EUSTACHIO di S. Francesco (al secolo Giovanni Battista Delfini)
Pochissimo si sa della sua vita: alcune scarne notizie sono state reperite nell'Archivio generale dei padri carmelitani a Roma (Atti dei capitoli della provincia di Piemonte, II-III, Pedemontana 2-3). Nato a Sampèyre (Cuneo) il 6 apr. 1731, fece la professione religiosa il 4 nov. 1748. Conosciuto nella comunità come "organista", dal 1766 al 1779 dimorò nei conventi di Pino Torinese, Dogliani, Racconigi e Vinovo.
Tra il 1781 e il 1783, al servizio della flotta francese come cappellano, compì un lungo viaggio nelle Indie Orientali al seguito dell'ammiraglio P. A. de Suffren. Tornato in Piemonte, negli anni 1785 e 1786 fu eletto priore dapprima nel convento di Vercelli e, successivamente, in quelli di Racconigi e Colletto. Probabilmente rinunziò presto a questa carica, in quanto dal 1790 al 1797 lo troviamo, come semplice frate, nei conventi di Torino e di Vinovo. Era ancora in questa sede nel 1801, quando il convento - come molti altri - fu soppresso a seguito dei provvedimenti di limitazione degli Ordini regolari presi dopo l'occupazione francese. Dopo questa data non si hanno più notizie di Eustachio.
Egli merita ancor oggi un ricordo per aver lasciato due interessanti scritti, frutto del suo viaggio nelle Indie Orientali e alla cui stesura - a detta di J. Smet (p. 171) - fu aiutato dal confratello Evasio Leone: Ragguaglio della spedizione della flotta francese all'Indie Orientali seguita negli anni 1781-1782-1783 sotto la condotta del generale De Suffren, descritto da P. Eustachio Delfini carmelitano piemontese, cappellano nella medesimo flotta e pensionario di S.M. Cristianissima, coll'aggiuntadi particolari notizie ed osservazioni (Torino 1785) e le Memorie storiche intorno all'Indie Orientali ed al ritorno dalle medesime in Europa del p. Eustachio Delfini carmelitano piemontese. Saggiunge infine la vita d'Ayder Ali Kan corredata dallo stesso autore d'importanti osservazioni (ibid. 1786).
Nel primo volume (in cui E. afferma di aver intrapreso il lungo viaggio per spirito d'avventura, "bramando d'appagar il desiderio che da gran tempo nodria di portarmi in contrade straniere", p. 1) egli narra i momenti del viaggio, le vicissitudini e i pericoli occorsi; descrive i luoghi visitati, dei quali accenna brevemente anche la storia, alcune caratteristiche della flora e della fauna, gli usi e gli insoliti costumi.
Gran parte della narrazione è però dedicata agli scontri navali tra la flotta francese e quella inglese, quest'ultima al comando dell'ammiraglio George johnstone (per le battaglie in prossimità del Capo di Buona Speranza) e di sir Edward Hugher (per gli scontri in prossimità delle coste indiane e di Ceylon). E. descrive con cura le strategie di attacco e di difesa dei belligeranti, le vicende incerte e alterne dei combattimenti, i drammatici assalti "corpo a corpo"; alla fine degli scontri fa anche il bilancio delle perdite subite da ambedue le flotte, con il numero dei morti e dei feriti, delle navi catturate e dei danni subiti per le cannonate. In appendice elenca anche i nomi dei reggimenti dell'armata francese di terra al comando del generale Buffy e quelli delle unità navali francesi e inglesi coinvolte nei combattimenti. Rari sono, invece, nel testo gli accenni ai pericoli corsi e ai momenti di sconforto e di orrore per la vista dei morti e dei feriti.
Il secondo scritto, le Memorie storiche, è dedicato in gran parte alla descrizione degli usi e costumi dei luoghi visitati. Inizia con una sommaria descrizione dell'India e dell'Indonesia, con l'enumerazione delle città più importanti e dei popoli, divisi secondo la razza e la religione. E. si sofferma, poi, in particolare sulle credenze religiose indiane, che definisce senza mezzi termini "scipitezze" (p. 42); esprime un severo giudizio morale su alcuni racconti mitologici e sugli usi locali, dei quali parla come di "stravaganze ed oscenità": descrive i "seducenti piaceri" nei quali si intrattenevano Śiva e Pārvatī e le abitudini poco pudiche delle "bajadere", le fanciulle consacrate ai templi, "il cui ufficio èquello di danzare davanti al dio e di essere pronte a compiacere ad ogni lussuria dei brami" (p. 63). Sono descritti con abbondanza di particolari anche i rituali compiuti in occasione di feste o ricorrenze, alcuni dei quali caduti oggi in disuso.
E. si mostra, inoltre, molto interessato agli strani comportamenti dei sadhu e dei fachiri, che si sottopongono a prove inaudite, riscuotendo la devozione dei fedeli ("e sono ben nodridi dalla credulità dei popoli": p. 79). Accenna altresì alle usanze e ai riti nuziali dei brahmani e dei rajput e al suicidio delle vedove, costrette a bruciarsi sul rogo dei mariti; è probabile che abbia assistito egli stesso a tale spettacolo, giacché commenta che "di fronte a un sì detestabile rito nessuno mostra orrore, anzi partono tutti contenti, elogiando l'eroina" (p. 83).
Nella narrazione del viaggio di ritorno verso l'Europa (che costituisce la seconda parte del libro) E. si sofferma a parlare del Madagascar e del Capo di Buona Speranza (egli soggiornò per dieci mesi nell'Africa australe). L'ultima sezione del libro è dedicata a un breve ritratto di Ayder (Haidar) Ali Khan, sovrano del Mysore (morto nel 1782), descritto come un essere eccezionale, "fornito dalla provvida natura di una mente superiore e d'un cuore intrepido ad ogni più pericoloso cimento" (p. 158): nonostante la narrazione delle atrocità commesse da questo feroce usurpatore, E. non può fare a meno di ammirarlo, paragonandolo ai grandi conquistatori dell'antichità "di cui avrebbe oscurato la fama".
L'opera di E. non può essere paragonata agli scritti di altri religiosi, profondi conoscitori della cultura e dei costumi dell'India, come - ad esempio - R. Acquaviva o G. C. Beschi: non bisogna dimenticare che E. non era un missionario, ma un cappellano della flotta francese, e in quanto tale non fu in grado di approfondire le conoscenze superficiali acquistate durante il breve contatto con le comunità vìsitate. Ma i suoi scritti sono tuttavia degni di attenzione da parte degli studiosi come testimonianza diretta di avvenimenti storici e di riti e usanze in parte scomparsi.
Bibl.: R. Minicis, Memorie intorno alla vita e alle opere di Evasio Leone, carmelitano, in E. Leone, Opere, I, Ancona 1853, p. XII; J. Smet, The carmelites. A history of the brothers of Our Lady of Mount Carmel, IV, 1750-1950, Darien, Ill., 1985, pp. 171, 304; R. M. Cimino-F. Scialpi, India and Italy, Rome 1985, pp. 95 s.