Eugenica
di Italo Barrai
Eugenica
Sommario: 1. Introduzione. 2. L'eugenica e la sanità pubblica. 3. La dinamicà del gene. 4. Programmazione per il controllo delle malattie ereditarie. 5. Valutazione delle priorità. 6. L'eugenica e la razza. 7. Futuri sviluppi dell'eugenica. □ Bibliografia.
1. Introduzione
Il termine ‛eugenica' venne impiegato per la prima volta da Francis Galton (1822-1911) nel 1884, nell'opera Human faculty, per indicare con un'unica parola una dottrina il cui scopo fosse il miglioramento dell'uomo da ottenersi mediante matrimoni selettivi.
L'idea di migliorare il genere umano attraverso la riproduzione degli individui portatori di qualità desiderabili ha origini remote: si ritrova esplicitamente già nelle opere di alcuni autori greci ed è implicitamente contenuta nella procedura di matrimonio consanguineo adottata dalle famiglie reali in numerose dinastie egizie.
La dottrina proposta da Galton fu probabilmente influenzata dalla scoperta di Darwin che la selezione naturale, attraverso la sopravvivenza degli individui più sani, può migliorare le caratteristiche di adattamento di una specie. L'eugenica ebbe immediato successo nell'ambiente sociale della fine dell'Ottocento e società eugeniche vennero fondate in Inghilterra e in altri Stati europei: tali società avevano come obiettivo la realizzazione di misure eugeniche a livello delle popolazioni.
La conoscenza rudimentale della genetica umana al tempo di Galton, e il lento processo di assimilazione della genetica mendeliana da parte degli eugenisti nei primi decenni del nostro secolo, conferirono il valore di un semplice tentativo utopistico agli sforzi per la realizzazione dei fini dell'eugenica. Poiché l'eugenica aveva implicazioni antropologiche, alcuni eugenisti e antropologi introdussero e sostennero i concetti di ‛razza pura' e di ‛razza superiore'.
Secondo gli eugenisti, è possibile nell'uomo un processo di selezione delle qualità desiderabili, simultaneo all'eliminazione delle qualità negative; pertanto, può essere selezionata da una popolazione una razza pura in possesso di tutte o della maggior parte delle qualità desiderabili. Tali implicazioni del pensiero eugenico furono portate alle estreme conseguenze da alcune scuole politiche e dai governi che ad esse si ispirarono, i quali, in nome dell'eugenica e della purità della razza, adottarono misure discriminatorie verso alcuni gruppi razziali. Tuttavia, è doveroso ricordare che le considerazioni eugeniche e razziali furono solamente un pretesto superficiale per la persecuzione di particolari gruppi etnici. Galton, d'altra parte, si era limitato ad asserire che, in una prospettiva eugenica, si sarebbe dovuto favorire la riproduzione degli individui più dotati o in possesso di qualità desiderabili: il che non implica che coloro i quali non sono dotati o che non hanno qualità desiderabili debbano essere eliminati.
Galton era tuttavia animato da uno spirito missionario e concluse, nel suo esame degli stadi di sviluppo dell'eugenica, che alla fine essa dovesse essere ‟introdotta nella coscienza nazionale, come una nuova religione". Un simile atteggiamento può facilmente degenerare in intolleranza e fanatismo, con imprevedibili conseguenze.
La riscoperta delle leggi dell'ereditarietà, nel 1900, dette un ulteriore impulso al pensiero eugenico, tanto che nel 1912 si tenne a Londra il primo Congresso Internazionale di Eugenica, cui parteciparono numerosi scienziati. Risulta evidente da alcuni documenti del Congresso che i principî mendeliani erano stati compresi chiaramente da alcuni eugenisti, ma assai meno chiaramente da altri.
Nel 1921 si tenne a New York il secondo Congresso Internazionale di Eugenica. Anche a questo Congresso parteciparono autori che non avevano compreso le leggi di Mendel e che proponevano spiegazioni alternative per la trasmissione dei caratteri ereditari.
Nel 1927 si tenne all'Avana la prima conferenza panamericana di Eugenica e Homicoltura, che ebbe un interesse più politico che scientifico; fu orientata politicamente anche la seconda conferenza, che ebbe luogo a Buenos Aires nel 1934. Quando si leggono gli atti formali dei congressi e delle conferenze sull'eugenica, appare evidente che gli elementi principali della dottrina proposta da Galton non vennero seguiti dagli eugenisti, né al suo tempo né in seguito. Il mantenimento della ‛purezza' o della ‛superiorità' della razza divenne assai presto una preoccupazione dominante, e dopo il congresso del 1921 vi fu una netta separazione fra genetisti ed eugenisti umani. In origine la dottrina eugenica aveva tre obiettivi principali, vale a dire: a) migliorare gli attuali caratteri fisici e mentali della popolazione; b) promuovere matrimoni e sistemi di matrimonio che potessero essere utili a raggiungere tale scopo; c) scoraggiare, se non impedire, matrimoni tra persone che potessero diffondere nella popolazione caratteri indesiderabili.
Il primo obiettivo è raggiungibile solo in teoria: data la presente struttura sociale delle popolazioni umane, non è possibile raggiungere alcun miglioramento importante nella nostra scala temporale. Il secondo obiettivo rappresenta, di fatto, la realizzazione di una procedura valida atta a raggiungere il primo; essa è, in effetti, una misura volta a realizzare matrimoni ben assortiti con una specifica attenzione alla riproduzione differenziale. L'uomo ha praticato l'accoppiamento preferenziale (assortative mating) per molte generazioni. Esistono numerosi studi che dimostrano la presenza di un'alta correlazione tra coniugi per caratteri fisici, quali la statura, il peso e altri caratteri antropometrici, e per numerose altre variabili, quali lo stato socioeconomico, la classe di reddito, il livello di scolarità.
L'insieme di misure tese a migliorare la specie umana mediante accoppiamenti selettivi e fertilità differenziale è spesso definito come ‛eugenica positiva'. Sia l'accoppia- mento che la fertilità dovrebbero essere più alti per gli individui che hanno caratteri desiderabili. È improbabile, tuttavia, che una tale procedura ottenga risultati nell'arco di poche generazioni, e ciò almeno per due ragioni: a) la selezione per caratteri desiderabili può essere troppo lenta, in quanto le qualità desiderabili possono avere una componente genetica piccola; b) ove il processo selettivo desse risultati apprezzabili in un tempo breve, la formazione di un nuovo tipo umano potrebbe cambiare il giudizio sulle qualità che venivano considerate desiderabili o non desiderabili in precedenti generazioni, e in tal modo un programma di eugenica positiva sarebbe inefficace.
Un programma eugenico meno ambizioso, ma con uno scopo pratico più immediato, potrebbe consistere nello scoraggiare o nel limitare la riproduzione di quegli individui che abbiano qualità indesiderabili, secondo una procedura di ‛eugenica negativa'. Ma le ragioni che rendono inefficace un programma di eugenica positiva sono applicabili anche a un eventuale programma di eugenica negativa; la limitazione della riproduzione dovrebbe essere volontaria e non dovrebbe dipendere da costrizione in alcuna circostanza, quali che siano i mezzi impiegati. Tuttavia, se un individuo si rende conto di avere una qualità indesiderabile, quale una malattia ereditaria che gli rende la vita incompleta e infelice, e non vuole trasmettere il carattere alla progenie, dimostra di essere dotato di un alto senso sociale: poiché questa è una caratteristica desiderabile, egli dovrebbe riprodursi; in contrasto con le premesse.
2. L'eugenica e la sanità pubblica
L'idea popolare dell'eugenica quale programmazione di matrimoni per produrre un tipo umano migliore è ormai praticamente abbandonata. Acquista importanza, invece, l'inclusione dell'eugenica in programmi di sanità pubblica, quale insieme di misure preventive per il controllo delle malattie ereditarie. La nuova eugenica viene ora spesso a coincidere con l'idea di ‛consultorio genetico'; è preferibile, se si vuole adoperare il termine eugenica, qualificarlo coll'aggettivo ‛nuova', onde evitare confusioni con gli atteggiamenti idealistici degli eugenisti vittoriani. Sotto questa luce, la nuova eugenica è equivalente all'eugenica negativa di Galton e dei suoi seguaci, ed è costituita dall'applicazione delle conoscenze di genetica umana al trattamento e alla prevenzione delle malattie ereditarie.
È necessario estendere i concetti della nuova eugenica al controllo delle nascite e alla pianificazione familiare; la pianificazione della famiglia è probabilmente molto più importante della maggior parte delle altre considerazioni eugeniche per il benessere globale della specie umana. In effetti, il consultorio genetico e le procedure che ne derivano per il controllo delle malattie ereditarie sono un caso particolare di pianificazione familiare, in cui le variabili in gioco sono più complesse del mero controllo del numero delle nascite.
Il consultorio genetico può essere definito come una misura di medicina preventiva che può essere utile per ridurre l'incidenza delle malattie ereditarie; a differenza dell'eugenica classica, esso si limita a trattare il problema rappresentato dai caratteri patologici e spesso solo da quelli che hanno una modalità di trasmissione ereditaria chiaramente definita: attraverso il consultorio genetico, le nostre conoscenze di genetica umana possono essere impiegate nella elaborazione di tecniche al servizio della medicina e della sanità pubblica per il controllo delle malattie ereditarie.
Gli elementi che richiedono la considerazione della genetica umana ai fini della sanità pubblica sono la diminuzione della mortalità e della morbilità dovute a malattie infettive e parassitarie, la continua crescita della popolazione umana e la stabilità delle frequenze geniche nella nostra specie e nella nostra scala temporale.
Le frequenze geniche, in realtà, cambiano da generazione a generazione, ma il cambiamento è così piccolo che possono essere considerate costanti a ogni effetto pratico. La stabilità delle frequenze geniche ha come risultato un'incidenza costante della morbilità di origine genetica nell'uomo, dal momento che è ragionevole aspettarsi che la percentuale di morbilità e di mortalità dovuta a cause genetiche non possa variare in modo significativo se riferita al totale della popolazione.
D'altro canto, la diminuzione della morbilità e della mortalità dovute alle infezioni e alle parassitosi conferisce importanza crescente alla morbilità di origine genetica: quest'ultima diverrà tanto più importante quanto più le altre diminuiranno, e al limite si raggiungerà un livello in cui le malattie di maggiore incidenza saranno quelle ereditarie. La crescita della popolazione umana in numero assoluto avrà presumibilmente come risultato una crescita parallela del numero assoluto di persone colpite da disturbi ereditari.
3. La dinamica del gene
La nostra conoscenza attuale della modalità d'azione del gene nell'individuo è abbastanza precisa, grazie ai progressi della genetica molecolare; in più, si conosce, per molte malattie ereditarie, il modo di trasmissione genetica. Per gli scopi della sanità pubblica, ciò che maggiormente interessa è la conoscenza della frequenza di un gene e della sua dinamica in una popolazione. Gli studi sulla dinamica del gene nelle popolazioni umane non sono molto numerosi, in primo luogo perché la genetica delle popolazioni rappresenta uno sviluppo recente nel campo di questa disciplina, sebbene i suoi principî teorici basilari siano stati enunciati all'inizio del secolo da Hardy e, indipendentemente, da Weinberg: tali principî, che si riferiscono all'equilibrio delle frequenze geniche in una popolazione, condussero a una quasi perfetta teoria matematica dell'evoluzione, ma le applicazioni della teoria matematica alla genetica di popolazioni umane è iniziata in pratica da due o tre decenni solamente (v. evoluzione).
Dato che l'unità temporale in cui si misura il tasso di cambiamento della frequenza genica è la generazione e dato che l'entità dei cambiamenti nelle generazioni è in genere piccola, è stato impossibile, fino a ora, controllare direttamente le teorie sulla dinamica del gene nelle popolazioni umane. Tuttavia, quando i parametri selettivi che agiscono in favore o contro uno specifico genotipo sono conosciuti, è possibile predire statisticamente la dinamica delle frequenze geniche e pianificare programmi utili per la sanità pubblica.
Si consideri, quale esempio, un carattere determinato dallo stato omozigote per un gene recessivo, che sia letale in senso genetico (provochi cioè la morte in età prepubere o la sterilità nell'individuo adulto). Esistono numerosi caratteri che hanno una simile etiologia, quali l'idiozia amaurotica, la fenilchetonuria, il nanismo tanatoforico e numerosi altri. La frequenza delle malattie dovute a geni recessivi letali è variabile; e del resto, considerata individualmente, ciascuna affezione ha una frequenza media di un caso, o meno, su diecimila nascite.
La frequenza dei geni responsabili di queste malattie resta in genere bassa, perché gli individui affetti muoiono prima dell'età riproduttiva e non possono quindi trasmettere il gene a una progenie; tuttavia, invece di scomparire, i caratteri letali ricompaiono nella generazione successiva, con frequenze simili alla precedente. Di conseguenza, si deve ammettere che a ogni generazione si presentino nuove mutazioni che rimpiazzano i geni perduti negli omozigoti letali. Se si suppone che, all'equilibrio, la frequenza della malattia sia di uno su 10.000, la frequenza della mutazione dei geni alterati, nuovamente penetrati nella popolazione, sarebbe essa pure di uno su 10.000. Se, in futuro, fosse possibile curare perfettamente le persone affette da malattie letali dovute a un gene recessivo, in modo da consentire loro di raggiungere l'età riproduttiva e trasmettere il gene alla prossima generazione, la frequenza del gene dannoso aumenterebbe, a ogni generazione, in proporzione alla frequenza di mutazione.
Considerazioni diverse sono valide per geni che sono dannosi e relativamente frequenti. Il concetto di ‛danno', in questo caso, deve essere chiarito. Per esempio, il gene, in dose singola nell'eterozigote, può essere benefico a chi lo porta, come nel caso dello stato eterozigote per l'emoglobina S, che conferisce resistenza alla malaria; in doppia dose può essere dannoso o letale, come per gli individui omozigoti per l'emoglobina S, che sono affetti da anemia falciforme. Di conseguenza, la definizione di gene dannoso è variabile; il gene può essere dannoso nell'omozigote e benefico nell'eterozigote. Geni di questo tipo possono raggiungere frequenze assai alte, dell'ordine del 20-30%. Tale è il caso del gene dell'emoglobina S in molti paesi dell'Africa equatoriale. Gli eterozigoti per questo gene sembrano essere protetti dalle forme gravi di malaria, particolarmente nell'età infantile. L'alta frequenza del gene è presumibilmente una conseguenza del vantaggio degli eterozigoti in ambiente malarico. Sebbene molti geni vengano perduti attraverso lo stato omozigote, gli eterozigoti in ambiente malarico sopravviveranno più a lungo e potranno produrre una progenie più numerosa delle persone dotate soltanto di emoglobina normale. Attualmente, si calcola che l'anemia falciforme causi la morte di centomila bambini all'anno in Africa, il che rappresenterebbe un contributo del 5‰ alla mortalità infantile in quel continente. Si comprende quindi come una malattia di origine genetica possa divenire un problema di sanità pubblica. Se si riuscisse a eliminare la malaria, il vantaggio degli eterozigoti scomparirebbe e il gene per l'emoglobina S seguirebbe la dinamica di un semplice gene letale recessivo; la frequenza degli alleli diminuirebbe costantemente nelle generazioni per la perdita degli omozigoti (v. sangue: Anemie emolitiche).
Dato che vi sono due tipi di geni dannosi, quelli che sono mantenuti nella popolazione da mutazione ricorrente e quelli che vi son mantenuti dal vantaggio dell'eterozigote, i programmi di sanità pubblica che abbiano come scopo la cura delle persone affette, e non la prevenzione della malattia, avranno quali conseguenze: a) l'aumento della frequenza dei geni mantenuti da mutazioni ricorrenti; b) il mantenimento delle frequenze, già alte, dei geni che, come quello per l'emoglobina S, si trovano in un equilibrato polimorfismo. Senza il trattamento delle persone malate, questi geni scomparirebbero lentamente. Quindi, ci si può legittimamente porre la questione di quanto sia desiderabile, attraverso l'intervento della medicina, mantenere i geni dannosi in una popolazione e aumentarne la frequenza; i costi e le spese per il trattamento aumenteranno con la frequenza del gene.
Semplici considerazioni matematiche dimostrano quanto sia futile cercare di controllare i geni dannosi evitando il trattamento delle persone affette o impedendo loro di riprodursi. Se si considera ancora il caso dei geni letali recessivi, quei geni, cioè, che rendono impossibile la riproduzione dell'omozigote, appare chiaro quanto sia inefficace cercare di ridurre le frequenze geniche attraverso la non riproduzione dei malati. Se il gene avesse una frequenza del 10%, sarebbero necessarie dieci generazioni, ossia circa trecento anni, per ridurne la frequenza al 5%; se nella generazione attuale solo una persona ogni cento è malata, ci vorrebbero trecento anni per ridurre la frequenza dei malati a uno ogni quattrocento. Se la frequenza iniziale è più bassa, il tempo necessario per dimezzarla è molto più grande; è possibile dimostrare che il tempo in generazioni necessario è eguale all'inverso della frequenza genica iniziale.
La frequenza caratteristica della maggior parte dei geni recessivi letali o parzialmente letali nella condizione omozigote è intorno all'1% e la frequenza degli omozigoti stessi è dell'ordine di 1 su 10.000. Per ridurre a metà la frequenza genica sarebbero necessari tremila anni, ossia cento generazioni, di selezione contro tali geni. È evidente che un programma di questo tipo, che avesse lo scopo di diminuire le frequenze geniche mediante la non riproduzione degli individui affetti, è troppo a lungo termine per poter risultare pratico.
Se ci si pone nella condizione opposta e si permette la riproduzione degli omozigoti malati, attraverso un trattamento medico perfetto che li renda eguali ai normali in sopravvivenza e fertilità, a ogni generazione essi aumenteranno di frequenza soltanto in proporzione alla frequenza di nuove mutazioni. Se si presuppone che la frequenza di mutazione sia di uno su 10.000, il che rappresenta un limite massimo, e se un gene già recessivo letale vien mantenuto nella popolazione mediante la cura dell'omozigote affetto, che diviene così normale e in grado di riprodursi, saranno necessari tremila anni perché la frequenza del gene dannoso raddoppi passando dall'uno per cento all'uno per cinquanta, il che significa anche che ci sarà un soggetto malato ogni 2.500 individui.
Nel caso dei geni polimorfici, che sono mantenuti nella popolazione dal vantaggio dell'eterozigote, la frequenza dei geni dannosi può essere di alcuni ordini di grandezza maggiore rispetto alla frequenza dei rari geni recessivi mantenuti dalla pressione di mutazione. Gli organi di sanità pubblica, in questo caso, devono scegliere tra una mortalità infantile, che può giungere fino al 5‰ come singola causa, e un investimento adeguato a prevenire la morte degli omozigoti. Quali esempi, è ancora possibile citare l'anemia falciforme, la talassemia major e la mucoviscidosi, che sono le più importanti tra le malattie ereditarie letali. In questi casi, il problema essenziale è la riduzione della mortalità degli individui malati e ogni considerazione eugenica va relegata ovviamente in secondo piano.
Come si è detto, la prevenzione della riproduzione delle persone malate, anche quando sia possibile trattarle efficacemente, non ha praticamente alcun effetto disgenico a livello della popolazione nella nostra scala temporale. Il contributo di geni dannosi portato alla prossima generazione dagli omozigoti affetti sarebbe minimo, anche se questi si riproducessero normalmente.
La maggior parte dei geni dannosi viene trasmessa dagli eterozigoti, e in proporzione tanto maggiore quanto minore è la frequenza di un dato gene. La conseguenza più importante di questo stato di fatto è che la maggior parte degli omozigoti per malattie ereditarie è generata dai matrimoni tra individui portatori, che sono eterozigoti. Pertanto, una misura efficace per controllare la formazione di omozigoti sarebbe la prevenzione del matrimonio o della riproduzione tra individui portatori. Ciò rende necessaria l'identificazione dei portatori, attraverso programmi di dépistage e la creazione di servizi di consultorio genetico.
Il consultorio genetico può essere definito come l'ambito in cui le attuali conoscenze di genetica umana vengono applicate sotto forma di misure pratiche di medicina preventiva. Attualmente il consultorio genetico prende in esame soprattutto casi di matrimonio tra eterozigoti per un carattere dannoso, che vengono riconosciuti come tali perché genitori di un figlio affetto da una malattia dovuta a un gene in istato omozigote, che rivela la condizione eterozigote di ambedue i genitori. L'efficacia preventiva del consultorio genetico è maggiore nei casi di famiglie in cui già esiste un'anamnesi positiva per la malattia, nelle quali il consulto relativo allo stato eterozigote vien richiesto prima del matrimonio, in modo che un eventuale portatore viene edotto dei rischi di malattia per la propria progenie.
Di recente è stata introdotta una nuova tecnica medica, mediante la quale è possibile ottenere cellule da un feto nei primi stadi di sviluppo. Questa tecnica, detta amniocentesi transaddominale, consiste nell'estrarre dalla cavità amniotica una piccola quantità di liquido, che contiene in sospensione cellule di sfaldamento ancora vive. Tali cellule possono essere coltivate in vitro, ed è così possibile determinare il genotipo del feto relativamente alla presenza di malattie ereditarie o di aberrazioni cromosomiche. Di conseguenza, una coppia di portatori di una malattia ereditaria diagnosticabile durante la vita uterina ha la possibilità di sapere se il prodotto della concezione è normale o no, ed eventualmente decidere per un'interruzione della gravidanza e per un ulteriore tentativo di generare un figlio normale.
L'amniocentesi è oggi una procedura abbastanza sicura; tuttavia è ancora necessario continuare a studiare e a raffinare le tecniche relative, per rendere l'intervento assolutamente scevro da ogni pericolo per la madre e per il feto. L'applicazione dell'amniocentesi al controllo delle malattie ereditarie è limitata ai casi in cui è possibile diagnosticare la malattia durante i primi mesi di vita intrauterina; inoltre, la sua applicabilità dipende dalle legislazioni relative all'interruzione di gravidanza nei singoli Stati.
4. Programmazione per il controllo delle malattie ereditarie
In anni recenti, a partire dal 1960 circa, validi programmi di applicazione della genetica umana alla sanità pubblica sono stati delineati in numerosi rapporti tecnici prodotti dai gruppi d'esperti dell'Organizzazione Mondiale della Sanità, che è un'‛agenzia specializzata' delle Nazioni Unite, avente quale compito la tutela della sanità negli Stati membri.
Il più efficace piano d'azione per il controllo di una malattia ereditaria, consigliato nei rapporti suddetti, comprende l'indagine di frequenza dell'affezione in una data popolazione, la sua descrizione in popolazioni e in ambienti diversi, lo studio delle basi molecolari del disordine genetico, le ricerche sui metodi di trattamento e, infine, la diffusione delle informazioni ottenute e la formazione del personale.
Lo scopo delle indagini di frequenza è l'accertamento della distribuzione geografica della malattia; in condizioni appropriate, tali indagini possono condurre alla stima delle frequenze geniche. Ciò non è sempre possibile, soprattutto perché nelle condizioni attuali il campionamento casuale di una popolazione, per non parlare del suo esame nella totalità, è molto costoso. Quindi, le indagini di frequenza sono spesso limitate alla raccolta di dati ospedalieri, che tuttavia rivelano la presenza di una malattia ereditaria in una popolazione e consentono di prevedere se la sua frequenza sia alta o meno. I dati che si ottengono da sistematiche ricerche ospedaliere possono dimostrare la necessità di pianificare e realizzare inchieste di maggiore precisione.
La descrizione di un carattere dannoso in gruppi etnici differenti, e in diversi ambienti, è essenziale perché sia possibile isolare elementi che aiutino a formulare programmi pratici d'intervento. Mentre i dati raccolti in ambito ospedaliero si riferiscono a domande semplici, quali la presenza o l'assenza di un determinato carattere in un dato gruppo etnico, e mentre il campionamento casuale permette di valutare quantitativamente il problema rappresentato da un determinato carattere, gli studi comparati del carattere in popolazioni e ambienti diversi rispondono a un insieme di domande più complesse, che si riferiscono alle variabili che possono influenzare l'espressione, se non la frequenza, del carattere o della malattia. In particolare questo tipo di ricerche serve a chiarire se vi sono unicamente fattori genetici correlati con la manifestazione patologica, oppure se questa può essere influenzata da variabili ambientali.
Lo studio della base molecolare dei disordini genetici è probabilmente il programma più promettente a scopi preventivi e terapeutici. La biologia molecolare è ricca di sviluppi e, allo stato attuale del progresso di questa disciplina, è possibile prevedere sempre maggiori successi nelle applicazioni mediche.
Già ora esistono molteplici procedure per una cura efficace di numerose malattie ereditarie. Quando lo stato patologico è una conseguenza dell'accumulo di sostanze particolari, o di loro derivati, come nella fenilchetonuria o nella galattosemia, il dépistage alla nascita degli individui affetti e una conseguente restrizione dietetica delle sostanze che non possono essere metabolizzate sono misure efficaci per prevenire le conseguenze dannose di un particolare stato omozigote. Da oltre quarant'anni si somministra insulina ai diabetici: si pratica, cioè, una terapia sostitutiva che consente a questi malati di vivere in soddisfacenti condizioni di salute.
La ricerca sui metodi di cura è difficilmente separabile da quella sulla base molecolare di uno specifico difetto; può riferirsi però anche alle procedure pratiche mediante le quali il trattamento, quando sia possibile, viene somministrato ai pazienti. In questo contesto, sorgono numerosi problemi di varia indole, quali quello relativo alla sperimentazione clinica sui malati. È sperabile che l'uso, per la sperimentazione clinica, di tessuti specifici che possono mantenere la loro individualità per lungo tempo in colture in vitro renda minimi i problemi etici relativi a tale ricerca.
La diffusione dell'informazione e la formazione del personale sono prerequisiti essenziali per le attività di sanità pubblica. Per quanto riguarda la diffusione dell'informazione, esiste una differenza importante tra quella relativa alle malattie trasmissibili per contagio e quella relativa alle malattie ereditarie.
L'incidenza di queste ultime è tipicamente familiare, e quindi è necessario evitare l'induzione di sentimenti di colpa nei malati e nei portatori e atteggiamenti di discriminazione e d'incomprensione nel resto della comunità. Particolare cura deve essere riposta nel trasmettere l'informazione rilevante al malato o al portatore e nell'istruirlo sui programmi di cura o di prevenzione della malattia che permettono il godimento di un buono stato di salute e una vita indipendente e produttiva.
5. Valutazione delle priorità
Lo scopo della genetica umana, per quanto riguarda la sanità pubblica, consiste nel definire una procedura per la prevenzione della malattia, il prolungamento della vita attraverso la correzione dei difetti ereditari e la difesa della salute dai danni che tali difetti possono arrecarle.
I difetti ereditari sono assai numerosi; la classificazione più recente ne include oltre 1.500, di gravità variabile. I più miti sono del tutto compatibili con una vita normale, altri abbreviano la vita, altri ancora portano a morte nell'infanzia o subito dopo la nascita.
L'incidenza dei diversi tipi di disordini ereditari varia col tipo di affezione e anche con la popolazione considerata, potendo essere compresa entro limiti di un caso per milione, fino a uno per mille o più. Agli scopi e ai fini della sanità pubblica, debbono essere considerati solo quei caratteri che sono più frequenti, che sono letali, o che, se compatibili con la vita, determinano incapacità di vario grado.
Per valutare l'importanza per la comunità di una malattia ereditaria, è necessario stabilirne i parametri, che sono la durata della malattia nell'individuo e la sua prevalenza in una determinata area in un dato tempo. Se fosse possibile definire la perdita (in denaro, in unità lavorative, in una scala economica qualsivoglia) caratteristica di una malattia ereditaria, sarebbe possibile valutare qual è la malattia che richiede l'attenzione più urgente, e cioè quella che presenta il valore più alto del prodotto perdita × prevalenza × durata. La ricerca medica e clinica dovrebbe stabilire dapprincipio la prevalenza della malattia, valutarne la gravità e il periodo di tempo in cui è clinicamente attiva. Una volta identificate le malattie aventi la priorità più alta, è possibile ricercare i modi d'applicazione delle conoscenze acquisite, cioè le modalità pratiche d'azione, e valutarne i risultati a breve e a lunga scadenza.
È relativamente semplice, allo stato attuale della genetica umana, individuare quelle malattie di origine genetica le quali, a causa della loro frequenza, gravità e persistenza, già rappresentano problemi di sanità pubblica in numerose popolazioni del globo, anche in confronto alle malattie infettive. Si tratta delle malattie che producono anemie congenite, quali la talassemia e l'anemia falciforme, e la mucoviscidosi, o fibrosi cistica del pancreas. La talassemia e l'anemia falciforme provocano uno stato anemico assai grave; le persone affette vanno soggette a crisi emolitiche che sono spesso letali nella prima infanzia. La base molecolare delle due malattie è differente. L'anemia falciforme è causata dallo stato omozigote per una variante strutturale dell'emoglobina, mentre le talassemie sono dovute a disturbi nella produzione quantitativa dell'emoglobina. La talassemia major, o anemia di Cooley, assai frequente in Italia nell'area del delta padano, nel Sud e nelle isole, è anch'essa dovuta allo stato omozigote per un gene recessivo. La fibrosi cistica del pancreas è dovuta a disturbi nella funzione esocrina della ghiandola. La base molecolare della malattia è praticamente ignota; la trasmissione ereditaria è recessiva, cioè, anche in questo caso, la malattia è dovuta a uno stato omozigote.
Gli obiettivi a breve scadenza di un programma di sanità pubblica sono: in primo luogo, la riduzione della mortalità causata dalla malattia e, in secondo luogo, la prevenzione della malattia stessa, mediante l'impianto e lo sviluppo di programmi e servizi di consultorio genetico. Il ruolo degli organi di sanità pubblica nella riduzione della mortalità consiste nell'organizzazione e nel sostegno finanziario delle ricerche mediche sui metodi di trattamento, nell'acquisizione e nella diffusione della relativa informazione e infine nell'organizzazione dei servizi.
La prevenzione è naturalmente lo scopo principale delle attività di salute pubblica; è ovvio che, da un punto di vista etico, è necessario assegnare la priorità al trattamento delle persone malate; tuttavia, sanità pubblica dovrebbe essere sinonimo di medicina preventiva. Nel caso delle malattie ereditarie, l'attività preventiva implica il riconoscimento dello stato eterozigote mediante dépistage e le conseguenti attività di consultorio genetico. La prevenzione potrebbe essere assai efficace nel caso delle talassemie e dell'anemia falciforme, dove procedure semplici e relativamente poco costose permettono il dépistage su larga scala. Se tutti i portatori venissero identificati, e se seguissero il consiglio relativo alla scelta di un coniuge non portatore dello stesso carattere, sarebbe possibile prevenire la formazione di nuovi omozigoti e, quindi, della malattia. Tuttavia, come s'è già osservato sopra, anche se due portatori sono decisi a sposarsi, l'amniocentesi e la diagnosi intrauterina di malattia, seguita da interruzione della gravidanza per i feti omozigoti, potrebbero prevenire la nascita d'individui ammalati. Attualmente però è difficile pervenire alla diagnosi intrauterina di talassemia o di anemia falciforme, quindi il metodo non potrebbe essere applicato efficacemente a queste due malattie.
Fino ai nostri giorni, nessuna popolazione o gruppo umano è stato sottoposto a programmi di dépistage su larga scala, né sono stati apprestati servizi di consultorio genetico; pertanto, è impossibile prevedere quali possano essere le reazioni di una popolazione a queste procedure. La ricerca in questo campo è necessaria e urgente. Nelle condizioni ideali, tutti i portatori sarebbero identificati e verrebbe loro impartita la conoscenza necessaria per una decisione razionale. Se i servizi di consultorio genetico per le malattie più frequenti, almeno in certe aree, avessero come risultato la diminuzione della frequenza delle malattie in questione, e ciò in un periodo abbastanza ragionevole, di cinque o sei anni, un governo potrebbe confrontare la spesa necessaria per la creazione e il mantenimento di servizi di consultorio genetico con il costo del trattamento di una determinata malattia ereditaria. In questo contesto sorgono problemi di grande difficoltà; per esempio, come sarebbe possibile applicare una procedura di consultorio genetico in un paese in via di sviluppo, con quaranta o cinquanta milioni di abitanti, con frequenze del gene dannoso dell'ordine del 10% e con frequenze della malattia dell'ordine dell'1%. In tale situazione, solo la coordinazione delle attività di base rappresenterebbe di per sè un enorme investimento.
Tuttavia l'obiettivo a breve scadenza di un programma di consultorio genetico, cioè la prevenzione della comparsa di genotipi ammalati, è raggiungibile; gli eventuali effetti a lungo termine del programma non devono neppure essere considerati, giacché quasi nulla possiamo fare per modificare le frequenze geniche nella nostra scala temporale. La sostituzione di una scelta casuale del coniuge (sempre da un punto di vista genetico) con una scelta ragionata e cosciente non avrà alcun effetto sulle frequenze geniche; avrà bensì l'effetto di ridurre le malattie dovute a genotipi omozigoti. Se la procedura di evitare il matrimonio tra portatori fosse interrotta, nella generazione immediatamente successiva si tornerebbe alla stessa situazione esistente prima dell'inizio della procedura. Il consultorio genetico a disposizione della maggior parte della popolazione come servizio di sanità pubblica dovrebbe costituire un'attività continua fino a che il progresso della genetica non avrà trovato altri metodi per curare permanentemente e definitivamente le malattie di origine genetica.
6. L'eugenica e la razza
Il problema delle differenze razziali ha spesso costituito il soggetto di tanto amare quanto inutili controversie, particolarmente sull'argomento delle differenze d'intelligenza in diverse razze umane. Benché i gruppi razziali maggiori differiscano tra loro per parecchie caratteristiche somatiche, molte delle quali hanno sicuramente una base genetica, allo stato attuale delle nostre conoscenze è dubbio che tali differenze siano il risultato della selezione e dell'adattamento all'ambiente. L'osservazione più importante è che gli ibridi interrazziali sono intermedi per ogni carattere tra le razze parentali; pertanto, l'interpretazione che si dà ora delle differenze razziali è che esse siano dipendenti da variazioni casuali, dovute alla cosiddetta deriva genetica. È tuttavia possibile che le differenze razziali abbiano avuto un valore adattativo nel passato e che questo valore adattativo sia ormai perduto.
La differenza nel quoziente d'intelligenza (QI), che si ritiene abbia una base genetica, non rappresenta certamente una differenza tra tutti gli aspetti dell'intelligenza; inoltre, anche la differenza tra i QI di razze diverse non è un fatto stabilito in modo certo. Il quoziente intellettivo si misura con prove che sono state escogitate per una cultura specifica, ed è probabilmente fallace dal punto di vista logico sottoporre allo stesso test d'intelligenza individui appartenenti a culture diverse.
Non c'è alcuna base genetica che possa indurre a ritenere che una data razza sia geneticamente superiore a un'altra; qualsiasi dichiarazione in questo senso sarebbe priva di significato. Tuttavia, giudizi di valore del tutto arbitrari vengono spesso attribuiti a caratteri razziali; da ciò è costituito il razzismo. Dato che il razzismo non ha alcuna base genetica, non è compito del genetista prenderlo in considerazione. Alcuni gruppi umani hanno codificato il loro razzismo in regolamenti e leggi per il vantaggio di alcuni e lo svantaggio di altri. Questo atteggiamento sembra dipendere in modo principale da fattori ambientali, quali l'ignoranza, il timore, l'isolamento, la malattia e la povertà; quando questi fattori venissero eliminati, il razzismo non potrebbe sopravvivere.
7. Futuri sviluppi dell'eugenica
Una delle caratteristiche tipiche del mondo moderno è la velocità di trasmissione dell'informazione. Benché questo sia un enorme progresso e abbia grandissima importanza anche per la sanità pubblica, accade spesso che scoperte scientifiche e nuove idee vengano diffuse al pubblico prima ancora di essere state accolte e criticate dalla comunità scientifica. La frettolosa e non accurata trasmissione di notizie scientifiche ha generato distorsioni e false interpretazioni di concetti quali la clonazione dell'uomo, le banche del seme, la chirurgia e l'ingegneria genetica. Questi concetti sono ora assai diffusi e spesso hanno generato il timore che gli scienziati possano un giorno alterare l'eredità biologica dell'uomo con disastrose conseguenze per la nostra specie.
L'idea di ‛clonare' l'uomo, per creare un gran numero d'individui che siano identici a un prototipo esistente, si riferisce alla possibilità di trapiantare il nucleo di una cellula di un individuo nel citoplasma di un uovo umano anucleato, che potrebbe essere impiantato e accolto nell'utero di una nutrice e dovrebbe svilupparsi in una copia identica, in un gemello identico della persona che ha fornito il nucleo. Anche se i dettagli tecnici di una procedura simile fossero realizzabili, è dubbio che le caratteristiche della vita della persona così prodotta potrebbero ripetere le caratteristiche della vita del donatore del nucleo. La procedura, in effetti, viene discussa principalmente quale possibilità di aumentare la frequenza di individui che hanno dimostrato di essere utili alla specie umana, come i grandi geni della scienza e dell'arte. Tuttavia, anche se questo tipo di riproduzione asessuale fosse possibile, è difficile attendersi che un genotipo cui sia data la possibilità di svilupparsi per la seconda volta in un citoplasma diverso, in un ambiente uterino diverso, con una sequenza di esperienze del tutto diversa dalla precedente, possa ripetere le qualità che lo hanno reso desiderabile per la specie nella generazione precedente.
Non è impossibile che la donazione di esseri umani possa aver luogo in futuro, in casi speciali, quando i problemi tecnici relativi saranno stati risolti; ma sembra improbabile che la donazione sarà applicata al punto da avere una qualsiasi importanza sociale.
Il concetto di ‛banca del seme' è dovuto a H. J. Muller, lo scienziato che scoprì l'effetto mutageno delle radiazioni ionizzati. La fecondazione artificiale, praticata già da tempo dagli allevatori di animali, può essere applicata anche alla specie umana, pure impiegando seme che sia stato conservato a lungo congelato. Quindi, secondo Muller, sarebbe possibile conservare congelato in apposite banche, e per lungo tempo, il seme di uomini con qualità desiderabili, che potrebbero essere riprodotte in loro figli, concepiti artificialmente da donne che accettassero di essere madri in questo modo. Ciò potrebbe avvenire anche molto tempo dopo la scomparsa dei donatori di seme. Ma anche questa procedura sembra in conflitto col comune buon senso. Le possibilità di riprodurre le qualità desiderabili sono diminuite nella clonazione, malgrado che il potenziale genetico permanga immodificato (escludendo gli effetti citoplasmatici); a maggior ragione sono minori nella fecondazione artificiale, in cui i figli concepiti portano solo una metà del materiale ereditario del genitore con qualità desiderabili. Inoltre è dubbio che le femmine della nostra specie possano accettare, in numero significativo, di agire quali incubatrici per la donazione o per la fecondazione artificiale, sia pure col seme di uomini famosi.
La chirurgia genetica - cioè la sostituzione di un gene alterato con un gene normale - è anch'essa una possibilità del futuro. Se la procedura di sostituzione di un gene divenisse reale, avrebbe un'importanza grandissima per il trattamento e la correzione permanente delle malattie di origine genetica. Non è possibile, al momento attuale, predire quale sarà lo sviluppo della biologia molecolare in questo campo; tuttavia è sperabile che, in un futuro non troppo lontano, la medicina possa avere gli strumenti necessari per correggere le conseguenze delle mutazioni dannose. In un primo stadio, la tecnica che sembra più promettente è la trasduzione, mediata da un virus o da un batteriofago, di un gene normale nelle cellule degli individui portatori della mutazione dannosa. Già nel 1971 è stata effettuata la trasduzione di un gene normale in cellule umane coltivate in vitro e prive di quel gene.
La galattosemia è una malattia ereditaria che risulta dall'assenza, negli omozigoti, di un enzima impegnato nel metabolismo del galattosio, la galattoso-l-fosfato-uridil transferasi. L'assenza di questo enzima provoca, negli individui affetti, l'accumulo nel sangue di galattosio, che raggiunge livelli tossici e provoca disordini neurologici, cecità e ritardo mentale. D'altra parte, esiste un batteriofago di Escherichia coli, il fago lambda, che trasduce spesso una regione del cromosoma di Escherichia coli che contiene il gene strutturale per la galattoso-l-fosfato-uridil transferasi. Recentemente cellule di un paziente affetto da galattosemia, quindi privo dell'enzima, sono state coltivate in vitro e quindi infettate dal batteriofago portatore del gene che produce l'enzima in Escherichia coli. Dopo l'infezione, le cellule hanno acquisito la capacità di metabolizzare normalmente il galattosio e tale capacità è rimasta permanente, indicando così che il gene produttore dell'enzima era integrato e funzionale nelle cellule che prima dell'infezione ne erano prive. Benché questo esperimento sia molto recente e non sia chiaro quali siano i meccanismi di integrazione e di funzionalità del gene aggiunto al nucleo delle cellule, è possibile che un giorno le tecniche usate siano estese alla cura degli esseri umani. Naturalmente ci sono ancora immensi problemi tecnici, etici e morali da risolvere, ma è sperabile che la ricerca si sviluppi in queste direzioni e che un giorno l'uomo possa vincere le malattie ereditarie che lo affliggono.
Bibliografia
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