VIOLLET-LE-DUC, Eugène Emmanuel
Architetto, soprintendente, scrittore e restauratore di monumenti sacri e profani di epoca medievale, nato a Parigi il 21 gennaio 1814 e morto a Losanna il 17 settembre 1879.
Come storico e teorico dell'architettura V. fu uno dei più importanti esponenti del Neogotico in Francia. Figlio di un alto funzionario della Monarchia di Luglio e nipote del pittore e critico d'arte Etienne Jean Delécluze (1781-1863), dopo un breve periodo di formazione presso gli architetti Jean-Jacques Huvé (1783-1852) e Achille Leclère (1785-1853), effettuò vari viaggi in Francia tra il 1831 e il 1835 e in Italia nel 1836-1837. Dotato disegnatore e pittore ad acquarello, nel 1834 venne insignito di una medaglia al Salon e ottenne un posto di allievo all'Ecole de Dessin. Tra il 1838 e il 1845 collaborò, con ca. duecentocinquanta disegni, ai Voyages pittoresques et romantiques dans l'ancienne France, curati, tra gli altri, da Isidore Taylor (Parigi, 1820-1878).
Sulla scia della corrente romantica di François René de Chateaubriand (1768-1848) e di Victor Hugo (1802-1885) e del crescente interesse per l'archeologia, rappresentato da Arcisse de Caumont (1802-1873), negli anni trenta V. cominciò a volgersi in modo crescente all'architettura medievale. Nel 1840 l'ispettore dei Monuments historiques, Prosper Mérimée, (1803-1870), affidò al ventiseienne agnostico autodidatta che non aveva mai cercato di essere accettato nell'Ecole des Beaux-Arts - rifiutando, come del resto Mérimée, i suoi insegnamenti classicistici e idealisti - il restauro dell'abbaziale di Vézelay.Iniziò così la lunga serie di progetti di restauro - condotti parallelamente alle sue regolari ispezioni in provincia - che fecero di V. uno straordinario soprintendente ai monumenti. A Parigi, insieme a Jean Baptiste Lassus (1807-1857), curò il restauro della Sainte-Chapelle dal 1840 e di Notre-Dame dal 1844. Altri suoi restauri sono quelli della basilica di Saint-Denis dal 1846, della cattedrale di Amiens dal 1849 e, a partire dallo stesso anno, della città di Carcassonne, dove egli fece ricostruire le fortificazioni medievali; intervenne inoltre a Notre-Dame di Poissy dal 1852, a Saint-Sernin di Tolosa dal 1859 e guidò dal 1860 i lavori alla cattedrale di Reims.V., che di fondo era decisamente repubblicano, venne presentato alla corte di Napoleone III da Mérimée. A causa dell'opposizione dei 'classicisti' all'interno dell'Ecole des Beaux-Arts, in quanto 'goticista' egli dovette ben presto abbandonare la cattedra di storia dell'arte, che aveva ottenuto nel 1864. Con la caduta del secondo impero, V. sostò spesso a Losanna, dove dal 1873 restaurò la cattedrale.In quegli anni della sua vita - nel 1874 abbandonò l'incarico di Inspecteur général des edifices diocésains, che rivestiva dal 1853 - egli, oltre a interessarsi a questioni di carattere geografico, come la carta del massiccio montuoso del monte Bianco nel 1876, si occupò della redazione di numerose opere di carattere divulgativo sulla storia e la teoria dell'architettura. Di notevole importanza sono il Dictionnaire de l'architecture (1854-1868), ancora oggi sorprendente e in molti punti ricco di scoperte interessanti, il Dictionnaire du mobilier (1858-1875) e gli Entretiens sur l'architecture (1863-1872). Oltre ai numerosi articoli pubblicati a partire dal 1844 nelle Annales archéologiques, in Entretiens sur l'architecture V. sintetizzò la propria posizione circa la teoria architettonica e la storia dell'architettura.L'immagine che V. ha della storia si contrappone alla teoria di Giorgio Vasari, per il quale il Medioevo coincideva con una fase di decadenza. Il culmine dell'arte medievale è considerato da V. il Gotico della metà del sec. 13°, inteso come stile nazionale, da lui interpretato come sistema puramente razionale che trae le proprie funzioni da una logica interna. Sicuramente influenzato dalle coeve idee di Auguste Comte (1798-1857) e dalle teorie del milieu di Hippolyte Taine (1828-1893), egli unisce la propria concezione positivistica a punti di vista tecnici e formali e anche ad aspetti storico-sociali e sociologici: giunge così a conclusioni - per es. che il Gotico coincida con il tramonto del monachesimo e con una crescente mondanizzazione della società - che dal nostro punto di vista non sono oggi più valide in questa forma.Secondo V. è necessario che l'intervento del restauratore sia scientificamente fondato: ha la preminenza la struttura architettonica, che deve essere documentata fotograficamente e indagata archeologicamente; a questo segue il consolidamento tramite materiale costruttivo adeguato all'opera. Anche le alterazioni successive devono essere conservate come testimonianza storica e va comunque assolutamente escluso un adeguamento dell'edificio da restaurare agli interessi moderni. Contrario a questa concezione, formulata nel 1843-1844 nel contesto dei lavori effettuati a Notre-Dame di Parigi, per la quale il restauratore interviene senza imporsi sull'opera (Auzas, 1965), è quanto viene da lui espresso successivamente nel Dictionnaire: "Restaurer un édifice, ce n'est pas l'entretenir, le réparer ou le refaire, c'est le rétablir dans un état complet qui peut n'avoir jamais existé à un moment donné" (Viollet-le-Duc, 1854-1868, VIII, p. 14). Quest'ultima affermazione tuttavia non deve essere interpretata come un'evoluzione della concezione di V.: si tratta di due principi che percorrono la sua intera carriera.
Esempi di questa libertà artistica che V. - altrove veemente critico dell'eclettismo - si concede in relazione a ciascun progetto, sono tra gli altri la facciata della cappella del castello di Pierrefonds, dove la successione cronologica delle fasi costruttive viene 'rovesciata', o anche la facciata della cattedrale di Clermond-Ferrand, a partire dal 1862, che esibisce - erroneamente dal punto di vista storico - un vocabolario architettonico della prima metà del sec. 13° (Kurmann, 1993). Anche se i suoi interventi talvolta sono restauri erronei realizzati nel gusto del sec. 19° e spesso non costituiscono la restituzione di uno stato reale, ma sono frutto di postulati propri dell'epoca moderna proiettati nel passato (Kruft, 19913, p. 323), l'attività di V. riceve oggi una valutazione positiva, soprattutto per il ruolo svolto nella conservazione delle architetture medievali. Il sistema da lui propugnato di un funzionalismo legato alla struttura, per il quale la forma deriva dalla struttura, e anche le sue teorie circa l'architettura in ferro - che V. d'altra parte non applicò mai e che nella linea del progresso tecnologico sarebbero da considerare come una prosecuzione dei principi gotici - influenzarono la generazione successiva di architetti, tra cui Victor Horta (1861-1947), Antoni Gaudí (1852-1926), Hector Guimard (1867-1943), la scuola di Chicago, Frank Lloyd Wright (1869-1959) e Le Corbusier (1887-1965). Allo stesso modo sono debitrici dei progetti di V. le forme decorative dell'Art Nouveau.
Bibl.:
Fonti inedite. - Fonds Viollet-le-Duc, Paris, Arch. de la Commission des Monuments historiques, Direction du Patrimoine, dossiers et proces-verbaux (1838-1877).
Letteratura critica. - Voyages pittoresques et romantiques dans l'ancienne France, a cura di I. Taylor, 32 voll. Paris 1820-1878; Viollet-le-Duc, 10 voll., 1854-1868 (rist. 1859-1875); id., Dictionnaire raisonné du mobilier français de l'époque carolingienne à la Renaissance, 6 voll., Paris 1858-1875; id., Entretiens sur l'architecture, 2 voll., Paris 1863-1872 (rist. Bruxelles-Liège 1977); id., Histoire d'une maison, Paris 1873 (rist. Bruxelles-Liège 1978); id., Histoire de l'habitation humaine depuis les temps préhistoriques jusqu'à nos jours, Paris 1875 (rist. Bruxelles-Liège 1978); id., Habitations modernes, 2 voll., Paris 1875-1877 (rist. Bruxelles-Liège 1979); Lettres inédites de Viollet-le-Duc recueillies et annotées par son fils, Paris 1902; P. Gout, Viollet-le-Duc, sa vie, son oeuvre, sa doctrine, Paris 1914; P. Abraham, Viollet-le-Duc et le rationalisme médiéval, Paris 1934; A. Nava, La teoria di Viollet-le-Duc e l'architettura funzionale, CrArte, s. 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