CENTANNI, Eugenio
Nacque a Montotto, una frazione di Monterubbiano (Ascoli Piceno), l'8 genn. 1863 da Antonio e da Anna Lucci. Si laureò in medicina e chirurgia nel 1888 presso l'università di Bologna, e due anni dopo divenne assistente nell'istituto di patologia generale di quell'ateneo, allora diretto da G. Tizzoni. Conseguita la libera docenza in patologia generale nel 1894, iniziò la carriera universitaria riuscendo vincitore di vari concorsi a cattedra per tale disciplina: fu pertanto chiamato a insegnare nel 1899 all'università di Ferrara, nel 1903 a quella di Cagliari, nel 1906 a Siena, nel 1913 a Modena, infine nel 1927 a Bologna, ove successe a G. Tizzoni nella direzione dell'istituto di patologia generale. In tale sede rimase in cattedra fino al 1935, quando, in seguito all'entrata in vigore della legge che portava da 75 a 70 anni il limite di età per il collocamento a riposo dei professori universitari, dovette lasciare l'insegnamento.
Attratto dai grandi problemi prospettati dalla patologia generale, allora in rigoglioso sviluppo grazie soprattutto alle continue fondamentali conquiste della microbiologia e dell'immunologia, il C. dedicò tutta la vita allo studio e alla sperimentazione, affrontando con entusiasmo i nuovi affascinanti campi di ricerca. La sua opera fu pertanto vasta e multiforme, e interessò numerosi e svariati argomenti della disciplina da lui coltivata. Un rilievo particolare ebbero comunque i suoi lavori di microbiologia e di immunologia, che gli consentirono di ottenere risultati di notevole interesse teorico e pratico.
Convinto che i fenomeni immunitari - che le fondamentali scoperte di L. Pasteur avevano non molto tempo prima sorprendentemente svelato - avessero luogo mediante meccanismi di natura chimica, egli iniziò una serie di ricerche sperimentali per verificare la validità di tale concezione. Nel corso di queste indagini il C. giunse alla conclusione che i tessuti sono in grado di acquisire, per effetto della immunizzazione, proprietà difensive specifiche (L'immunizzazione specifica degli elementi dei tessuti. Contributo alla conoscenza dell'immunità e della siero-terapia nella rabbia, in Riforma medica, IX [1893], 3, pp. 85-89; Die spezifische Immunisation der Elemente der Gewebe. Ein Beitrag zur Kenntnis der Immunität und der Serumtherapie bei Rabies, in Deutsche medic. Wochenschr., XIX [1893], pp. 1061-1064, 1115-1118); tale concetto, che in realtà doveva in seguito rivelarsi errato, ebbe comunque il merito di stimolare una serie di ricerche sperimentali sui fenomeni immunitari. Nell'accezione dell'essenza chimica di tali processi, il C. formulò l'ipotesi che le cellule riuscissero a fissare i materiali nutritizi o tossici mediante gruppi molecolari elettivamente affini, che chiamò stomiti o bocche chimiche: quando i rispettivi stomiti fossero stati tutti fissati a determinati veleni batterici, divenendo saturi e inutilizzabili per ulteriori fissazioni, le cellule, divenute insensibili, darebbero luogo all'immunità.
Accanto a tale immunità istogena, e a quella umorale già ben nota, il C. immaginò pure l'esistenza di un altro tipo di immunità, che designò come terza immunità o anticlastica o stomale: non indirizzata contro i microbi patogeni e le loro tossine, ma contro gli agenti aspecifici, secondari della malattia, tale tipo di difesa sarebbe in grado di neutralizzare i veleni intermediari aspecifici di qualunque origine che sostengono la sintomatologia generale del processo infettivo, e risulterebbe attiva anche nei confronti della pirotossina e della anafilotossina, responsabile dei sintomi dello shock. La terza immunità, secondo la concezione del C., sarebbe caratterizzata: 1) dalla aspecificità della produzione, sviluppandosi come reazione a principî di varia natura funzionanti da vaccino (batteri, agenti chimici e fisici, ecc.); 2) dalla rapidità di azione, per cui l'effetto difensivo, anche di grado elevato, senza richiedere preparazione, comparirebbe ed evolverebbe poche ore dopo l'inoculazione del materiale vaccinale; 3) dall'intervento di un catalizzatore, cioè la stomosina, una chinasi in grado di attivare la distruzione ossidativa dei veleni endotossici dei batteri e delle scorie intermediarie comuni che sostengono il quadro infettivo; 4) dalla aspecificità dell'azione inattivante della stomosina nei confronti del materiale tossico di qualunque origine specifica; 5) dall'impossibilità di realizzare sieri specifici, dipendente dalla mancata formazione nel sangue di un considerevole accumulo di stomosine; 6) dal fattore della crisi risolutiva, in vista della distruzione rapida e completa del veleno che sostiene la malattia infettiva, il solo ad agire nella grande maggioranza dei batteri (La terza immunità, Modena 1919; Trattato di immunologia, Milano 1921).
Nella elaborazione di tale teoria il C. aveva condotto una serie di ricerche su colture in vitro volte alla identificazione delle stomosine e allo studio delle loro proprietà (Sulle stomosine... Parte prima: la dottrina delle stomosine nell'indirizzo biomolecolare dell'immunità, in Riforma medica, XVIII [1902], 3, pp. 172-175; Parte seconda, esperienze sulla vaccinazione in vitro, ibid., pp. 398 s.).L'applicazione di questi concetti alla patologia sperimentale e alla terapia e profilassi delle malattie infettive dell'uomo consentì al C. di studiare l'azione dei vaccini polivalenti (Sui vaccini polivalenti. Prima comunicazione: un vaccino per varie malattie batteriche dei conigli, ibid., XI [1895], 2, pp. 290-293; Seconda comunicazione: la polivalenza nelle infezioni non batteriche e nelle intossicazioni comuni, ibid.,3, pp. 638 ss., in coll. con A. Bruschettini) e di procedere alla purificazione dei vaccini (La depurazione dei vaccini a scopo curativo. Concetto generale della depurazione, in Policlinico, sez. medica, III [1896], pp. 555-575):egli riuscì in tal modo a dimostrare sperimentalmente la possibilità di curare infezioni diverse con un unico vaccino polivalente e di preparare da un germe innocuo un derivato batterico ad azione polivalente.
Lo studio della patologia infettiva indusse poi il C. ad analizzare alcuni aspetti della fenomenologia generale delle malattie, sostenute da microrganismi, e in particolare la febbre: in una serie di ricerche sperimentali giunse a formulare la teoria unitaria del veleno febbrile nei vari batteri, secondo la quale l'elevazione termica nel corso delle malattie infettive dipenderebbe dall'azione di una sostanza febbrigena di origine batterica, cui dette il nome di pirotossina (Studio sulla febbre infettiva. Prima comunicazione. Il veleno della febbre nei batteri, in Riforma medica, IX [1893], 4, pp. 361-368). Egli dimostrò inoltre che animali vaccinati contro un dato batterio producono antitossine attive contro febbri indotte da vari agenti infettivi (Studio sulle febbri infettive. Seconda comunicazione. L'antitossina della febbre batterica, ibid., pp. 374-378, in coll. con A. Bruschettini). Il C. non precisò la natura chimica della pirotossina, né riuscì a delucidarne le modalità d'azione, ma le sue intuizioni furono singolarmente lucide e precise, e hanno ricevuto oggi, alla luce della moderna interpretazione del fenomeno della febbre, una notevole conferma. Soltanto molto più tardi egli avrebbe sostenuto la probabile natura polisaccaridica della pirotossina (Sulla presenza di un principio pirogene e antipirogene nella cultura batterica,in Mem. d. R. Acc. delle scienze dell'Ist. di Bologna, classe di scienze fisiche, s. 9, III [1935-36], pp. 77-86; Sull'esistenza di un nucleo ternario nel veleno pirogene di batteri, ibid., V [1937-38], pp. 3-7).
Ancora in questo settore di studi debbono essere menzionate le teorie del C. su particolari reazioni, che avvengono quando siano posti a contatto il siero e l'estratto di qualche tessuto dell'organismo esposto al riassorbimento patologico del tessuto stesso, con conseguente produzione di sostanze responsabili delle reazioni in questione da lui designate come autoprecipitine (Ueber die Autozyto-präzipitine und über eine allgemeine Form derselben, in Centralbl. f. Bakteriol., Parasitenkunde u. Infektionskrankheiten, XXXV[1904], pp. 91-101, 239-246, 362-367),preludio al concetto di autoimmunità quale è oggi accettato. Infine, va ricordato che il C. scoprì l'agente etiologico della peste aviaria, identificandolo in un virus filtrabile, il quarto ad essere scoperto dopo quelli del mosaico del tabacco, dell'afta epizootica e del mixoma del coniglio (La peste aviaria, in Atti d. Acc. delle scienze mediche e naturali in Ferrara, LXXV [1901], pp. 111-123, incoll. con E. Savonuzzi; Die Vogelpest, in Centralbl. f. Bakt., Paras. u. Infektionskr.,XXXI [1902], pp. 145-152, 182-201).
Di minor rilievo dottrinale e pratico risultarono alcune ricerche del C. in campo oncologico, con la conseguente formulazione di alcune non dimostrate teorie: quella delle autoblastine, cioè della produzione continua nelle cellule neoplastiche di eccitatori chimici che porterebbero a una illimitata riproduzione cellulare; quella dei rapporti tra vitamine e tumori; e quella del presunto antagonismo tra tubercolosi e cancro (Das Geschwulstproblem, Wien 1927).
Importante fu invece il concetto espresso dal C. sui rapporti tra stato chimico dei tessuti e delle cellule, da un lato, e condizioni morbose, dall'altro, secondo il quale l'evento patologico sarebbe strettamente collegato alle alterate funzioni chimiche delle strutture viventi. Alla luce di tale concezione, lo studio della chimica biologica e dell'istochimica assumeva per il C. il significato di elemento indispensabile nell'interpretazione dei fenomeni patologici: nel 1903 egli dette pertanto inizio al corso libero di chimica biologica, e nel 1911 fondò la Società italiana di chimica patologica della quale fu il primo presidente.
Il C. morì a Bologna il 9 ag. 1942.
Fonti e Bibl.: Necr., in Policlinico, sez. pratica, XLIX (1942), p. 1240; G. Natalucci, Medici insigni ital. nelle Marche, Falerone 1934, pp. 63-67; G. Favilli, In memoria di E. C.,in Minerva medica, LVI (1956), pp. 1722 ss.; G. C. Mor, Storia dell'univers. di Modena, Modena 1963, p. 212; G. Favilli, Ricordo di E. C., patologo…, in Arch. De Vecchi per l'anat., patol. ..., XLVI (1965), pp. 819-836; M. Pantaleoni-R. Bernabeo, E. C. patologo e il suo contributo in campo immunologico, in Atti d. XXI Congresso internaz. di storia d. medicina, Siena 1968, pp. 1281-87; I. Fischer. Biograph. Lexikon der hervorragenden Ärzte, [1880-1930], pp. 232 s.; Enciclop. Ital., IX, p. 745, e App. II, 1, p. 562.