EUKLEIDAS (Εὐκλείδας)
È, dopo Eumenes e Sosios, il terzo incisore della zecca di Siracusa che firmi le proprie opere; attivo fra il 440 e il 420 circa a. C. lascia, per tutta la durata della sua operosità, una larga e varia documentazione non sempre firmata, e quindi talora di non sicura attribuzione, che lo rivela padrone dei proprî mezzi espressivi, nonché espertissimo incisore. Ritornando con elaborazioni successive sulla testa femminile dei primi conî, ancora influenzati dalla più tarda maniera di Eumenes, realizza, nel conio conservatoci attraverso l'esemplare di Acireale, il suo capolavoro. Come in molte sculture attiche di questa fase, la testina ha i capelli raccolti nell'opistosphendòne stellata che si stringe sull'àmpyx in modo civettuolo, ma nuovo è, rispetto ai tipi monetali precedenti, il ricchissimo orecchino dai lunghi pendagli; così come nuovo e felicemente audace è il gioco dei quattro delfini che si raccolgono verso il basso, sotto il taglio del collo, da cui si affaccia, in vivace scorcio, uno di essi. Il sicuro rendimento dei tratti, specie nell'occhio e nella bocca, ed il perfetto modellato, dai trapassi morbidi e sicuri, fanno di questo conio un'opera compiuta, in cui ogni elemento estraneo è eliminato o accortamente celato (vedi ad esempio la firma dell'incisore segnata nel dorso di un delfino).
Tecnicamente audace si rivela E. nei due conî con la testa di Atena di tre quarti, schema nuovo nella tipologia monetale e affrontato da lui con tanta baldanza che la stessa sicurezza lo tradisce. La potenza del rilievo, infatti, e la difficoltà quindi della coniazione, rendono fragile il conio, che l'artista inizialmente ha preparato pel punzone e che, pertanto, si spacca presto, a quanto ci rivelano gli esemplari che ne conserviamo, e in cui si riscontra la successiva usura. Né l'accorgimento preso, di adattare il secondo conio di questo tipo all'incudine, e il suo più leggero modellato, riescono ad assicurare a quest'ultima opera molto maggior durata.
Fortemente influenzato però, se non da una diretta statua, dai tipi dell'Atena fidiaca e ostacolato dalla difficoltà del tema, l'artista cede in questi casi all'incisore e perde ogni impronta personale. Più felice è, invece, il tipo della quadriga che si accompagna a tali conî, ma esso è siglato EY ed è firmato dall'altro incisore coevo: Euarchidas (v.), sì da non poterne individuare il creatore. Se pur si rifà ad un tema caro alla scultura ed alla pittura vascolare attica del tempo, riuscitissimo è infatti il riadattamento del difficile schema al rotondo campo monetale, la cui superficie piana è ormai rotta pel felice scorcio.
Principale esponente, nella zecca siracusana, delle tendenze d'arte attica di scuola fidiaca, E. vi lascia larga impronta per la ricchezza della sua opera e per l'influenza che essa esercita sulla produzione dei contemporanei (v. moneta).
Bibl.: O. Rossbach, in Pauly-Wissowa, VI, 1909, c. 1000, s. v., n. 20; G. E. Rizzo, in Saggi preliminari, Roma 1938, III, con bibl. precedente; id., Monete della Sicilia antica, Roma 1946, pp. 203-219.