CABASSI, Eustachio
Nacque a Carpi il 26 dic. 1730 da Bernardino e da Giulia Euride Benetti. Rimasto orfano di padre nel 1734, ricevette i primi rudimenti di educazione dalla madre, donna di una certa cultura. Nel 1745 entrò nella Congregazione dell'Annunciata di Carpi e nel 1748 fu ammesso al collegio dei nobili di Ravenna tenuto dai gesuiti. Qui, seguendo il desiderio della madre, ricevette il 20 dic. 1748 la tonsura.
Sebbene di ingegno non superiore alla media, il C., spinto da un vivace spirito di emulazione, si distinse presto per l'amore alle lettere e alla scena. Nel 1750 chiese l'aggregazione all'Accademia degli Apparenti di Carpi (che ottenne nel 1756) e nel 1754 fu ascritto all'Accademia dei Provvidi di Ravenna. Compose inoltre diversi sonetti e recitò nella maggior parte delle commedie messe in scena, secondo il costume dell'epoca, nel collegio stesso. L'educazione impartitagli peccò di eclettismo e di superficialità, ma gli lasciò il gusto delle lettere e delle memorie patrie, nonché un certo piacere del poetare che lo spinse a comporre diverse tragedie rappresentate, a Carpi, con un certo successo.
Dimesso dal collegio nel 1754, il C. tornò in Carpi, ma constatata l'esiguità del patrimonio, dovuta in parte anche alle ingenti spese sostenute per mantenere l'elevato tenore di vita del collegio, decise di indirizzare i suoi studi verso uno sbocco pratico, iscrivendosi al corso di istituzioni civili e canoniche presso l'università di Reggio Emilia, ove si laureò nel 1757. Frattanto non lasciava gli studi prediletti. Già nel 1756 aveva pubblicato a Carpi i versi di una Cantata per musica, musicata da A. Fontana, che fu eseguita in pubblico nella chiesa di S. Maria dei Servi. Dopo la laurea fece rappresentare una sua tragedia di ambiente romano Tucia (1759) che ebbe un certo successo, ma rimase inedita. Scrisse, successivamente, la favola boschereccia Clodoalde 1761, rappresentata nel 1769, inedita), in parte autobiografica, e la tragedia Rosimonda in Ravenna (1777, anch'essa rimasta inedita), tratta da leggende longobarde, rappresentata anche fuori Carpi. Compose, inoltre, numerosi sonetti e canzoni di cui non è rimasta nessuna fama, nati com'erano più da una certa facilità a verseggiare e da un certo tipo di cultura e di gusto che da un autentico sentimento poetico.
Per rimettere in sesto il proprio patrimonio, gravemente compromesso, il B., nel 1760, contrasse matrimonio con Maria Anna Marscialò, fornita di ricchissima dote. Venuto in dissenso con la famiglia e soprattutto con la madre per questioni di interesse, subito dopo il matrimonio si trasferì a Reggio Emilia, con la speranza di ottenere un posto per mezzo delle influenti amicizie contratte durante gli anni di collegio. Ben presto però, riconciliatosi con la madre, cui rimase poi sempre molto legato, rinunciò a tale proposito e tornò a Carpi, stabilendovisi definitivamente e iniziando quelle ricerche di erudizione storica locale, che daranno più tardi i loro frutti. Essendo la famiglia nobile, il C. entrò di diritto nella vita pubblica cittadina ricoprendovi man mano cariche di maggior importanza. Nominato principe dell'Accademia degli Apparenti di Carpi, tenne tale carica per il 1760-62. Nel 1762 venne nominato sindaco del comune di Carpi ed in tale veste si adoperò attivamente per l'istituzione e la formazione di un Archivio comunale, in cui dovevano essere raccolti i documenti allora in possesso delle famiglie private: realizzatolo (V, luglio 1765), ne fu uno dei due presidenti. Nello stesso 1762 era stato nominato direttore del teatro, con il compito di sovrintendere alla sua conservazione ed al suo sviluppo. Eletto sindaco una seconda volta nel 1765 - tale carica veniva rinnovata annualmente -, si preoccupò di far proseguire i lavori di restauro e ingrandimento del teatro, del quale fu presidente fino al 1770. Membro di numerose accademie (Filomati di Correggio e Teopneusti di Cesena), fu rieletto principe degli Apparenti per il 1765: si adoperò, allora, per dare all'accademia sede più degna e ottenne che fosse trasferita nel palazzo della Comunità. Nello stesso tempo, per darle maggiore vitalità, ne rese pubbliche le sedute che vennero frequentate da tutta la società colta cittadina, di cui il C., cavalier servente della marchesa Gaetana Ferrari Aldrovandi, una delle dame più in vista della città, era una delle figure più note e rispettate.
Sindaco nel 1768, provvisore ordinario dal luglio 1769 al giugno 1770, sindaco di nuovo nel 1771, provvisore reggente nel 1771 priore e giudice delle Seconde Istanze nel 1776, il C. tenne alternativamente ma senza interruzione le più importanti cariche fin quasi alla morte. Divenuto priore nell'82, fece istituire una "Commissione d'ornato", composta da personale del comune, che controllasse l'edilizia carpigiana per evitare "certi disordini" di carattere estetico e specialmente all'occasione, che alcuni intraprendono nuovi fabbricati, riedificazioni e riparazioni in città". Nell'85, priore per la quarta volta, ottenne dal governo che si istituisse in Carpi una cattedra di filosofia (logica, fisica, metafisica, elementi di matematica) che, dal 1791, poté anche rilasciare diplomi validi per l'accesso alla università. Il C. ricoprì ancora le cariche di priore nel 1788, 1791 e 1794 e di sindaco nel 1793 e 1795.
Morì a Carpi il 7 ag. 1796.
Fin dalla giovinezza il C., amorevole indagatore delle antichità patrie, aveva iniziato una raccolta di manoscritti, libri antichi, medaglie, bronzi, cimeli vari e anche materiali di storia naturale, che divenne ben presto di una certa consistenza e importanza: tra l'altro vi si conservava l'iscrizione Aninia. Sex. L. Ge. Iunonibus (compresa poi nel Corpus Inscriptionum Latinarum, Regio VIII, n. 944).Questi interessi eruditi lo misero in contatto con vari uomini colti del tempo, tra cui spiccano i nomi di Affò, Pozzetti, Baruffaldi, A. Crispi, Gabardi, Bellini, Troilo e G. Tiraboschi. Anzi proprio la collaborazione che il C. prestò a quest'ultimo, fornendogli per la Biblioteca modenese numerosissime notizie storiche su Carpi e la maggior parte delle biografie degli artisti carpigiani, costituisce la sua unica opera erudita che sia stata data alle stampe. I suoi studi, del resto, non solo sono privi di vasto respiro storico, ma risentono anche di una scarsa adesione alla rigorosa lezione muratoriana, cui pur vorrebbero ispirarsi, per le manchevolezze che il C. aveva in fatto di dottrina e intelligenza critica; difetti questi che lo stesso Tiraboschi non mancava di rimproverare affettuosamente e garbatamente all'amico, denunciandone più volte l'ingenuo spirito campanilistico. Tra le opere più notevoli del C., rimaste inedite, sono: Memorie degli scrittori nativi della città di Carpi,e di altri che per qualche riguardo possono appartenere alla medesima (composte tra il 1778 e il 1783, ms. orig. nella Raccolta Benetti di Carpi); Breve descrizione dello stato antico e moderno del principato e diocesi di Carpi Nullius,in ora vescovado (1784, ms. orig. nella Raccolta Guaitoli di Carpi); Memorie per la fondazione della Santa Chiesa carpense (di quest'opera incompiuta vi sono tre redazioni diverse: la prima comprende gli anni dal 1200 al 1318;la seconda il periodo 1100-1447;la terza dal 1100 al 1250; mss. orig. nella Raccolta Benetti); Descrizione di Carpi antico,e de' suoi successivi ingrandimenti (copia ms. nella Raccolta Guaitoli); Memorie storiche carpigiane dall'anno 1705 al 1796 (copia ms. nella Raccolta Guaitoli).
Dopo la morte del C. il suo museo fu ceduto dagli eredi a Francesco Meloni; l'archivio al conte Giovanni Bonasi; i libri al marchese Sigismondo Foschieri; la sua raccolta di quadri fu smembrata.
Fonti e Bibl.: P. Guaitoli, L'avv. E. C., in Carteggio tra l'ab. G. Tiraboschi e l'avv. E. C., in Mem. stor. e documenti sulla città e sull'antico principato di Carpi, Carpi 1894-95, pp. XI-LXXIII (con indic. di fonti e bibl. degli scritti del C.); D. Marzi, Recensione al Carteggio tra l'ab. G. Tiraboschi e l'avv. E. C., in Arch. stor. ital., s 5, ss XVI (1895), pp. 377-382.