MACCAGNANI, Eugenio
MACCAGNANI, Eugenio. – Nacque a Lecce il 4 apr. 1852 dall’orafo Mattia e da Rosa Grassi. Ben presto iniziò a lavorare nella bottega dello zio paterno Antonio Maccagnani (1809-89), celebre per le sue statue in cartapesta (C. Ragusa, Guida alla cartapesta leccese, Galatina 1997), studiando contemporaneamente disegno presso lo zio materno, il pittore G. Grassi.
In questo suo primo periodo di formazione, dal 1860 al 1869, realizzò i ritratti del padre, a olio e in pietra leccese, i bassorilievi di Dante, Galileo e Tiziano per la casa paterna, un gruppo di lottatori, una Venere velata, un Puttino impigliato in una rete e che cerca di uscirne e diversi studi ad altorilievo copiati da stampe e cartoline, tutte opere oggi disperse. La copia in terracotta del Ratto di Polissena di P. Fedi presentata nel 1869, su consiglio del duca S. Castromediano, al Consiglio provinciale di Terra d’Otranto, gli fece ottenere una borsa di studio di 500 lire per sei anni, permettendogli, nel 1871, di recarsi a Roma, dove si trasferì definitivamente (Foscarini, pp. 231 s., 259).
A Roma, il M. frequentò all’Accademia di S. Luca i corsi di scultura antica e moderna e di pittura, tenuti rispettivamente da F. Gnaccarini, I. Iacometti e Saltelli, ottenendo un premio per la copia dell’Apollo del Belvedere, il primo premio con lode per lo studio dal vero, del nudo e delle pieghe, e, nel 1872, il primo premio per la composizione a bassorilievo di Giuseppe l’Ebreo (ibid., pp. 231-233, 259). Frequentò negli stessi anni (1871-72) lo studio di E. Rosa (Giannelli, p. 636; Berggren-Sjöstedt, pp. 203 s.), che lo orientò in senso nettamente veristico. Esordì con l’erma in marmo di A. Manzoni (Lecce, Biblioteca provinciale N. Bernardini), realizzata a proprie spese vendendo le medaglie dei premi accademici e donata al Consiglio provinciale di Lecce. Seguì il busto in marmo di Vittorio Emanuele II (Ibid., Museo provinciale Castromediano), donato alla città nel 1879, che gli fece ottenere la commissione di dieci busti in marmo per la villa comunale: G. Garibaldi (1887-88); F. Milizia, G.C. Vanini e G. Palmieri (1888); O. Massa, L. Prato e Re Tancredi (1889); P. Siciliani (1890), A. Galateo, S. Ammirato. A questi si unirono quelli di G. Libertini (1879), G. Pisanelli (1887) e A. Panzera (1888), già collocati nel Museo provinciale e in municipio (Cassiano, 1992, pp. 690, 693; Foscarini, pp. 259-261).
Dopo anni di lavoro come modellatore di bozzetti negli studi di scultori già affermati (dal 1873 per F. Gnaccarini, dal 1875 per i Tadolini e, infine, per G. Masini), con la statua in gesso Spartaco (Firenze, Istituto d’arte) vinse un concorso governativo, e il premio di 1000 lire, iniziando così una lunga attività espositiva (Foscarini, pp. 233 s., 237 s., 267).
Nel 1878 partecipò all’Esposizione universale di Parigi con «due busti in terracotta con piedistalli in marmo», che ottennero una menzione d’onore (L’Esposizione di Parigi del 1878 illustrata, I, Milano 1878, p. 191), trionfando nel 1880 all’Esposizione nazionale di Torino: il suo busto in marmo di Aspasia (già Roma, collezione Leccisi) ottenne all’unanimità il premio di 3000 lire «per intelligenza e larghezza di piani e per carattere veramente scultorio»; e il colossale gruppo in gesso del Combattimento del mirmillone col reziario (Lecce, municipio), «notevole per singolare vigoria e dottrina del muscoleggiare», quello di 5000 lire (Relazione della commissione giudicatrice…, in Gazzetta ufficiale del Regno d’Italia, 22 luglio 1880, pp. 3016, 3018). Alla stessa mostra il M. presentò Arabo sopra un cammello, inizio di una fortunata produzione di piccoli bronzi che sarebbero stati costantemente replicati per le diverse occasioni espositive, dall’Esposizione universale di Melbourne (1880) all’Esposizione nazionale di Milano (1881), all’Esposizione internazionale di Monaco (1883), all’Esposizione nazionale di Bologna (1888), all’Esposizione italiana di Londra (1888) e all’Esposizione universale di Parigi (1889). Raggiunse il culmine del successo all’Esposizione internazionale di Roma del 1883, dove la statuetta Com’è fredda! (Roma, Galleria nazionale d’arte moderna) fu acquistata dal ministero della Pubblica Istruzione (Palazzo delle Esposizioni… [catal.], a cura di R. Siligato - M.E. Tittoni - M. Riposati, Roma 1990, pp. 124 s., 156).
Tale fu il successo che il M. presentò immediatamente una replica (Torino, Galleria civica) all’Esposizione nazionale di Torino del 1884, così come replicò nel 1891 la sua Pompeiana (Roma, Galleria nazionale d’arte moderna: replica a Lecce, Museo provinciale Castromediano), che, esposta quell’anno alla I Triennale della R. Accademia di Brera, era stata acquistata dal ministero per la Galleria nazionale d’arte moderna (Foscarini, p. 260).
L’incarico affidatogli da G. Masini di modellare le statue in bronzo delle cinque Repubbliche dell’America Centrale per il Monumento al generale Francisco Morazán, eretto nel 1881 a San Salvador su progetto dell’architetto E. Bernich, costituì l’esordio della sua vasta produzione monumentale (ibid., pp. 234, 241, 259 s.).
Dal 1884 a Roma fu vasta la sua attività per il Vittoriano sotto la direzione di G. Sacconi: fra il 1894 e il 1911 il M. ne realizzò gran parte degli ornati (in particolare, il basamento della statua equestre con le Città italiane) e diverse sculture (Vittorie alate, la Filosofia, la Guerra). Realizzò inoltre il gruppo colossale della Giustizia per il palazzo di Giustizia, il busto di G. Koch per palazzo Koch, quello di Vittorio Emanuele III per la Camera dei deputati.
Sono opera sua i monumenti a Federico Seismit-Doda (1906), collocato in piazza B. Cairoli nel 1919, e ai Caduti dell’Arma del genio a piazza Maresciallo Giardino (1925); preparò anche un monumento al Duce (Musei Capitolini, depositi). Per Lecce realizzò i monumenti a Vittorio Emanuele II, inaugurato da Umberto I nel 1889 (anche se completato dopo alterne vicende solo nel 1897), a G. Pellegrino (1899), a G. Brunetti (1922: distrutto durante la seconda guerra mondiale) e ai caduti (1927); per Squinzano, il monumento ai caduti; quello a Simón Bolívar; per Brescia, fra il 1884 e il 1889, il Monumento equestre a Garibaldi, che fu replicato per Buenos Aires nel 1904 (Foscarini; Minelli).
A fianco della sua attività monumentale, cui si ricollegano i bozzetti di Colombo in catene e Colombo morente esposti nel 1892 a Roma e destinati a «un Museo artistico degli Stati Uniti» e all’Esposizione internazionale di Chicago (Belle arti, in Vita moderna, I [1892], 43, p. 344), il M. continuò a produrre opere di più piccolo formato presentate a varie esposizioni, dalla II Biennale di Venezia (1897) all’Esposizione universale di Parigi e alla Mostra provinciale di Bari (1900), alle Biennali del 1901 e del 1905, alle esposizioni internazionali della Società di amatori e cultori di Roma (1907-08), fino alla III Biennale d’arte moderna di Gallipoli (1925: Cataldini, 1982; Foscarini, pp. 237, 264).
I suoi maggiori successi espositivi furono raccolti dal gruppo in gesso Adamo ed Eva, detto anche La voce del Signore tuonò (1898: Lecce, Istituto statale d’arte G. Pellegrino), che all’Esposizione universale di Parigi del 1900 ottenne la medaglia d’oro, procurando al M. la croce della Legion d’onore (Cassiano, p. 689; Foscarini, pp. 237, 263), e da Rope Quoit, «l’opera in bronzo del lanciatore di anelli», che, esposta nel 1907 alla LXXVII Esposizione internazionale di belle arti della Società di amatori e cultori di Roma vinse il premio Müller di 12.000 lire e fu acquistata dall’Accademia di S. Luca (Roma, Arch. stor. dell’Accademia nazionale di S. Luca, vol. 192, n. 2, 5, Verbale dell’adunanza per il giudizio del concorso Müller, 6 apr. 1907, n. 6640).
Nominato «accademico di merito non residente nella classe di scultura» dell’Accademia di S. Luca, «dietro proposta della classe medesima», il 26 giugno 1897 (Ibid., vol. 168, n. 71 [4665], Lettera del presidente…, 28 giugno 1897), il M. diventò «accademico residente» il 22 giugno 1901 (Ibid., vol. 164, n. 96 [5339], Lettera del presidente…, 22 giugno 1901).
Assai vasta fu anche la sua parallela produzione di opere di soggetto sacro, a cui si dedicò fin dagli inizi della sua attività.
In particolare si ricordano le statue in legno della Vergine (1876: Sameiro, Portogallo) e dell’Immacolata Concezione (1881: Praga, chiesa della Vergine Maria), la statua colossale in travertino di S. Tommaso apostolo per la basilica di S. Paolo fuori le Mura a Roma (1885), la terracotta di S. Oronzo (1897: Lecce, Museo provinciale Castromediano), i bronzi Cristo che ascende in cielo e Cristo (Lecce, rispettivamente, cimitero e palazzo Bardicchia), Cristo attraversa la Galilea (Roma, villa Madama), la medaglia per l’anno santo (1924, Musei Vaticani). Attivo come scultore di monumenti funerari, realizzò le tombe dei fratelli Evangelisti e dei baroni Lazzaroni nel 1898 presso il cimitero del Verano di Roma; in Puglia realizzò nel cimitero di Squinzano la cappella Frassanito (1890), in quello di Bari la cappella Moffa (1896-97), in quello di Casamassima la cappella Zella-Milillo, a Ruvo di Puglia la cappella Gatta, a Campi Salentino la tomba di R. Calabrese-Serio (1912) e a Lecce la tomba dei coniugi Carissimo. Sotto la direzione di G. Sacconi partecipò alla decorazione della cappella degli Spagnoli nella basilica di Loreto (1885-90), della tomba di Umberto I nel Pantheon (1900) e della cappella espiatoria di Monza; su disegno di E. Bernich realizzò l’edicola per la Madonna di Corsignano (1897: Giovinazzo, cattedrale); e, su proprio progetto, l’altar maggiore della chiesa di S. Giuseppe a Lecce (1923: Foscarini, pp. 262-269).
Sua ultima opera fu la decorazione dell’altare del Ss. Sacramento per la chiesa di S. Carlo al Corso a Roma, dove realizzò a proprie spese la statua in marmo della Religione (1929) e il busto di Pio XI (1930).
Il M. morì a Roma il 19 marzo 1930 e fu sepolto nel cimitero di Lecce. Il 31 maggio le opere rimaste nel suo studio, in via Margutta, furono vendute all’asta.
Fonti e Bibl.: P. Acciaresi, Il conte Sacconi e l’opera sua massima, Roma 1911, pp. 14-16; Il monumento a Vittorio Emanuele II in Campidoglio, in Roma. Rass. illustrata dell’Esposizione del 1911, 4 giugno 1911, pp. 3 s., 6, 8-11, 13 s., 22; O. Cataldini, Spigolature sul carteggio inedito di E. M. ad Agesilao Flora, in Rassegna salentina, n.s., VII (1982), pp. 77-89; P.L. Porzio, in La capitale a Roma: città e arredo urbano 1870-1945 (catal.), Roma 1991, p. 29; F. Giorgi Rossi, ibid., p. 192; A. Cassiano, Le arti figurative: dall’Unità alla prima guerra mondiale, in Storia di Lecce dall’Unità al secondo dopoguerra, a cura di M.M. Rizzo, Bari 1992, pp. 682, 688-691, 693, 707 s., 712, 715 s., 746; A.E. Foscarini, Biografia e lettere di E. M. (1852-1930), in Boll. stor. di Terra d’Otranto, V (1995), pp. 231-277 (con ampio elenco delle opere); L. Berggren - L. Sjöstedt, L’ombra dei grandi. Monumenti e politica monumentale a Roma (1870-1895), Roma 1996, pp. 203 s., 207, 273, 279 s.; C. Minelli, Il monumento a Garibaldi di porta Milano, in Civiltà bresciana, XII (2003), pp. 45-52; E. Giannelli, Artisti napoletani viventi…, Napoli 1916, pp. 636-640; A. Panzetta, Diz. degli scultori italiani dell’Ottocento…, Torino1994, I, p. 171; II, p. 113.