ARAGONA, Eufemia d'
Figlia di Pietro II di Sicilia, durante la minore età del fratello Federico, ebbe assegnata nel novembre 1355 dai baroni e dalle università del Regno nell'assemblea di Messina la reggenza, con un potere limitato, però, da clausole precise: la vicaria, infatti, doveva procedere nell'amministrazione del Regno con il consiglio dei nobili siciliani appositamente indicati, avrebbe potuto esercitare le sue funzioni solo in presenza del re, e non doveva interferire nell'amministrazione della giustizia, che spettava al gran giustiziere. In un primo tempo, non si manifestò alcun contrasto nel governo dello stato, per cui sembrò che la formula scelta dall'assemblea fosse davvero la migliore. Ma il contrasto tra "latini" e "catalani" non tardò a manifestarsi appena Federico IV decise di recarsi da Messina a Catania, su richiesta degli Alagona, che promettevano La pacificazione coi Chiaramonte, suscitando la preoccupazione e la gelosia di Francesco Ventimiglia. Questi riuscì a convincere la vicaria a non andare a Catania. L'A., a sua volta, non essendo riuscita a dirottare il re Federico per Randazzo, si separò da lui recandosi a Francavilla, dove l'attendevano il Ventimiglia ed Enrico Rosso. Ne venne una vera e propria lotta tra l'A. e il re: questi dichiarava allora la vicaria decaduta dalla carica per non aver ottemperato alle clausole del vicariato, mentre l'A. cercava, invano, di accrescere la schiera dei suoi fautori e di isolare il re. Questi invece riuscì a contenere la ribellione specialmente quando l'attività militare di Artale d'Alagona nel settembre 1356 indusse i due fratelli alla riconciliazione. Quando sbarcarono in Sicilia i reali di Napoli, l'A. mostrò le sue doti politiche: insieme con il partito legittimista, seppe apprestare le difese opportune, che portarono alla sconfitta del corpo di spedizione angioino ad Aci (27 maggio 1357). Scongiurato il pericolo angioino, la vicaria s'interessò della riconquista dei territori in mano dei Chiaramonte, riuscendo a riprendere moltissimi centri dei Val di Noto e del Val di Mazara. Ma la morte sopravvenne, il 21 febbr. 1359, ad interrompere questa ripresa offensiva contro i ribelli.
Fonti e Bibl.: Michele da Piazza, Historia Sicula,I,119; II, 2-5, 41 in R. Gregorio, Bibliotheca Scriptorum...,I-II,Panormi 1791-92, pp. 759; 4-8, 17, 26, 59; G. Cosentino, Codice diplomatico di Federico III d'Aragona,I,Palermo 1885, nn. XXIX, XXXVII, CXXIV, CCI, CCXIVI, CCXVIL, CCXIXL CCXX, CCXXIII, pp. 18 s., 22-24, 97 s., 176-178, 188 s., 190-197; F. Giunta, Aragonesi e Catalani nel Mediterraneo,I,Palermo 1953, pp. 72-88.