CAGNANI, Eugenio
Nacque a Mantova nel 1577 da famiglia di agiate condizioni economiche. In una lettera dedicata a Vincenzo Gonzaga e premessa a una raccolta di poeti mantovani (compreso il C.) egli, scusandosi della propria sommaria preparazione in fatto di cultura letteraria, lascia trapelare alcune notizie di sé, importanti per ricostruire la sua carriera, non soltanto letteraria, presso la corte gonzaghesca: ricorda i ventidue anni passati al seguito del padre del duca, molti dei quali come tesoriere generale, e i servizi prestatigli, non solo in Mantova "ma in tant'altra parte del mondo e su le guerre particolarmente" che non gli avevano concesso di attendere agli studi.
In questa lettera, che accompagna l'edizione di Rime datata 1612, rivive tutta la cultura rinascimentale mantovana favorita dal mecenatismo dei Gonzaga, riproposta attraverso l'opera di quei personaggi il cui contributo aveva segnato mete ideali nel campo delle varie dottrine. Tuttavia anche i contemporanei avrebbero potuto raggiungere risultati di rilievo non per forza di emulazione, ma ricorrendo alle proprie doti di ingegno e di originalità. Nonostante la rassegna delle patrie memorie sia compiuta in maniera abbastanza pedante, per generi e ricorrendo alla più ingombrante erudizione, il rapporto dello scrittore con il passato non è del tutto statico, bensì tendente ad una integrazione, ad un arricchimento del patrimonio culturale della tradizione con cui devono misurarsi i moderni.
La rassegna del C. ha i suoi punti obbligati nelle lodi del Folengo e del Castiglione, dei Capilupi e soprattutto del Tasso (ampi elogi sono riservati al cardinale Scipione Gonzaga "per la correzione fatta alla Gerusalemme liberata avanti comparisse in luce… dalla quale si può comprendere quanto i nobilissimi Gonzaghi siano dell'arte poetica intendenti"), menziona onorevolmente giuristi, retori e storici, da qualche utile informazione sull'insegnamento del Pomponazzi e sulla rappresentazione del monteverdiano Orfeo concludendosi con la presentazione di alcuni poeti-artigiani, che dovrebbero costituire il moderno corrispondente delle glorie letterarie del passato: tale è infatti la magnanimità dei Gonzaga da non disdegnare i più alti ingegni come "alcuni artisti, ancorché bassi per nascita e per cagione di fortuna, d'intelletto però elevati e degni di essere separati dal numero della plebe, come nel presente volume dell'arti e opere loro l'uno e l'altro sarà facile a comprendersi". E figurano in realtà nella raccolta dedicata al duca Francesco Gonzaga rime di Ferrante Persia, Pompeo Soragna (il mestiere dei quali non è specificato), Gian Pietro Stringari "mercante di ferrarezza", Francesco Varoli "libraio", Bonifacio Leonardo "tessitor di cendali", Antonio Tarnassia "cucitor di scarpe", Giacomo Grigoletto "detto Sapone, venditor da cipolle su la piazzetta dell'Aglio in Mantova".
C'è sicuramente, alla base della bizzarria del C., il tentativo, tutto secentesco, di sorprendere i lettori di simili raccolte poetiche con una scelta peregrina, e forse anche l'intento di dimostrare paradossalmente la superiorità dell'umile presente sul glorioso, aulico passato; ma c'è pure alla fine della lettera una attestazione che lascia supporre da parte dell'autore una più ristretta e personalistica motivazione dell'inusitata impresa: "E questo a bello studio ho fatto io, acciocché per questi chiaro si conosca di qual valore esser debbano quei virtuosi ingegni che, come nobilmente nati, liberi da traffichi…, ad altro non attendono che allo studio di belle lettere".
La raccolta include, oltre alla Lettera cronologica, due operette d'argomento morale (Dell'amicizia e Contro il vizio dell'ingratitudine)di ignoto autore, le Rime del C. e quelle dei poeti-artieri, per le quali il Quadrio supponeva trattarsi di una finzione, attribuendole senz'altro al Cagnani. Carlo D'Arco dimostrò in seguito l'esistenza di ciascuno degli artigiani compresi nella raccolta, e si preferisce tuttora credere che l'attribuzione dei testi agli occasionali poeti menzionati dal C. possa avere qualche probabilità, anche se le poesie degli artigiani non si discostano in nulla, per stile e riferimenti culturali, da quelle del raccoglitore.
Questi verseggia nel più ricercato stile del concettismo, sia che affronti temi di ispirazone morale e religiosa o che riproponga, come sembra preferire, motivi di intimità amorosa rievocati secondo moduli madrigaleschi di impronta tassiana. La scrittura del C. diviene più audace in alcuni sonetti, le cui terzine non di rado capovolgono in senso argutamente edonistico l'omaggio cortese contenuto nei primi otto versi. Ma si tratta di freddure largamente in voga presso la lirica del tempo. Il C. non va oltre questa serie di gustosi ma ovvi recuperi, come non si distaccano dal fraseggiare accademico del secolo i poeti artigiani presentati nella silloge.
La Raccolta d'alcune rime di scrittori mantovani fatta per E. C.… fu pubblicata a Mantova, dall'Osanna, nel 1612. Due anni più tardi si spegneva l'autore.
Bibl.: S. Bettinelli, Delle lettere e delle arti mantovane discorsi due accademici ed annotazioni, Mantova 1774, pp. 112 s.; F. S. Quadrio, Della storia e della ragione di ogni poesia, II, Bologna 1740, ad Indicem;C. D'Arco, Artieri anche poeti vissuti in Mantova nel secolo XVI, Mantova 1866.