BASCHENIS, Evaristo
Figlio di Pietro, nacque a Bergamo il 4 dic. 1617, studiò per diventare sacerdote, e contemporaneamente, per tradizione familiare, si dedicò al disegno e alla pittura. Ordinato sacerdote, fu noto col nome di "Prete Evaristo" (per denominazione popolare divenuto poi "Prevarisco").
Una prima sua opera fu, secondo il Tassi, la copia di una Battaglia di Alessandro Magno contro Dario eseguita nel 1647 da Jacques Courtois, detto il Borgognone, ospite allora di una famiglia bergamasca, e forse appartengono alla sua mano altri quadri di battaglia presenti in case bergamasche e bresciane.
Si conoscono in Bergamo, nella raccolta dei conti Agliardi in via Pignolo, due opere importanti in cui le qualità di ottimo pittore di figura si aggiungono a quelle di eccellente compositore di nature morte: il quadro (1670 c.), ove è rappresentato in autoritratto Il Baschenis in atto di suonare la spinetta, mentre il giovane conte Agliardi si appresta ad accompagnarlo con la mandola, con vari strumenti musicali disposti su un tappeto, e un altro con due giovani gentiluomini dietro strumenti e libri inquadrati nei toni caldi di un alto drappeggio e di un tappeto policromo in basso.
In un certo periodo di tempo, che si presume possa collocarsi intorno alla metà del secolo, le sue composizioni di natura morta erano di carattere assai vario: quali, a Bergamo, un dipinto di proprietà del marchese Terzi in cui sono raggruppati un ricco tappeto ripiegato, un cuscino a ricami, due vasi istoriati, uno specchio; e un altro già nel palazzo del conte Lupi (ora propr. Daina De Valsecchi), con vasellame di cucina, funghi, polli, lumache, ed altri ancora con pesci, uccelli, verdure, cofanetti, conchiglie (Roma, Coll. Albertini; Bergamo, Accad. Carrara, legato conte Marenzi).
Ma più tardi l'attrattiva della composizione in cui predominassero gli strumenti musicali gli consentì di raggiungere la più alta espressione della sua arte.
Era l'epoca di Nicola Amati, del Guarneri e dello Stradivari. Il B., che ebbe spiccata tendenza anche per la musica, comprese il valore estetico di quegli strumenti nati dall'intuito geniale di quegli inventori; li rappresentò in composizioni dall'impianto rigorosamente prospettico, accostandoli variamente fra loro e fissandoli nelle loro forme e nelle loro tonalità con un senso di verità e di abilità tecnica eccezionali, movendo su di essi giochi di riflessi, morbidezze di ombre, delicate policromie di finezze incomparabili.
Gli avvenne anche in talune sue composizioni, quando il risultato gli era parso più rispondente alla sua intima ricerca di più perfetto equilibrio di forme e di toni, di ripetere con lievi differenze il quadro, probabilmente perché desiderato da committenti vari. Un dipinto con Strumenti musicali, ora all'Accademia Carrara di Bergamo e già del conte Marenzi, è quasi identico a un altro di proprietà Piccinelli in Seriate e ad altro ancora presso i nobili Finardi di Redona (Bergamo). Raffrontati fra loro, non danno però la sensazione della copia, quasi perdessero parte del valore originale, ma raggiungono il livello dell'opera d'arte.
È naturale che, affermatosi attraverso le operev del B. questo genere originale di nature morte con tappeti, drappi, strumenti musicali e diffusasi la loro conoscenza, sorgesse la richiesta di committenti e conseguentemente altri artisti si accostassero con imitazioni a ripeterne i motivi ed il carattere.
Il più delle volte il nome degli imitatori si è perduto, mentre molte di queste opere secondarie tuttora esistono presso famiglie lombarde, per cui nel mercato si sono spesso affermate attribuzioni al B. di quadri solo superficialmente affini alla sua arte. Due nomi degli imitatori però risultano dalle firme: i pittori bergamaschi Bartolomeo e Bonaventura Bettera.
Per l'elenco delle opere firmate del B. cfr. Biancale (1912), Delogu (1931) e Angelini (1946, pp. 73 s.).
Sino al 1806 si trovavano nella libreria di S. Giorgio Maggiore, a Venezia, otto quadri del B., dono dell'abate (1667-1671) Francesco Soperchi (F. Cicogna, Delle Inscrizioni Veneziane, IV, Venezia 1834, pp. 273, 376 n. 298, 389 s., 598), oggi dispersi; si presume però che due possano essere quelli con strumenti musicali di proprietà (nel 1945) di G. Albanese, Merate (Milano), poiché un cartiglio in uno dei quadri porta la firma "Evaristo Baschenis, Venezia 1647".
Il B. morì a Bergamo il 16 marzo 1677.
Bibl.: F. M. Tassi, Vite de'Pittori... bergamaschi, Bergamo 1793, I, pp. 55 s., 184 s.; L. Lanzi, Storia pittorica dell'Italia, II, Bassano 1795-1796, pp. 196 s.; M. Biancale, E. B. bergamasco dipintore degli antichi liuti ital., in L'Arte, XV (1912), pp. 321-344; Id., A proposito del B., ibid., XVI (1913), p. 77; E. Modigliani, Lettera polemica su B., ibid., p. 157; G. Delogu, Pittori minori lombardi, liguri e piemontesi del Seicento e Settecento, Venezia 1931, pp. 218 s.; L. Angelini, I B. pittori bergamaschi, Bergamo 1946, pp. 37-73; Ch. Sterling, La nature morte de l'antiquité à nos jours, Paris 1952, pp. 55, 56, 57, 60, 62 e note 109, ms; L. Angelini, Forma e luce nelle nature morte di E. B., in Bergomum, IV (1953), pp. 15 ss.; r.l. (R. Longhi), in I pittori della realtà in Lombardia (catal. della mostra), Milano 1953, pp. 41-44; c. v. (C. Volpe), in La natura morta italiana, Milano 1964, pp. 90-92; E. Gedolo, E. B., Milano 1965; U. Thieme-F. Becker, Künstler-Lexikon, II, p. 593; Encicl. Ital., VI, p. 266; S. Bottar, in Enc. Univ. dell'arte, IX, coll. 817 s.