MANFREDI, Eustachio
Nacque a Bologna il 20 sett. 1674, da Alfonso, notaio, originario di Lugo, e Anna Maria Fiorini. Prima di lui era nata Maddalena (1673-1744); vennero poi Teresa (1679-1767), Emilio (1679-1742), Gabriele, Eraclito (1682-1759).
I sei figli coltivarono interessi intellettuali. Le sorelle non si sposarono e vissero con il M., che le preparò in matematica e ne fu aiutato nei calcoli, ma ebbero anche un'attività letteraria domestica, tra amici dei fratelli come P.I. Martello, V.F. Stancari, G.P. e F.A. Zanotti, F.A. Ghedini, Angela e Teresa Zanotti, loro compagne nell'arte del ricamo e nel comporre versi in dialetto bolognese (parte a Bologna, Biblioteca comunale dell'Archiginnasio, Mss., B.1700) o traduzioni pure in bolognese (una del Bertoldo di G.C. Croce apparve in appendice alla quinta edizione bolognese [1740]; una del Cunto de li cunti di G.B. Basile a Bologna nel 1742: Chiaqlira dla Banzola, e poi più volte). Le sorelle aiutarono il M. anche nel preparare la Compendiosa informazione di fatto sopra i confini della Communità ferrarese d'Ariano, con lo Stato veneto, pubblicata anonima nel 1735. Il fratello Emilio, gesuita, fu noto predicatore. Gabriele fu matematico di rilievo, più dotato del Manfredi. Eraclito, medico, fu dal 1731 lettore onorario di matematica nello Studio e dal 1739 vi lesse idrometria, ma ebbe interessi soprattutto naturalistico-chimici (tre lavori in De Bononiensi scientiarum et artium Instituto atque Academia Commentarii); al modo delle sorelle, tradusse in bolognese Ariosto e scrisse novelle, pure in dialetto (L'Urland furios d'mssir Aldvigh Ariost, Bologna 1865; Sett sturieli in dialett bulgneis, ibid. 1884).
Dopo studi con un sacerdote, poi con i gesuiti (circa 1685-90), il M. seguì il corso di arti nello Studio cittadino, che terminò già nel 1691 con tesi di filosofia non conservate; passato alle leggi, si laureò in utroque (19 apr. 1692), ma non esercitò: dopo la laurea coltivò la storia e la geografia e seguì nello Studio le lezioni di D. Guglielmini (matematica a uso astronomico, poi idrometria). Ebbe presto interessi e attività culturali molto vari: un Compendium anatomicum è a Bologna (Biblioteca comunale dell'Archiginnasio, Mss., B.2533); collezionò strumenti e reperti naturali; studiò il francese e riunì amici nella sua abitazione per studi letterari e scientifici. Dal 1691 il gruppo, cui si unì poi G.B. Morgagni, si disse degli Inquieti; dal 1694 si riunì in casa di I. Sandri, lettore di anatomia nell'Università. Tuttavia da giovane il M. fu noto soprattutto per un'attività poetica svolta in contatto con figure come G.G. Orsi, P.I. Martello, L.A. Muratori.
Tre egloghe latine su s. Filippo Neri (1694-96) sembrano perdute. Un sonetto è nella raccolta Alle serenissime altezze Rinaldo I d'Este duca di Modana e di Carlotta Felicita principessa d'Annover (Bologna 1696, p. 29). Pubblicò e fece rappresentare la Dafni, favola boschereccia per musica (ibid. 1696). Scrisse poi con Martello La ninfa costante (ibid. 1697), Perseo e l'Apollo geloso (ibid. 1697 e 1698; v. i tre testi in P.I. Martello, Teatro, a cura di H.S. Noce, I, Bari 1980, pp. 1-45, 157-190, 71-112), a loro volta rappresentati. Sono invece di un omonimo i testi di melodrammi rappresentati tra il 1787 e il 1795 (Alciade e Telesia, Caio Ostilio, Nicomede, Il tempio della gloria: cfr. G. Porisini, Il Cajo Ostilio e il suo poeta, Faenza 1934). Fornì i canti II e III alla cantica collettiva Il paradiso, per la monacazione di Maria Valeria Teresa Orsi (Bologna 1698); i canti passarono nelle Rime del M. (ibid. 1713) anche se, secondo il curatore G.P. Ballirani, li "disapprovava", forse per il contenuto (proponeva i vortici e le due sostanze cartesiani mentre si stava affermando la fisica newtoniana, e sembrava ammettere l'eliocentrismo). Ancora nel 1698 (ibid.) fornì al poema collettivo Dell'arte d'amar Dio l'inizio del libro III, proseguito da Martello, e curò i Saggi poetici di veridica lode per un predicatore. In questa produzione rientrano versi in raccolte: Ecclesiaste, o sia Il predicatore applicato (Bologna, Biblioteca comunale dell'Archiginnasio, Mss., B.366, 5); Fasti di Lodovico XIV il Grande esposti in versi (Bologna 1701; sono del M. i "fasti" di febbraio); Egloghe de' Pastori Arcadi della Colonia del Reno nella gloriosa esaltazione di Clemente XI (ibid. 1701, pp. 33-40). Prevalsero però canzoni e sonetti. Vi è stata distinta una fase secentista dalla ripresa dei moduli dell'antica lirica italiana (soprattutto F. Petrarca), sfociata nell'adesione all'Arcadia (nel 1698 fu tra i fondatori della colonia Renia, con il nome di Aci Delpusiano). La distinzione è forse rigida, ma il M. impedì a G.P. Zanotti di pubblicare circa 50 dei primi componimenti e li escluse dalle Rime (parte resta in una Raccolta di componimenti poetici a Bologna, Biblioteca comunale dell'Archiginnasio, Casa Carducci, Mss., 83-91). La transizione era comunque conclusa nel 1700, anno della canzone più nota, Donna, negli occhi vostri (per la monacazione dell'amata, Giulia Caterina Vandi; del M. non si conoscono altri amori, e non si sposò). Mossa da sentimenti reali, la canzone è piaciuta anche a critici non benevoli, fino a B. Croce. Il M. aderì ad accademie bolognesi (Gelati, Difettuosi, Abbandonati) e di altre città (Crusca, Dissonanti di Modena). Discusse con un conoscitore come Orsi il Della perfetta poesia di Muratori (sue note sull'opera, circa la teoria della fantasia e tracce di quella ippocratica dei temperamenti, sono a Modena, Biblioteca Estense e universitaria, Arch. Muratori, filza 6, f. 4a, cc. 1-33). Intervenne nella nota polemica tra Orsi e il padre D. Bouhours con una lettera edita in Lettere di diversi autori in proposito delle considerazioni del marchese Giovan Gioseffo Orsi sopra La manière de bien penser dans les ouvrages d'esprit (Bologna 1707).
Frattanto il M. coltivava le scienze (note di studio sono a Bologna, Università degli studi, Dipartimento di astronomia, Arch. della Specola, b. 7), seguendo soprattutto Guglielmini. Questi formò anche Gabriele Manfredi, Stancari e G. Verzaglia (tra i primi cultori italiani di analisi, mentre il M. ammise di avere curato poco l'algebra; andò poco oltre i mezzi classici dell'astronomia di posizione e non contribuì alla meccanica celeste: nel 1716 scrisse che nei Principia Newton sembrava "parlare arabico"). Il restauro della meridiana nella basilica di S. Petronio curato da G.D. Cassini e Guglielmini nel 1695 spinse il M. e Stancari a compiervi osservazioni (dati ibid., b. 3). Dal 1696 osservarono dalle rispettive abitazioni, dal 1697 da una specola nel palazzo del futuro cardinale G.A. Davia e, dopo il 1703, da due specole nel palazzo Marsili e nel palazzo Montalto (ibid., bb. 1 e 2). Passato Guglielmini a Padova, nel 1699 l'Università di Bologna destinò una terza lettura di matematica ai settori prima curati da lui, e il M. l'ottenne. Tuttavia la scarsa retribuzione gli lasciò i problemi finanziari, mentre la monacazione della Vandi lo colpì nell'intimo. Alle difficoltà materiali fece fronte con aiuti (in particolare di Orsi) e accettando incarichi che assorbirono poi molte delle sue forze.
Nei corsi seguì un ciclo triennale (Euclide, teoria dei pianeti, Almagesto). Forse, però, sotto i nomi antichi offrì anche contenuti nuovi: lezioni del 1703 s'intitolano Tractatus analyticus e Rudimenta analysis speciosae (Bologna, Biblioteca universitaria, Mss. aggiunti, 4318); lezioni di astronomia e altro (Ibid., Mss. italiani, 654, nn. 1, 3, 5); Institutiones geographicae nella Biblioteca apostolica Vaticana (Ferrajoli, 52). Questi testi potrebbero però riferirsi a un insegnamento privato, comune nell'epoca, perché allievi del M. ebbero competenze più ampie di quelle fornite dai corsi pubblici.
Dal 1700 circa fu vicino al conte L.F. Marsili, generale asburgico e naturalista, che affidò a Stancari le sue collezioni e al M. i suoi libri e strumenti; nel 1703 eresse loro una specola in legno sul suo palazzo e nel 1705 fornì una sede agli Inquieti. Nel 1704 il M. divenne prorettore (di fatto rettore) del collegio di palazzo Montalto, destinato a studenti marchigiani, e sostituì Guglielmini come sovrintendente alle Acque del Bolognese; nel 1706 verificò i confini tra il territorio cittadino e quello di Modena; tra il 1700 e il 1710, senza credervi, redasse i taccuini (effemeridi astrologiche annue), ufficialmente affidati a Guglielmini. Conobbe F. Bianchini, poi suo corrispondente abituale, che tentò invano di farlo inserire nella commissione istituita da Clemente XI per un riesame del computo pasquale (1701-04). Tuttavia, nelle lettere i due trattarono a lungo la questione e la connessa costruzione a Roma della grande meridiana in S. Maria degli Angeli (1702), avviando controlli incrociati di alto interesse. Nel 1701 e 1703 G.F. Maraldi, nipote di G.D. Cassini, passando da Bologna incoraggiò i giovani Inquieti e li iniziò a tecniche astronomiche avanzate; da Parigi Cassini corrispose con loro e ne favorì i contatti con astronomi come P.M. Salvago, G.C. Eimmart, W.H. Muller, J.Ph. von Wurzelbau, i gesuiti A.F. Laval, G.B. Regalini, A. Beccatelli, il teatino Gaetano Fontana. Dal 1705 il M. corrispose con G. Grandi (già in contatto con Stancari, il cui epistolario a Bologna, Università degli studi, Dipartimento di astronomia, Arch. della Specola, b. 37, integra quello del M. con, tra l'altro, molte lettere di J.J. Scheuchzer).
Il M., maggiore d'età, iniziò Stancari alla matematica e lo precedette nella lettura universitaria e negli incarichi. Da ciò derivò una visibilità storica maggiore dell'amico, morto prestissimo e di carattere umbratile; lasciò pubblicare al M. le osservazioni comuni e non pubblicò niente a proprio nome: nel 1703 con il solo nome del M. uscì una Descrizione d'alcune macchie scoperte nel sole l'anno MDCCIII (Bologna). Altre 15 osservazioni del periodo 1699-1709 apparvero nei Mémoires de l'Académie des sciences di Parigi (1701, pp. 64, 82; 1703, pp. 28-30, 85; 1704, pp. 132, 198 s., 234; 1706, pp. 467, 513; 1707, pp. 355-359; 1708, pp. 323, 417; 1709, p. 94; 1710, p. 220). Nel 1708 il M. contribuì a fare assegnare a Stancari la prima lettura di analisi nello Studio bolognese, anteponendolo al fratello Gabriele. La morte vietò a Stancari di avere un ruolo pari a quello del M. nell'Istituto delle scienze poi avviato da Marsili, congeniale alle sue potenzialità. Nel 1713, nella dedica di una raccolta postuma di scritti dell'amico da lui curata (V.F. Stancari, Schedae mathematicae post eius obitum collectae. Eiusdem observationes astronomicae, Bononiae), il M. riconobbe che per il talento sia sperimentale sia matematico sarebbe stato il più degno di impersonare l'Istituto.
Nel 1705 il M. difese Bianchini da critiche circa il computo (Epistola ad virum clarissimum Dominicum Quartaironium qua anonymi assertiones 16. pro reformatione calendarii ab illo impugnatae vindicantur, Venetiis); tra il 1702 e il 1706 i gesuitici Mémoires pour l'histoire des sciences et des beaux-arts lo criticarono sullo stesso tema, ed egli rispose con lettere (bozze di risposte a Bologna, Università degli studi, Dipartimento di astronomia, Arch. della Specola, b. 8).
Dapprima gli impegni non ridussero l'attività letteraria del M., ormai un riferimento per bolognesi colti e stranieri in visita nella città (nel 1709 incontrò W. Burnet). Nel collegio di palazzo Montalto promosse edizioni di poeti (A. Di Costanzo, L. Tansillo, G.M. Molza), patrocinò la Scelta di sonetti, e canzoni de' più eccellenti rimatori d'ogni secolo di A. Gobbi (Bologna 1709-11), cui forse collaborò, e incrementò le recite teatrali, anche di testi francesi. Secondo F.M. Zanotti scrisse per gli allievi un trattatello di poetica, non altrimenti noto, e fin verso il 1707-08 compose versi con continuità. Tuttavia venne concentrandosi sul lavoro scientifico e professionale, soprattutto per progetti avviati da Marsili. Dopo il ritorno definitivo a Bologna (1704), fallito un tentativo di innovare i corsi nello Studio cittadino, Marsili prese l'iniziativa per la creazione dell'Istituto delle scienze, struttura autonoma d'insegnamento avanzato e ricerca. Nel 1708-09 escluse il M. dalla fase preparatoria, per contrasti politici (Marsili era papalista, il M. municipalista) o scientifici (circa le tecniche di bonifica o in astronomia). Il M. accettò allora di divenire ingegnere generale della Repubblica di Lucca, ma Bologna lo confermò sovrintendente per cinque anni, poi fino alla morte. Rientrata la crisi per la mediazione di Cassini, e forse di Bianchini, dal 1711, quindi già nel primo anno di funzionamento, il M. tenne nell'Istituto la cattedra di astronomia e l'osservatorio. Ebbe parte primaria anche nell'Accademia delle scienze unita all'Istituto, derivata dagli Inquieti.
La specola fu terminata solo dopo anni, ma egli osservò altrove, oltre a insegnare e far fronte ad altri impegni. Così nel 1712 dichiarò che non avrebbe più accolto le continue richieste di versi per eventi vari, e derogò raramente (un sonetto del 1715 per il trasferimento in Italia del pretendente al trono d'Inghilterra Giacomo Stuart; uno del 1720 nella Raccolta di rime in applauso alle gloriosissime nozze del serenissimo Francesco principe di Modena, Modena 1720, p. 209; dell'oratorio a quattro voci La fuga di s. Teresa, Firenze 1718, è incerta la data di composizione). In visite all'Arcadia romana risulta aver letto solo un rifacimento della novella classica della matrona di Efeso, già apparso in Prose, e rime pastorali degli Accademici Difettuosi (Bologna 1709). A Roma conobbe anche Faustina Maratti Zappi, che poi gli inviò suoi componimenti, ma non risulta che egli ricambiasse. Così la stagione letteraria del M. si chiuse sostanzialmente nel 1713, quando a stento autorizzò l'allievo G.P. Ballirani a stampare una raccolta dei suoi versi (Rime del dottore Eustachio Manfredi, Bologna).
La raccolta, di 50 componimenti (sonetti, canzoni e "canti lunghi", in parte già editi), ebbe un successo ben più che locale fino all'Ottocento inoltrato, con molte edizioni anche accresciute. Ma i versi del M. apparvero anche nelle Rime degli Arcadi (II, Roma 1716, pp. 1-27; VIII, ibid. 1720, pp. 1-16) e nel Canzoniere intiero di Eustachio Manfredi, in Lirica del Frugoni e de' Bolognesi del secolo XVIII (Venezia 1791, pp. 233-319); le poesie religiose in Poesie sacre di Eustachio Manfredi bolognese (Bologna 1840). Molti dei versi riguardavano eventi privati, pubblici o religiosi; su circa dieci poesie di tema libero metà sono d'amore. Diverse rime esprimono la sua convinta religiosità. Fu un cattolico "lambertiniano": alieno da sottigliezze teologiche ed esasperazioni mistiche, non chiuso alle gioie della vita e tollerante verso modeste deviazioni, ma osservante dei principî e della tradizione. Dal 1701 fu tra i Confortatori dei condannati a morte; nel 1736 rispose a Prospero Lambertini, arcivescovo di Bologna, su "quali caratteri dovessero avere alcuni fenomeni celesti per essere compresi nel numero dei miracoli" (Bologna, Biblioteca universitaria, Mss. italiani, 654, 4; anche ibid., 938).
Nei primi anni dell'Istituto la docenza e lo sforzo organizzativo limitarono le ricerche (la serie delle osservazioni alla meridiana in S. Petronio mostra che da circa il 1709 le delegò sempre più ad altri), mentre lo stato della specola permise poche osservazioni (due nei Mémoires de l'Académie des sciences, 1713, p. 321; 1715, p. 256). Lavorò invece a uno strumento di supporto: effemeridi per gli anni 1715-25, che però, essendo terminata la specola quasi alla fine di quel decennio, servirono soprattutto per altri osservatori, italiani ed esteri.
I calcoli per le Ephemerides motuum coelestium ex anno 1715 in annum 1725 (Bologna 1715), svolti con l'aiuto di allievi e delle sorelle, impiegarono inedite tavole dei moti planetari di Cassini (la copia del M. è a Modena, Biblioteca Estense e universitaria, Mss. Campori, 2428). L'opera incluse un'ampia introduzione sull'uso delle effemeridi e i metodi dell'astronomia pratica, tavole dei moti di corpi celesti e un Catalogus quarundam fixarum insignium (di Maraldi). Nel 1725 seguirono Novissimae ephemerides 1726-50 (Bologna), per le quali il M. ebbe pure diversi collaboratori. Nel 1730 un anonimo, da identificare in A.M. Ghisilieri, ausiliario dell'arcivescovo di Bologna e anch'egli autore di effemeridi, nel libello Ephemeridum coelestium motuum Manfredii errata insigniora (Venetiis) elencò molti errori in entrambe le opere. La risposta del M. (Ephemeridum coelestium motuum Manfredii errata insigniora. Libellus ab Anonymo nunc iterum emissus, accedente praefatione Francisci Mariae Zanotti, Venetiis 1730), che attribuì certi errori a sviste, mende tipografiche o alle tavole di Cassini, non fu risolutiva; e alla replica di Ghisilieri, ora firmata (Ephemeridum coelestium motuum Manfredii errata insigniora editio secunda auctior et castigatior, ibid. 1731) il M. non diede seguito. Questo però non impedì che le due opere, tra le più ampie del genere, fossero usate fino nelle missioni in Cina.
Terminate le Ephemerides, il M. fu preso da perizie idrauliche. Nel 1714 in Toscana si occupò del fiume Era; poi dovette dedicarsi soprattutto al Reno, problema costante da quando gli interventi cinquecenteschi mirati a facilitarne il deflusso lo avevano invece reso più difficile. Dopo estesi straripamenti tra Bologna e Ferrara, il governo pontificio fece visitare il fiume da tecnici delle città e Stati coinvolti (inclusi Mantova e lo Stato veneto). Fino al 1732 il M. rappresentò Bologna in visite che non giunsero a una soluzione; dibatté con esperti autorevoli (D. Corradi, B. Zendrini, G. Ceva, G. Grandi, C. Galiani), in un intreccio di temi economici, tecnici, politici e giuridici. Entro il 1718 polemizzò con quelli di Ferrara (R. Bertaglia) e Mantova (Ceva) in numerosi scritti editi (spesso anonimi), per lo più reperibili in miscellanee di biblioteche (per es.: Roma, Biblioteca nazionale, Mss., 34.2.K.8; Misc. Valenti, 1834; v. anche Riccardi, II, 2, pp. 123 s.). A Bertaglia, autore con lo pseudonimo di A. Valdimagro della Ricerca dell'alzamento che sarebbe per produrre l'immissione di Reno in Po grande (Ferrara 1717), rispose con Dialoghi fra Giorgio, Maurelio e Petronio (Roma 1718). A G. Ceva e D. Moscatelli Battaglia (Ragioni contra l'introduzione del Reno nel Po grande, Bologna 1716), replicò con un'appendice a una ristampa del loro scritto (ibid. 1716), e alla replica di Ceva (Replica in difesa delle sue dimostrazioni, Mantova 1717) con Osservazioni intorno alla replica del signor Giovanni Ceva (Roma 1717), sottoposte a uno scrutinio internazionale (nel 1717 le videro W.J. s'Gravesande, Newton, W. Burnet, E. Halley, poi anche C. Wolf e l'Académie des sciences). Nel 1715 e nel 1717-18, essendo a Roma per seguire la questione, frequentò l'Arcadia e strinse rapporti con letterati, intellettuali, nobili, prelati. Un suo progetto per il Reno, con il sostegno discreto di Bianchini, fu approvato da Clemente XI nell'aprile 1718. Tuttavia le obiezioni di Venezia e di Ceva, che mise in forse certi aspetti tecnici della proposta del M., convinsero il papa a indire un'altra visita (1719-21) che fu quasi un congresso dei maggiori matematici italiani (oltre al M. e al fratello Gabriele, Corradi, Ceva, Grandi e G. Saccheri, che però rinunciò); durante la visita il M. si fermò a lungo a Venezia (1720), e i lavori cessarono alla morte di Clemente XI (marzo 1721). Successivamente il M. fece ancora perizie (nel 1724 per Lucca in una vertenza sui confini con il Granducato mediceo; fu sentito sulla bonifica della Val di Chiana; nel 1725 tornò a occuparsi del Reno, avendo Benedetto XIII riunito di nuovo le parti a Faenza, ancora senza esito).
Tra il 1715 e il 1724, quindi, furono ancora pochi gli editi di astronomia (Observatio eclipsis Lunae die septembris 1718, Bononiae 1718, anonima, e in francese nei Mémoires de l'Académie des sciences, 1718, p. 278). Ma con la specola finalmente operativa poté incrementare le pubblicazioni: Mercurii ac Solis congressus die 9 novembris 1723, Bononiae 1724; Observatio solaris deliquii die 22 maii 1724, ibid. 1724; altre apparvero in periodici, subito o dopo anni (Mémoires de l'Académie des sciences, 1723, p. 294; Acta eruditorum, novembre 1724, p. 509; De Bononiensi scientiarum et artium Instituto atque Academia Commentarii, I [1731], pp. 589-639; II [1746], 2, p. 62; II [1747], 3, pp. 1-56). Nel 1726 divenne socio straniero dell'Académie des sciences e nel 1728 della Royal Society, che già nel 1713, su indicazione di Bianchini, gli aveva inviato il Commercium epistolicum di J. Collins e altri (Londra 1712) sulla vertenza Newton - Leibniz. Ricevette poi la seconda edizione dei Principia di Newton, ne lesse l'Optica e la Chronology of ancient kingdoms amended, della quale l'allievo F. Algarotti scrisse una difesa. Dal 1727 inviò in Inghilterra osservazioni sue o di collaboratori, pubblicate nelle Philosophical Transactions (XXXV [1727-28], pp. 534 s.; XXXVI [1729-30], pp. 215-218; XXXVIII [1733-34], pp. 85-88, 117 s.; XL [1737-38], pp. 102-110, 175-201; XLI [1739-41], pp. 91-97, 583-606, 809).
Uno dei progetti dell'osservatorio fu l'accertamento delle posizioni delle città italiane (per misurare le longitudini il M. usò le occultazioni di stelle da parte della Luna: Commentarii, I [1731], p. 251). Un primo programma, suggerito da Cassini, aveva riguardato le eclissi dei satelliti di Giove; il M. osservò poi eclissi, comete, transiti, occultazioni. Ma, soprattutto, lavorò sul tema centrale dell'aberrazione della luce stellare. Le sue misure pluriennali delle posizioni di stelle (per scoprirne la parallasse annua, chiave per il moto di rivoluzione della Terra), differivano da quelle prevedibili teoricamente; disse il fenomeno aberratio (nome divenuto comune) ma non seppe indicarne l'origine. Un suo lavoro sull'argomento (De annuis inerrantium stellarum aberrationibus, Bononiae 1729) tardò nella stampa perché la censura romana volle che la rivoluzione della Terra vi apparisse come mera ipotesi, e ottenne l'imprimatur solo per intervento del medico pontificio A. Leprotti, cultore di astronomia e suo corrispondente. Così esso apparve dopo la celebre lettera di J. Bradley che spiegava del tutto il fenomeno (Philosophical Transactions, XXXV [1729], pp. 637-661).
Nel settembre 1729 il M. ne ricevette una traduzione di Th. Dereham, fellow della Royal Society allora in Italia, con il quale corrispondeva (gli suggerì di tradurre in italiano le Philosophical Transactions dal 1700 al 1730, che Dereham pubblicò a Napoli tra il 1731 e il 1735). Dopo un'iniziale cautela, scrisse a Dereham che Bradley "comincia dove io finisco" (3 maggio 1730) e iniziò a sondare le implicazioni della nuova idea. Una era però il moto della Terra, sul quale persisteva il veto della Chiesa. F.M. Zanotti, segretario dell'Accademia bolognese, nei cui Commentarii il M. voleva trattare la tesi di Bradley, ebbe da Leprotti l'usuale risposta che i nuovi dati non dovevano essere presentati come prove fisiche dell'eliocentrismo. Il M. (De novissimis circa fixorum siderum errores observationibus epistola, in Commentarii, I [1731], pp. 599-639) attestò così che la spiegazione di Bradley concordava con i dati, ma negò che fosse conclusiva sul piano fisico. Si è discusso se questa distinzione fosse un espediente o esprimesse un suo "strumentalismo". Di fatto, essa gli permise di eludere il contrasto tra dottrine tradizionalmente recepite dalla Chiesa e novità scientifiche, ma questo non prova che egli l'adottasse per pura tattica, essendo connessa a certi aspetti dell'epistemologia nella fase di affermazione del newtonismo.
Presto il M. dovette tornare all'idraulica. Nel 1729 fu a una nuova visita al Reno e al Po, e a Lucca per perizie sul Serchio e l'Ozzeri: una Relazione all'illustrissimo Ufficio del fiume Serchio fu pubblicata in edizioni postume (Raccolta d'autori(). Tra il 1730 e il 1731, a Ravenna, si occupò con Zendrini del porto e dei fiumi Ronco e Montone (fu di Zendrini la Relazione per la diversione dei fiumi Ronco e Montone, Ravenna 1731; del M. una Relazione sopra il calcolo della spesa necessaria alla suddetta diversione, s.l. [ma Roma] 1732); il loro lavoro rese possibile la risolutiva "diversione Alberoni". Da livellazioni tra Ravenna e il mare il M. ricavò che il livello della città in età romana era inferiore a quello moderno dell'Adriatico, e ne riferì nel 1730 all'Accademia bolognese (De aucta maris altitudine, in Commentarii, II [1746], 2, pp. 1-19). Tra il 1732 e il 1733 fu per lunghi periodi a Roma, aggiornando il proprio progetto per il Reno e criticandone altri (Informazione sopra il progetto contenuto nel Memoriale commesso dalla Santità di Nostro Signore, Roma 1732; Annotazioni alla Scrittura de' signori Ferraresi intitolata Ragioni della città di Ferrara etc. [ibid. 1733]; proseguì fino all'anno di morte: Contro la città di Ferrara. Scrittura con sommario preliminare alle presenti controversie, ibid. 1739; Scrittura sopra il diritto de' Bolognesi di trasmettere le loro acque ne i rami antichi del Po, ibid. 1739).
Una cronistoria dei dibattiti romani è a Bologna, Biblioteca comunale dell'Archiginnasio, Mss., B.3403. Con G.G. Bottari, suo corrispondente dal 1731, ispezionò anche l'alto corso del Tevere e quello dell'Aniene (la relazione sul Tevere in A. Chiesa, Delle cagioni, e de' rimedi delle inondazioni del Tevere, Roma 1746, pp. 83-107; quella sull'Aniene è a Bologna, Biblioteca comunale dell'Archiginnasio, Mss., 654, b. 2; la b. 4 contiene un parere del M. Sulla bonifica delle paludi pontine). Altri scritti romani sul Reno (per es., Roma, Biblioteca dell'Accademia nazionale dei Lincei e Corsiniana, Mss. Corsiniani, 337, 342, 344, 346, 372, 744, 1229, 1272) sono forse in parte riferibili al Manfredi. Malgrado tutto, frequentò l'Arcadia e osservò un'eclisse lunare con D. Revillas (l'osservazione apparve nelle Philosophical Transactions [1733-34, pp. 85-88], e negli Acta eruditorum [1733, p. 112]). Tornato, per istanza del cardinale Neri Corsini, sul computo pasquale, subì critiche dai gesuiti del Collegio romano. Nel 1731 trattò Della maniera più propria di uniformare le lunazioni ecclesiastiche alle astronomiche (Bologna, Università degli studi, Dipartimento di astronomia, Arch. della Specola, b. 6), e un parere su un progetto di computo dell'abate J. Bettazzi apparve nel volume dell'abate (Epitome operis Paschalis, Florentiae 1733, pp. 319-354). Delle Quaestiones de recta Paschae indictione, richieste da Corsini per un sondaggio circa la correzione (estate 1733), furono ristampate in appendice ai postumi Elementi di cronologia; altri interventi sono in Roma, Biblioteca dell'Accademia nazionale dei Lincei e Corsiniana, Mss. Corsiniani, 859, c. 229; 1055, c. 130; 41.F.1, p. 228.
Solo a fine 1733 tornò stabilmente alle proprie ricerche, tranne un ultimo lavoro connesso all'ufficio di sovrintendente: la Compendiosa informazione di fatto sopra i confini della Communità ferrarese d'Ariano, con lo Stato Veneto 1735.
L'opera, anonima e priva di note tipografiche, si ritiene stampata a Roma nel 1735, ma carte della zona deltizia del Po in appendice risultano disegnate e stampate a Ferrara nel 1736. Raccolta cronologica e ragionata di documenti, mirò a provare che dal Medioevo la zona di Ariano era stata dominio estense.
Seguirono scritti di astronomia: Defectus Lunae observatus 19. septembris 1736 (Bologna [1736]); Congressus Mercurij cum Sole die 11. novembris 1736 (ibid. 1736, poi in Acta eruditorum, 1738, p. 280, e Commentarii, II [1747], 3, pp. 57-61); Defectus Solis observatus die 15 augusti 1738 (Bologna [1738]); altri in Osservazioni letterarie che possono servir di continuazione al Giornale de' letterati d'Italia, I, Verona 1737, p. 14 e in Commentarii, II (1745), 1, pp. 425-430; II (1747), 3, pp. 61-72. Il M. seguì anche i vivi dibattiti sulla forma della Terra: nel 1734 ne scrisse a P.L. de Maupertuis; nel 1738 chiese ad Algarotti notizie sulle ricerche del francese, quindi pubblicò una Istoria della controversia sulla figura della Terra (Osservazioni letterarie, cit., IV, Verona 1739, pp. 253-312). Insegnò con zelo l'astronomia nell'Istituto, anche a giovani giunti da fuori Bologna (come P. Di Martino, poi cattedratico a Napoli). Lo visitarono studiosi stranieri; nel 1733-34 A. Celsius indagò con lui alla meridiana di S. Petronio sulla possibile variazione ciclica dell'obliquità dell'eclittica. Tutto questo, però, è solo parte di un lavoro documentato, più che per ogni altro astronomo italiano fino al tardo Settecento, dal vasto epistolario, da inediti e dai materiali di lavoro (Bologna, Università degli studi, Dipartimento di astronomia, Arch. della Specola, bb. 1-17; e Biblioteca comunale dell'Archiginnasio, B.178, II).
Tra gli allievi del M. furono Eustachio e Francesco Maria Zanotti, il primo dei quali gli successe nella specola. Nel 1728-29 il giovanissimo F. Algarotti, allievo suo e del secondo Zanotti, ripeté nell'Istituto gli esperimenti di Newton con il prisma. Il M. lo seguì anche quando passò alla saggistica brillante, consigliandolo circa il suo Il newtonianismo per le dame (Napoli [ma Milano] 1737). Senza approvare il contesto mondano della trattazione, già nel febbraio del 1737 informò Algarotti che l'opera, non ancora presentata per l'imprimatur, allarmava i censori romani, e lo pregò di correggere certi punti. Nel gennaio 1738 ne approvò il contenuto scientifico; in agosto informò l'autore che era stata proibita donec corrigatur e si offrì di correggerla con F.M. Zanotti (fu riedita nel 1746 con modifiche approntate dai due e dal Leprotti). Nel gennaio 1739, infine, precisò che la proibizione, voluta dal segretario della congregazione dell'Indice, N. Ridolfi, non era stata firmata dal cardinale G.A. Davia, allora prefetto, perciò non era stata pubblicata. Giudicò poi l'opera superiore ai contemporanei Éléments de la philosophie de Newton di Voltaire.
Dalla fine del 1731 il M., malato, proseguì finché poté il lavoro ordinario (dal 1737, costretto a muoversi solo in carrozza, cessò le osservazioni regolari) e tentò di finire le opere già avviate. Del 1736 è una sintesi storica sulla meridiana di S. Petronio (De gnomone meridiano Bononiensi ad divi Petronii deque observationibus astronomicis peractis, Bononiae), documento prezioso su uno strumento che l'evoluzione scientifica stava sorpassando, elogiato negli Acta eruditorum, 1740, pp. 602-607. Nel 1737 pubblicò inediti di Bianchini (Astronomicae, ac geographicae observationes, Veronae), con la carta dello Stato pontificio tracciata dallo stesso Bianchini nel 1717 mentre misurava l'arco di meridiano tra Roma e Rimini. L'ultimo lavoro del M., sul suo maestro Guglielmini, edito postumo dai fratelli Gabriele ed Eraclito (Della natura de' fiumi, Bologna 1739), più volte ristampato, fu il vademecum degli ingegneri idraulici italiani fino al primo Ottocento.
Il M. morì il 15 febbr. 1739 a Bologna.
Un'edizione complessiva delle opere presso l'editore bolognese L. Dalla Volpe restò incompleta: con Guglielmini annotato e le edizioni 1748 e 1760 delle Rime apparvero Elementi della cronologia (1744), Instituzioni astronomiche (1749), una ristampa della Introductio in ephemerides (1750), Elementi della geometria piana e solida e della trigonometria (1755). Delle Instituzioni il M. aveva iniziato a mutare l'impianto, senza finire il lavoro; fu così ripreso il testo originario, tecnicamente semplice (impiega la sola geometria elementare). La prefazione espone un'epistemologia quasi empiristica: la certezza decresce passando dalla matematica pura all'applicata e all'astronomia, che nei calcoli assegna valori ipotetici a certe grandezze e segue l'uso antico di interpretare i dati metrici mediante assunti problematici di fisica celeste. Neppure l'ipotesi di Newton, "la più conforme alle celesti apparenze", va equiparata a un fatto, perché in piccola misura ne discorda anch'essa. Lo stesso carattere introduttivo ebbero l'opera geometrica, pure nata per l'insegnamento, e le appendici su trigonometria e logaritmi. L'Introductio in ephemerides usò esempi tratti dalle effemeridi 1751-62 di E. Zanotti, mutò le tavole generali e sostituì il catalogo stellare con uno di Zanotti, P. Matteucci e G. Brunelli. L'altra componente della produzione del M. scienziato, quella idraulica, fu pure ripresa. Nel 1723 Grandi aveva inserito cinque dei lavori maggiori nella Raccolta d'autori che trattano del moto dell'acque (III, Firenze, pp. 3-327). La seconda edizione (Raccolta d'autori che trattano del moto dell'acque corretta ed illustrata con annotazioni, aumentata e disposta in un ordine più comodo, ibid. 1765-74) ne ebbe di più, nei volumi II, IV-VIII. La Nuova raccolta d'autori che trattano del moto dell'acque (Parma 1766-68, voll. IV-VI) mantenne quasi gli stessi scritti; infine l'edizione di Bologna (Raccolta d'autori italiani che trattano del moto dell'acque, 1821-26) ne incluse dodici nel volume V e uno nel volume X.
Fonti e Bibl.: Lettere del e al M. sono a Bologna, Università degli studi, Dipartimento di astronomia, Arch. della Specola, bb. 36 (circa 200 di V.F. Stancari e altri); 38 (288 di P.M. Salvago); Ibid., Biblioteca comunale dell'Archiginnasio, Mss., B.158, 1-58 e B.398, 1-9 (67 di P.I. Martello); B.163 (31 di G.P. Zanotti); B.178 (circa 50 di S. Maffei); B.198 (139 a G.P. Zanotti); B.940, 24 (5 a vari); Autografi, VIII, 2343-2446 (97 di F. Bianchini; copia di 144 è però a Roma, Biblioteca Vallicelliana, Carte Bianchini, U.20); XVI, 4705-4719 (15 di G.D. Cassini); 4699-4703 (5 dello stesso); XXIII, 6546-6778 (233 di G.A. Davia); Fondo Leprotti (circa 500 di Leprotti; l'epistolario Leprotti a Roma, Biblioteca Lancisiana, Mss., 281-283, è oggi inaccessibile e non catalogato); Ibid., Biblioteca universitaria, Mss. Marsigli, 79, 80a, 80c, 82 (39 lettere a L.F. Marsili); Forlì, Biblioteca comunale, Autogr. Piancastelli, 268, nn. 41-44 (di P.A. Michelotti); Pisa, Biblioteca universitaria, Mss., XI.93 (156 a G. Grandi; non sembrano invece conservate le lettere del Grandi al M.); Venezia, Biblioteca nazionale Marciana, Mss. it., cl. X, 400 (=10124) (4 a G. Poleni); Roma, Biblioteca Vallicelliana, Mss., U.17, cc. 851r-1157r (132 a F. Bianchini); Ibid., Biblioteca dell'Accademia nazionale dei Lincei e Corsiniana, Mss. Corsiniani, 1585 (162 a G.G. Bottari); 2020 (23 a diversi); Parigi, Bibliothèque de l'Observatoire, Mss., A.3.8, A.3.9, A.3.10, A.4.2, A.4.5, A.5.1, A.6.3, A.7.8, B.5.8 (osservazioni e testi del M.); B.1.2, B.4.11 (28 lettere a G.D. Cassini e G.F. Maraldi); Ibid., Bibliothèque nationale, Nouvelles acquisitions françaises, 6197, cc. 114-122 (5 lettere a G.D. Cassini e G.F. Maraldi); circa 90 lettere del M. e di G. Manfredi a P.M. Salvago sono segnalate nell'archivio privato Pinelli - Gentile a Genova (D. Desimoni, Notizie di Paris Maria Salvago e del suo osservatorio astronomico in Carbonara, in Giorn. ligustico di archeologia, storia e belle arti, II [1875], pp. 465-486; III [1876], p. 48); quelle a J. Riccati sono nell'Archivio privato Degli Azzoni - Avogadro a Castelfranco Veneto; Th. Dereham pubblicò 13 lettere del M. nel Saggio delle Transazioni filosofiche della Società Regia, V, Napoli 1735, pp. 261-287; 55 del M. e 46 a lui apparvero in Delle lettere familiari d'alcuni bolognesi del nostro secolo, Bologna 1744; 33 a F. Algarotti in Opere del conte Algarotti, XI, Venezia 1794, pp. 3-150; altre sono in Raccolta di prose e lettere secolo XVIII, I, Lettere familiari, Milano 1830; Per le liete nozze del nobil uomo D. Raineri Biscia, Imola 1844; Dodici lettere inedite di E. Manfredi a Guido Grandi, a cura di M. Ferrucci, Bologna 1853; E. Manfredi, Lettere inedite, Pisa 1873; Lettere inedite di uomini illustri bolognesi, a cura di C. Malagola, Bologna 1875; Diciotto lettere inedite di illustri romagnoli, Ravenna 1884; G. Arrighi, Un problema geometrico in "De gnomone meridiano Bononiensi" di E. M. (una lettera inedita di p. Guido Grandi), in Archeion, XIII (1931), pp. 320-324; Id., Attorno ad un passo del "De gnomone" di E. M., in Physis, IV (1962), 2, pp. 125-132; S. Giuntini, Il carteggio fra i Cassini ed E. Manfredi, in Boll. di storia delle scienze matematiche, XXI (2001), 2, pp. 7-180. Nell'ampia bibliografia sul M. manca una monografia. F.M. Zanotti, Elogio del sig. E. M., in Osservazioni letterarie, cit., V, Verona 1739, pp. 158-177 (ampliato in G. Fantuzzi, Notizie degli scrittori bolognesi, V, Bologna 1786, pp. 183-193); B. Fontenelle, Éloge de m. M., in Histoire de l'Académie royale des sciences pour l'année 1739, Paris 1739, pp. 59-72; G.P. Cavazzoni Zanotti, Vita di E. M., Bologna 1745; A. Fabroni, Vitae Italorum doctrina excellentium, V, Pisis 1779, pp. 140-194; E. De Tipaldo, Biografia degli italiani illustri, X, Venezia 1845, pp. 326-336; E. Celani, Il carteggio di E. Manfredi con F. Bianchini, Bologna 1891; D. Provenzal, I riformatori della bella letteratura italiana. E. M., G.P. Zanotti, F.A. Ghedini, F.M. Zanotti, Rocca San Casciano 1900; H. Bedarida, E. M., in Études italiennes, X-XI (1928-29), pp. 75-124; B. Croce, Il petrarchismo arcadico e una canzone di E. M., in La letteratura italiana del Settecento, Bari 1949, pp. 93-105; P. Riccardi, Biblioteca matematica italiana, Milano 1952, I, coll. 79-88; II, passim; E. Melli, La poesia di E. M., in Convivium, XXVI (1958), pp. 280-294; Lirici del Settecento, a cura di B. Maier, Milano-Napoli 1959, pp. 71-93; E. Melli, Cinque sonetti inediti di E. M., in Strenna storica bolognese, X (1961), pp. 305-316; W. Binni, L'Arcadia e il Metastasio, Firenze 1963, pp. 93-115; G.B. Zappi et al., Poesie, a cura di B. Maier, Napoli 1972, pp. 181-293; G. 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