Eugenica
L'eugenica, o eugenetica, è la teoria che si propone di ottenere un miglioramento della specie umana attraverso le generazioni, in modo analogo alle selezioni applicate agli animali e alle piante in allevamento. Nella sua evoluzione storica l'eugenica ha vissuto momenti di drammaticità, soprattutto quando l'interpretazione distorta della teoria dell'eugenica cosiddetta positiva, che vuole favorire direttamente la diffusione dei caratteri migliori, ha fornito un alibi pseudoscientifico agli eccidi razziali. Peraltro, la costituzione di banche del seme, prelevato da individui dotati di qualità particolarmente favorevoli, o il trapianto di nuclei di cellule somatiche in cellule uovo anucleate, per ottenere cloni di individui con lo stesso patrimonio ereditario (clonazione; v.), rappresentano un impiego tuttora molto discusso dell'eugenica positiva. L'eugenica negativa mira invece a limitare la diffusione di gravi malattie ereditarie al fine di ridurne la frequenza in generazioni successive. L'ambito dell'eugenica è pervaso da pesanti implicazioni etiche sulle quali la bioetica (v.) impone puntualizzazioni e discussioni in continua evoluzione.
Nel 1883 il biologo inglese F. Galton, nell'opera Inquiries into the human faculty and its development, introduce il neologismo eugenics, derivandolo dal greco εὐγενής, "di buona nascita", per indicare il programma finalizzato a migliorare, attraverso matrimoni selettivi, la specie umana. Questo programma può essere considerato una moderna manifestazione della volontà, costantemente presente in culture molto differenti fra loro, di modificare il destino biologico della specie umana, giungendo al controllo delle fasi centrali 'di passaggio' (la nascita, la riproduzione e la morte): volontà personificata nel mito classico e onnipresente del demiurgo. Questo mito, come tutti gli altri, ha un carattere duplice, manifestando un desiderio di dominio dell'uomo sulla natura biologica, ma anche una volontà positiva di migliorare la condizione umana. Rimasta a lungo solo un particolare campo di studio della biometria, o studio quantitativo delle popolazioni, l'eugenica prende vigore nei primi anni del 20° secolo, dopo la nascita della genetica seguita alla riscoperta delle leggi di Mendel. Esse sembrano infatti offrire un nuovo metodo quantitativo, scientifico, per isolare singoli fattori (caratteri unitari) responsabili dei diversi caratteri fisici e morali, e per poterne comprendere e controllare la trasmissione. Le osservazioni di A.E. Garrod sulla determinazione genetica di alcune malattie metaboliche, nel 1902, e quelle di K. Landsteiner sull'ereditarietà mendeliana dei gruppi sanguigni A, B, 0, nel 1901, oltre ad applicare anche all'uomo le leggi mendeliane, fanno intravedere per la prima volta nella storia la possibilità di intervenire nel patrimonio ereditario della specie umana, al fine di costruire popolazioni 'migliori', diminuendo la frequenza dei caratteri che sono considerati negativi e aumentando quella dei caratteri positivi.
Nel 1904 la Carnegie institution of Washington crea, a Cold Spring Harbor, un centro per lo studio sperimentale dell'evoluzione, affidandone la direzione a C.B. Davenport. Il metodo di lavoro consiste nel raccogliere vasti alberi genealogici (family records) e rintracciare singoli alleli mendeliani che potrebbero essere alla base di molte anormalità e malattie, ma anche di caratteristiche mentali e comportamentali, come l'alcolismo, l'epilessia, la criminalità e, soprattutto, la feeblemindedness, un termine che indica un largo spettro di stati di deficienza mentale. Successivamente, nel 1910, lo stesso Davenport riesce a far finanziare da E.H. Harriman la costruzione, sempre a Cold Spring Harbor, di un laboratorio esplicitamente diretto alle ricerche di eugenica, l'Eugenics record office, che dirige con la collaborazione di H.H. Laughlin. Il movimento eugenico si diffonde fra il 1910 e il 1940, in particolare negli Stati Uniti, in Gran Bretagna, in Germania e nei Paesi Scandinavi, soprattutto negli ambienti medici e politici. Direttamente o indirettamente, vi aderiscono e lo sostengono, almeno per un certo periodo (v. oltre), molti scienziati di grande valore, fra i quali W.E. Castle, T.H. Morgan, H.J. Muller ed E.G. Conklin.
Il movimento eugenico tiene tre congressi internazionali, il primo a Londra nel 1912, il secondo e il terzo a New York nel 1921 e nel 1932. In questi decenni i programmi eugenici sono di due tipi diversi, chiamati rispettivamente eugenica negativa e positiva. La prima intende contenere e al limite proibire i matrimoni dai quali possano nascere individui con caratteri genetici non desiderabili. L'eugenica positiva tende invece ad aumentare nella popolazione la frequenza dei geni considerati positivi, favorendo il matrimonio fra i portatori di geni 'validi'. Con una distinzione non chiara fra specie e razze biologiche, in questo primo periodo si insiste particolarmente sui pericoli legati al mescolamento delle razze. Come scrive Castle nel volume Genetics and eugenics (1916), "una particolare combinazione di qualità rende utile un cavallo da corsa e una differente combinazione rende utile un cavallo da tiro [...] l'incrocio fra i due non produrrà né un tipo né l'altro [...] per questa ragione, ampi incroci razziali nell'uomo sembrano nel complesso non desiderabili". Il mescolamento delle razze è considerato negativo quanto la perdita della purezza delle linee ottenute da allevatori e coltivatori. Permettere a una razza 'inferiore' di incrociarsi con una superiore è considerato un 'suicidio razziale', in quanto produrrebbe un deterioramento genetico della razza.
Molti problemi sociali, come la povertà o il disadattamento, sono considerati il risultato di deficienze genetiche; per eliminarli basterebbe quindi impedire la procreazione di quanti non sono con successo integrati nella società. La genetica sembra così fornire una base scientifica a dati valori sociali e a una data struttura della società: come era accaduto per il socialdarwinismo alla fine dell'Ottocento, sembra possibile dotare le diseguaglianze sociali di giustificazioni biologiche, e cioè scientifiche.
Soprattutto per l'azione di Laughlin, gli eugenisti svolgono un ruolo decisivo nell'approvazione della legge Johnson o Selective immigration act del 1924, che limita fortemente l'immigrazione negli Stati Uniti, in particolare dai paesi dell'area mediterranea. Ancora più vasta è la campagna degli eugenisti a favore di leggi per la sterilizzazione forzata delle persone considerate socialmente indesiderabili, gli internati nei manicomi, i colpevoli di reati sessuali, gli epilettici, le persone con basso quoziente intellettivo e quelle 'moralmente degenerate'. Nel 1935, negli Stati Uniti, ben 26 Stati approvano una legge di questo tipo e 20.000 persone vengono sterilizzate, di cui 12.000 nella sola California. Queste misure sono largamente condivise dall'opinione pubblica: un'indagine demoscopica del 1937 rivela che il 63% della popolazione americana è favorevole alla sterilizzazione dei criminali abituali e il 66% a quella dei ritardati mentali. In Inghilterra la campagna a favore della sterilizzazione è condotta soprattutto dalla Eugenics society, ma in Inghilterra, in Francia, in Italia e nei Paesi Scandinavi le relative proposte di legge incontrano una forte resistenza e non vengono approvate. In Germania, invece, la sterilizzazione ha un'applicazione su vasta scala. Anche durante la Repubblica di Weimar il movimento eugenico tedesco, guidato dalla Gesellschaft für Rassenhygiene, ha notevole sviluppo ed è diffusa l'opinione che i problemi sociali ed economici del dopoguerra sono basati sulla degenerazione genetica di una parte della popolazione. Anche se fino al 1933 ciò non è direttamente legato alla persecuzione contro gli ebrei, dato che la stessa società per l'igiene razziale considerava gli ebrei tedeschi parte della razza ariana, dopo l'ascesa al potere di Hitler viene promulgata una legge per la sterilizzazione eugenica, molto più rigida di quella americana, che colpisce i deboli di mente, i ciechi, gli schizofrenici, gli epilettici, gli alcolizzati e i portatori di deficienze fisiche. I medici sono obbligati per legge a segnalare a un'apposita commissione le persone 'disadatte'. In tre anni vengono sterilizzate 250.000 persone, la metà delle quali per 'debolezza mentale'. Nel 1935 vengono approvate le leggi di Nurenberg per la sterilizzazione dei 'geneticamente inadatti' e per impedire il matrimonio fra ariani ed ebrei.
Negli ambienti scientifici l'opposizione al movimento eugenico comincia a crescere a partire dagli anni Venti, ma solo dopo il 1930 e soprattutto quando si comincia a conoscere il modo in cui l'eugenica viene applicata nella Germania nazista questa opposizione diviene sufficientemente forte. Molti genetisti considerano gli enunciati eugenici non affidabili e scientificamente inaccurati, le figure principali dell'opposizione scientifica all'eugenica in questa fase sono J.B.S. Haldane e J. Huxley, in Inghilterra, e H.J. Muller e H.S. Jennings, negli Stati Uniti. La pretesa base scientifica dell'eugenica viene considerata solo una maschera che serve a nascondere scelte puramente ideologiche, economiche e di classe. Nel 1927, R. Pearl, biometrico e genetista della Johns Hopkins University, nell'articolo The biology of superiority scrive che l'eugenica è divenuta "in grande parte un miscuglio confuso di sociologia dogmatica e senza base, di economia, di antropologia e di politica, pieno di richiami umorali ai pregiudizi di classe e di razza, stabilito solennemente come scienza e sfortunatamente accettato come tale dal pubblico".
Muller, da sempre sostenitore dell'intervento dell'uomo sulla propria evoluzione, e che riprenderà con coraggio intellettuale queste posizioni negli anni Cinquanta, si fa portatore delle critiche più severe. Egli partecipa polemicamente al Terzo congresso internazionale di eugenica del 1932, al quale prendono parte non più di 100 persone, presentando una relazione dal titolo The dominance of economics over eugenics, per condannare l'uso strumentale della genetica da parte di circoli economici e politici; in seguito affermerà che l'eugenica ormai è solo una facciata pseudoscientifica "per i sostenitori dei pregiudizi razziali e di classe, i difensori degli interessi costituiti della chiesa e dello stato, fascisti, hitleriani e i reazionari in genere" (Muller 1935).
Le posizioni eugeniche hanno nel frattempo perso tutti i fondamenti scientifici. La genetica mostra che anche caratteri fenotipici semplici, come il colore degli occhi o le dimensioni corporee, sono determinati dall'interazione di un numero molto elevato di geni differenti. Inoltre, svariati geni 'negativi' potrebbero rimanere non visibili per molte generazioni e ricomparire solo in determinate condizioni. Grazie all'opera di L. Penrose e della sua scuola in Inghilterra, quello che era stato il centro dell'attenzione degli eugenisti, la feeblemindedness, si sfalda rapidamente. Questa 'debolezza mentale' infatti, come si è accennato, indica genericamente uno spettro molto ampio di disturbi e incapacità mentali, la maggior parte delle quali poco note e meno studiate. Inoltre, molte sembrano causate non da fattori ereditari ma da un'alimentazione insufficiente o da malattie, e in nessun caso è possibile stabilire la determinazione ereditaria di una di queste forme. Lo sviluppo della genetica di popolazione, poi, mostra con modelli matematici che l'eliminazione dal patrimonio genetico di una popolazione di un gene recessivo è un processo molto lento, anche in presenza di forti pressioni selettive; solo ridurne la frequenza della metà richiederebbe un numero molto alto di generazioni e migliaia di anni. Infatti, se un gene letale recessivo ha una frequenza del 10%, sarebbero necessarie circa 10 generazioni di selezione molto rigida, cioè circa 300 anni, per ridurne la frequenza al 5%; se la frequenza iniziale è più bassa, il tempo necessario per dimezzarla è di gran lunga maggiore (il tempo in generazioni è l'inverso della frequenza genica iniziale): una frequenza dell'1% richiederebbe 100 generazioni, ossia 3000 anni, per essere dimezzata dalla selezione. Allo stesso modo, se si mette in condizione un omozigote malato di riprodursi come gli individui normali, e la frequenza di questo gene è ancora l'1%, occorreranno 3000 anni (100 generazioni) perché questa diventi del 2%. La prevenzione della riproduzione di persone malate non ha quindi praticamente alcun effetto disgenico a livello della popolazione nella nostra scala temporale e conseguentemente cade la speranza di produrre modificazioni genetiche con una politica sociale (negativa o positiva che sia). Inoltre, il giudizio sulla 'positività' del carattere selezionato può cambiare anche in poche generazioni, rendendo negativo ciò che pochi decenni prima era considerato positivo.
In base a queste considerazioni, il fondamento scientifico dello stesso scopo finale del programma eugenico viene vanificato. A partire dal 1930 il numero di articoli e libri dedicati ad argomenti eugenici diminuisce rapidamente; infine l'impressione suscitata dall'applicazione delle misure eugeniche in Germania spinge la Carnegie institution a chiedere le dimissioni di Laughlin e a chiudere l'Eugenics record office nel 1939.
La fine del movimento eugenico non significa tuttavia la scomparsa di alcune delle posizioni che ne erano state alla base, in particolare della possibilità, e per molti della necessità, di intervenire direttamente sul patrimonio genetico delle popolazioni umane, scopo indicato da Muller come "la direzione sociale conscia dell'evoluzione biologica umana". Dopo un lungo silenzio, dovuto principalmente alle conseguenze negative prodotte dal movimento eugenico, queste posizioni vengono riprese a partire dagli anni Cinquanta, cioè dopo l'inizio dell'era atomica, in un ambito scientifico, sociale e morale molto diverso. Si assiste alla contrapposizione fra due posizioni differenti. Muller sensibilizza l'opinione pubblica sul pericolo che l'aumento drastico delle radiazioni prodotte dalle esplosioni nucleari possa aumentare in misura drammatica il 'carico genetico' di mutazioni negative che, in assenza della selezione naturale, non vengono eliminate. Secondo l'argomentazione di Muller, il genoma di ogni singolo individuo è costantemente soggetto a mutazioni - spontanee o prodotte dalle radiazioni o da mutageni chimici - e la maggior parte di esse, come egli stesso aveva dimostrato nei suoi studi precedenti, è deleteria; questo punto, quindi, doveva essere preso in considerazione dopo l'inizio dell'era atomica. Con calcoli matematici Muller mostra che il carico genetico medio era di otto mutazioni deleterie per ogni persona, dove il carico genetico della specie umana, definito come il numero totale di geni potenzialmente letali nel pool genico umano, è dato dall'accumulo graduale di mutazioni deleterie, in genere recessive, che si diffondono nell'intera popolazione grazie agli incroci. Per Muller, il carico genetico riduce la fitness evolutiva e, mentre in una situazione di libero gioco della selezione naturale, le nuove mutazioni vengono bilanciate dall'eliminazione di quelle esistenti per la morte degli individui che ne sono portatori, con lo sviluppo della medicina e il miglioramento delle condizioni di vita, che drasticamente riducono gli effetti della selezione naturale, questo bilancio non esiste più e le mutazioni vengono accumulandosi. Dal momento che lo sviluppo della società industriale e l'abbondanza di mutageni aumentano la frequenza delle mutazioni, la crescita del carico genetico, argomenta Muller, può raggiungere un punto di 'non tolleranza' da parte del genoma, portando alla 'morte genetica' delle popolazioni umane. Inoltre, data la parziale dominanza di tutte le mutazioni, quelle deleterie si sarebbero in ogni caso manifestate con un indebolimento generale e un abbassamento dell'attesa di vita. La soluzione intravista da Muller è il controllo eugenico della riproduzione basato sulla scelta volontaria, una 'scelta germinale', distinguendo chiaramente gli aspetti sessuali da quelli riproduttivi; egli propose, quindi di costituire una banca del seme, fondata sulla selezione del valore genetico degli individui fornitori, in modo da controllare il pool genico delle popolazioni future; il progetto, non approvato perché considerato troppo frettoloso, è stato parzialmente realizzato utilizzando la banca del seme per molte fecondazioni artificiali.
Si oppongono a questa visione i genetisti di popolazione, in particolare T.G. Dobzhansky, che sottolineano invece come la dimensione biologica da difendere non sia quella relativa ai singoli tipi, per avere mille Galileo o mille Pasteur, ma quella che guarda alla popolazione, con la sua variabilità biologica intrinseca, e ha come scopo il massimo di variabilità sia intellettuale sia fisica. Entrambe le posizioni sono egualmente 'biologistiche', in quanto ritengono che la natura della società umana sia fortemente influenzata dalla distribuzione dei genotipi, mentre la variazione genetica è irrilevante per il presente e il futuro delle istituzioni umane, e che l'unica caratteristica della natura biologica dell'uomo risiede nel fatto che egli non è vincolato da essa. Lo sviluppo della genetica di popolazione, soprattutto a partire dagli anni Cinquanta, spezza definitivamente il tradizionale legame fra eugenica e razzismo. Non c'è alcuna base genetica che possa indurre a ritenere che una razza sia geneticamente superiore a un'altra; le variazioni fra le razze, inoltre, per molti caratteri si rilevano spesso minori di quelle che si riscontrano all'interno di una stessa razza. Di conseguenza, visto che il razzismo non ha alcuna base genetica, non è compito del genetista prenderlo in esame, trattandosi di un fenomeno di carattere sociale, economico e culturale.
A partire dagli anni Sessanta del 20° secolo, si verifica un notevole cambiamento, quando la comunità medica internazionale si pone come obiettivo la diminuzione della mortalità e della morbilità causate da malattie ereditarie. L'applicazione della genetica umana alla sanità pubblica è stata delineata nel 1968 dall'Organizzazione mondiale della sanità (World health organization 1968). Un programma di sanità pubblica ha per obiettivi la riduzione della mortalità imputabile alla malattia e la prevenzione della malattia stessa. Quest'ultimo obiettivo viene considerato il più importante, dato che sanità pubblica dovrebbe essere sinonimo di prevenzione. L'applicazione delle conoscenze della genetica umana al trattamento e alla prevenzione delle malattie ereditarie, per diminuirne l'incidenza, può essere considerato un caso particolare di pianificazione familiare. A differenza dell'eugenica classica, la genetica umana del secondo dopoguerra si limita al trattamento dei caratteri patologici e solo di quelli che hanno modalità di trasmissione ereditaria chiaramente definite. Se, per l'eugenica classica, lo scopo che ci si proponeva era selezionare i caratteri ritenuti 'migliori' in riferimento a 'macrocaratteri' di incerta definizione, come l'intelligenza, la razza, la statura, il successo sociale, l'assenza di tare come l'alcolismo o la 'debilità mentale', la nuova eugenica prende in considerazione caratteri che hanno un determinismo chiaro e stabilito, in particolare i tratti genetici responsabili di patologie ereditarie a trasmissione diretta, dei quali si vuole diminuire la frequenza con differenti metodi e momenti di intervento.
L'eugenica classica era un programma sociale a lungo termine, esteso a diverse generazioni grazie a un controllo della pianificazione dei matrimoni. La nuova eugenica ha invece obiettivi precisi e limitati, presentandosi esclusivamente come consultorio genetico e pianificazione matrimoniale. Il criterio medico risulta decisivo, sicché gli interventi sono considerati accettabili solo quando mirano all'eliminazione di una malattia o a diminuirne la frequenza in una popolazione. Il criterio centrale resta iscrivere gli interventi genetici nella prospettiva di guarire, curare, aiutare i malati e prevenire le malattie. Se l'eugenica classica era un programma sociale, la nuova eugenica è un programma medico, destinato ad aiutare gli individui e le loro famiglie nel far fronte alle patologie genetiche.
La crescente importanza del ruolo del consultorio genetico in questo ambito è stata determinata dal cambiamento delle frequenze delle malattie ereditarie, provocato dalla diminuzione dell'incidenza delle malattie infettive e parassitarie, che produce, in percentuale, una crescita dell'incidenza di quelle ereditarie. Le priorità per gli interventi di prevenzione delle malattie genetiche sono stabilite prendendo in esame la prevalenza di una malattia, la sua gravità e il periodo di tempo in cui è clinicamente attiva. Questo ha portato ad accentrare l'attenzione sulle anemie congenite (in particolare anemia falciforme e talassemie) e sulla mucoviscidosi.
Le restrizioni, non forzate ma volontarie, nei matrimoni o nella procreazione, nei casi di difetti genetici gravi, vengono considerate una misura eugenica accettabile e lo strumento principale è la diagnosi prenatale precoce per individuare eventuali portatori di aberrazioni cromosomiche e di mutazioni patologiche gravi. Per individuare i portatori dei geni recessivi potenzialmente pericolosi, come quelli della talassemia, è necessaria un'analisi di massa insieme a una vasta educazione per sensibilizzare i portatori. Tale pratica eugenica è andata affermandosi rapidamente ed è ormai generalmente accettata. L'ambulatorio genetico è diffuso quanto gli ambulatori per la medicina preventiva, e consultori genetici sono stati creati in molti ospedali.
Questo obiettivo non è d'altronde molto diverso, in quanto a conseguenze evolutive, rispetto a quanto le società umane hanno praticato di fatto per molte generazioni mediante la scelta preferenziale, nei matrimoni, di costumi e livelli sociali e culturali simili. La politica della popolazione, la pianificazione familiare e l'uso di metodi contraccettivi, che significano una riproduzione selettiva come quella intravista dagli eugenisti decenni prima, modificano in profondità la struttura genetica delle popolazioni. Tale preoccupazione è poi accresciuta dalla messa a punto di tecniche per la procreazione medicalmente assistita (per es., fecondazione artificiale, trapianti ovulari ecc.), che effettivamente sembrano fornire la possibilità di scelta dei caratteri del nascituro, non solo al livello dell'eliminazione delle patologie di natura genetica. In questo ambito si sottolinea quindi la necessità di effettuare la diagnosi prenatale e la procreazione medicalmente assistita in centri autorizzati, al di fuori dei circuiti commerciali, effettuando solo la diagnosi delle malattie genetiche gravi che rendono accettabile un'interruzione della gravidanza, oppure la messa in opera di idonee misure preventive o terapeutiche. Lo sviluppo delle tecniche di ingegneria genetica, della medicina predittiva e delle biotecnologie in genere, che fanno intravedere la possibilità di conoscere l'interezza del genoma umano e di intervenire direttamente su di esso con tecniche chirurgiche, per es. al fine di sostituire un gene ritenuto dannoso o introdurne uno considerato positivo (terapia genica), hanno riaperto un vasto dibattito sulla liceità di questo tipo di interventi. Lo spettro dell'eugenica riemerge dalle sue ceneri e riaccende le polemiche intorno all'eugenismo. Si avanza in primo luogo l'enunciato etico fondamentale che la possibilità di agire e intervenire nel testo genetico deve essere usata solo per liberare quello che, nel suo 'linguaggio', rende possibile il massimo di creatività e di libertà, per quanto risulti poi difficile definire cosa questo significhi caso per caso. Si sottolinea, accanto al diritto alla libertà dell'individuo o della coppia, la necessità di tener conto della dimensione sociale di questi problemi, da una parte per eliminare l'illusione del 'consenso' che finisce per fare pesare sul singolo individuo scelte che sono invece sociali, dall'altro per portare in un ambito collettivo tutte le decisioni che possono incidere sulla struttura delle popolazioni umane.
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