EUGENIO
Presbitero appartenente forse al clero romano, consigliere del papa Giovanni VIII, divenne vescovo cardinale di Ostia tra la seconda metà dell'875 ed il 15 marzo dell'877.
E. appare indicato come semplice presbitero nell'875, quando il suo nome ricorre per la prima volta in una lettera di Giovanni VIII anteriore al settembre di quell'anno. Risulta invece essere già vescovo cardinale di Ostia poco meno di due anni dopo, quando viene citato per la seconda volta dalle fonti a noi note, in una lettera dello stesso pontefice in data 15 marzo 877 inviata al vescovo di Capua Landolfo.
Nell'875, quand'era ancora presbitero, era stato incaricato dal papa di svolgere, insieme con Donato, allora vescovo cardinale di Ostia, una missione diplomatica probabilmente in funzione antisaracena presso i responsabili dei governi di Napoli, di Salerno e di Amalfi. Altra missione questa volta presso l'ipato di Gaeta Docibile - sempre nell'ambito della politica di lotta contro i musulmani del Magreb e della Sicilia, e contro le loro connivenze con le potenze cristiane dell'Italia meridionale perseguita da Giovanni VIII -, svolse E. quand'era già stato elevato alla cattedra episcopale di Ostia, nel marzo dell'877, insieme con Gualberto, vescovo cardinale di Porto. Non conosciamo, per mancanza di informazioni ulteriori, le vicende ed i risultati di tali missioni: il nome di E. ricorre infatti di nuovo nelle fonti note solo nell'878, quando, come risulta da una serie di lettere di Giovanni VIII recanti la data del 16 aprile di quell'anno, venne dal pontefice inviato in Oriente insieme con il vescovo di Ancona Paolo per un importante e delicato incarico diplomatico relativo alla questione della Chiesa bulgara, sulla quale il patriarca di Costantinopoli Ignazio aveva affermato la sua giurisdizione, a dispetto dei diritti della Chiesa di Roma, procedendo alla consacrazione di vescovi, inviando suoi missionari e facendo espellere con la forza i missionari inviati dalla Sede apostolica.
E. ed il vescovo Paolo dovevano consegnare al re dei Bulgari Boris I e a due altissime personalità della corte messaggi di Giovanni VIII contenenti l'esortazione a tornare alla fedeltà alla Chiesa di Roma e a guardarsi dalla "perfidia greca". In particolare, nella lettera diretta a Boris, il papa esprimeva il timore che, seguendo i Greci. il popolo bulgaro sarebbe potuto cadere nello scisma e nell'eresia. I due inviati pontifici erano anche latori di un documento con cui Giovanni VIII dichiarava scomunìcati tutti quei vescovi e quei chierici greci che "in Illyrici provincias, quas nunc Bulgarum natio detinet, ingredientes, ordinationes illicitas perpetraverunt", ed intimava loro di tornare nelle diocesi di provenienza, pena la deposizione. E. e Paolo dovevano inoltre consegnare all'imperatore Basilio I una lettera del pontefice in risposta ai passi da quel sovrano compiuti in vista dì un fiavvicinamento con la Sede apostolica. Avevano infine il compito di procedere contro il patriarca Ignazio, nel caso che questi avesse persistito nel rifiuto di attenersi alle direttive di Roma per quanto riguardava la questione bulgara. E. e il suo collega erano infatti latori di un messaggio per il presule costantinopolitano, contenente la terza ed ultima intimazione apostolica a desistere dal suo atteggiamento di rivolta: entro il termine di trenta giorni, sotto pena di scomunica, il patriarca avrebbe dovuto allontanare dalle terre occupate dai Bulgari i vescovi da lui ordinati ed il clero da essi dipendente. In caso di ulteriore resistenza, sarebbe stato deposto.
E. ed il vescovo Paolo partirono da Roma nell'aprile dell'878. Quando giunsero a Costantinopoli, dopo essere passati per la corte bulgara, trovarono una situazione assai diversa da quella che si erano preparati ad affrontare. Il 23 ott. 877, infatti, era morto il patriarca Ignazio e sulla cattedra metropolitica gli era succeduto, senza sollevare contestazioni, quello stesso Fozio che, deposto nel novembre dell'867 per la sua insurrezione contro la Chiesa di Roma, era stato condannato nell'VIII concilio ecumenico, tenutosi a Costantinopoli tra l'869 e l'870. Il nuovo patriarca godeva del favore di Basilio I e delle simpatie di buona parte dell'episcopato orientale. Sembrava inoltre disposto a riconciliarsi con la Chiesa romana. Davanti al nuovo stato di cose E. ed il vescovo Paolo cercarono di prendere tempo e si rivolsero al papa per avere istruzioni. P, probabile che abbiano pure suggerito come opportuna una riconciliazione con Fozio, anche in base alla considerazione che in tal modo si sarebbe andati incontro al desiderio di quell'imperatore Basilio, il cui aiuto militare era ritenuto allora a Roma indispensabile per la difesa contro i Saraceni.
Del resto, il riconoscimento del nuovo patriarca e le condizioni per il contributo bizantino alla guerra contro i musulmani in Italia furono lo scopo anche delle due ambascerie che partirono da Costantinopoli per Roma nella primavera dell'879, inviate l'una dallo stesso Fozio e l'altra dall'imperatore. Un sinodo, riunito a Roma nell'estate di quello stesso anno da Giovanni VIII, decise di riconoscere Fozio come patriarca di Costantinopoli, a condizione però che facesse pubblica ammenda per quanto operato in precedenza, si riconciliasse con i seguaci di Ignazio e con tutti gli altri suoi avversari, rinunziasse infine a qualsiasi pretesa sulla nascente Chiesa bulgara.
Nell'agosto Pietro, prete cardinale del titolo di S. Crisogono, partì per Costantinopoli con l'ordine di raggiungere in Oriente E. e Paolo per recare loro un commonitorium contenente le istruzioni del pontefice. Agli inizi di novembre fu possibile così riunire nella capitale dell'Impero un concilio per sancire la riconciliazione delle due Chiese, concilio che vide la partecipazione di quattrocento vescovi e che, presieduto da Fozio, ebbe un andamento diverso da quello desiderato da E. e dagli altri due legati.
Innanzitutto il commonitorium papale fu letto in una versione in cui non si parlava più delle scuse che Fozio avrebbe dovuto chiedere per la sua condotta precedente, mentre l'ingiunzione di interrompere qualsiasi attività pastorale in Bulgaria veniva ridotta a semplice raccomandazione. Poiché sembra difficile ammettere che i tre legati fossero tanto sprovveduti da non accorgersi di una eventuale manipolazione del documento pontificio, e poiché, d'altro canto, essi non sollevarono obiezioni, è da credere piuttosto che essi per motivi tattici abbiano assecondato Fozio, tanto più che questi sulla questione bulgara non aveva difficoltà ad obiettare che egli era stato sempre favorevole al punto di vista romano e che la responsabilità di quanto era avvenuto nel passato ricadeva unicamente sull'imperatore. Sempre per motivi tattici si evitò anche la discussione sulla questione dogmatica della duplice processione dello Spirito Santo dal Padre e dal Figlio, per cui ci si limitò a ribadire la formula niceno-costantinopolitana del Simbolo apostolico, senza l'aggiunta dell'espressione "e del Figlio" (Filioque) dopo le parole "Credo nello Spìrito Santo, che procede dal Padre".
In sostanza, si evitò ogni forma di irrigidimento da una parte e dall'altra ed i tre legati seppero controllare una situazione assai complessa, raggiungendo sostanzialmente gli obiettivi assegnati alla loro missione (riconciliazione delle due Chiese, diritti papali sulla Bulgaria, aiuto imperiale contro i Saraceni in Italia meridionale), e tenendo testa alla strategia assai abile di Fozio, che poteva contare sull'appoggio non solo della stragrande maggioranza dei padri conciliari ma anche dell'imperatore Basilio.
Che E. ed i suoi colleghi siano stati interpreti fedeli della volontà di pace di Giovanni VIII è dimostrato dal fatto che il pontefice, pur non dichiarandosi del tutto soddisfatto per come erano andate le cose, ratificò il loro operato, né in seguito cambiò idea.
Si deve pertanto considerare del tutto infondata la tesi avanzata dallo Hergenroether a proposito di una nuova scomunica lanciata contro Fozio da Giovanni VIII e di un cosiddetto "secondo scisma" di Fozio. Allo stesso modo è del tutto priva di basi documentarie l'opinione espressa dal Baronio e ripresa poi da tutti gli eruditi e scrittori di storia ecclesiastica del Sette-Ottocento, secondo la quale E. e gli altri due legati pontifici nel concilio costantinopolitano dell'879-880 si schierarono dalla parte di Fozio, contravvenendo alle direttive papali, per cui furono severamente giudicati e sconfessati dalla Sede apostolica.
L'infondatezza della interpretazione, tradizionale nella letteratura storica, di questi avvenimenti, che vede nel comportamento di E. e dei suoi colleghi durante il concilio costantinopolitano dell'879-888 scarsa lealtà nei confronti della Sede apostolica, è provata anche dal fatto che, dopo il suo ritorno dalla capitale dell'Impero, il vescovo di Ostia fu inviato come legato pontificio nel regno dei Bulgari.
A, questa della sua partenza per la legazione bulgara, l'ultima notizia relativa ad E. in nostro possesso.
Fonti e Bibl.: Iohannis VIII papae Registrum, a cura di E. Caspar, in Mon. Germ. Hist., Epistolae, VII, 1, Berolini 1928, pp. 36 s., 58-67, 176, 186 ss.; Epistolae ad res orientales spectantes, a cura di E. Caspar-G. Laehr, ibid., VII, 2, ibid. 1928, pp. 378 s.; Ph. Jaffé-P. Ewald, Regesta pontificum Romanorum…, I, Leipzig 1885, nn. 3012, 3082, 3130-35, 3275 s.; C. Baronio, Annales ecclesiastici, a cura di A. Theiner, XV, Barri-Ducis 1868, pp. 304-339 passim; I. Palatius, Fasti cardinalium omnium Sanctae Romanae Ecclesiae, I, Venetiis 1701, p. 47; F. Pagi, Breviarium historico-chronologico-criticum, illustriora pontificum Romanorum gesta, conciliorum generalium acta, Antverpiae 1717, II, pp. 152 ss.; N. Ughelli-F, Coleti, Italia sacra, I, Venetiis 1717, col. 56; L. Cardella, Memorie storiche de' cardinali, I, 1, Roma 1792, pp. 67 ss.; G. Cappelletti, Le Chiese d'Italia dalla loro origine sino ai nostri giorni, I, Venezia 1844, p. 446; J. Hergenröther, Photius Patriarch von Konstantinopel, Regensburg 1867-69, ad Indicem; F. Dvornik, Le second schisme de Photius, une mystification historique?, in Byzantion, VIII (1933), pp. 425-74; V. Grumel, Yeut-il un second schisme de Photius?, in Revue des sciences philosophiques et théologiques, XXII (1933), pp. 431-54 passim; E.
Amman, L'epoca carolingia (757-888), in Storia della Chiesa, (diretta da A. Fliche - V. Martin), VI, Torino 1977, pp. 558-613; H. G. Beck, La Chiesa bizantina all'epoca dello scisma di Fozio, in Storia della Chiesa, (diretta da H. Jedin), IV, Milano 1983, pp. 235-42.