GUALDI, Eugenio
Nacque a Torino il 25 apr. 1884 da Giuseppe e da Erminia Clivio.
Laureatosi in ingegneria al Politecnico di Torino nel 1907, si dedicò inizialmente alla carriera accademica, ottenendo la nomina ad assistente in geometria pratica. Nel 1909 lasciò l'università dopo aver vinto un concorso per la carriera direttiva delle Ferrovie dello Stato. Fu destinato all'Ufficio progetti locomotive, dove si distinse nell'attuazione dell'ampio piano di sviluppo ideato da R. Bianchi, direttore generale dell'azienda, nazionalizzata nel 1905.
Il G. fu tra i giovani tecnici assunti con il compito di contribuire alla realizzazione di una politica ferroviaria mirante a estendere la rete, il parco macchine e vagoni, nonché a migliorare la qualità del servizio, con gli strumenti propri delle imprese private per cui l'autonomia delle scelte di gestione costituiva un obiettivo centrale.
Arruolatosi volontario nel 1915, il G. prestò servizio col grado di capitano per tutta la durata della guerra e, dopo la cessazione delle ostilità, col grado di capo servizio principale (parificato a tenente generale), assunse il comando e la dirigenza dei servizi ferroviari da Trento a Innsbruck. Con le competenze e le solide relazioni acquisite, il G. fu nel dopoguerra in una condizione di progressiva ascesa nelle Ferrovie, svolgendo incarichi speciali in missioni anche non direttamente collegate alle mansioni svolte.
Tra l'altro fu capo della delegazione italiana per la consegna in natura presso la Commissione per le riparazioni, lavorando all'attuazione delle direttive contenute nel trattato di Versailles e, in seguito, per l'applicazione dei piani Dawes e Young.
Si occupò, inoltre, delle ricerche di petrolio in Albania, dove la scoperta di giacimenti portò nel 1925 alla costituzione della Compagnia d'Italia petroli d'Albania, società che il G. fu chiamato a dirigere. Nel frattempo, già dal 1924, era stato posto a capo del servizio approvvigionamenti delle Ferrovie dello Stato.
Egli espletò tale incarico attraverso una profonda riorganizzazione del servizio, ispirata a criteri amministrativi e commerciali d'efficienza privatistica, che consentì una radicale riduzione delle scorte con conseguente drastica diminuzione dei capitali immobilizzati ed evidenti benefici al bilancio dell'azienda. Quest'indirizzo, peraltro coerente con le suggestioni percepite in azienda dal G. fin dall'inizio della carriera, assunse, negli anni di transizione verso la dittatura fascista, un particolare valore poiché utilizzava i residui margini d'autonomia ancora presenti.
D'altra parte il G. ebbe con il regime un rapporto assolutamente non conflittuale: dai curricula coevi risulta in buon'evidenza l'iscrizione al Partito nazionale fascista in data 15 ott. 1922, sufficiente a consentirgli l'ingresso nella categoria degli antemarcia. Nell'estate del 1928 il G. decise di lasciare le Ferrovie per passare all'attività privata, come consulente tecnico-finanziario della Banca commerciale italiana (Comit), occupandosi della riorganizzazione d'importanti partecipazioni che l'istituto bancario aveva nel settore trasporti.
I rapporti con la Commerciale erano cominciati un paio d'anni prima in quanto, come si evince dalla consultazione della serie Copialettere dell'amministratore delegato G. Toeplitz, la banca milanese aveva interesse a promuovere le proprie aziende per ottenere commesse dalle Ferrovie. Nel corso del 1928 tali rapporti si erano ulteriormente intensificati fino all'assunzione del G.: l'abboccamento con Toeplitz, preparato da R. Mattioli, allora capo della segreteria dell'amministratore delegato (Copialettere Mattioli, II, cc. 481 e 483), si svolse il 3 settembre nella villa di Varese del banchiere italo-polacco.
Il primo delicato incarico assegnato al G. fu quello di avviare il risanamento del gruppo siciliano Florio, la cui maggiore attività era rivolta al settore della navigazione marittima: alla fine del 1928, il gruppo era composto oltre che dalla società di navigazione (Navigazione generale italiana, capitale sociale 50 milioni di lire), anche dalle Tonnare Florio (10 milioni di lire) e dalla Finanziaria Florio (5 milioni di lire) che deteneva il controllo delle società in qualità di holding capogruppo. Il G. fu dal 1929 al 1932 amministratore delegato della Navigazione generale italiana; consigliere dal 1928 al 1933 e presidente nel 1933 e 1934 della Finanziaria; consigliere nel 1929 e amministratore delegato, dal 1929 al 1934, delle Tonnare.
Le difficoltà per i Florio erano cominciate quando in sede governativa si era ritenuto opportuno intaccare una sorta di monopolio dei contributi statali detenuto dal gruppo tra le linee di navigazione sovvenzionate. L'elevata posizione debitoria, non più adeguatamente sostenuta dal volume d'affari, aveva determinato la situazione di crisi trascinatasi per alcuni anni, configurandosi come il tramonto di una dinastia. Pochi mesi prima dell'assunzione del G., Toeplitz, su pressioni delle autorità fasciste e probabilmente in cambio di una promessa di aiuti, aveva accettato di accollarsi il salvataggio. Primo passo fu quello dell'aumento di capitale della Finanziaria da 5 a 32 milioni di lire, nell'evidente tentativo di migliorare il rapporto debiti/patrimonio. In secondo luogo si cercò di fornire alle società i mezzi necessari per riequilibrare i conti, anche attraverso una profonda riorganizzazione resasi necessaria per le gravi lacune emerse dopo accurate ispezioni.
Nonostante gli sforzi profusi, la ristrutturazione del gruppo Florio non diede i frutti sperati, con ogni probabilità per la coincidenza con la congiuntura economica seguita alla grande crisi del 1929. All'inizio del 1930 al G. fu affidata anche la gestione della Società elettroferroviaria italiana, una tra le principali aziende della capitale, fortemente impegnata nella costruzione della linea Roma-Ostia e nella elettrificazione del paese.
L'Elettroferroviaria, fino al 1929 espressione del capitalismo romano, sperava di conseguire larghi profitti con la realizzazione dei progetti delle infrastrutture ferroviarie; era stata anche quotata in borsa e per alcuni anni aveva dato buone soddisfazioni agli azionisti ma, nel corso del 1929, aveva avuto inizio un sensibile ridimensionamento del prezzo delle azioni. A quel punto la Comit aveva cominciato il rastrellamento acquisendo, entro il 1930, il pacchetto di controllo: amministratore delegato era stato nominato il G., presidente il principe F. Pacelli, fiduciario della S. Sede. Successivamente, di fronte al crollo del listino, la banca intervenne ampiamente a sostegno e, nell'aprile 1932, risultava detentrice di oltre l'80% del capitale sociale di 18 milioni di lire. Il G. restò alla guida della Elettroferroviaria fino al 1934 e, anche in questo caso, particolarmente utili si rivelarono le sue relazioni e competenze in ambito ferroviario: la società rimase fra le favorite nell'assegnazione di appalti da parte del ministero delle Comunicazioni e si candidò con successo per rispondere adeguatamente alle esigenze della capitale, soprattutto nella sistemazione delle ferrovie secondarie suburbane.
Dal 1930 il G., sempre per conto della Comit, si occupò anche della Società anonima per le ferrovie vicinali.
Questa era stata costituita, fin dal 1910, con un capitale interamente sottoscritto dall'istituto bancario e principalmente orientata alla costruzione e all'esercizio della ferrovia elettrica a scartamento ridotto Roma-Fiuggi-Frosinone e diramazioni. Essendo intervenuti numerosi problemi, a partire dal 1° genn. 1924 l'esercizio era stato assunto dallo Stato tramite un commissario governativo. Chiusi in utile gli esercizi 1927, 1928 e 1929, il G. fu investito della scelta se riassumere o meno il servizio della linea, che dava per di più scarse possibilità di profitto; si aggiunse, inoltre, una vertenza con l'amministrazione governativa per il mancato pagamento di una commessa. Nell'agosto del 1933, grazie anche alla mediazione del ministro delle Comunicazioni C. Ciano, la composizione appariva prossima.
Fra i vari incarichi assunti dal G. nel corso del 1930 vi fu anche quello di mettere ordine nei conti di un'altra azienda che gravitava in orbita Comit, la Società generale costruzioni (Sogenercos); nel 1931, gli fu assegnata la presidenza e, l'anno successivo, venne modificato lo statuto per conferirgli anche i poteri dell'amministratore delegato.
Impegnata in grandi opere pubbliche, spesso all'estero, e anch'essa in stato di sofferenza per gravi difficoltà d'ordine tecnico e burocratico insorte nel corso dei lavori per la realizzazione dell'acquedotto di Sofia, la Sogenercos si trovava all'epoca sull'orlo del fallimento (Arch. storico della Banca comm. italiana, Sofindit, b. 306); il sensibile miglioramento dei rapporti con le autorità amministrative di Sofia consentì, nel 1933, di condurre in porto i lavori dell'acquedotto ma non impedì le perdite. Tuttavia, pur con un capitale sociale sostanzialmente azzerato, la società riuscì a portare avanti la sua attività, assumendo lavori in Italia, soprattutto di sistemazioni stradali ed elettrificazioni ferroviarie.
A partire dalla fine del 1933 l'attività del G. risultò fortemente condizionata dal trasferimento delle partecipazioni della Sofindit, finanziaria della Comit, al costituendo Istituto per la ricostruzione industriale (IRI) anche se, di fatto, già dall'aprile 1932, dopo l'uscita di scena di Toeplitz, il suo rapporto quale fiduciario della Banca commerciale era stato anticipatamente risolto: al G. fu riconosciuto un indennizzo di 60.000 lire e la possibilità di proseguire la collaborazione attraverso la Sofindit (Arch. storico della Banca comm. italiana, AD2, faldone 27). Uno degli ultimi delicati incarichi affidatigli era stato, alla fine del 1932, quello del risanamento della Testi - Industrie riunite cementi e laterizi, società di costruzioni con larga partecipazione della Comit che, al pari di altre, per motivi interni e congiunturali versava in gravi condizioni.
Dopo alcuni iniziali interventi di carattere organizzativo, apparve chiaro che solo una consistente immissione di liquidità avrebbe potuto evitare il fallimento. Date le precarie condizioni della Commerciale, il G. si rivolse al neocostituito IRI, chiedendo la concessione di un prestito di 2 milioni. La situazione si trascinò per alcuni mesi prima di toccare, nell'estate del 1933, il suo momento di maggior tensione: Mattioli, nuovo amministratore delegato della Commerciale, bocciò il piano, proponendo la messa in liquidazione della società, mentre invano e polemicamente il G. esprimeva il suo totale dissenso (Arch. storico della Banca d'Italia, Consorzio per sovvenzioni su valori industriali, corda 645); in pratica il G., confidando su valutazioni rigorosamente economiche, riteneva doveroso l'intervento della banca considerando che ci fossero buone possibilità di un esito positivo dell'investimento; laddove i vertici della Comit, impegnati nella trasformazione di quest'ultima in istituto di credito ordinario, nella circostanza intendevano dare un visibile segnale di netta inversione di tendenza.
Nell'aprile 1933 furono scoperte gravi irregolarità nella gestione della Società generale immobiliare di lavori di pubblica utilità e agricola, una fra le più significative realtà immobiliari romane in cui, al solito, la Comit aveva una larga partecipazione. Presieduta dall'ex ministro delle Colonie, G. Colosimo, del suo consiglio d'amministrazione facevano parte molti nomi importanti: i senatori G. Della Torre e V. Rolandi Ricci, l'ex ministro delle Finanze G. Volpi, il presidente delle Generali, E. Morpurgo, l'ex governatore di Roma F. Cremonesi, l'avvocato G. Treves, in rappresentanza della Fondiaria di Firenze, e, su designazione della Comit di cui era vicepresidente, il fiduciario della S. Sede, B. Nogara. Il G. fu prima chiamato a svolgere un'indagine amministrativa e successivamente, il 13 maggio, nominato commissario straordinario in sostituzione dell'amministratore delegato.
L'indagine portò alla scoperta di un collaudato sistema truffaldino messo in opera da alcuni esattori dell'ufficio affitti attraverso il quale essi riuscivano a incassare e non versare pigioni, nonché a far figurare come uscita i depositi di garanzia che, viceversa, non erano restituiti agli aventi diritto. Date le circostanze, l'incarico del G. appariva particolarmente delicato, ma egli seppe espletarlo con decisione e capacità, in modo da conquistare subito la piena fiducia degli amministratori.
Terminata l'inchiesta, nel febbraio 1934 il G. fu proposto per la direzione generale e questo incarico lo allontanò rapidamente dai molti altri in cui si era precedentemente impegnato.
Nonostante i negativi effetti della grande crisi, avvertiti soprattutto nella prima metà del decennio, sotto la sua guida la Generale immobiliare, si sviluppò ulteriormente, consolidando la presenza nel settore attraverso un ampio piano di costruzioni sui suoli che i profitti conseguiti le consentivano di acquistare; tali progressi furono possibili dopo una profonda ristrutturazione amministrativa e industriale.
In questa fase, e nella più totale riservatezza, fu cambiato anche l'assetto proprietario della società. La partecipazione maggioritaria della Comit - poi trasferita alla Sofindit, quindi, nel 1934, all'IRI - finì progressivamente nelle mani del Vaticano, mentre i due gruppi privati che da decenni avevano interessi nell'Immobiliare e cioè i fiorentini della Fondiaria e i triestini delle Generali, conservarono la propria posizione. Verso la fine del 1935, l'amministrazione della S. Sede acquisì la partecipazione di maggioranza relativa del 25%, investendo una quota dell'indennizzo di 1,75 miliardi ricevuto dallo Stato italiano in seguito al concordato del 1929. Artefici dell'operazione furono Nogara, responsabile della finanza vaticana, e il G., entrambi uomini Comit e come tali non particolarmente graditi al presidente dell'IRI, A. Beneduce; un ulteriore 5% fu acquistato nel giugno del 1943 direttamente dalla società.
In poco tempo, sotto la direzione del G., la Generale immobiliare conquistò una posizione centrale nell'economia cittadina e una notevole considerazione negli ambienti governativi, mentre il G. accresceva la sua notorietà giungendo alla presidenza di una delle squadre di calcio romane, la Lazio.
A conferma del ruolo raggiunto dal G. nel corso degli anni Trenta e Quaranta è la documentazione in Segreteria particolare del duce, presso l'Archivio centrale dello Stato. Oltre alle consuete elargizioni di beneficenza, numerosi risultano i contatti, le richieste e le offerte di collaborazione: il G. fu spesso ricevuto e consultato da B. Mussolini, per esempio per coordinare l'attività in Etiopia, dopo la conquista dell'Impero, o per predisporre un piano di assegnazione di case ai capi famiglia bisognosi, d'intesa con l'Istituto nazionale delle assicurazioni. Si trattò di un contributo non irrilevante del G. alla politica sociale del fascismo, nella direttiva di una valorizzazione della proprietà immobiliare. In particolare tra il 1938 e il 1940 il G. fu assiduo presso la segreteria del duce anche per ottenere il passaggio alla Corporazione dei costruttori edili; nel gennaio 1939 si fece promotore della costituzione di un ente speciale per "l'amministrazione e la vendita dei beni immobili attualmente in proprietà agli ebrei" (Segr. part. del duce, f. 175.918).
Con l'entrata dell'Italia in guerra, l'attività della Società immobiliare conobbe un brusco arresto dovuto soprattutto al d.l. 14 giugno 1940 concernente le modifiche sulla tassa di registro, e particolarmente quella sui trasferimenti, orientate a non distrarre il risparmio dall'impiego nei titoli di Stato. Questo elemento negativo fu compensato, sul piano locale, dall'approvazione, nel gennaio 1941, del piano regolatore per Roma.
Nell'estate 1944 Nogara fu eletto presidente dell'Immobiliare, mentre il G. preparava la scorporo dalla società del ramo costruzioni conferito alla SAVAI che, in giugno, cambiò la denominazione in Sogene; in questo modo la Generale immobiliare assumeva le funzioni di holding capogruppo coordinante l'attività delle società operative. Con tale assetto organizzativo, richiesto anche da motivi di ordine fiscale, il G. promosse e guidò un ulteriore sviluppo del gruppo.
Innanzitutto estese l'impegno nel campo delle costruzioni private e delle opere pubbliche, allargò l'Ufficio tecnico e progetti e, infine, dal 1947, avviò la costituzione degli Istituti per l'edilizia economica e popolare che, in pochi anni, furono presenti in quattordici grandi città italiane. Inoltre, d'intesa col ministero degli Esteri, rilanciò l'EMONA, istituto agricolo-immobiliare di Lubiana, costituito durante l'occupazione italiana della Jugoslavia, che svolse una capillare azione in campo civile per la tutela delle proprietà urbane e rurali.
Grazie ai risultati conseguiti, il G. accelerò la sua ascesa ai vertici di varie società del gruppo. Nell'aprile 1950 divenne vicepresidente della holding, al fianco di Treves, e nel luglio 1952 sostituì alla presidenza Nogara, ritiratosi per motivi di salute. Divenne, poi, presidente della Sogene e vicepresidente della Manifatture ceramica Pozzi. Nella primavera 1953 fu nominato cavaliere del lavoro.
Tale fervore d'iniziative e la natura spesso speculativa dell'attività immobiliare portarono il gruppo al centro di vivaci polemiche circa presunte connivenze con gli amministratori cittadini. Nell'autunno 1955, il settimanale L'Espresso pubblicava una serie di articoli che denunciavano i metodi poco ortodossi con cui l'Immobiliare riusciva a ottenere licenze edilizie o forniture di servizi che moltiplicavano il valore del patrimonio fondiario della società. Fu, in particolare, preso di mira il progetto di costruzione di un grande albergo nel quartiere di Monte Mario in società con la catena statunitense Hilton e il G. fu chiamato direttamente in causa, insieme con il sindaco di Roma S. Rebecchini. Il G. intentò una causa contro il settimanale da cui, il 29 dic. 1956, l'autore degli articoli M. Cancogni e il direttore A. Benedetti uscirono assolti in prima istanza, quindi, l'anno seguente, condannati dalla corte d'appello di Roma a otto mesi di reclusione.
Nonostante l'età avanzata, il G. restò ancora a lungo alla guida del gruppo. Nella primavera del 1968, a 84 anni, lasciò la presidenza effettiva a E. Galeazzi per assumere quella onoraria. Nel febbraio 1972 si dimise dal consiglio direttivo per motivi di salute.
Il G. morì a Roma il 1° apr. 1973.
Fonti e Bibl.: Milano, Arch. stor. della Banca commerciale italiana, Segreteria dell'amm. d.to G. Toeplitz, 1926-34, ad ind.; Segreteria del consiglio d'amministrazione, Copialettere E. Brusa, 1928, ad ind.; Carte R. Mattioli, Copialettere, 1928-34, ad ind.; Carte del presidente E. Conti, Copialettere, 1930-34, ad ind.; Rappresentanza di Roma, 1930-31, ad ind.; ibid., Copialettere, 1931-32, ad ind.; Sofindit, 1930-34, cartt. 105, 153, 164, 165, 178, 232, 242, 300, 303, 306, 369, 373, 399; ibid., Copialettere, 1930-34, ad ind.; Segreteria amministratori delegati Facconi e Mattioli (AD2), 1933, faldone 27; Roma, Arch. stor. dei Cavalieri del lavoro, f. pers., ad nomen; Ibid., Arch. stor. della Banca d'Italia, Segreteria particolare, E. G., presidente Società sportiva Lazio, 1936-40, n. 336; 1952, nn. 18-19; Direttorio Azzolini, Progetto della Società generale immobiliare, 1936-37, n. 90; Ispettorato del credito, 1938, nn. 90 e 191; 1943-45, n. 684; Consorzio per sovvenzioni su valori industriali, Società Testi, corda 645, ed EMONA, 1941-54, n. 842; Direttorio Menichella, Società generale immobiliare, 1964, n. 45; Archivio A. Beneduce, Società elettroferroviaria, 1930, n. 58; 1932, n. 290; 1932-39, n. 251; Ibid., Arch. centr. dello Stato, Fondo Società generale immobiliare, E. G., f. pers., ad nomen; Libri verbali dell'Assemblea generale, bb. 2 (1943-59), 3 (1959-69); Libri verbali del consiglio d'amministrazione, bb. 3 (1928-51), 4 (1951-66), 5 (1966-74); Libri verbali del comitato direttivo, bb. 1 (1930-48), 2 (1948-64), 3 (1964-72); Serie bilanci a stampa, 1934-73; Segreteria particolare del duce, cart. ord., ff. 175.918, 100.500, 169.283, 539.301.
Per la ricostruzione dell'ambiente nelle Ferrovie dello Stato, in principio di secolo, si veda la voce di F. Bonelli, R. Bianchi, in Protagonisti dell'intervento pubblico, a cura di A. Mortara, Milano 1984, pp. 73-87, e A. Giuntini, Il paese che si muove. Le ferrovie in Italia tra '800 e '900, Milano 2001, pp. 55-77, 154-161. Per notizie sui Florio si veda L'economia dei Florio. Una famiglia di imprenditori borghesi dell'800, Palermo 1990. Per l'attività del G. nella Società generale immobiliare si veda A. Statera, Storia di preti e palazzinari, Roma 1977, ad ind., e i lavori della "giornata di studio" su La Società generale immobiliare. Storia, archivio, testimonianze (Roma 2000), organizzata dal ministero per i Beni e le Attività culturali e dall'Archivio centrale dello Stato. Informazioni di carattere biografico sul G. in Il chi è? della finanza italiana, Milano 1964, p. 360; ibid. 1966, p. 359.