EUMENE II re di Pergamo
Figlio di Attalo I (v.) e di Apollonide, salì sul trono di Pergamo negli ultimi mesi del 197 a. C., e, fedele all'alleanza stretta dal padre coi Romani, partecipò tosto alle operazioni di guerra contro Nabide, re di Sparta, nel 195 e nel 192 a. C., e in quest'ultimo anno avvertì i Romani delle mene tra gli Etoli e Antioco III re di Siria, e del passaggio dell'Ellesponto effettuato da quest'ultimo. Nella guerra contro Antioco ebbe parte molto notevole: inviò a Calcide soccorsi, e, dopo la vittoria dei Romani alle Termopile (191 a. C.), partecipò alla battaglia navale del Corico, che assicurò a quelli il (predominio sul mare; nel 190 a. C. collaborò con la flotta romana alla presa di Sesto e all'assedio di Abido; né dalla fedeltà ai Romani lo dissuase l'assedio, che Seleuco, figlio di Antioco, pose in quell'anno alla città di Pergamo, infliggendo ad essa e al suo territorio prove molto dure. Dopo la battaglia di Magnesia, cui E. prese parte alla testa della cavalleria, Antioco dovette rinunciare ad ogni ulteriore resistenza ed accettare le condizioni preliminari di pace impostegli dai Romani. Nell'estate del 189 a. C. E. per trarre il maggior profitto dalla situazione, venne personalmente in Roma e mentre egli era assente dal regno milizie pergamene parteciparono alla spedizione contro i Galati intrapresa da Cn. Manlio Vulsone: i barbari furono sconfitti in due battaglie e sottoposti al controllo del re di Pergamo. Nella definizione ultima della pace (estate del 188) dei territorî al di qua del Tauro, la parte di gran lunga maggiore (Lidia, Frigia, Caria al nord del Meandro, Licaonia, Miliade, parte della Panfilia e molte città greche della costa) fu assegnata al regno di Pergamo. Seguì presto nel 186-5 a. C. una guerra tra E. e Prusia di Bitinia: la pace fu ristabilita nel 184. a. C. Poco dopo E. si volse contro i Galati e pare che li sconfiggesse sì da poterli pienamente sottomettere. Negli anni successivi arse tra lui, alleato già da tempo con Ariarate di Cappadocia, divenuto suo suocero, e Farnace del Ponto, lunga guerra, terminata con vantaggio di E. nel 179 a. C. Nello stesso anno, morto Filippo di Macedonia, gli era successo Perseo, che iniziò subito una politica di riscossa delle forze nazionali della Grecia; E., venuto in Roma nel 172 a. C., persuase i Romani ad affrettare la guerra contro la Macedonia; nel suo viaggio di ritorno a Delfi rimase ferito in un attentato diretto contro di lui: diffusasi la voce della sua morte, il fratello Attalo si affrettò a chiedere la mano della regina, supposta vedova, e secondo qualcuno l'ottenne (v. attalo 11). Dell'attentato la responsabilità fu attribuita a Perseo, ciò che fornì un nuovo pretesto alla guerra contro la Macedonia, che i Romani avevano ormai deciso, e alla quale contribuirono le forze pergamene. Ma nel 169 a. C. il re cadde in rotta col console Q. Marcio Filippo e da quel momento cominciò verso di lui da parte dei Romani una sorda ostilità, che, dopo la vittoria di L. Emilio Paolo a Pidna, gli fece traversare un periodo pieno di angustie, in cui vide i Romani seguire una politica assai ambigua nei confronti dei Galati, paralizzare i suoi successi, tentare di alienargli l'animo del fratello, e porgere orecchio alle accuse di Prusia e di qualunque altro avversario di Pergamo. Nessuna mortificazione gli fu risparmiata: si giunse persino (irivenno del 167-6 a. C.) a intimargli di abbandonare subito l'Italia quando egli era sbarcato a Brindisi con l'intenzione di recarsi a Roma per discolparsi. Qualche anno dopo C. Sulpicio Gallo, capo di un'ambasceria romana, mandata in Asia Minore per spiare il contegno di lui, invitò tutti coloro che avessero a muovere accuse contro il re a presentarsi in Sardi in un giorno determinato. Tanto avvilimento riconciliò, pare, ad E. la simpatia dei Greci. Egli morì nel 159 a. C., dopo un regno di 38 anni. Continuando le tradizioni della famiglia, protesse poeti, letterati e artisti, fondò non poche città, fortificò la capitale e l'abbellì di biblioteche, musei, doni e monumenti votivi, tra cui il celebre altare, e fornì continue prove di liberalità e di splendore alle città greche, al quale proposito basti ricordare il famoso portico fatto costruire in Atene. Anche in vita fu oggetto di quel culto dinastico, al quale egli stesso aveva dato particolare impulso e speciale organizzazione.
Bibl.: B. Niese, Gesch. d. griech. u. maked. Staaten, II, Gotha 1899, III, 1903; G. Cardinali, Il regno di Pergamo, Roma 1906; G. De Sanctis, Storia dei Romani, IV, i, Torino 1923.