MONTI, Eugenio
MONTI, Eugenio. – Nacque a Dobbiaco, in Val Pusteria, il 23 gennaio 1928, da Ugo, originario di Auronzo in Cadore, e da Adele Fabrizzi, originaria della Carnia.
Iscritto alle elementari a Dobbiaco, completò gli studi, fino alla maturità scientifica, a Cortina d’Ampezzo, dove la famiglia si era trasferita. Dal 1945, cominciò a partecipare, con ottimi risultati, ai campionati studenteschi di sci. Nel 1947 lo notò il giornalista Gianni Brera che, per il colore dei capelli e la grinta dimostrata, gli diede il soprannome ‘Rosso volante’ con cui fu poi sempre indicato. Passato a gareggiare a livello nazionale, conquistò il titolo di campione italiano di slalom speciale nel 1949, di slalom speciale e gigante nel 1950, dimostrando anche grande attitudine per la discesa libera. In gara in questa specialità a Chamonix, in Francia, arrivò primo davanti a Zeno Colò; nella discesa del Kandahar, a Mürren (Svizzera), secondo a soli due centesimi da James Couttet. Il 23 gennaio 1951, però, in allenamento al Sestriere, cadde malamente e si ruppe i legamenti del ginocchio. Un secondo incidente, occorsogli a Cervinia l’anno successivo, quando aveva ripreso ad allenarsi, gli precluse definitivamente il ritorno all’attività agonistica.
Si dedicò allora al bob, raccogliendo da subito i primi successi. Nel 1954 era già campione italiano di bob a quattro (titolo che conquistò anche nel 1959, 1960, 1967), l’anno successivo di bob a due (altre vittorie nel 1958, 1959, 1960, 1961, 1967).
Spinto dallo stesso amore per la velocità, alla metà degli anni Cinquanta partecipò anche, con le scuderie Centro Sud e L’Arena, ad alcune gare di automobilismo: con una Cooper- Maserati sul circuito di Pau in Francia, al Giro di Sicilia con una Ferrari ufficiale, a Monza e a Vallelunga, vincendo titoli di classe e assoluti. Nel 1956 affrontò le Olimpiadi invernali di Cortina da favorito, ma giunse secondo, sia nel bob a due (in coppia con Renzo Alverà) sia in quello a quattro (con Alverà, Ulrico Girardi e Renato Mocellini). L’anno seguente vinse il primo di sette Campionati del mondo nel bob a due (1957, 1958, 1959, 1960, con Alverà; 1961, 1963, 1966 con Sergio Siorpaes), cui si aggiunsero i due titoli nel bob a quattro (1960, 1961, con Alverà, Sergio Siorpaes e Furio Nordio). Alle Olimpiadi di Innsbruck nel 1964 ottenne la medaglia di bronzo nel bob a due (con Sergio Siorpaes) e nel bob a quattro (con Sergio Siorpaes, Gildo Siorpaes, Benito Rigoni).
In questi Giochi ebbe luogo l’episodio che più di ogni altro ha reso famoso Monti: nella gara di bob a due, quando era al comando della classifica provvisoria dopo la seconda discesa, fornì ai rivali inglesi Tony Nash - Robin Dixon un pezzo di ricambio, che li salvò dal ritiro e consentì loro la vittoria. Per tale gesto di sportività Monti fu il primo atleta insignito dell’International fair play trophy, intitolato a Pierre de Coubertin.
All’ambito titolo olimpico Monti giunse soltanto a 40 anni, ai Giochi olimpici di Grenoble del 1968, sulla pista dell’Alpe d’Huez, dove vinse la medaglia d’oro nel bob a due con Luciano De Paolis e nel bob a quattro con Roberto Zandonella, Mario Armano e lo stesso De Paolis. Finalmente soddisfatto, si ritirò dalle competizioni, rimanendo però per un breve periodo nel mondo del bob in qualità di direttore agonistico della nazionale azzurra. Quando il livello delle prestazioni della squadra iniziò a calare, si ritirò a vita privata.
A Cortina, dove sposò la statunitense Linda Lee Constantine, da cui ebbe due figli, Alec e Amanda, si dedicò al campo degli impianti di risalita, fondando la società Olimpia e poi quella Faloria, in qualità di presidente della quale ebbe nel 1991 una condanna in primo grado a 20 giorni di arresto (poi prescritti in appello) per i danni arrecati al patrimonio ambientale, avendo fatto saltare un costone di roccia per costruire la seggiovia del Faloria.
Dopo molte dolorose vicende (la separazione dalla moglie, la partenza della figlia, andata a vivere negli Stati Uniti con la madre, la morte per overdose del figlio nel 1996), affetto da morbo di Parkinson, Monti decise di porre fine alla sua vita. Il 30 novembre 2003 si sparò un colpo di pistola alla testa. Morì il giorno successivo all’ospedale di Belluno.
A Monti è intitolata la pista olimpica di bob di Cortina d’Ampezzo.
Fonti e Bibl.: C. Ferretti, Le 40 leggende dello sport italiano, con illustrazioni di O. Fanfani, Roma 1977, ad nomen; G.P. Ormezzano, Storie fiabesche di neve e di ghiaccio dei Giochi olimpici invernali, Torino 2005, pp. 72-74; C. De Agostini, Monti. Il ‘Rosso volante’, Vimodrone 2006; S. Rotta, Rosso ghiaccio. E. M., dietro la leggenda, Arezzo 2010. *