afferma: sì come dice Euclide, lo punto è principio di quella [la Geometria], e... lo cerchio è perfettissima figura in quella (per le possibili fonti negli Elementi di E., cfr. Convivio, ediz. Busnelli-Vandelli, I 207 ss.) che non sembrano sottintendere uno studio diretto: la tesi, ad esempio, di Cv II III 6, in cui la geometria è vista come scienza ausiliaria dell'astronomia e ha come ancella la prospettiva, è tipicamente euclidea ma è esposta nella forma caratteristica nella quale veniva spiegato l'inizio del primo libro degli Elementi nelle università (cfr. P. Renucci, D. disciple et juge du monde gréco-latin, Parigi 1954, 275 ss.).
Queste curiosità dantesche si muovevano nell'ambito di un rinnovato interesse per la ricerca in materia di geometria (v.), e in particolare per i testi euclidei. L'alto Medioevo aveva offerto soltanto una trattazione assai elementare delle questioni matematiche in genere, alla quale non aveva portato rimedio né la indagine boeziana intenta alla semplice raccolta di sparsi frammenti euclidei e di notazioni sull'uso tecnico di certe proposizioni geometrico-aritmetiche, né la volgarizzazione sintetica e settoriale della geometria pseudoboeziana dei secc. VII-VIII, matrice della discussione geometrica del sec. IX. Gli Elementi (Στοιχει̃α) di E., e in particolare alcune loro sezioni utilizzabili in materia di agrimensura o per forme di calcolo elementare, se circolavano largamente nelle due grandi correnti geometriche medievali, gli enciclopedisti e le scuole cattedrali o monastiche, tornarono in circolo in modo più completo solo a partire dal sec. XII, una volta che la cultura occidentale ebbe iniziato un più completo processo di riassimilazione del sapere greco-latino utilizzando in particolare le notevoli realizzazioni arabe in materia soprattutto di ottica e di prospettiva. È in questi settori che si svolge la ricerca dei secoli XIII-XIV, utilizzando ampiamente anche i dati euclidei. Gli Elementi compaiono tra i testi base nell'apprendimento delle matematiche, settore ritenuto molto importante, nel programma di studi oxfordiano del sec. XIII. Ma già da tempo era in corso il tentativo di utilizzare i superstiti frammenti del sapere geometrico anche in un più generale discorso filosofico-teologico, a opera di Anselmo, di Riccardo di San Vittore e di Abelardo, possibile solo dopo un deciso superamento delle nozioni minime tradizionali. Questioni euclidee apparvero quindi anche nel certame matematico pisano del 1225 al quale parteciparono i dotti di Federico II, lo stesso imperatore e L. Fibonacci, uno dei primi grandi teorici occidentali insieme a Campano da Novara (morto intorno al 1296-1298) autore del primo completo commento euclideo, pubblicato poi solo nel 1482 alle soglie della larga fortuna rinascimentale di Euclide.
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