DUPRÈ THESEIDER, Eugenio
Nacque a Rieti il 22 marzo 1898, da Francesco e da Fanny Rettig.
La famiglia era di origine francese (i due cognomi sono attestati sia uniti sia alternati nella documentazione romana del '700, e lo stesso D. firmava spesso solo con il primo), stabilitasi a Roma per attività commerciale (presenza attestata dal 1752 al 1796), trasferitasi poi a Rieti. Ufficiale napoleonico nelle campagne di Spagna e di Russia, poi amministratore dei beni dei principi Potenziani a Rieti (qui stabilitosi forse al loro seguito), il bisnonno Francesco; ingegnere, direttore dei lavori nei porti di Napoli e di Messina, poi professore e preside nel liceo di Rieti, il nonno Eugenio; professore di chimica e fisica nei licei - nonché socialista e antinterventista e per questo costretto a dare le dimissioni dall'insegnamento - il padre, e pittrice fu la madre, di religione luterana. Iniziava cosi la tradizione protestante della famiglia e prosegui con il matrimonio del D. nel 1931 con Hedwig von Selchow, da cui nacquero tre figli. La fede religiosa profondamente sentita - di cui sono espressione le lettere a una religiosa sua ex allieva - costituisce un elemento centrale della fisionomia complessiva del D., attivamente partecipe della vita della comunità valdese di Roma.
Frequentata la facoltà di medicina, di Roma per due anni, sergente nella Sanità militare dal luglio 1917 al gennaio 1919, prima all'ospedale militare di Milano poi dal marzo 1918 al fronte, al termine della guerra cambiò indirizzo di studi, iscrivendosi alla facoltà di lettere, prima a Roma dove ebbe come maestri P. Fedele ed E. Buonaiuti, poi a Bologna, dopo il trasferimento, per cause economiche, della famiglia presso uno zio materno esportatore di canapa in Germania. Qui si laureò con C. Errera il 22 dic. 1922, presentando una tesi storico-geografica sul lago Velino (edita a Rieti nel 1939). Ma già nel 1919 aveva pubblicato a Rieti il suo primo saggio, L'abbazia di S. Pastore presso Rieti, dove gli interessi storico-geografici si univano felicemente a una attenta analisi delle testimonianze archeologiche, epigrafiche, documentarie e monumentali. Assistente volontario di geografia nell'anno accademico 1923-24, maturò interessi di storia dell'arte, come dimostra l'incarico nello stesso anno come professore di storia dell'arte presso il liceo "Galvani" di Bologna, e nell'anno successivo il passaggio, sempre come assistente volontario, alla cattedra di storia dell'arte tenuta da I. B. Supino, che gli affidò il rifacimento del Manuale di storia dell'arte italiana (Firenze 1925.30).
Questa sua prima formazione influi molto sui futuri interessi dello storico, spiegando l'attenzione precoce e costante - davvero eccezionale nel contesto storiografico italiano della prima metà del secolo - per Piconografia: dal saggio del 1921 su Come pregava s. Domenteo (in Il settimo centenario di s. Domenico, Roma 1921, II, pp. 386-392) alla proposta di un repertorio iconografico cateriniano del 1927 (Per l'iconografia di s. Caterina, in Studi cateriniani, IV [1927], pp. 100-105), alla cura della Bibliografia iconografica italiana, del 1932 (in Bulletin du Comité international de sciences historiques, XVI [1932], pp. 522-535). Non meno precoce l'interesse storico-erudito per le testimonianze generalmente oggetto di indagine delle cosidette scienze ausiliarie della storia, come provano il saggio Appunti di numismatica medievale. Il ripostiglio di Cermignano, in Atti e memorie dell'Istituto italiano di numismatica, IV (1921), pp. 105-137, e le ricerche giovanili sugli stemmi (Lo stemma di Rieti. Studio araldico-storico, in Terra sabina, I [1923], pp. 185-891 II [1924], pp. 1 ss.), riprese nel maturo saggio Sugli stemmi delle città comunali italiane, in La storia del diritto nel quadro delle scienze storiche, Firenze 1966, pp. 311-348.
Ordinario di materie letterarie nei regi istituti tecnici inferiori, insegnò a Bologna dal 1924 al 1928 (nel 1934 avrà un trasferimento solo burocratico a Venezia presso l'istituto "Paolo Sarpi", poi subito a Roma presso il "Leonardo da Vinci", dove insegnò brevemente). Nel 1928 ottenne su proposta di P. Fedele, ministro della Pubblica Istruzione, un comando triennale, poi rinnovato (1° ott. 1928-16 sett. 1934), alla Scuola storica nazionale presso l'Istituto storico italiano. Qui ricevette dallo stesso Fedele l'incarico dell'edizione critica dell'epistolario di s. Caterina da Siena, disponibile nella vecchia edizione del Tommaseo, di cui il D. doveva dimostrare carenze e stravolgimenti linguistici e letterari. L'entusiasmo e le difficoltà sono testimoniati dai resoconti fatti dal D. al Fedele (29 giugno 1929, 17 giugno 1931, 8 giugno 1932: Archivio dell'Istituto storico italiano per il Medio Evo) sulla impostazione, i criteri, gli sviluppi del lavoro critico-filologico; cosi come la stima per le "doti di acribia, metodicità, tenacia" e per le "spiccate propensioni verso gli aspetti storico-religiosi della vita medievale" del "discepolo", nonché l'importanza attribuita alla nuova edizione delle lettere della santa patrona d'Italia, sono bene attestate dalla Prefazione del Fedele al primo volume dell'Epistolario, pubblicato nel 1940 nelle Fonti per la storia d'Italia (vol. LXXXII): opera che F. Chabod, nelle sue Lezioni di metodo storico (Bari 1974, p. 154), additava "come modello di sagacia critica".
L'interesse per il tema, maturato già da tempo - anche per l'influenza del domenicano I. Taurisano, legato al D. da un'amicizia iniziata già prima del 1919 - come prova il saggio su La cronologia delle lettere politiche di s. Caterina e la critica moderna, in Studi cateriniani, I (1924), pp. 113-136, proseguì per tutta la vita dello studioso, che poté avvalersi di riconoscimenti scientifici e di aiuti economici, come la borsa Volta concessa nel 1937 dalla Reale Accademia d'Italia. Produsse cosi numerosi lavori relativi ai problemi della tradizione manoscritta (in particolare Ilproblema critico delle lettere di s. Caterina da Siena, in Bull. dell'Ist. stor. ital. per il Medio Evo, XLIX [1933], pp. 117-278, in part. pp. 229-239) e vari saggi "cateriniani" (tra cui: Sulla composizione del "Dialogo" di s. Caterina da Siena, in Giorn. storico della letteratura ital., CXVII [1941], pp. 161-202; Ilmondo cittadino nelle pagine di s. Caterina, in Bull. senese di storia patria, LXX [1963], pp. 44-61), oltre a ricerche su temi collaterali, "germogliate dal terreno dell'impresa cateriniana" (Fasoli), ma dotate poi di una loro autonoma forza espansiva: si pensi a I papi di Avignone e la questione romana (Firenze 1939), dove, superando la tradizionale visione politico-diplomatica, rivisitava la vicenda avignonese attraverso alcune grandi personalità, alla luce delle esigenze e degli orientamenti religiosi del Trecento, e ai molti lavori storico-politici, in particolare su E. de Albornoz (tra i quali la biografia di questo per il Diz. biogr. d. Italiani, II, Roma 1960, pp. 45-53).
Il D. avviò lo studio sistematico della tradizione manoscritta delle lettere cateriniane, conservateci in raccolte dovute ai segretari della santa (tre le "famiglie" principali, quelle di Stefano di Corrado Maconi, Tommaso di Antonio Nacci detto il Caffarini, Neri di Landoccio Pagliaresi), operanti in quella che il D. ipotizzò come una sorta di piccola cancelleria, dove si conservavano copie o minute delle lettere dettate dalla santa, poi spedite. Fortunata, come egli diceva, e decisiva la scoperta del codice 3514 della Osterreichische Nationalbibliothek di Vienna, manoscritto autografo del Pagliaresi, archetipo dunque di una delle raccolte. Le ricerche più propriamente filologiche si accompagnarono sempre alla riflessione di natura storica e culturale in un costante e ravvicinato confronto storiografico con la produzione contemporanea. In modo tutto particolare con quella dello studioso francese R. Fawtier, cui riconobbe insieme all'acutezza filologica e interpretativa il positivo superamento di posizioni di "infeconda apologetica", senza condividerne tuttavia atteggiamenti e toni considerati eccessivamente dissacratori, certo in contrasto con il suo rispetto - e il suo profondo coinvolgimento - per i valori religiosi impersonati da Caterina (La duplice esperienza di Caterina da Siena, in Riv. stor. ital., LXII [1950], pp. 533-574). L'immenso lavoro svolto prima e dopo la pubblicazione del primo volume delle lettere non arrivò a conclusione, cosi come non prese corpo il progetto accarezzato e poi abbandonato di una monografia complessiva. Scriveva tuttavia la biografia per il Diz. biogr. d. Ital. (XXII, Roma 1979, pp. 361-379), nella quale una puntuale e preziosa messa a punto di tutti i problemi cateriniani accompagna la ricostruzione storico-cronologica e politico-culturale, raggiungendo un felice equilibrio interpretativo.
Dopo il comando presso la Scuola storica nazionale - durante il quale, probabilmente dal 1930 fino al 1935, ricopri anche un incarico, forse di segretario aggiunto, presso la R. Accademia dei Lincei - fu nuovamente comandato presso la Giunta centrale (prima Comitato nazionale) per gli studi storici dal 1935 al 1942, data dei passaggio ai ruoli universitari per vincita del concorso a cattedra.
Dai verbali (non completi) della Giunta risulta tra i "segretari aggiunti" (delibera del 5 apr. 1935; nell'archivio molte minute di lettere e annotazioni in margine di suo pugno; inoltre suoi appunti "per la storia dell'ex-Comitato" di scienze storiche), attivo organizzatore dei congressi internazionali di scienze storiche (dalla documentazione consultata risulta in particolare di quelli del 1936 e 1940), delegato aggiunto in sostituzione di O. Bertolini per la commissione delle pubblicazioni, cronologia, annuario, al congresso internazionale di scienze storiche di Zurigo nel 1938, ideatore di un progetto di convegno di studi medievali da organizzare in occasione dell'Esposizione universale di Roma 1942, autore della Bibliografia iconografica italiana già ricordata, segretario dell'ufficio italiano di redazione dell'Annuario internazionale di bibliografia storica. Gli venne inoltre affidata la redazione (collaboratori E. Re e L. Olivieri Sangiacomo) della Bibliografia storica nazionale, dellacui impostazione fu il principale ideatore, curando i primi tre volumi, relativi agli anni 1939-1941, ma usciti rispettivamente nel 1942, 1945, 1947, anno in cui fu sostituito da R. Morghen, segretario generale della Giunta. Dal 1936 al 1942 curò la sezione medioevale e moderna della rubrica Spoglio di periodici della Rivista storica italiana, pubblicata dal 1935 a cura della Giunta centrale sotto la direzione di G. Volpe. In tutta questa attività dovette molto giovare allo storico la conoscenza delle lingue e in particolare di quella tedesca.
Conseguita la libera docenza in storia medioevale e moderna (decreto del 3 maggio 1934), svolse corsi liberi pareggiati presso la facoltà di lettere dell'università di Roma (1937-38: "I papi di Avignone e la loro politica italiana"; 1939-40: "Gli Stati italiani e la loro politica nella prima metà del Quattrocento"; 1940-41: "Le legazioni di Niccolò Machiavelli"), e dal 1° dic. 1941 per due anni accademici ricoprì la "cattedra onoraria" di storia d'Italia presso l'università di Lubiana (corso biennale su "La città italiana nel Medioevo", un corso annuale su l'"Importanza storica di s. Caterina da Siena", corso annuale su "Lineamenti della storia moderna d'Italia", seminario su "Le città della Dalmazia e i loro rapporti con le città adriatiche": dal "Prospetto delle attività svolte nel triennio 1942-45", redatto dal D. in vista dell'ordinariato). Trovandosi a Lubiana al momento della vincita del concorso per la cattedra di storia medioevale e moderna e della conseguente chiamata presso la facoltà di magistero dell'università di Messina, venne esonerato dal ministero (ministro G. Bottai) dall'obbligo dell'insegnamento presso quella università "per attendere a speciali studi" presso l'università slovena, e dunque per proseguirvi nelle sue attività didattiche, particolarmente apprezzate in quanto svolte nella lingua del paese. La scelta e poi la conferma per il delicato incarico sono testimonianza della posizione politico-culturale assunta dallo storico.
Il D. - iscritto al Partito nazionale fascista dal 29 ott. 1932 (anche se da un attestato del 1942 l'iscrizione viene datata al 1925); del 1932 anche la sua nomina a cavaliere dell'Ordine della Corona d'Italia - svolse il suo percorso scientifico e la sua carriera accademica nel contesto dell'intellettualità variamente legata al fascismo: di particolare importanza il rapporto con Fedele e Volpe, che, oltre ad accordargli stima e appoggio, esercitarono una profonda influenza sulla sua formazione. Per comprendere la quale non andrà trascurata la contemporanea presenza a Roma, presso la stessa Scuola storica, di altri giovani storici, quali R. Morghen e O. Bertolini, con carriere "parallele" (tra le quali si intravedono intersezioni e contrasti, ancora da studiare nelle loro connotazioni personali, politiche e culturali), e presso la Scuola di storia moderna di F. Chabod, W. Maturi, C. Morandi (E. Sestan ricorda la collaborazione dei D. al progetto, fallito, di associazione tra gli istituti storici italiani e stranieri a Roma).
La varietà storiografica degli anni decisivi per la sua formazione scientifica consente di vedere connessioni e influenze molteplici, oltre a quelle sopra ricordate, che impediscono di collocarlo all'interno di una "scuola". Il D. sembra costruirsi fin dall'inizio una fisionomia autonoma, solidamente fondata sulla tradizione storico-erudita e caratterizzata da interessi politici e istituzionali, scarsamente sensibile agli interessi propri della scuola economico-giuridica, segnata invece da accentuati interessi religiosi e culturali. Concorsero certamente a delineare questa fisionomia alcuni elementi caratteriali, tra cui la tendenza alla riservatezza. Questi stessi elementi possono contribuire a spiegare - insieme con la non appartenenza a una "scuola" in senso proprio - anche la mancata formazione di una sua scuola, malgrado la profonda e instancabile dedizione all'insegnamento e malgrado i tanti rapporti di affetto e di stima che il D. fu capace di attivare.
Nell'anno accademico 1943-44, non potendo recarsi in Sicilia a seguito dello sbarco americano, ottenne un incarico di storia moderna presso l'università di Roma (10 dic. 1943-28 ott. 1944), senza tuttavia insegnare. Già nella primavera del 1 44 si recava con la famiglia al Nord, "aggregandosi" brevemente presso l'università di Padova e ottenendo dal novembre 1944 presso l'università di Milano un "corso parallelo" di storia moderna, valido come corso ufficiale.
Nel 1945-46 riprendeva il regolare iter accademico, durante il quale è possibile cogliere una sorta di dignitoso riserbo politico. L'intensa attività didattica risulta costantemente legata ai principali filoni delle sue ricerche, molte delle quali affidate proprio a dispense universitarie, redatte sempre con la massima chiarezza e la massima cura, tanto da diventare testi di riferimento storiografico, nei casi, peraltro frequenti, in cui non furono oggetto di successiva rielaborazione.
A Messina svolse il corso di storia su Alcuni aspetti della questione del Vespro, (dispense edite in Annuario dell'Università di Messina 1946-47, ma 1954), e insieme una supplenza di filologia romanza ("L'Italia del Duecento nella poesia trobadorica"). Ma già dal 1° nov. 1947 venne chiamato a ricoprire la cattedra di storia medioevale e moderna (storia medioevale a partire dal 1956-57) presso la facoltà di lettere dell'università di Bologna, dove avrà anche dal 1947 in poi l'incarico di letteratura cristiana antica, nella scelta del quale è possibile ravvisare interessi buonaiutiani. Nel 1958 assunse la direzione dell'Istituto di storia e di paleografia e diplomatica.
Negli anni bolognesi si precisano alcuni degli interessi di ricerca, cui, oltre agli studi cateriniani, rimane maggiormente legato il suo nome: la storia della città e la storia dell'eresia.
Molti gli influssi ravvisabili nella determinazione e accentuazione dell'interesse per il problema cittadino: i rapporti con U. Toschi e L. Simeoni, l'edizione del volume di E. Ennen, le conclusioni di S. Lopez alla settimana di studio di Spoleto del 1954. Primo banco di prova Roma dal Comune di popolo alla signoria pontificia, edito nella collana dell'Istituto di studi romani (vol. XI, Roma 1952), la storia dunque di una città peculiarissima, dove aspetti e realtà propriamente municipali si confrontano, si intersecano, si scontrano con la tradizione universalistica, con il mito di Roma, con quell'idea imperiale di Roma, cui già nel 1942 aveva dedicato due lavori: L'idea imperiale di Roma nella tradizione del Medioevo, Milano 1942, e Papato e Impero in lotta per la supremazia, in Problemi storici e orientamenti storiografici, Como 1942, pp. 267-314, poi in Questioni di storiamedievale, Milano 1942, pp. 303-353. Al problema della città medioevale dedicò soprattutto numerosi corsi universitari (da ricordare in particolare le dispense relative agli anni 1956-57: Aspetti della città medioevale italiana; 1957-58: La città medioevale in Europa; 1964-65, a Roma: La città di pietra), ricchi di riflessioni teoriche e metodologiche (problemi di definizione, distinzione tra concetti legati alla dimensione urbanistica - la "città di pietra" -, a quella sociale, a quella politico-istituzionale) e di una attenzione costante alla storiografia recente e meno recente (Weber, Dopsch, Pirenne tra i maggiori), non senza una interessante e non comune attenzione agli aspetti sociologici del problema: riflessioni sinteticamente, ma efficacemente riprese nell'intervento al congresso della Società degli storici. Da non dimenticare nel contesto di questo filone di ricerca il saggio innovativo Loreto e la città-santuario (in Studia Picena, XXIX [1959], pp. 93-105): riconoscimento di questa sua "specializzazione" la nomina a membro del Comitato internazionale per la storia urbana.
Per quanto attiene all'eresia, oltre all'affinità dovuta alla confessione religiosa, certamente determinante l'influenza di G. Volpe. Ma l'attenzione alla dimensione storico-sociale e alle connessioni con lo sviluppo delle comunità urbane in età comunale si salda nel D. con l'approccio propriamente religioso al problema, fermamente ricondotto a un primum individuale di natura spirituale, che trova poi la sua forza di propagazione nella dinamica delle diverse classi sociali. Le puntuali discussioni storiografiche di cui sono intessuti i suoi corsi permettono di cogliere una posizione equilibrata, lontana da ogni univocità interpretativa, sia essa economico-sociale o filosofica o spirituale (si vedano ad esempio: Introduzione alle eresie medievali, Bologna 1953; L'eresia a Bologna ai' tempi di Dante, in Studi storici in onore di G. Volpe, I, Firenze 1958, pp. 383-444), tanto che G. Martini riteneva di poter affermare che il D. avesse detto "una parola definitiva su una questione lungamente dibattuta e variamente interpretata".
A Bologna prosegui anche gli studi relativi alla storia delle grandi istituzioni medioevali, Papato e Impero, e ai loro rapporti (al tema erano già stati dedicati i due saggi del 1942), con la pubblicazione già ricordata del volume XI della Storia di Roma cui si può anche collegare la lunga impresa, conclusa nel 1957, della traduzione per la casa editrice Sansoni dell'Etàdi Costantino il Grande di J. Burckhardt, preceduta da una impegnativa Introduzione (edita anche separatamente: Il giovane Burckhardt e "l'età di Costantino", in Convivium, n. s., II [1958], pp. 174-190). Era questo un tema che lo storico legava all'interpretazione complessiva del Medioevo, cui doveva richiamarlo anche La Santa Romana Repubblica di G. Falco, minutamente analizzato e commentato in appunti manoscritti - secondo una prassi costante di lettura attenta e puntuale -, che ci conservano anche la generosa testimonianza della sua ammirazione.
Da ricordare ancora le ricerche legate alla storia politica e culturale italiana nel basso Medioevo e nella prima età moderna, spesso connessa con convegni internazionali (NiccolòMachiavelli diplomatico, I, L'arte della diplomazia nel Quattrocento, Como 1945; Enea Silvio Piccolomini umanista, Bologna 1955; L'intervento di Ferdinando il Cattolico nella guerra di Pisa, in V Congreso de historia de la Corona de Aragón, III, Zaragoza 1954, pp. 21-41; La politica italiana di Alfonso il Magnanimo, in VICongreso de Historta de la Corona de Aragón, Palma de Mallorca 1955, pp. 1-33; La politica italiana d'Alfonso d'Aragona, Bologna 1957; I papi medicei e la loro politica domestica, in Studi fiorentini, Firenze 1963); infine quelli legati alle esigenze di un insegnamento diacronico, dunque anche moderno-contemporaneistico, di storia americana (Le origini coloniali degli Stati Uniti d'America, corsi 1947-48 e 1953-54, Bologna 1954), argomento su cui tuttavia aveva già lavorato per la voce Stati Unitid'America per il Dizionario di Politica, IV, Roma 1940, pp. 364-381 (testimonianza degli interessi modernistici anche numerose recensioni a G. M. Trevelyan, N. Rodolico, L. Salvatorelli, ecc.).
Se costanti furono in questi anni i contatti internazionali, attestati dagli inviti per convegni e conferenze (Spagna, Belgio, Austria, Germania, Ungheria; nel 1955 riceveva la commenda dell'Ordine civile di Alfonso X il Saggio) e dalle collaborazioni - tra le quali merita particolare menzione la preziosa rassegna Literaturberichte über italienische Geschichte des Mittelalters. Veröffentlichungen 1945 bis 1958, in Historische Zeitschrift, suppl. 1 (1962), pp. 613-725 -, profondo fu anche l'inserimento nella vita culturale di Bologna, con la partecipazione alle attività di molte sue istituzioni: Accademia delle scienze; Deputazione di storia patria, di cui doveva più tardi (nel 1965) divenire vicepresidente; Comitato per la storia del Risorgimento, per il quale promuoveva in qualità di commissario straordinario la catalogazione delle Carte Minghetti.
Nell'anno accademico 1962-63 fu trasferito presso l'università di Roma, cattedra di storia (poi storia medioevale) della facoltà di magistero, dove gli venne affidata anche la direzione dell'Istituto di scienze storiche (dal 1964 al 10 nov. 1968, data della sua collocazione fuori ruolo), nonché l'incarico di scienze ausiliarie della storia presso la Scuola speciale per archivisti e bibliotecari (anni accademici 1966-67 e 1967-68), che corrispondeva a interessi lungamente coltivati e a una convinzione profonda della loro importanza, ribadita ancora nel 1970 (La storiografia italiana, pp. 475 s.).
La prosecuzione delle principali linee di ricerca lascia tuttavia vedere, attraverso i titoli dei corsi e le relative dispense, l'accentuarsi dell'attenzione per problemi teorici (ad es.: Considerazioni elementari sul tempo e sulla storia, Come si studia il fenomeno cittadino, La stratificazione sociale, Bologna 1965; IlMedioevocome periodo storico, Bologna 1968) e una maggiore attenzione per l'età altomedioevale, attestata soprattutto dagli studi ottoniani (Ottone I e l'Italia, in Renovatio Imperii, Faenza 1963, pp. 97-145; La "grande rapina dei corpi santi" dall'Italia al tempo di Ottone I, in Festschrift P.E. Schramm, I, Wiesbaden 1964, pp. 420-432; Vescovi e città nell'Italia precomunale, in Vescovi e diocesi in Italia nel Medioevo. Padova 1964, pp. 55-109) e dalla conclusione alla settimana di Spoleto su La conversione al cristianesimo, edita a Spoleto nel 1967.
Consigliere della Deputazione di storia patria, benemerito della scuola, dell'arte e della cultura (diploma conferitogli il 16 apr. 1973), diveniva anche commendatore al merito della Repubblica (decreto del 27 dic. 1973).
Mori a Le Foci (Portoferraio, prov. Livorno) il 21 sett. 1975.
Fonti e Bibl.: Per un elenco degli scritti, si veda Bibliografia di E. D., a cura di S. Saffiotti Bernardi, in Storiografia e storia. Studi in onore di E. D., Roma 1974, I, pp. XI-XXII; da completare con le indicazioni fornite da A. Vasina, Introduzione, a E. Dupré Theseider, Mondo cittadino e movimenti ereticali nel Medio Evo, Bologna 1978, pp. 11 s., e con la bibliografia allegata al Curriculum accademico-scientifico (30 ott. 1961), conservato nel fascicolo dell'Università bolognese intestato al Dupré. Si vedano inoltre i due interventi sulle relazioni Sestan e Martini in La storiografia italiana negli ultimi vent'anni, Milano 1970, I, pp. 475 s., 478 s.
Molte notizie sono state fornite oralmente dai familiari. Si aggiungano le fonti d'archivio, in: Ministero della Pubblica Istruzione, Direzione generale istruzione universitaria, fascicolo personale E. D.; Università degli studi di Bologna, Archivio dell'ufficio personale docente, fasc. n. 2923; Università degli studi di Milano, Archivio storico; Università degli studi di Roma "La Sapienza", fascicolo Dupré Theseider; Istituto storico italiano per il Medioevo, fascicolo DupréTheseider; Giunta centrale per gli studi storici; Accademia nazionale dei Lincei, Verbali della R. Accademia d'Italia. Unelenco dei necrologi e ricordi pubblicati in oscasione della sua morte in A. Vasina, Introduzione, cit., p. 12; tra questi di particolare utilità: G. Fasoli, E. D. In memoriam, in Atti e mem. della Deputazione di storia patria per le provincie di Romagna, n. s., XXVI (1977), pp. 1-20; A. Vasina-E. Ghini, Ricordo di E. D. e lettere a una religiosa già sua allieva, in Rivista di storia della Chiesa in Italia, XXXI (1977), pp. 128-149. Cfr. inoltre: P. Brezzi, E. D., in Storiografia e storia, cit., pp. XXIII-XXVII; G. Martini, Basso Medioevo, in La storiografia, cit., part pp. 281 s., 325, 354; per le numerose citazioni del D. in quest'opera si veda l'Indice del vol. II; E. Petrucci-A. Volpato-S. Boesch Gajano, Il contributo di E. D. agli studi cateriniani in Atti del Simposio cateriniano-bernardiniano, a cura di D. Maffei-P. Nardi, Siena 1982, pp. 255.270; E. Sestan, F. Chabod e la "nuova storiografia": profilo di una generazione di storici, in F. Chabod e la "nuova storiografia" italiana dal primo al secondo dopoguerra (1919-1950), a cura di B. Vigezzi, Milano 1983, pp. 1-18 (ma soprattutto pp. 9 s.); C. Violante, Intervento, ibid., pp. 7 ss.; R. De Felice, Gli storici italiani nel periodo fascista, ibid., p. 581 n. (si veda inoltre l'indice del volume).