Eva
La prima donna e madre dei viventi. D. la nomina esplicitamente, ed è sintomatico, solo nel Purgatorio, e precisamente in VIII 99 ( forse qual diede ad Eva il cibo amaro), XII 71 (figliuoli d'Eva), XXIV 116 (legno è più sù che fu morso da Eva), XXIX 24 (mi fé riprender l'ardimento d'Eva), e nel De vulg. Eloq. (I IV 2 Secundum quidem quod in principio loquitur Genesis... mulierem invenitur ante omnes fuisse locutam, scilicet praesumptuosissimam Evam, cum dyabolo sciscitanti respondit: ‛ De fructu lignorum quae sunt in paradiso vescimur; de fructu vero ligni quod est in medio paradisi praecepit nobis Deus ne comederemus nec tangeremus, ne forte moriamur ') e in passo notevole non solo per l'aderenza alla Vulgata (Gen. 3, 2-4) e ancor più per la sottile interpretazione della intentio auctoris di cui D. farà largo uso nella Monarchia, dimostrando la sua magistrale dimestichezza con la tradizione esegetica delle Scritture, ma anche per quella definizione di E. quale ‛ praesumptuosissima ', per cui egli chiamerà figliuoli d'Eva i superbi del primo girone del Purgatorio, e ne condannerà la disubbidienza calamitosa (mi fé riprender l'ardimento d'Eva: cfr. XII 71 e XXIX 24, già citati).
Altrove, ma sempre nel Purgatorio e nel Paradiso (mai nell'Inferno), nel De vulg. Eloq. e nella Monarchia, D. la menzionerà da sola o insieme ad Adamo impiegando più o meno aperte, più o meno distese perifrasi: l'antica matre (Pg XXX 52), quella ch'al serpente crese (XXXII 32), la bella guancia / il cui palato a tutto 'l mondo costa (Pd XIII 38-39), immagine quest'ultima che sarà ripresa anche per Adamo (Pd XXXII 122-123 'l padre per lo cui ardito gusto / l'umana specie tanto amaro gusta); quella ch'è tanto bella da' suoi piedi / è colei che l'aperse [la piaga che Maria richiuse] e che la punse (Pd XXXII 5-6); ‛ prima mulier ' (VE I II 6), ‛ primi parentes ' (Mn I XVI 1); la prima gente (Pg 124), l'umana radice (XXVIII 142), li primi parenti, traduzione dei ‛ primi parentes ' del già citato passo della Monarchia (Pd VII 148).
Ogni riferimento a E. e ad Adamo segue strettamente il testo biblico e la tradizione esegetica. Così è descritta la creazione di E. dalla costola di Adamo in Pd XIII 37-39, condensando in una sola similitudine la creazione di E. e la tentazione come in Gen. 2, 21-23 " Immisit ergo Dominus Deus soporem in Adam; cumque obdormisset, tulit unam de costis eius, et replevit carnem pro ea et aedificavit Dominus Deus costam, quam tulerat de Adam, in mulierem "; cfr. pure 3, 1 ss., cui vanno aggiunti altri passi sulla tentazione: Pg VIII 99, XXXII 32, e VE I VI 2, già citati. Così è discussa la questione su quale dei due primi parentes parlò per primo con la conclusione che non E. ma Adamo doveva essere stato il primo, in VE I IV 3 Rationabiliter ergo credimus ipsi Adae prius datum fuisse loqui ab eo qui statim ipsum plasmaverat, che è argomento che non si basa soltanto sulla superiorità " naturaliter " (Sum. theol. I 92 1-2) dell'uomo sulla donna, ma supera la peregrinità della questione scolastica in quanto è legato a problema ben più alto dal momento che anche questo primato diventa una delle componenti essenziali del sistema teologico-politico dantesco quando sia inserito nella tradizione esegetica che ha elaborato equazioni del tipo ‛ E.-Maria - Chiesa ' e ‛ Adamo-Cristo ', che D. conosce e accetta, come si può vedere dalla posizione occupata da E. nella rosa mistica in Pd XXXIII 3-6 (in cui dunque ritroveremmo un'altra delle ‛ bustrofedie ' ‛ Ave-E. ' che il poeta aveva ereditato - e tra i primi commentatori da Pietro sottolineato - e di cui altrove aveva offerto esempi clamorosi, come nei versi trinitari di Pd XIV 1 e 28-30 Dal centro al cerchio, e sì dal cerchio al centro e Quell'uno e due e tre che sempre vive / e regna sempre in tre e 'n due e 'n uno, / non circunscritto, e tutto circunscrive) e da tener sempre presenti quando si discutano problemi di simmetrie e " ordini " (Busnelli) e " mappe " (Russi) in quello che noi insistiamo nel definire ‛ sistema ' dantesco perché vi è implicata la stessa forma mentis di D., e soprattutto la finalità dello stesso poema.
Nella tradizione figurale l'equazione tipologica ‛ E.-Chiesa ' è, come si sa, una delle più comuni. Iniziata da s. Ambrogio (" Eva, cunctorum mater viventium, de costis Adae edita, significat quod de latere Christi in cruce per mortem sopiti, sacramenta salutis essent exitura, videlicet sanguis et aqua de quibus sponsa illi conderetur Ecclesia ", Patrol. Lat. XVII 813), accolta ed elaborata attraverso i secoli da s. Gerolamo (XXll 1101), s. Agostino (XXXIV 215, XXXVI 461, XXXVII 1673), s. Isidoro (LXXXIII 99), Rabano Mauro (CVII 484) fino a Pietro Lombardo CXII 215), per limitarci soltanto agli esempi che certo D. meglio conosceva. Così come non meno comune è l'altra, e cioè ‛ E.-Maria ', che in Tertulliano trovò il primo efficace assertore: " Eva, figura Beatae Virginis Mariae, nam sicut haec nos damnari fecit per arboris pomum, sic illa absolvit per arboris fructum, quia et Christus in ligno pependit ut fructus " (Patrol. Lat. II 782). Definizione questa destinata attraverso s. Ambrogio (XVII 692) a fondersi con la prima in s. Agostino, nella formula (" ista sanavit, illa percussit ") che D., com'è stato segnalato ripetutamente, ha impiegato ma scomponendola, aggiungiamo, nella rispettivamente duplice dicotomia Maria richiuse e unse [la piaga], quella... l'aperse e... punse.
Queste tipologie e le altre che la tradizione ha elaborato sono quelle da tenere sempre presenti quando si voglia entrare nel merito della ‛ intentio ' di D., ma sono anche da traguardare attraverso la teologia-politica e le teleologie di cui si fa campione D. scegliendole con la cura estrema del mosaicista. Se la posizione di E. ai piedi di Maria è dunque dovuta alla ‛ bustrofedia ' e all'essere figura Ecclesiae al modo, del resto, delle altre cinque donne ebree (Rachele, Sara, Rebecca, Giuditta e Ruth), la posizione di Adamo accanto alla Vergine in quanto typus Christi, alla sinistra o alla destra secondo la prospettiva del lettore o viceversa, sarà da ricercare con estrema cautela e cura. È più logico pensare che D. abbia disegnato la sua rosa mistica con la stessa cura con cui Gioacchino da Fiore ha disegnato le sue concordanze; tale disegno, che del resto facilitava moltissimo il compito del poeta, è ancora da tracciare.
Bibl. - G. Busnelli, Il concetto e l'ordine del Paradiso dantesco, Città di Castello 1911-1912; A. Russi, Il canto XXXII del Paradiso, in Lect. Scaligera III 1135-1190. Sui versi ‛ bustrofedici ' e sulla tecnica retorica nella Commedia, cfr. G.R. Sarolli, Prolegomena alla D.C., Firenze 1969.