LARGHI, Eusebio Bernardino
Nacque a Vercelli, da Francesco e da Maria Giudice, il 27 febbr. 1812. Iscrittosi alla facoltà di medicina e chirurgia dell'Università di Torino vi conseguì il diploma in chirurgia minore il 22 nov. 1832 e la laurea in chirurgia il 25 giugno 1833; poco dopo, nel luglio 1836, si laureò in medicina presso l'Università di Genova. Iniziò l'attività chirurgica privatamente, in un dispensario e in una piccola infermeria allestiti nella propria abitazione. Entrato nel 1838 nell'ospedale Maggiore di Vercelli come assistente onorario, in breve tempo seppe far valere le proprie capacità professionali, tanto che l'amministrazione del nosocomio gli mise a disposizione adeguati locali per esercitare la chirurgia. Nominato primario chirurgo nel 1844, incarico che conservò per tutta la vita, nel 1860 l'Università di Torino istituì per lui una seconda cattedra di clinica chirurgica.
Il L. fu un operatore abile e ardito, e si segnalò soprattutto per l'originale e importante contributo recato alla chirurgia ossea.
Ancora studente, aveva condotto osservazioni sulla possibilità di distaccare l'osso dal periostio, che, rimanendo in sito, conserva inalterati i rapporti con le parti molli circostanti, garantendo l'integrità delle inserzioni muscolari e degli apporti nutritizi ematici. Concepì allora l'idea di procedere nelle osteotomie alla cosiddetta resezione sottoperiostea, che eseguì per la prima volta nel 1844 nel corso di una resezione femorale con l'intento di adottare una tecnica chirurgica eminentemente conservativa. I risultati dell'intervento andarono oltre le sue aspettative, in quanto poté osservare il fenomeno già segnalato nel XVIII secolo dal chirurgo napoletano M. Troja: il fatto che dal periostio distaccato dall'osso e lasciato in sito aveva inizio una neoformazione ossea. Ripeté l'intervento l'anno seguente in un ragazzo di 12 anni affetto da carie costale, quindi in un quattordicenne con osteomielite suppurata della branca ileopubica e di parte dell'ileo e in un adulto di 27 anni portatore di osteomielite cronica fistolizzata dell'omero: in tutti i casi, nel giro di pochi mesi dopo l'intervento, l'osso asportato era più o meno completamente rigenerato (Estirpazione o rescissione delle ossa convertita nell'estrazione della loro parte ossea rigenerata dal periostio conservato, in Giorn. delle scienze mediche, X [1847], pp. 512-520; Resezione delle costole convertita nell'estrazione della loro parte ossea, ibid., pp. 521-529; De l'extraction sous-périostée et de la reproduction des os; extraction sous-périostée en particulier, in Gazette médicale de Paris, s. 3, XVII [1847], 2, pp. 434-437). Le reazioni del mondo medico al concetto enunciato dal L. (rigenerazione ossea dal periostio) oscillarono dall'incredulità alla entusiastica accettazione, ma in breve la nuova tecnica si affermò e fu largamente impiegata. Il L. nel 1849 introdusse una nuova tecnica di amputazione degli arti basata sulla combinazione di un taglio circolare e uno breve longitudinale per facilitare l'estrazione sottoperiostea (Taglio perpendicolare-longitudinale per le amputazioni delle membra umane, in Giorn. della R. Acc. medico-chirurgica di Torino, s. 2, II [1849], 5, pp. 385-398); applicò la stessa metodica per la resezione della testa del femore e la disarticolazione coxofemorale (Incisione unica per la rescissione della testa del femore e per la disarticolazione della coscia dal bacino. Nuovo processo, ibid., VIII [1855], 23, pp. 337-354) e propose per la disarticolazione dell'omero l'incisione interdeltoidea (Fungo del braccio. Disgiungimento [disarticolazione] del braccio dalla spalla per incisione interdeltoidea, ibid., pp. 355-360). Nell'arco di un decennio, dal 1850 al 1860, eseguì numerosissimi interventi osteotomici con la tecnica da lui introdotta, acquistando in breve notorietà in Italia e all'estero, soprattutto in Francia; nel 1852 resecò una mandibola con l'intero condilo, lasciando in sito, oltre al periostio, anche la capsula articolare e conservando le inserzioni muscolari periarticolari, nell'intento di stimolare la formazione di una neoartrosi rivestita da tessuto condroide in grado di assicurare una soddisfacente funzione (Cenni sull'estrazione e disarticolazione sottoperiostea della porzione destra della mascella inferiore affetta da necrosi, ibid., VI [1853], 17, pp. 49-65). Per l'esecuzione di tali interventi il L. introdusse nello strumentario chirurgico particolari taglienti triangolari o ricurvi che chiamò "sgusciatori" e indicò linee obbligate di incisione e accesso ai vari segmenti ossei e alle articolazioni, i cosiddetti "regoli operativi", per poter facilmente scollare il periostio ed estrarre il segmento osseo leso nonché l'uso del nitrato d'argento e favorire il processo di guarigione (Operazioni sottoperiostèe e sottocassulari, ibid., VIII [1855-56], 24, pp. 19-80, 131-169, 302-345, 410-461; IX [1856], 25, pp. 3-10, 26, pp. 350-376, 500-506; 27, pp. 98-130; XI [1858], 31, pp. 422-428, 467-482; 32, pp. 225-248).
Al L. spetta dunque anche il merito di aver adottato il sistema di trattamento delle lesioni muscolo-scheletriche e articolari di natura infettivo-infiammatoria conseguenti a traumatismi, poi anche di quelle neoplastiche, mediante il nitrato d'argento: per via di appositi cannelli introduceva adeguatamente il composto che, lasciato fondere con la parte malata, ne provocava la necrosi e la successiva eliminazione, ostacolando la suppurazione e favorendo la rigenerazione (Istorie di malattie delle ossa e delle articolazioni curate con il nitrato d'argento, in Gazz. medica italiana. Provincie sarde, s. 2, XII [1861], 11, pp. 179 s., 185 s., 193-195, 209-211, 217-219, 233-235, 241-243, 249-251, 255-261, 265-267, 273-276, 281-285). La sfortunata giornata di Novara della campagna militare del 1849 gli offrì l'occasione di impiegare tale metodo terapeutico sui numerosi feriti trasportati a Vercelli; successivamente lo utilizzò anche nel trattamento di altre patologie, quali il gozzo cistico (Gozzo cistico a spesse pareti guarito col perforamento e colle cauterizzazioni di nitrato d'argento, in Giorn. della R. Acc. medico-chirurgica di Torino, s. 2, IX [1856], 25, pp. 3-10; Del gozzo curato con incisione cutanea e colla cauterizzazione con nitrato d'argento, in Ann. universali di medicina, LX [1874], 227, pp. 260-292; 228, pp. 183-207).
Importanti contributi recò il L. all'ortopedia, come il metodo della controtrazione nella riduzione delle fratture del collo del femore (Peso alla gamba ed al piede e piano ascendente per le fratture del collo del femore ed infratrocanteriche, in Gazz. medica italiana. Provincie sarde, s. 2, XII [1861], pp. 409-412) e la prolungata e ripetuta estensione manuale in luogo della tenotomia nel trattamento delle deformità in flesso-estensione degli arti congenite o acquisite (Dell'estensione manuale per la cura delle parti contratte, sostituita alla tenotomia, ibid., XIII [1862], pp. 1-3, 9-11, 17-49).
Dell'attività chirurgica del L. si ricordano ancora: l'intervento di cistotomia mediante un'unica incisione (Cistotomia perineale ad un sol tratto, Vercelli 1844; Cistotomia bilaterale ad un sol tratto, previa puntura, in Giorn. della R. Acc. medico-chirurgica di Torino, s. 2, V [1852], 14, pp. 289-308; Nuovo processo per operare la litotomia lateralizzata o litotomia lateralizzata eseguita con una sola lama del litotomo di Dupuytren, ibid., s. 3, XXXVII [1874], pp. 337-342); l'asportazione delle tonsille ipertrofiche, che riteneva essere causa di anemia, mediante snocciolamento digitale, metodo più sicuro ed efficace dell'operazione strumentale (Estrazione delle tonsille per mezzo dell'indice. Ipertrofia della tonsilla sinistra; snocciolamento della medesima per mezzo dell'indice, in Gazz. medica italiana. Provincie sarde, s. 2, XII [1861], pp. 417 s.); la descrizione di un segno patognomonico della perforazione delle ulceri gastriche e duodenali, il gorgoglio del liquido che si riversa nel cavo peritoneale, che aveva già osservato nei primi anni di attività (Segno patognomonico delle ulceri perforanti del ventricolo o del duodeno, in Ann. universali di medicina, LII [1866], 195, pp. 576-588); lo sfiancamento manuale dei cingoli costrittori nella terapia delle ernie inguinale e crurale strozzate (Della riduzione delle ernie strozzate per mezzo dello sfiancamento e rottura dei cingoli costrittori, in Gazz. medica italiana. Provincie sarde, s. 2, XIII [1862], pp. 33-36, 41-46; Istorie delle ernie ridotte coll'antico taxis o collo sfiancamento o rottura dei cingoli costrittori, ibid., pp. 59-64, 67-70, 76-78); la progressiva dilatazione del prepuzio ottenuta, anziché con la circoncisione, mediante l'inserimento di candelette coniche tra glande e prepuzio stesso nel trattamento della fimosi (Dilatazione del fimosi per le candelette e per il ghiande retrostante, in Giorn. della R. Acc. medico-chirurgica di Torino, s. 2, IX [1856], 27, pp. 131-139).
Il L. offrì una panoramica completa della sua intensa attività chirurgica nel libro Clinica chirurgica, edito a Torino nel 1861, e ne operò una sintesi in Osservazioni chirurgiche, pubblicate in Annali universali di medicina, LII (1866), 196, pp. 127-144, 541-566; LIII (1867), 200, pp. 342-368; 201, pp. 83-121, 465-509; LIV (1868), 203, pp. 290-317; LV (1869), 207, pp. 102-133.
Interamente dedito alla professione, socio dell'Accademia medico chirurgica di Torino, il L. fu amareggiato da una penosa vicenda giudiziaria legata a debiti contratti da un suo fratello prematuramente scomparso. Ritiratosi dagli incarichi, ridotto quasi in miseria, verso la conclusione della sua vita fu nominato conservatore del vaccino.
Il L. morì a Vercelli il 2 genn. 1877.
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