MONTUORI, Eugenio
MONTUORI, Eugenio. – Nacque a Pesaro il 16 luglio 1907 da Francesco, prefetto del Regno, di Casacalenda (Campobasso), e da Virginia Checchi, di origini toscane, sorella dell’attore neorealista Andrea Checchi.
Negli anni Venti, la famiglia si trasferì a Napoli dove il padre ricoprì le funzioni di podestà. Qui Montuori si iscrisse alla facoltà di ingegneria, ma per esplorare e coltivare più da vicino la sua grande passione per le arti figurative decise poi di diventare architetto. Si trasferì all’appena nata facoltà di architettura di Roma, quando il padre fu nominato prefetto della città, laureandosi nel 1932 con un progetto per la nuova stazione, presagio della sua opera più conosciuta, che rappresenta una delle icone dell’architettura romana del dopoguerra.
Il progetto elaborato per la laurea si inseriva idealmente, ma altrettanto realisticamente, nel complesso delle previsioni del piacentiniano nuovo piano regolatore di Roma del 1931 e consisteva in un insieme di tre stazioni sotterranee servite da un rigoroso sistema di collegamenti verticali, aperti su un grande atrio con sala per la biglietteria di 30 m di campata, libera da pilastri, coperto da una successione di volte sottili in cemento, apertamente denunciate all’esterno. Il progetto, che nel suo complesso dimostra una precoce e già matura, personale declinazione del linguaggio razionalista, si presentava nei fatti come una fra le prime tesi elaborate in contrapposizione allo stile accademico, con i suoi alti portali con piattabanda orizzontale e la singolare torre vetrata; quest’ultima in particolare destò forti discussioni da parte dei conservatori.
Montuori si sentì coinvolto nel dibattito razionalista fin da studente, quando partecipò, insieme con i personaggi di spicco del periodo, alle Esposizioni di architettura razionale del 1928 e del 1931. In quegli stessi anni, entrò a far parte del Gruppo degli urbanisti romani (GUR) e iniziò a frequentare i pittori della Scuola romana, tra cui Corrado Cagli, Giuseppe Capogrossi, insieme al quale ebbe anche occasioni di condividere esperienze progettuali, Emanuele Cavalli e Gino Severini, al quale lo accomunò una particolare tendenza a coniugare rigore costruttivo e fantasia inventiva.
Il disegno, per Montuori, era molto più di un mezzo di espressione estetica: lo utilizzava come strumento di controllo del processo progettuale, come un elaborato di sintesi dell’idea compositiva. Amava disegnare la città all’interno del contesto paesaggistico, sia che si trattasse di disegni raffiguranti i suoi progetti urbani, per i quali preferiva la tecnica rapida e concisa dell’acquarello, sia che riproducesse i borghi antichi che frequentava, paesi arroccati sulle colline – come Ariccia, dove si era costruito un villino per le vacanze – che raffigurava in piccoli quadri a olio. In questi il colore denso e materico era applicato sulla tela alla maniera di Jean-Baptiste Camille Corot, che fu per lui un riferimento costante, esplicito e dichiarato.
Appena laureato, venne chiamato da Marcello Piacentini a dirigere l’Ufficio centrale per la realizzazione della città universitaria di Roma, dove conobbe i principali architetti italiani del momento, da Giuseppe Pagano, a Gio Ponti, a Giovanni Michelucci. Tra il 1936 e il 1937 si occupò personalmente dell’edificio per la tipografia Tumminelli all’interno della città universitaria, della fontana antistante il rettorato e della casermetta, demolita nel 1972.
Nel primo decennio di attività, partecipò con il GUR a numerosi concorsi per opere pubbliche, ottenendo il primo premio in quelli per il piano regolatore di Cagliari (1932), di Arezzo e di Livorno (1933) e il secondo premio in quello per il piano di Pisa (1933); il piano per La Spezia è del 1934. Con Gino Cancellotti, Luigi Piccinato e Alfredo Scalpelli nel 1933 vinse il concorso per Sabaudia, città di nuova fondazione, posta in una delle aree della bonifica pontina: città-paesaggio incuneata tra una selva e un lago, presenta una decisa impronta razionalista, con la successione nel centro di tre piazze, quella per la vita di tutti i giorni, quella del giorno di festa e quella della chiesa, edifici che seguono giaciture ortogonali rispetto al sistema viario e costruzioni definite da geometrie semplici e coperture piane. Nel 1936 Montuori, con Cesare Valle e Ignazio Guidi, fu incaricato dall’Azienda carboni italiani (A.Ca.I.) della costruzione del quartiere dirigenziale della città mineraria di Carbonia in Sardegna. Nel 1939 gli fu commissionato il progetto per la città di Pozzo Albona, in Istria (oggi Podlabin, Croazia), altro sito minerario che faceva capo all’A.Ca.I.
In tutti gli interventi di pianificazione attuati, si riservò la costruzione di alcuni degli edifici più rappresentativi, delle scuole e di parti residenziali. Nel 1937 sposò Costanza Calini.
Nel 1939 il gruppo formato da Montuori, Luigi Brusa, Cancellotti e Scalpelli ebbe il secondo premio per il progetto per la piazza Imperiale dell’E42, che prevedeva un singolare porticato staccato dagli edifici, posto a delimitare il perimetro della piazza. In seguito a questo risultato, fu loro commissionato il progetto per il nuovo palazzo delle Scienze (oggi Museo nazionale preistorico etnografico Luigi Pigorini).
Nel 1943 fondò con l’ingegnere Leo Calini lo Studio tecnico Calini e Montuori (SCM) per prepararsi in maniera adeguata alla ricostruzione del dopoguerra.
Il loro obiettivo era quello che definirono progettazione integrale, cioè una stretta correlazione tra ricerca tecnica e figurativa alle diverse scale: dall’urbanistica all’arredamento. Montuori portò in dote la sua esperienza nello studio di Piacentini, dove la progettazione era definita fino alla scala del dettaglio e anche l’arredamento faceva parte di un unico pensiero compositivo, allo stesso modo del disegno urbano; mentre Calini, oltre alle capacità imprenditoriali affinate come dirigente di importanti società quali la Montecatini, aveva al suo attivo la realizzazione delle città operaie per l’A.Ca.I., attività che era stata occasione della loro prima collaborazione. A Carbonia nel 1936, infatti, Montuori era stato affiancato, in qualità di direttore dei lavori, da Calini.
Nel 1948 lo studio SCM vinse, ex aequo con il gruppo Annibale Vitellozzi, Massimo Castellazzi, Vasco Fadigati, Achille Pintonello, il primo premio per la nuova stazione Termini di Roma, opera che fu conclusa per il giubileo del 1950. L’edificio, soprannominato «Servio Tullio prende il treno» per la vicinanza ai ruderi delle mura romane, riesce a superare, proprio attraverso l’azzardo strutturale della pensilina rampante che si proietta sulla piazza, il confronto con la storia antica e perciò diventa auspicio di rinnovamento urbano.
Erano gli anni del cosiddetto piano Fanfani e nell’ambito del programma per la ricostruzione postbellica Montuori progettò numerosi nuovi quartieri INA-Casa: dal gruppo di sei coppie di case a Viareggio – che riproponeva la geometria esagonale di Federico Gorio al quartiere Tiburtino di Roma – a Bologna, Taranto, Pescara e Torrespaccata a Roma (1959).
Gli edifici realizzati da Montuori sono più di 300, un numero considerevole dei quali riguarda interventi di edilizia residenziale pubblica e privata che assecondavano la crescita della città, mediando la ricerca architettonica con l’evoluzione prudente della tipologia edilizia e con un sottile empirismo che accompagnò il passaggio da un severo stile razionalista a uno stile organico decantato e immune da possibili sconfinamenti neorealisti.
Oltre alla ricca produzione di edilizia residenziale, il decennio successivo alla conclusione della stazione Termini fu caratterizzato da importanti collaborazioni: da quella con Adalberto Libera per la costruzione del cinema Airone a Roma (1957), che risolveva lo spazio architettonico tutto all’interno di un cavo, rigato da nervature fonoassorbenti, ed esibiva dipinti di Capogrossi sul soffitto del salone di ingresso, e per il palazzo per Uffici ENPAIA in via Torino (1959), il primo edificio per uffici realizzato a Roma con le facciate in curtain-wall, dove a causa del lotto a pianta trapezoidale, fu sperimentata una maglia triangolare regolare; a quella con Sergio Musmeci, che produsse le strutture per lo stabilimento industriale di Pietrasanta (1956), per il palazzo romano della SIFIR in via Po (1960-64) e i sistemi reticolari nervati per la copertura del centro atomico di Bombay (1960).
Nel 1960 Montuori fu fra i fondatori dell’Istituto nazionale di architettura e presidente della sua sezione laziale. Lo studio SCM debuttava intanto sulla scena internazionale, con la realizzazione della sede della società inglese Mitchell Cotts a Tripoli (1959). Fu poi incaricato dal governo indiano del progetto della nuova città di Trombay, presso Bombay, prevista dal programma per la produzione dell’energia atomica. Una succursale dello studio operò quindi a Bombay dal 1960 al 1977 per seguire direttamente i lavori fino al completamento di un grande palazzo per uffici con ampio auditorium, una grande copertura per i macchinari, una scuola di esercitazione del reattore atomico e un edificio per la mensa per gli addetti, oltre a un centro residenziale per 100.000 abitanti.
La feconda attività di Montuori proseguì senza pause per tutti gli anni Settanta, rinnovando le sfide di ricerca che lo avevano spinto all’inizio della carriera. Nel 1979 partecipò ai concorsi internazionali per l’uso dell’energia solare in edifici residenziali a Roma e per la sistemazione della piazza delle Halles di Parigi.
Nel 1973 venne nominato accademico di S. Luca.
Morì il 14 maggio 1982 per le conseguenze di un incidente occorsogli all’uscita del circolo Tennis Roma, del quale era stato tra i fondatori nel 1944 e presidente a più riprese.
Fonti e Bibl.: 20 anni di attività dello studio tecnico Calini-M.: realizzazioni e progetti: 1945-1965, Roma 1966; Dizionario enciclopedico dell’architettura e dell’urbanistica, IV, Roma 1969, p. 522; B. Oudin, Dizionario degli architetti, Milano 1971, p. 151; E. Montuori, E. M. architetto, Milano 1980; 50 anni di professione, a cura di B. Bazzotto - L. Chiumenti - A. Muntoni, Roma 1983, pp. 93-96; M. Mulazzani, E. M., in Casabella , 2001, nn. 695-696, pp. 88-101; E. M. 1907-1982, a cura di F. Montuori, Roma 2002; A. Di Noto - F. Montuori, E. M. Progetti, disegni, acquarelli, olii, Roma 2007.