EUCLIDE (᾿Ευχλείδης, Euclīdes)
Matematico greco. Ignoto il luogo e l'anno di nascita; fiorisce ad Alessandria attorno al 300 a. C. sotto Tolomeo I Soter (321-285), e fonda la prima Scuola Alessandrina.
È difficile stabilire quanto egli debba ai suoi predecessori (Ippocrate di Chio, Menecmo, Dinostrato; Eudemo, Tlieudio di Magnesia); certo è che egli è stato il più famoso maestro di geometria per tutta l'antichità (Cic., De orat., iii, 132) e per il Medio Evo (Archimede ha un posto a parte). Qui si considera soltanto il riflesso delle sue teorie geometriche e prospettiche nella loro relazione e applicazione alle arti figurative (v. prospettiva).
Disagevole è rintracciare la sua eventuale influenza sul problema della skenographìa o "prospettiva" nell'antichità, cioè "quella somma di norme disegnative che serve a disegnare su di un piano verticale le immagini degli edifici" (Heron, Deff., 135, 13; Heiberg, iv, 102 ss.; Damianos-Geminos, ed. Schoene, Berlino 1897).
I Greci, infatti, così espliciti nella definizione del problema, sono rimasti assai perplessi nella enunciazione delle sue regole pratiche. Ha nociuto loro la coesistenza mai definita e risolta nell'antichità dei due problemi: occhio irradiante e oggetto irradiante; per cui si hanno sempre presenti due coni di raggi; uno che parte dall'occhio e uno che parte dall'oggetto. Ciascuno dei due coni può essere tagliato da un piano perpendicolare all'asse dei coni stessi, ma questo piano per definizione è un settore di sfera. Pertanto gli oggetti dipinti su una parete sono visti dal cono-occhio, il cui asse centrale incontra l'anti-cono dell'oggetto visto, e sul diaframma di incontro noi vediamo che il centro di vista è la proiezione dell'occhio stesso sul piano, e questo stesso punto rappresenta anche la proiezione sullo stesso piano del centro del cono opposto, quello cioè che parte dall'oggetto. Non si tratta quindi di un punto-fuga scientifico; bensì di un centro che non coordina tutte le linee del quadro, ma solo una parte: sicché si devono immaginare infinite altre posizioni di occhio e di oggetto per poter giustificare le linee prospettiche del quadro intero. Si tratta quindi di una prospettiva ottica parziale, più intellettuale che geometrica, ma che applica empiricamente le leggi dell'ottica: da Democrito fino ad E. ed Erone.
Il problema della prospettiva è stato trattato frequentemente in questi ultimi anni nei due sensi: quello favorevole al riconoscimento dell'esistenza greca di un punto-fuga sia pur empirico e parziale; e quello decisamente contrario. Questa discordia di opinioni dipende in gran parte dal fatto che sia E. sia Erone, pur esponendo tutti i teoremi e i postulati, che presuppongono l'esistenza potenziale del problema scientifico relativo alla prospettiva (Euclid., Teor., 22 e figura relativa; Heron, Deff., 135, ii, che ammette una serie di punti di vista e di punti veduti), non hanno né coordinato né concluso le loro dimostrazioni.
Bibl.: H. Bulle, in Berl. Winckelmannsprogramm, 94, 1934; C. Kern, in Arch. Anzeiger, 1938, p. 245; H. G. Beyen, in Arch. Anzeiger, 1939, p. 47; E. Panofsky, Vorträge Warburg, 1924-5, p. 258 ss.; Vitruvio, III, 3, 13, ed. Ferri (in corso di stampa); J. White, The Birth and Rebirth of Pictorial Space, 1957; D. Gioseffi, Perspectiva artificialis, Trieste 1957, pp. 14-47; id., in Critica d'Arte, 1957, p. 468; 1958, p. 102; W. M. Ivins jr., Art and Geometry, a Study in Space Intuitions, Cambridge Mass. 1946, p. 56 ss.