Euro
L'Europa non potrà farsi
in una volta sola, né sarà
costruita tutta insieme;
essa sorgerà da realizzazioni concrete che
creino anzitutto una solidarietà di fatto
(Robert Schuman)
Il sistema bancario e il passaggio all'euro
di Maurizio Sella
1 gennaio
Nei dodici Stati aderenti all'Unione economica e monetaria europea viene adottato a pieno titolo, in sostituzione delle rispettive valute nazionali, l'euro. Giunge così a compimento il processo di integrazione monetaria europea. Il passo precedente, di altrettanta rilevanza storica, era stato compiuto il 1° gennaio 1999 con l'adozione da parte degli Stati membri dell'euro quale moneta comune dell'Unione. Da quella data al 31 dicembre 2001 è intercorso un periodo di duality, durante il quale è stato possibile utilizzare l'euro soltanto come moneta scritturale.
Premessa
Il passaggio all'euro ha comportato un'intensa attività di preparazione che ha visto impegnati, tra l'altro, in modo distinto a seconda del proprio ruolo istituzionale, il Comitato Euro (istituito con Decreto del ministro del Tesoro del 12 novembre 1996 con il compito di coordinare tutte le problematiche correlate con l'introduzione dell'euro nel sistema economico e nell'ordinamento giuridico italiano), la Banca d'Italia e il sistema bancario.
Volendo esprimere una valutazione sui lavori svolti per realizzare il cambio della moneta lira con la moneta euro - il 'changeover' - si può certamente affermare che il bilancio è stato positivo. I risultati ottenuti e il pieno rispetto della tempistica, di tipo graduale, stabilita per la sua realizzazione, ne costituiscono una testimonianza.
Le autorità italiane, infatti, come indicato dal cosiddetto Piano nazionale del changeover (il documento L'ultima fase del passaggio all'euro, predisposto dal Comitato Euro nel gennaio 2001 e contenente le linee guida da osservare per la transizione all'euro), hanno optato per un passaggio morbido all'euro, con l'intento di ridurre al minimo gli inconvenienti per la collettività. La scelta effettuata ha sortito un esito eccellente.
Per quanto riguarda l'attività svolta dal sistema bancario si possono distinguere gli aspetti attinenti alla 'materialità' e alla sicurezza, quelli operativi e gestionali e infine quelli riguardanti la formazione e la comunicazione.
La materialità e la sicurezza
La prealimentazione di monete e banconote euro
L'analisi svolta dal sistema bancario ha riguardato innanzitutto lo scenario dei primi due mesi del 2002 (1° gennaio-28 febbraio). In particolare, è stato considerato che il canale distributivo delle banconote (stamperia, filiali di Banca d'Italia, casse centrali di banche e poste, sportelli bancari e postali, bancomat), che normalmente immette in circolazione il complessivo ammontare di circolante nell'arco di un anno, in considerazione del passaggio all'euro, doveva provvedere alla distribuzione di detto ammontare in soli due mesi (aumentando cioè la sua capacità di circa 6 volte). Inoltre, il canale distributivo delle monete doveva immettere in circolazione in pochi mesi un quantitativo pari alla metà di quello che è stato distribuito nell'arco di 50 anni (con un aumento della sua capacità distributiva di circa 100 volte, per poi tornare a una capacità a regime una volta terminato anche il ritiro delle vecchie monete).
Tenendo conto di ciò, le banche hanno raccolto le informazioni necessarie per definire la quantità di contanti da erogare alla clientela al fine di valutare gli importi da richiedere in prealimentazione. Per tale valutazione si è dovuto anche tenere presente il fenomeno della variabilità degli approvvigionamenti che, nel primo periodo del 2002, avrebbe dovuto subire in modo rilevante l'iniziale mancanza di versamenti di euro da parte della clientela. Si è reso necessario, in altri termini, ipotizzare l'ammontare di contante in euro che doveva essere reso disponibile presso gli sportelli e, per attenuare una possibile elevata richiesta di euro nei primi giorni del 2002, si è svolta un'apposita campagna informativa per indicare ai cittadini i comportamenti da seguire per un passaggio ordinato alla nuova moneta.
Contratti di prealimentazione di prima e di seconda istanza
La sostituzione delle monete e delle banconote nazionali con l'euro ha rappresentato un'articolata operazione, in relazione alla quale il Comitato Euro ha dichiarato, nel citato Piano nazionale del changeover, che detta attività e l'organizzazione delle iniziative necessarie per l'attuazione del cambio nel periodo di doppia circolazione sarebbero state operazioni di eccezionale portata. Proprio in funzione della delicatezza di tale fase, la Banca centrale europea (BCE) ha adottato il 10 gennaio 2001 talune disposizioni relative alle operazioni in parola stabilendo, in particolare, che sarebbe stato necessario: prevedere misure appropriate per la copertura del rischio di credito connesso alla consegna anticipata delle valute in euro; provvedere, mediante la sottoscrizione di apposite polizze o con altri mezzi idonei, a un'adeguata copertura assicurativa come minimo contro il danneggiamento, il furto e la rapina di tale moneta; individuare clausole penali o effettuare ispezioni e revisioni contabili per contrastare il rischio di un uso pubblico anticipato delle banconote predistribuite.
Atteso che nello Stato italiano la consegna anticipata di valori in moneta unica (la cosiddetta prealimentazione) doveva essere svolta nei confronti delle banche dalla Banca d'Italia per quanto riguarda le banconote, e dal Ministero dell'Economia e delle Finanze per quanto attiene alle monete metalliche, e tenuto conto che a loro volta le banche dovevano effettuare la consegna di seconda istanza a soggetti terzi, per le attività in parola sono stati predisposti appositi schemi negoziali regolanti sia la prealimentazione agli intermediari bancari, sia la distribuzione anticipata nei confronti dei terzi.
Per quanto riguarda il contratto di prealimentazione da concludersi tra la Banca d'Italia e le banche, si è elaborato uno schema contenente importanti previsioni attinenti agli adempimenti in materia che le banche erano tenute a osservare. Uno dei problemi di maggior rilievo sui quali si è incentrata l'attenzione, in sede di elaborazione della menzionata modulistica, è stato quello della previsione di una clausola penale per gli inadempimenti degli obblighi contrattuali. Anche relativamente alla consegna anticipata di seconda istanza, al fine di consentire al meglio lo svolgimento dell'attività della banca di consegna a terzi dei valori in argomento, si è predisposto un apposito schema contrattuale. La previsione in questa modulistica di una serie di obblighi a carico del terzo (il ricevente di detti valori) trova fonte negli impegni convenzionalmente assunti 'a monte' dalla banca nei confronti della Banca d'Italia, specie per ciò che attiene alla custodia dei valori, al divieto di diffondere presso il pubblico i valori stessi, alla previsione di clausole penali.
Lo schema negoziale in oggetto è stato sottoposto in via preventiva alla Banca d'Italia in qualità di autorità antitrust e ha costituito pur sempre una mera traccia, priva di ogni valore vincolante o di raccomandazione, di cui ciascuna banca si è potuta o meno avvalere e alla quale ha potuto apportare tutte le modifiche ritenute opportune.
Il trasporto valori e la sicurezza
Le banche, per far fronte all'impegno assunto di distribuire soltanto euro a partire dall'inizio del gennaio 2002, dovevano disporre di un'ampia quantità di banconote euro a livello di singolo sportello. Ciascuno di essi, infatti, aveva l'esigenza di importi in banconote molto superiori a quelli consueti, venendo a mancare il flusso di autoalimentazione generato dalla clientela (richieste di contante soddisfatte utilizzando contante versato da altri clienti). In sostanza, fintantoché non si fosse ristabilita una normale circolazione in euro (flusso prelievi, pagamenti, incassi e versamenti), sarebbe stato necessario che gli sportelli bancari disponessero all'apertura di giacenze in euro sufficienti a coprire tutte le possibili richieste, incluse quelle per esigenze di mero cambio di lire in euro. Ciò avrebbe comportato picchi di fabbisogno, nei primi giorni del 2002, che si sono valutati a misure almeno 10 volte superiori ai normali quantitativi. Per soddisfare tali esigenze si doveva prevedere, pertanto, un'alimentazione capillare sia nella fase di prealimentazione, sia nel periodo di doppia circolazione.
Parallelamente all'alimentazione di euro si doveva altresì tener conto del ritiro delle banconote e delle monete denominate in lire che avrebbero determinato sia giacenze rilevanti di lire presso gli sportelli in attesa di essere consegnate alla Banca d'Italia per la distruzione, sia richieste aggiuntive di trasporto valori alle società di service. Tali straordinarie esigenze di trasporto, da soddisfarsi obbligatoriamente mediante i servizi offerti dalle società di trasporto valori - che godono di una riserva di legge al riguardo - apparivano quindi strettamente condizionate dalla capacità di servizio dell'industria trasporto valori, la quale è regolamentata (orari di servizio, importi massimi trasportati, scorte ecc.) da disposizioni amministrative del Ministero dell'Interno. Peraltro, trattandosi di aziende operanti in concorrenza sul mercato, tale capacità, direttamente commisurata alle ordinarie richieste del mercato stesso in termini d'investimenti, di uomini e di mezzi, non consente elasticità al di là dei normali picchi di richiesta.
Sotto il profilo della sicurezza, poi, rappresentando il changeover un evento eccezionale e limitato nel tempo, le banche non avrebbero potuto dotarsi di strutture adeguate a contenere e a custodire tali quantitativi di denaro. Per tali ragioni gli sportelli bancari avrebbero potuto costituire, per tutto il periodo considerato, possibili obiettivi sia per la microcriminalità sia per la criminalità organizzata, nell'arco dell'intera giornata. In sostanza, per poter assolvere alle incombenze derivanti dal changeover, andavano superate le problematiche attinenti sia all'industria del trasporto valori, nel senso che doveva essere messa in grado di fornire un servizio adeguato a quanto appena indicato, applicando anche i necessari margini di sicurezza per fronteggiare le possibili emergenze, sia a un efficace presidio delle forze dell'ordine, volto a garantire una maggiore sicurezza per gli sportelli bancari. In considerazione di ciò e nella convinzione dell'importanza che rivestiva l'aspetto sicurezza, da un lato, e la piena riuscita del passaggio definitivo all'euro, dall'altro, le citate questioni sono state rappresentate al Ministero dell'Interno il quale, per individuare soluzioni idonee, ha deciso di affrontarle a livello tanto centrale quanto provinciale. A livello centrale è stato costituito un 'tavolo tecnico' di consultazione permanente cui sono stati chiamati a partecipare esponenti del Ministero dell'Economia e delle Finanze, della Banca d'Italia, dell'ABI (Associazione bancaria italiana), delle Poste Italiane SpA, di Associazioni rappresentative delle società trasporti valori e degli istituti di vigilanza. A livello provinciale è stata promossa l'istituzione da parte di ciascuna Prefettura di uno specifico 'tavolo tecnico' al fine di garantire la più proficua collaborazione fra tutti i soggetti coinvolti nelle operazioni relative al changeover; ai lavori sono stati chiamati rappresentanti delle sedi locali della Banca d'Italia, dell'ABI, di Poste Italiane SpA e delle Associazioni di trasporto valori e vigilanza.
L'attività svolta in tali sedi istituzionali ha prodotto effetti assolutamente positivi. Non si sono lamentati problemi, infatti, né in fase di prealimentazione, né durante il periodo di doppia circolazione nel corso del quale, come accennato, il trasporto valori è stato appesantito notevolmente dall'incidenza del ritiro delle lire. Anche sotto il profilo della sicurezza degli sportelli bancari i risultati sono stati decisamente positivi: la specifica azione svolta dalle forze dell'ordine nel presidiare il territorio ha portato a una sensibile riduzione degli eventi criminosi nei confronti degli sportelli bancari.
Aspetti operativi e gestionali
Ridenominazione dei conti
Nell'ambito dei lavori del Comitato Euro, uno dei temi affrontati ha riguardato la ridenominazione dei conti della clientela in funzione del passaggio alla moneta unica, materia peraltro già trattata a livello europeo. L'art. 3 della Raccomandazione della Commissione dell'11 ottobre 2000 aveva infatti previsto che per i conti bancari e i mezzi di pagamento scritturali relativi (assegni, ordini di pagamento e carte magnetiche), salvo espressa richiesta contraria del cliente, il passaggio dalle unità monetarie nazionali all'euro dovesse avvenire all'inizio del terzo trimestre 2001; sugli estratti conto avrebbe dovuto figurare il controvalore dei vari importi nelle unità monetarie nazionali. Tutto ciò, evidentemente, nell'ottica di consentire agli operatori bancari operanti negli Stati membri di procedere con gradualità all'ultima fase del passaggio all'euro.
Sulla base di tale quadro di riferimento normativo, si è quindi avviato, in seno al Comitato Euro, un dibattito su come attuare, con un'adeguata tempistica, la ridenominazione dei conti della clientela. In proposito, il sistema bancario ha manifestato l'esigenza (conformemente del resto alla menzionata previsione comunitaria) che il settore fosse messo in grado di poter provvedere - ove valutato opportuno a livello di singolo intermediario - alla ridenominazione in questione anticipatamente rispetto al termine ultimo per tale attività, cioè al 31 dicembre 2001. In esito a tale dibattito, e a parziale modifica di una precedente disposizione contenuta nel Piano nazionale del changeover, è stata prevista nel d.l. 25 settembre 2001, nr. 350 (convertito nella legge 23 novembre 2001, nr. 409) una specifica disposizione che concedeva alle banche, previa informativa - a decorrere dalla data di entrata in vigore del decreto legge stesso - la facoltà di trasformare in euro i conti della clientela in lire, salvo che l'interessato richiedesse all'intermediario bancario, entro 15 giorni, di mantenere la denominazione del conto in lire fino al 31 dicembre 2001. Tale facoltà ha trovato applicazione, naturalmente con differenti modalità operative, in diverse banche.
Emissione di ordini di pagamento e di accreditamento
Dal 1° gennaio 2002, l'unica moneta scritturale dei paesi aderenti all'Unione economica e monetaria europea è divenuta l'euro; al riguardo, la citata Raccomandazione della Commissione dell'11 ottobre 2000 aveva indicato che le banche avrebbero dovuto richiamare l'attenzione della clientela sull'impossibilità di effettuare ordini di pagamento o di tenere conti nelle vecchie unità monetarie nazionali oltre il 31 dicembre 2001. Tale indicazione della Commissione si innestava nel quadro di riferimento normativo per il changeover, a suo tempo definito a livello comunitario. Il 31 dicembre 2001 sarebbe infatti terminato, come detto, il periodo transitorio per il passaggio alla moneta unica e l'euro sarebbe diventata quindi l'unica valuta di quei paesi. Dal 1° gennaio 2002 la Banca centrale europea e le banche centrali degli Stati partecipanti avrebbero immesso in circolazione banconote denominate in euro; sempre a partire dalla predetta data, gli Stati membri partecipanti avrebbero coniato monete metalliche denominate in euro. In entrambi i casi dette banconote e monete sarebbero state le uniche ad avere corso legale.
A parziale deroga del principio ora enunciato - che risponde all'esigenza di consentire un agevole e graduale passaggio alla moneta unica - è stata inoltre prevista un'ultrattività del corso legale delle sole banconote e monete nazionali (entro i loro limiti territoriali), per un lasso di tempo non eccedente sei mesi. Successivamente, nel corso della riunione 'informale' Ecofin dell'8 novembre 1999, è stato deciso di contenere detto lasso temporale tra le quattro settimane e i due mesi: per l'Italia tale termine è stato fissato per il 28 febbraio 2002. Questa indicazione è stata successivamente ripresa nell'art. 155 della Legge finanziaria per il 2001 (l. 23 dicembre 2000, nr. 388).
Allo scopo di chiarire a livello nazionale tali fondamentali principi di rango comunitario, il sistema bancario ha ritenuto opportuno approfondire dette tematiche nell'ambito del Comitato Euro, concludendo con la necessità dell'inserimento di un'apposita previsione nell'emanando provvedimento sul passaggio all'euro. In relazione a ciò, è stato quindi precisato, nel d.l. nr. 350/2001, che a decorrere dal 1° gennaio 2002 non potevano essere emessi assegni, cambiali e altri titoli di credito denominati in lire, nel presupposto che detta valuta (la lira scritturale) a partire dalla predetta data non sarebbe più esistita. I citati strumenti di pagamento, se ancora emessi nella vecchia valuta nazionale, a partire dal gennaio 2002 non sarebbero stati più qualificabili come titoli di credito (con conseguente improtestabilità). Detta norma ha infine precisato che i riferimenti negli assegni e negli altri titoli di credito emessi, così come negli ordini di accreditamento e di addebitamento in conto in lire impartiti alle banche entro il 31 dicembre 2001, avrebbero dovuto essere intesi, a decorrere dal 1° gennaio 2002, come espressi in euro, al tasso di conversione irrevocabile, così come fissato nel Regolamento (CE) nr. 974/98 del Consiglio del 3 maggio 1998.
Chiusura sportelli bancari
Il sistema bancario ha avuto modo di rappresentare, in più occasioni, nell'ambito del Comitato Euro, l'esigenza per il settore di tenere chiusi al pubblico gli sportelli nella giornata semifestiva del 31 dicembre 2001; ciò al fine di disporre di quattro giorni (dal 29 dicembre 2001 al 1° gennaio 2002) per chiudere l'esercizio 2001 ed effettuare tutte le attività di conversione all'euro. In relazione a ciò, il legislatore, nel citato d.l. nr. 350/2001, ha testualmente disposto che "gli sportelli della Banca d'Italia, della Tesoreria provinciale dello Stato, della Tesoreria centrale dello Stato, della Cassa depositi e prestiti, delle banche e degli uffici postali […] restano chiusi al pubblico il 31 dicembre 2001". La soluzione adottata ha comportato che nella giornata del 31 dicembre non sono stati forniti servizi alla clientela.
Obliterazione delle banconote denominate in lire
Il Piano nazionale del changeover ha previsto che, a partire dal gennaio 2002, le banche erogassero esclusivamente euro in tutte le operazioni con erogazione di contante alla clientela. Detto Piano ha inoltre precisato che il pubblico avrebbe potuto cambiare le banconote e le monete in lire presso gli sportelli bancari e postali, nonché presso le filiali della Banca d'Italia. Gli intermediari avrebbero poi provveduto a consegnare alle filiali della stessa Banca d'Italia le banconote ritirate (le monete sarebbero invece state ritirate presso gli appositi centri regionali delle Poste Italiane SpA).
L'eccezionale esigenza di sicurezza connessa all'adempimento di queste attività, esposte al forte rischio di una sottrazione delittuosa di tali somme, si è tradotta nella necessità di individuare una soluzione volta a ricondurre il livello di allarme entro limiti modesti. Tale soluzione è stata individuata in una procedura - che ha poi trovato il substrato normativo in un'apposita previsione legislativa (d.l. nr. 369/2001, convertito in legge nr. 431/2001) - atta a obliterare le banconote in lire da versare alla Banca d'Italia mediante la segnatura delle stesse per punzonatura, ossia mediante una particolare perforazione della banconota. Le banconote, raccolte dai predetti soggetti a seguito di operazioni di cambio o di accredito in conto, così contrassegnate, sarebbero state rese immediatamente riconoscibili e pertanto non appetibili dalla criminalità. In attuazione di tale previsione legislativa la Banca d'Italia, con provvedimento del 21 dicembre 2001 (pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale del 29 dicembre 2001, nr. 301), ha provveduto a emanare le disposizioni applicative necessarie per procedere alla predetta operazione di obliterazione delle banconote.
Al riguardo, la Banca d'Italia ha indicato che non sono ammissibili al cambio, né all'accreditamento in conto, le banconote in lire per le quali non sia possibile verificarne l'eventuale obliterazione (per esempio perché mancante la parte sinistra del recto), ovvero quelle già obliterate che vengano presentate da soggetti diversi dalle banche o dalle Poste Italiane SpA.
Ritiro delle banconote denominate in euro sospette di falsità
Il citato d.l. nr. 350/2001 ha stabilito, altresì, per le banche e gli altri soggetti che gestiscono o distribuiscono a titolo professionale banconote e monete metalliche in euro, l'obbligo di ritirare dalla circolazione le banconote e le monete sospette di falsità e di trasmetterle, rispettivamente, alla Banca d'Italia e all'Istituto Poligrafico e Zecca dello Stato. Il provvedimento in parola stabilisce, inoltre, la centralizzazione delle informazioni in questione presso il Ministero dell'Economia e delle Finanze.
Nelle disposizioni attuative del citato provvedimento sono indicate le modalità applicative con cui le banche (e gli altri soggetti tassativamente individuati, come, tra gli altri le Poste Italiane SpA) debbono trasmettere all'Organo di vigilanza - senza indugio e comunque non oltre il giorno lavorativo successivo a quello dell'individuazione - le banconote sospette di falsità, affinché la Banca d'Italia possa verificarne la legittimità. Qualora dalla perizia tecnica le banconote risultino legittime, la Banca d'Italia è tenuta a comunicare l'esito dell'esame alla banca che ha effettuato il ritiro e a rimborsare all'esibitore gli importi delle banconote ritirate. Nel caso in cui venga accertata la falsità della banconota, l'Organo di vigilanza è tenuto a comunicare alla banca che ha provveduto al ritiro il riconoscimento formale della contraffazione (senza evidentemente alcun rimborso all'esibitore).
Le procedure interbancarie
Gli approfondimenti effettuati in proposito hanno riguardato gli interventi da apportare alle procedure bancarie per permettere sia la regolare gestione delle transazioni originate in lire nell'ultima parte del 2001 (e ancora non concluse), sia il trattamento di operazioni che necessariamente dovevano essere espresse in euro perché originate nel 2002.
La finalità su indicata e l'obiettivo di adottare soluzioni coerenti per determinare il minor impatto, anche a livello di costo sulle procedure aziendali e interbancarie, hanno indotto a trattare in lire, fino al 28 febbraio 2002, operazioni e titoli purché originati in lire fino al 31 dicembre 2001, ferma restando l'effettuazione in euro del relativo regolamento, come della contabilizzazione nei confronti della clientela, a partire, naturalmente, dal gennaio 2002.
In particolare, tra l'altro, si è convenuto che gli assegni bancari in lire, emessi entro il 31 dicembre 2001, dovessero essere trattati con procedure automatiche se presentati allo sportello entro il 28 febbraio 2002 e inviati alla banca trattaria con la procedura manuale (cosiddetta del 'dopo incasso') se presentati successivamente; che le ricevute bancarie (RI.BA) potessero essere assunte dalle banche in lire fino al 31 dicembre 2001 e immesse nelle procedure per scadenze fino al 28 febbraio 2002, mentre quelle aventi scadenze successive sono state trattate, sempre in via automatica, previa conversione in euro a cura delle banche; che i MAV (pagamenti mediante avviso) in lire dovessero seguire gli stessi criteri adottati per le RI.BA; e infine che i bonifici domestici di qualsiasi importo (rilevante o meno), nonché quelli per l'estero, potessero essere disposti in lire fino al 31 dicembre 2001.
Sportelli automatici bancomat (ATM)
Gli ATM, ritenuti di strategica importanza per soddisfare le esigenze di cassa della clientela, sono stati continuamente monitorati.
L'operazione si è intensificata soprattutto nel periodo a ridosso della fine del 2001 e all'inizio del 2002. Si è tenuta sotto attento controllo la funzionalità del relativo sistema informatico, come pure si è avuta cura di rifornirli con maggiore frequenza per evitare che rimanessero privi di banconote.
Il numero di bancomat attivi si è mantenuto sostanzialmente intorno ai valori usuali (anche oltre il 95%); e ciò nonostante siano stati sottoposti, sia negli ultimi giorni del 2001 sia nei primi 20 giorni del 2002, a un numero di prelievi di gran lunga superiore a quelli fatti registrare negli anni precedenti.
Il sistema bancomat, in altri termini, ha dimostrato di poter sostenere senza alcun problema carichi di lavoro largamente superiori alla norma.
Sotto il profilo dei prelievi, si è rilevato che la clientela negli ultimi dieci giorni del dicembre 2001 - forse spinta da ingiustificati timori - ha effettuato più di 33 milioni di operazioni, contro i 22 milioni dell'analogo periodo del 2000 con un incremento, pertanto, di oltre il 50%. L'importo complessivamente distribuito, sempre nello stesso periodo, ha superato i 10.000 miliardi di lire a fronte dei circa 6,5 mila miliardi dell'ultima decade del dicembre 2000.
Per quanto riguarda la conversione della funzionalità bancomat in euro, in linea con quanto stabilito nel Piano nazionale del changeover, le banche hanno provveduto ad attivarli gradualmente appena iniziato il 2002. Più del 40% degli ATM presenti sul territorio ha erogato euro già nella giornata del 1° gennaio; il 2 gennaio si è superato il 70% e venerdì 4 si è oltrepassato il 95%. In sostanza, le banche hanno ottemperato, anche con un anticipo di qualche giorno, all'impegno previsto nel più volte citato Piano nazionale del changeover.
I POS
Anche la rete dei POS (Points of sale) ha funzionato con la massima efficienza contribuendo a un regolare e fluido passaggio all'euro. Il pieno raggiungimento di tale obiettivo è da porre in relazione anche con le preventive iniziative tecnico-funzionali poste in essere dal sistema bancario. Un altro aspetto al quale è stata dedicata una particolare attenzione è stato quello relativo all'attivazione dell'operatività in euro dei POS. Gli approfondimenti svolti nel mese di dicembre avevano infatti evidenziato che solo una limitata percentuale di esercenti risultava aver convertito i propri POS verso la nuova valuta europea. Per evitare i problemi che sarebbero potuti sorgere nel caso in cui la stragrande maggioranza dei possessori di POS avesse deciso di effettuare tale conversione negli ultimi giorni dell'anno, ovvero addirittura nei primi giorni del 2002, d'intesa con le Associazioni dei commercianti, si sono intraprese diverse iniziative che hanno portato a registrare, al 1° gennaio 2002, una quota di POS operativi in euro pari al 95%.
La proroga del cambio gratuito delle lire in euro
Il già richiamato art. 155 della Legge finanziaria per il 2001 ha stabilito che le banconote e le monete metalliche denominate in lire avevano corso legale fino al 28 febbraio 2002. Il Piano nazionale del changeover ha previsto poi che, per favorire il cambio delle banconote e delle monete in lire ancora in possesso del pubblico alla data del 28 febbraio 2002, le banche e Poste Italiane SpA avrebbero potuto gratuitamente cambiare le lire con gli euro per un periodo successivo alla predetta data, la cui durata era da definirsi.
In relazione a tale situazione, il Comitato Euro, con delibera del 22 febbraio 2002, ha accolto favorevolmente la disponibilità del sistema bancario e di Poste Italiane SpA di prorogare fino al 30 giugno 2002 il cambio gratuito delle lire in euro - secondo le modalità già definite e applicate durante il periodo di doppia circolazione - invitandoli a proseguire detto cambio fino al 30 giugno 2002. Peraltro tale proroga si è allineata a quanto deciso in materia da altri paesi europei quali la Francia, il Lussemburgo, il Portogallo e la Spagna.
Aspetti formativi e comunicazionali
La formazione
L'aspetto della formazione è stato considerato in maniera specifica per il personale chiamato a ritirare le lire e porre in distribuzione gli euro (gestori professionali del contante). Tale tipo di formazione è stata ritenuta indispensabile per scoraggiare i criminali dal tentativo di spacciare banconote false presso le casse delle banche e per ridurre, pertanto, i conseguenti danni economici per le stesse.
In proposito è stato previsto, analogamente all'impostazione adottata per la formazione del personale bancario in vista del 1° gennaio 1999, un sistema di addestramento del tipo 'a cascata' nel senso che un nucleo di formatori della Banca d'Italia ha trasferito le necessarie informazioni a circa 7250 cassieri di banca i quali, a loro volta, hanno trasmesso quanto appreso agli altri operatori del contante interessati. Peraltro, al fine di rendere più efficace l'addestramento in parola, le banche hanno usufruito della consegna anticipata di banconote euro (a partire dal 1° settembre 2001) sulla base di quanto previsto dal contratto di prealimentazione stipulato tra Banca d'Italia e le stesse banche.
La formazione si è svolta a livello provinciale. Ciascuna filiale della Banca d'Italia, cioè, ha convocato presso la propria sede il personale del sistema creditizio nella proporzione di un dipendente per ogni cinque sportelli (o frazione di cinque) di una stessa azienda operante nella provincia.
La 'campagna informativa' dell'ABI
L'appuntamento del 1° gennaio 2002 ha costituito un evento cruciale per il sistema bancario italiano, non solo per il ruolo che le banche svolgono nel sistema dei pagamenti, ma anche alla luce di due considerazioni: a differenza del 1999, nel 2001-02 il cambiamento è stato di vasta portata, coinvolgendo tutte le fasce di clientela bancaria in maniera intensa e diretta, con un impatto organizzativo molto esteso; inoltre, il passaggio alla moneta unica in tutta Europa ha rappresentato una straordinaria occasione di sviluppo dei servizi bancari evoluti (in particolare le carte di pagamento si sono rivelate molto utili come alternativa disponibile e sicura al contante, sia durante il changeover, sia in prospettiva futura).
Come nel 1998-99, anche per quest'ultima fase dell'introduzione della nuova moneta il sistema bancario ha assistito i propri clienti con la realizzazione di un'articolata campagna informativa, messa a punto in stretta collaborazione con i rappresentanti degli altri soggetti istituzionali coinvolti nel changeover, quali il Ministero dell'Economia e delle Finanze, la Banca d'Italia, il mondo dell'industria e del commercio e le associazioni dei consumatori, al fine di coordinare le diverse azioni comunicazionali e pervenire alla stesura di messaggi convergenti.
La strategia di comunicazione relativa alla campagna ha avuto i seguenti obiettivi: informare e rassicurare la clientela circa le conseguenze e le modalità legate all'introduzione delle banconote e monete e ai cambiamenti nei servizi bancari; favorire, evitando problemi operativi e costi aggiuntivi, un passaggio alla nuova moneta ordinato ed efficiente per il sistema; promuovere servizi evoluti e utili come le carte di pagamento.
Al fine di soddisfare tali obiettivi e di assicurare la massima copertura dei target individuati, la campagna è stata articolata in due parti: una 'pubblicitaria', che ha utilizzato massicciamente i canali tipici dell'advertising; e una 'informativa', che rivolgendosi a quattro target fondamentali - le famiglie, le piccole e medie imprese, le scuole e il personale bancario - si è servita dei classici strumenti informativi a supporto cartaceo.
Per quanto riguarda gli aspetti attinenti ai media, la campagna è stata articolata in modo da ottenere il massimo della visibilità e della copertura in tutti i segmenti di popolazione con un uso di mezzi il più ampio possibile. In particolare ci si è avvalsi della televisione, della stampa, della radio, dell'affissione e del cinema. Secondo rilevazioni effettuate la campagna di comunicazione ha raggiunto in modo efficace i propri obiettivi, contribuendo in maniera rilevante a facilitare il changeover nell'interesse di tutti i cittadini italiani.
repertorio
Le tappe dell'unificazione europea
9 maggio 1950
Il ministro degli Esteri francese Robert Schuman, in un discorso elaborato insieme con l'economista e uomo politico francese Jean Monnet, che rappresenta il programma di base dell'integrazione politica europea, propone che la Francia, la Germania e ogni altro Stato europeo che lo desideri mettano in comune le loro risorse di carbone e acciaio. Il 3 giugno la dichiarazione viene sottoscritta da Belgio, Francia, Italia, Lussemburgo, Paesi Bassi, Repubblica Federale di Germania.
18 aprile 1951
Viene firmato a Parigi il trattato istitutivo della Comunità europea del carbone e dell'acciaio (CECA), cui partecipano i sei paesi che l'anno precedente hanno sottoscritto la dichiarazione Schuman. In base a questo trattato, il 10 febbraio 1953 viene instaurato per 155 milioni di consumatori un mercato comune del carbone, del minerale di ferro e dei rottami, esteso il 1° maggio all'acciaio e il 1° agosto 1954 agli acciai speciali. Vengono soppressi i dazi doganali e le restrizioni quantitative sulle materie prime.
27 maggio 1952
I paesi aderenti alla CECA firmano a Parigi il trattato istitutivo della Comunità europea di difesa (CED), che non diverrà mai esecutiva a causa della mancata ratifica da parte dell'Assemblea nazionale francese (30 agosto 1954).
1° gennaio 1953
Entra in vigore la prima imposta europea, il 'prelievo CECA' sulla produzione carbosiderurgica.
1°-2 giugno 1955
I ministri degli Esteri della CECA danno mandato a un comitato intergovernativo, presieduto dal belga Paul-Henri Spaak, di studiare la possibilità di creare un'unione economica generale e un'unione in campo nucleare. I progetti di trattati per la creazione della CEE e dell'Euratom verranno presentati e approvati nel maggio 1956.
25 marzo 1957
A Roma, in Campidoglio, vengono firmati da Belgio, Francia, Italia, Lussemburgo, Paesi Bassi, Repubblica Federale di Germania i trattati che istituiscono la Comunità economica europea (CEE) e la Comunità europea per l'energia atomica (CEEA, chiamata comunemente Euratom). La CEE si propone di promuovere, mediante l'instaurazione di un mercato comune, uno sviluppo armonico dell'attività economica nell'ambito della comunità, un più elevato tenore di vita per tutti e più strette relazioni fra gli Stati. Persegue pertanto la graduale abolizione dei dazi doganali tra i paesi membri, l'adozione di una tariffa unica nei confronti degli Stati terzi, la libera circolazione di uomini, servizi e capitali, l'instaurazione di politiche comuni nel settore dell'agricoltura e dei trasporti, l'armonizzazione della legislazione economica e la creazione di nuove risorse attraverso la valorizzazione delle regioni sottosviluppate e del potenziale di lavoro inutilizzato. L'Euratom ha il compito di contribuire all'elevazione del tenore di vita degli Stati membri e allo sviluppo degli scambi con gli altri paesi, creando le premesse necessarie per la formazione e il rapido incremento delle industrie nucleari. I due enti vengono ad aggiungersi alla Comunità europea del carbone e dell'acciaio. Anche se perseguono gli stessi obiettivi fondamentali e hanno due istituzioni in comune (l'Assemblea parlamentare e la Corte di giustizia), le tre organizzazioni operano ciascuna in maniera autonoma. I Trattati di Roma entrano in vigore il 1° gennaio 1958. Le Commissioni della CEE e dell'Euratom si insediano a Bruxelles, l'Assemblea parlamentare (che assumerà il nome di Parlamento Europeo nel marzo 1962) a Strasburgo, la Corte europea di giustizia a Lussemburgo.
30 luglio 1962
Entrano in vigore i primi regolamenti relativi alla Politica agricola comune (PAC), varata per istituire un mercato unico dei prodotti agricoli. È previsto inoltre uno strumento di solidarietà finanziaria: il Fondo europeo agricolo di orientamento e garanzia (FEAOG), che verrà istituito il 1° luglio 1964.
8 aprile 1965
Viene firmato a Bruxelles il trattato che prevede la fusione degli organi esecutivi delle tre Comunità Europee, con l'istituzione di un unico Consiglio e un'unica Commissione. I due organi opereranno conformemente alle norme che governano le singole Comunità. Il trattato entrerà in vigore il 1° luglio 1967.
1° luglio 1965
La Francia, in polemica con la proposta di adottare il sistema di votazione a maggioranza nelle decisioni del Consiglio, interrompe i negoziati sul finanziamento alla PAC. Per i sette mesi successivi attuerà la politica della 'sedia vuota', ritirando i suoi rappresentanti a tutti i livelli. La questione si risolverà il 28-29 giugno 1966 con il 'compromesso di Lussemburgo': la Francia tornerà a occupare il suo posto in cambio del mantenimento del voto di unanimità ogni volta che uno Stato consideri minacciato un proprio interesse vitale.
1° luglio 1968
Entra in vigore, con un anno e mezzo di anticipo rispetto ai tempi previsti dai Trattati di Roma del 1957, l'Unione doganale, in virtù della quale sono smantellate le barriere tariffarie doganali fra i paesi membri e una tariffa doganale comune sostituisce i dazi nazionali negli scambi con paesi terzi.
6 marzo 1970
Il Consiglio istituisce due comitati di esperti: il primo, presieduto da Pierre Werner, ha il compito di formulare proposte in merito alla realizzazione dell'Unione economica e monetaria; il secondo, presieduto da Étienne Davignon, è incaricato di elaborare proposte in materia di cooperazione politica. La relazione Davignon, che propone che l'Europa si esprima univocamente su tutte le principali questioni internazionali, sarà approvata il 27 ottobre successivo; il piano Werner, secondo il quale gli Stati membri devono introdurre misure di armonizzazione delle proprie politiche di bilancio e di riduzione dei margini di fluttuazione delle monete nazionali, sarà adottato il 22 marzo 1971.
22 aprile 1970
Viene firmato il Trattato di Lussemburgo, che prevede la graduale introduzione di un sistema di risorse proprie: la Comunità percepirà i dazi doganali sui prodotti importati da paesi terzi, prelievi sulle importazioni agricole, entrate provenienti dall'imposta sul valore aggiunto, una quota percentuale del PIL degli Stati membri. Sono estesi i poteri del Parlamento in materia di bilancio.
24 aprile 1972
Con l'accordo di Basilea è istituito il 'serpente' monetario, un sistema di cambi quasi fissi tra le monete europee, che limita al 2,25% lo scarto massimo di fluttuazione fra le valute.
1° gennaio 1973
Gran Bretagna, Irlanda e Danimarca aderiscono alle Comunità. Il trattato di adesione è stato firmato, il 22 gennaio 1972, anche dalla Norvegia, ma il popolo norvegese in un referendum si è espresso contro l'ingresso del paese nella CE.
9-10 dicembre 1974
Al vertice di Parigi, i capi di Stato e di governo decidono di riunirsi tre volte l'anno come Consiglio Europeo e approvano le elezioni del Parlamento Europeo a suffragio universale diretto.
25 ottobre 1977
A Lussemburgo si tiene la sessione costitutiva della Corte dei conti delle Comunità Europee, che sostituisce la commissione di controllo CEE ed Euratom e il revisore dei conti CECA.
4-5 dicembre 1978
Il Consiglio decide l'istituzione del Sistema monetario europeo (SME), basato sull'unità monetaria europea (ECU), una moneta nominale il cui valore è calcolato sulla base di un paniere di monete alla cui formazione concorre ciascuna moneta nazionale in rapporto al peso economico del paese. Lo SME, che prevede anche misure di sostegno monetario a breve termine e di assistenza finanziaria a medio termine, entrerà in vigore il 13 marzo 1979.
7-10 giugno 1979
Si tengono, secondo le leggi elettorali dei singoli paesi, le prime elezioni del Parlamento Europeo a suffragio universale diretto. Prima i deputati erano nominati dai Parlamenti nazionali. Nella prima sessione del nuovo Parlamento il 17 luglio è eletta presidente Simone Veil.
1° gennaio 1981
La Grecia diventa il decimo Stato membro della CE.
14 febbraio 1984
Il Parlamento Europeo adotta, su iniziativa di Altiero Spinelli, pioniere dell'europeismo e autore nel 1941 con Ernesto Rossi ed Eugenio Colorni del Manifesto di Ventotene alla base del programma del Movimento federalista europeo, il progetto di Trattato istitutivo dell'Unione Europea.
1° gennaio 1985
Inizia nella maggior parte degli Stati membri il rilascio dei primi passaporti europei.
14 giugno 1985
A Schengen (Lussemburgo) Francia, Germania, Belgio, Paesi Bassi e Lussemburgo firmano l'accordo per la progressiva soppressione dei controlli alle frontiere comuni. Successivamente aderiranno l'Italia (1990), la Spagna, il Portogallo e la Grecia (1991), l'Austria (1995), la Danimarca, la Finlandia e la Svezia (1996). L'Accordo prevede la graduale eliminazione dei controlli di identità alle frontiere intracomunitarie, unificando il sistema del controllo alle frontiere esterne.
1° gennaio 1986
Spagna e Portogallo aderiscono alla Comunità Europea.
17-18 febbraio 1986
A Lussemburgo e all'Aia viene firmato l'Atto unico europeo (AUE), che introduce importanti novità nei trattati istitutivi delle Comunità, estendendo le aree di competenza alla politica ambientale e a quella sociale, ampliando i poteri del Parlamento Europeo, rafforzando la cooperazione in politica estera nonché i poteri di gestione della Commissione mediante la semplificazione del processo decisionale. L'AUE entrerà in vigore il 1° luglio 1987.
27-28 giugno 1988
I capi di governo degli Stati membri affidano a un comitato composto dai governatori delle banche centrali, e presieduto da Jacques Delors, il compito di elaborare un progetto di creazione dell'Unione economica e monetaria (UEM). Il Rapporto Delors sarà approvato a Madrid nel giugno 1989.
8-9 dicembre 1989
Il Consiglio Europeo approva a Strasburgo - sotto forma di Dichiarazione e, pertanto, non vincolante - la Carta comunitaria dei diritti sociali fondamentali dei lavoratori. La Carta sancisce i principi su cui si fonda il modello europeo di diritto del lavoro e più in generale abbraccia tutta la tematica della socialità dalla libera circolazione all'occupazione, alla formazione professionale, alla sicurezza sociale, alla libertà di associazioni, alla protezione delle persone socialmente più deboli.
14-15 dicembre 1990
Il Consiglio Europeo, riunito in sessione speciale a Roma, avvia, secondo le indicazioni del progetto Spinelli, due Conferenze intergovernative, una dedicata all'unione economica e monetaria, l'altra sugli aspetti dell'unione politica. Le Conferenze si concluderanno nel dicembre 1991 a Maastricht, nei Paesi Bassi.
26 novembre 1991
La Comunità aderisce all'Organizzazione per l'alimentazione e l'agricoltura (FAO), diventando così la prima organizzazione di integrazione economica che sia membro a pieno titolo di un'agenzia specializzata delle Nazioni Unite.
7 febbraio 1992
A Maastricht è firmato il Trattato sull'Unione Europea (TUE), promosso dal cancelliere tedesco Helmut Kohl e dal presidente francese François Mitterrand. Il trattato trasforma la Comunità in un'Unione tra 12 paesi (diventeranno 15 nel 1995); fonda l'Unione economica e monetaria (UEM), basata sulla moneta unica e su una Banca centrale europea (BCE) indipendente; istituisce la cittadinanza dell'Unione; rafforza le capacità di intervento dell'Unione già previste dai trattati comunitari e le estende; formalizza il principio di sussidiarietà nell'intervento europeo e migliora i meccanismi istituzionali di decisione, attribuendo in particolare un potere di codecisione al Parlamento Europeo in alcune materie; innova i trattati comunitari, inserendo in essi due questioni essenziali per l'esistenza dell'Europa, cioè quella della politica estera e della sicurezza e quella degli affari interni e della giustizia. In particolare, nel fissare tempi e procedure di attuazione dell'Unione economica e monetaria, il trattato stabilisce i cosiddetti criteri di convergenza, cioè i parametri economici che i paesi devono rispettare per poter passare all'introduzione e all'adozione della moneta unica europea.
21-22 giugno 1993
Il Consiglio Europeo dichiara che i paesi associati dell'Europa centrale e orientale che lo desiderano potranno diventare membri a tutti gli effetti dell'Unione Europea non appena soddisferanno le condizioni economiche e politiche richieste per l'adesione.
1° novembre 1993
Ultimate tutte le procedure di ratifica (quella del Parlamento italiano viene votata il 29 ottobre 1992), entra in vigore il Trattato di Maastricht. L'Unione contemplata dal TUE non si sostituisce alle tre Comunità, ma si sovrappone a esse integrandole con nuove politiche e nuove forme di cooperazione, "con il compito di organizzare in modo coerente e solidale le relazioni fra gli Stati membri e fra i loro popoli". L'Unione Europea viene ad assumere una struttura complessa, comunemente descritta per immagini come un edificio che poggia su tre pilastri: le Comunità Europee, la Politica estera e di sicurezza comune (PESC) e la cooperazione nei settori della Giustizia e degli Affari Interni (GAI).
1° gennaio 1994
Nasce l'Istituto monetario europeo, cui è affidato il compito di rafforzare la cooperazione fra le Banche centrali europee e di coordinare le politiche monetarie, mettendo in atto i necessari presupposti per la creazione del Sistema europeo delle banche centrali (SEBC).
1° gennaio 1995
Austria, Finlandia e Svezia aderiscono all'Unione Europea. Con l'allargamento a 15 paesi membri, la popolazione complessiva dell'Unione sale a 370 milioni di cittadini.
15-16 dicembre 1995
Il Consiglio Europeo riunitosi a Madrid decide di chiamare 'euro' la moneta unica, fissandone l'entrata in vigore al 1° gennaio 1999 e affidando all'Istituto monetario il compito di mettere in atto i necessari lavori preparatori per la sua concreta introduzione.
16-17 giugno 1997
Ad Amsterdam il Consiglio Europeo adotta un Patto di stabilità e di crescita (PSC) che rafforza l'impegno dei paesi aderenti al mantenimento di finanze pubbliche sane, fissando le regole da applicare nel caso in cui uno o più paesi non rispettino i criteri dell'accordo di Maastricht. In particolare le regole del PSC stabiliscono che il rapporto deficit/PIL del 3%, fissato a Maastricht, può essere superato solo in via eccezionale (come nel caso di recessioni di particolare gravità); se il vincolo viene superato per altri motivi, il paese inadempiente è soggetto al pagamento di una 'multa' trattenuta in un deposito infruttifero per due anni.
1° ottobre 1997
È firmato il Trattato di Amsterdam, preceduto da una Conferenza intergovernativa riunitasi dal marzo 1996 al luglio 1997 con il fine di gettare le fondamenta di un'Unione più integrata anche nelle materie del secondo e terzo pilastro dell'Unione. In materia di sicurezza e di difesa il trattato prevede che 'strategie comuni' e 'azioni comuni' di politica estera possano essere decise solo all'unanimità; vengono istituite una Cellula di programmazione politica e tempestivo allarme e la figura di un Alto rappresentante per la politica estera e di sicurezza comune. Si stabilisce inoltre che le materie del terzo pilastro siano incluse nelle competenze della Corte di giustizia e che sia integrato nell'ordinamento comunitario il cosiddetto Accordo di Schengen.
12-13 dicembre 1997
Il Consiglio Europeo di Lussemburgo adotta le procedure necessarie ad avviare il processo di ampliamento dell'Unione, secondo i criteri esposti nel documento Agenda 2000, presentato in luglio dalla Commissione. Sono accolte positivamente le candidature di dieci paesi dell'Europa centrale e orientale, decidendo tuttavia di procedere in due tempi. Il 30 marzo 1998 saranno avviati i negoziati con sei paesi (Cipro, Estonia, Ungheria, Polonia, Repubblica ceca e Slovenia). Altri cinque paesi dell'Europa orientale (Bulgaria, Lettonia, Lituania, Romania e Slovacchia) e Malta potranno raggiungere quelli del 'primo tempo', se si riterrà che le loro riforme progrediscono con la dovuta rapidità.
3 maggio 1998
Al vertice di Bruxelles il Consiglio Europeo decide all'unanimità che undici paesi dell'UE (Austria, Belgio, Finlandia, Francia, Germania, Irlanda, Italia, Lussemburgo, Paesi Bassi, Portogallo e Spagna) soddisfano le condizioni necessarie per l'adozione dell'euro dal 1° gennaio 1999. La Grecia, nonostante i progressi ottenuti per avvicinarsi ai criteri di convergenza, è lasciata fuori dal gruppo iniziale; Gran Bretagna, Danimarca e Svezia hanno scelto di non aderire alla fase finale del processo di unificazione monetaria. Il 26 maggio i governi degli undici paesi nominano il presidente, il vicepresidente e quattro altri membri del comitato esecutivo della Banca centrale europea (BCE), con effetto dal 1° giugno 1998. Questa data segna la nascita della BCE che, insieme alle banche centrali degli altri paesi dell'UE, costituisce il Sistema europeo della banche centrali cui è demandata la responsabilità di formulare e attuare una politica monetaria unica. Con la nascita della BCE l'Istituto monetario europeo conclude i suoi compiti.
1° gennaio 1999
Con la definitiva adozione dell'euro come moneta ufficiale da parte degli undici paesi in regola con i criteri di Maastricht, sono fissati i tassi di conversione fra le valute nazionali e l'euro; contemporaneamente cessa di esistere l'ECU. A partire da questa data, l'euro è impiegabile per tutti i pagamenti che non richiedono l'uso del contante e i paesi aderenti emettono titoli del debito pubblico denominati in euro.
15-16 ottobre 1999
Il Consiglio Europeo, riunito in un vertice speciale a Tampere (Finlandia), concorda orientamenti e priorità politiche riguardanti in particolare il diritto di asilo, l'immigrazione, l'accesso alla giustizia e la lotta alla criminalità. Sono inoltre adottate decisioni relative alle modalità di elaborazione del progetto di Carta dei diritti fondamentali dell'Unione Europea.
10-11 dicembre 1999
Il Consiglio Europeo di Helsinki decide di aprire il negoziato anche con Lettonia, Lituania, Bulgaria, Romania, Slovacchia e Malta. Con l'ingresso di questi paesi del 'secondo tempo', il numero dei paesi membri dell'Unione salirà da 15 a 27 e la popolazione complessiva da 370 a 480 milioni di abitanti. Viene stabilito anche di iniziare conversazioni preliminari con la Turchia.
14 novembre 2000
Il Parlamento di Strasburgo approva, con 410 voti a favore, 93 contrari e 7 astenuti, la Carta dei diritti fondamentali dell'Unione Europea, dando mandato alla presidente Nicole Fontaine di proclamarla durante il vertice di Nizza fissato per il dicembre successivo. La Carta è il frutto dei lavori di una Convenzione composta da membri del Parlamento Europeo e dei Parlamenti nazionali, dai delegati dei capi di Stato o di governo e dal presidente della Commissione Europea. La Convenzione ha iniziato i suoi lavori il 17 dicembre 1999 e li ha conclusi il 2 ottobre 2000.
7-11 dicembre 2000
I lavori del Consiglio Europeo di Nizza, aperti con la firma della Carta dei diritti fondamentali, si concludono con un accordo su un nuovo trattato che modifica sostanzialmente quello di Amsterdam del 1997 e definisce il funzionamento delle istituzioni dell'Unione in vista del suo allargamento. Il punto più importante dell'accordo riguarda la nuova ripartizione dei seggi al Parlamento Europeo e la riponderazione dei voti spettanti ai vari paesi membri nel Consiglio Europeo dei ministri. Il Trattato di Nizza verrà firmato il 26 febbraio 2001, per passare poi alla ratifica dei Parlamenti degli Stati membri.
1° gennaio 2001
La Grecia entra nella zona euro, portando così a 12 il numero degli Stati partecipanti.
15 dicembre 2001
Nel corso del Consiglio Europeo di Laeken, Belgio, viene varata la Convenzione per la riforma dei Trattati, organismo consultivo incaricato di stendere una Carta Costituzionale e di ridefinire competenze e rapporti tra strutture comunitarie e nazionali anche alla luce dell'allargamento dell'Unione. I lavori della Convenzione si concluderanno nell'estate del 2003, quando le sue proposte passeranno al vaglio del Consiglio d'Europa.
1° gennaio 2002
Nei 12 paesi aderenti all'Unione economica e monetaria europea entrano in circolazione le banconote e le monete metalliche in euro e cominciano a essere ritirate le banconote e monete nazionali: inizia un breve periodo di doppia circolazione, di durata variabile a seconda dei paesi membri, che si conclude comunque per tutti entro il 28 febbraio. Nell'Unione Europea vi sono tre istituzioni principali, a favore delle quali gli Stati membri operano una delega di sovranità: il Parlamento Europeo, il Consiglio dell'Unione Europea, la Commissione Europea. A esse si affiancano altre due istituzioni: la Corte di giustizia e la Corte dei conti. Le istituzioni esercitano le funzioni tipiche di un'organizzazione politica statuale e cioè quelle legislative, esecutive e giudiziarie. La struttura è poi completata da cinque organi: la Banca centrale europea, il Comitato economico e sociale, il Comitato delle regioni, la Banca europea per gli investimenti, il Mediatore europeo.
repertorio
il sistema istituzionale dell'unione europea
Il Parlamento Europeo
Si compone attualmente di 626 membri: i seggi sono ripartiti secondo criteri di proporzionalità nazionale (Germania 99; Francia, Italia, Regno Unito 87 ciascuno; Spagna 64; Paesi Bassi 31; Belgio, Grecia e Portogallo 25 ciascuno; Svezia 22; Austria 21; Danimarca e Finlandia 16 ciascuno; Irlanda 15; Lussemburgo 6). La Conferenza intergovernativa che ha concluso i suoi lavori a Nizza l'11 dicembre 2000 ha proceduto a una nuova ripartizione di seggi nella prospettiva di un'Unione comprendente 27 paesi membri. Il numero massimo di deputati europei, attualmente fissato a 700, è stato portato a 732, mentre il numero di seggi attribuiti agli Stati membri attuali è stato diminuito di 91 seggi (da 626 a 535). Solo Germania e Lussemburgo conservano lo stesso numero di deputati. Tale riduzione sarà integralmente applicabile solo per l'assemblea eletta nel 2009.
Per una lunga fase storica i rappresentanti al Parlamento Europeo sono stati designati dai rispettivi Parlamenti nazionali; dal 1979 invece sono eletti direttamente dai cittadini europei attraverso libere consultazioni che si svolgono a scadenza fissa ogni cinque anni. Il sistema elettorale, in attesa che venga varata una procedura uniforme, è regolato sulla base della normativa emanata da ciascun paese. In Italia la legge elettorale prevede la suddivisione del territorio in cinque circoscrizioni, l'adozione dello scrutinio di lista e della rappresentanza proporzionale.
Capo del Parlamento è il presidente, affiancato da un ufficio di presidenza, composto di 14 membri. I deputati sono divisi in commissioni incaricate di istruire le questioni che vengono loro assegnate per competenza. Il Parlamento tiene una sessione continua della durata di un anno; in particolare si riunisce per una settimana ogni mese, eccetto il mese di agosto. Si riunisce in seduta plenaria a Strasburgo, mentre le commissioni svolgono il loro lavoro di preferenza a Bruxelles e il Segretariato generale e i servizi amministrativi sono installati a Lussemburgo. I membri del Parlamento non siedono in assemblea secondo la loro origine nazionale ma in gruppi che essi stessi formano secondo criteri di affinità politica e ideologica.
I Trattati di Roma del 1957 assegnavano al Parlamento soltanto un ruolo di carattere consultivo, attribuendo alla Commissione il compito di proporre e al Consiglio dei ministri quello di decidere la legislazione da adottare. I trattati successivi hanno rafforzato l'influenza del Parlamento sull'attività legislativa comunitaria. In particolare sono previste: una procedura di consultazione, secondo la quale il Parlamento formula un parere prima dell'adozione da parte del Consiglio di una proposta legislativa presentata dalla Commissione; una procedura di cooperazione, che consente al Parlamento di modificare, con i propri emendamenti, le proposte di atti legislativi; una procedura di codecisione, applicata in svariati campi (libertà di circolazione, protezione dei consumatori, istruzione, cultura, sanità, reti transeuropee), che pone su un piede di parità, nel processo legislativo, il Parlamento e il Consiglio ed esita nell'adozione di atti comuni. Il parere conforme del Parlamento è previsto per gli accordi internazionali importanti, quali per es. l'adesione di nuovi Stati membri o gli accordi di associazione con paesi terzi. Il Parlamento, inoltre, condivide con il Consiglio il potere di bilancio: adotta il bilancio annuale nella sua completezza e può modificare le spese comunitarie. Esercita, infine, un potere di controllo democratico sull'operato della Commissione, del Consiglio dei ministri e del Consiglio Europeo; in situazioni estreme può approvare una mozione di censura nei confronti della Commissione, obbligandola a dimettersi.
Il Consiglio
Il Consiglio dei ministri dell'Unione Europea è formato da rappresentanti degli Stati membri, in numero di uno per ciascuno di essi e su delega dei rispettivi governi. Esso quindi consta di tanti membri quanti sono gli Stati comunitari. Il tipo di composizione varia, tuttavia, di volta in volta, in relazione alle questioni da esaminare. Sono così i ministri degli Affari Esteri a riunirsi in sede di Consiglio se è programmato l'esame di problemi di politica generale, mentre sono i titolari dei dicasteri dell'Agricoltura, Trasporti, Industria e così via, se occorre varare provvedimenti rientranti nella loro sfera di competenza. I membri del Consiglio sono politicamente responsabili dinanzi ai rispettivi Parlamenti nazionali. La presidenza del Consiglio è assicurata, a turno, con rinnovo semestrale, da ciascuno Stato membro. Il Consiglio, che si riunisce periodicamente, è rappresentato con continuità dal Comitato dei rappresentanti permanenti, che ha il compito di preparare i lavori del Consiglio e di eseguirne i mandati. Il Comitato riunisce gli ambasciatori degli Stati membri accreditati presso la Comunità: ciascuna rappresentanza diplomatica comprende funzionari di diversi ministeri per la necessità di assicurare una conveniente istruzione tecnica ai problemi sottoposti all'attenzione del Consiglio.
Il Consiglio è il principale organo decisionale dell'Unione Europea. Svolge diverse funzioni fondamentali: è l'organo legislativo dell'Unione, in codecisione con il Parlamento Europeo per un ampio spettro di competenze comunitarie; coordina le politiche economiche generali degli Stati membri; conclude, a nome della Comunità, accordi internazionali con Stati od organizzazioni internazionali; condivide il potere di bilancio con il Parlamento; prende le decisioni necessarie alla definizione e all'attuazione della politica estera e di sicurezza comune; coordina le azioni degli Stati membri e adotta misure nel settore della cooperazione giudiziaria e di polizia in materia penale.
Per quanto riguarda il sistema di adozione delle decisioni in seno al Consiglio, l'accordo raggiunto al vertice di Nizza del dicembre 2000 ha apportato importanti modifiche sia a proposito del criterio, che su una serie determinata di questioni è passato dall'unanimità alla maggioranza qualificata, sia a proposito del numero dei voti attribuiti a ciascuno Stato, assicurando una quota più consistente agli Stati più popolosi (complessivamente, il peso dei cinque Stati membri maggiori per popolazione è passato dal 55% dei voti al 60%).
A seguito dell'entrata in vigore dell'AUE del 1986, la Comunità si è arricchita formalmente di una nuova espressione istituzionale: il Consiglio Europeo, che riunisce i capi di Stato o di governo degli Stati membri nonché il Presidente della Commissione delle Comunità Europee, assistiti dai ministri degli Affari Esteri e da un membro della Commissione. Si riunisce almeno due volte l'anno (generalmente nei mesi di giugno e di dicembre), ospitato dallo Stato che esercita la presidenza del Consiglio, e siede anche quale Consiglio della Comunità e a titolo di 'cooperazione politica', come istanza suprema nella definizione dell'indirizzo programmatico generale della Comunità. La cooperazione politica, in particolare, mira ad assicurare, riguardo a ogni problema di politica estera, la convergenza delle posizioni nazionali e la realizzazione di azioni comuni. Ai lavori del Consiglio Europeo è associata, a pieno titolo, la Commissione, mentre è riservata 'debita considerazione' alle opinioni espresse dal Parlamento.
La Commissione
Si compone di 20 membri scelti tra i cittadini dei 15 paesi dell'Unione (2 per ciascuno dei cinque paesi maggiori, 1 per ciascuno dei rimanenti) in base alla loro capacità e per le garanzie di indipendenza che offrono. Il presidente viene designato, previa consultazione del Parlamento Europeo, dai governi degli Stati membri, i quali di concerto con lo stesso presidente scelgono gli altri componenti. Presidente e membri si sottopongono a un voto di approvazione da parte del Parlamento Europeo, ottenuto il quale sono formalmente nominati dai governi degli Stati membri, con mandato quinquennale rinnovabile. Al momento dell'insediamento i componenti provvedono alla ripartizione degli incarichi, che si sostanziano essenzialmente nella supervisione di particolari settori dell'amministrazione. Tale suddivisione non determina una competenza specifica del commissario come, d'altra parte, esclude la sua responsabilità politica per la gestione del compito particolare affidatogli. Essendo infatti la Commissione un organo collegiale, le sue decisioni (che sono sempre prese a maggioranza assoluta) si intendono riferite all'istituzione nel suo complesso.
La Commissione è l'istituzione garante del processo d'integrazione. La specificità del ruolo da essa svolto si desume dalla varietà di competenze di ordine esecutivo, e in alcuni casi anche normativo, che le sono attribuite. Tali competenze possono essere raggruppate in quattro funzioni principali. La funzione di vigilanza riguarda il controllo sull'applicazione delle norme del Trattato e degli atti da esso derivanti; per questo compito la Commissione dispone anche del potere di perseguire le infrazioni commesse dagli Stati membri. La funzione decisionale e di iniziativa consiste in un potere di normazione su delega del Consiglio nonché nella capacità di emanare atti non vincolanti e cioè raccomandazioni e pareri, e nella formulazione di proposte che costituisce il primo essenziale passo nel meccanismo di formazione degli atti comunitari. La funzione esecutiva si articola in varie competenze, per assolvere le quali la Commissione dispone di una struttura amministrativa ben organizzata, articolata in molteplici direzioni e servizi (la cosiddetta eurocrazia). Infine la funzione di rappresentanza è la capacità di rappresentare la Comunità nella sua interezza, sia sotto il profilo politico-diplomatico (accreditamento presso Stati terzi od organizzazioni internazionali) sia in sede giurisdizionale (quale parte attrice o convenuta nei giudizi davanti alle Corti nazionali).
Corte di giustizia
La Corte di giustizia è l'organo giurisdizionale unico per le tre Comunità; essa si compone di 13 membri ed è assistita da sei avvocati generali. I giudici e gli avvocati generali sono scelti, per un periodo di sei anni, rinnovabile, tra le personalità che offrano tutte le garanzie di indipendenza e che esercitino nei rispettivi paesi le più alte funzioni giurisdizionali o siano giureconsulti di notoria competenza. La Corte si riunisce in seduta plenaria quando è investita di questioni sottopostele dal Consiglio o dalla Commissione o quando deve pronunciarsi in via pregiudiziale; negli altri casi si riunisce in sezioni, ciascuna formata da tre o cinque giudici.
Nel 1989 alla Corte è stato affiancato il Tribunale di primo grado con la funzione di esaminare i ricorsi di carattere amministrativo, soprattutto quelli relativi alle controversie che si instaurano tra le istituzioni comunitarie e il personale in esse impiegato; per i membri di questo tribunale valgono le stesse regole di eleggibilità che sono in vigore per la Corte.
Riguardo alla giurisdizione della Corte, suole farsi una distinzione tra 'giurisdizione contenziosa', che comprende principalmente il giudizio sulla violazione degli obblighi CEE da parte degli Stati, il controllo di legittimità degli atti, il giudizio sul comportamento omissivo delle istituzioni, e 'giurisdizione non contenziosa', che comprende il giudizio, in via pregiudiziale, sull'interpretazione del Trattato e sulla validità degli atti. Circa il giudizio sulla violazione degli obblighi comunitari da parte degli Stati, è da rilevare che il giudizio della Corte si limita a constatare l'inadempienza, ma non stabilisce le modalità di integrazione del diritto; spetta infatti allo Stato interessato adottare i provvedimenti che l'esecuzione della sentenza della Corte importa. Una nuova formulazione del TUE consente ora alla Corte di giustizia di comminare allo Stato che eventualmente non si sia conformato alla sentenza il pagamento di una somma forfettaria o di una penalità. La giurisdizione della Corte relativa al controllo di legittimità si esplica sugli atti a carattere obbligatorio del Consiglio, della Commissione e della Banca centrale europea (BCE), nonché sugli atti del Parlamento Europeo destinati a produrre effetti giuridici nei confronti di terzi. Nell'esercizio di questa sua competenza la Corte assolve a una duplice funzione: di garanzia costituzionale quando esamina un atto del Consiglio di natura legislativa alla luce dei principi del Trattato, e di giudice amministrativo quando si pronuncia su un provvedimento amministrativo della Commissione. Possono proporre ricorso alla Corte gli Stati membri, il Consiglio, la Commissione, il Parlamento e la BCE per salvaguardare le proprie prerogative, e anche le persone fisiche e giuridiche, ma solo in relazione ad atti di natura amministrativa che li riguardino direttamente e individualmente.
Corte dei conti
La Corte dei conti europea, entrata in funzione nel 1977, ha il compito principale di controllare la corretta esecuzione del bilancio dell'Unione Europea, al duplice fine di migliorarne i risultati e di rendere conto al cittadino europeo dell'utilizzo del denaro pubblico da parte delle autorità responsabili della gestione. Si compone di un collegio di 15 membri, uno per Stato, nominati per un periodo di sei anni. Essi devono offrire tutte le garanzie di indipendenza e possedere qualifiche specifiche nel campo del controllo esterno delle finanze. In particolare la Corte ha il compito di esaminare i conti di tutte le entrate e le spese delle istituzioni e di ogni organismo creato dalla Comunità. Esercita un controllo a posteriori nel senso che le operazioni finanziarie della Comunità non sono soggette a preventiva approvazione o registrazione da parte dell'istituto contabile. La Corte svolge una relazione annuale sull'esercizio finanziario e sull'esecuzione del bilancio, nella quale esprime le sue osservazioni sulla gestione contabile delle singole istituzioni.
Altri organi
La Banca centrale europea, inaugurata nel giugno 1998, ha il compito di dare attuazione alla politica monetaria europea. I suoi organi decisionali (Consiglio direttivo e Comitato esecutivo) dirigono il Sistema europeo delle banche centrali (SEBC), il cui compito è di gestire la massa monetaria, condurre operazioni di cambio, detenere e gestire le riserve ufficiali di cambio degli Stati membri e provvedere al buon funzionamento dei sistemi di pagamento. Del Consiglio direttivo fanno parte i membri del Comitato esecutivo e i governatori delle Banche centrali dei paesi dell'area dell'euro. Il Comitato esecutivo è composto dal presidente, dal vicepresidente e da altri quattro membri, scelti per la loro autorevolezza ed esperienza in campo bancario dai governi degli Stati, su raccomandazione del Consiglio Europeo.
Il Comitato economico e sociale è composto di 222 membri, ripartiti in tre categorie: datori di lavoro, lavoratori e rappresentanti di attività specifiche (agricoltori, artigiani, piccole e medie imprese e industrie, professioni liberali, rappresentanti dei consumatori, della comunità scientifica e pedagogica, dell'economia sociale, delle famiglie, dei movimenti ecologici). Dall'entrata in vigore del trattato di Amsterdam, il Comitato deve essere consultato obbligatoriamente in merito a temi di politica economica e sociale (per es. nuova politica in materia di occupazione, questioni sociali, sanità pubblica). Può inoltre elaborare pareri di propria iniziativa su materie che ritiene importanti.
Il Comitato delle regioni, istituito dal Trattato di Maastricht, è composto di 222 rappresentanti delle collettività regionali e locali, nominati per quattro anni dal Consiglio, che delibera all'unanimità, su proposta degli Stati membri. Il Comitato è consultato dal Consiglio o dalla Commissione in settori che investono interessi regionali, in particolare l'istruzione, la gioventù, la sanità pubblica, la coesione economica e sociale. Dall'entrata in vigore del trattato di Amsterdam, deve essere consultato obbligatoriamente in merito a un numero più vasto di settori: ambiente, formazione professionale, cooperazione transfrontaliera e trasporti. La Banca europea per gli investimenti (BEI), fondata nel 1958, è l'istituzione finanziaria dell'Unione Europea. Ha la missione di contribuire, mediante il finanziamento di progetti mirati, all'integrazione, allo sviluppo equilibrato e alla coesione economica e sociale degli Stati membri. Al di fuori dall'Unione, provvede agli aspetti finanziari degli accordi conclusi nel quadro delle politiche europee di aiuto e di cooperazione allo sviluppo.
Il Mediatore europeo, nominato dal Parlamento europeo dopo ogni elezione di quest'ultimo e per la durata della legislatura, è abilitato a ricevere le denunce di qualsiasi persona fisica o giuridica che risieda o abbia la sede sociale in uno Stato membro, che riguardino casi di cattiva amministrazione nell'operato delle istituzioni o degli organi comunitari (salvo la Corte di giustizia e il Tribunale di primo grado nell'esercizio delle loro funzioni giurisdizionali). Qualora constati un caso di cattiva amministrazione, il Mediatore ne investe l'istituzione interessata, procede alle indagini che ritiene necessarie, ricerca una soluzione che possa rimuovere il problema e propone eventualmente progetti di raccomandazione cui l'istituzione è tenuta a rispondere entro tre mesi, attraverso un parere circostanziato. Al termine di ciascuna sessione annuale del Parlamento europeo, il Mediatore presenta una relazione.