BONCINELLI, Evaristo
Figlio di Giuseppe e di Teresa Magherini, nacque a Montignano sull'Arno (Firenze) il 29 marzo 1883, ultimo di quattordici figli. Il padre, appartenente a una modesta famiglia di commercianti, in seguito alla divisione del patrimonio si era impiegato presso una tipografia a Firenze.
Il B., iniziati gli studi presso gli scolopi, preferì lavorare: ragazzo, fu messo a bottega presso lo scultore A. Galducci, allievo del Duprè, dove restò fino all'età di diciotto anni. Passò poi a lavorare il marmo in altro studio e l'alabastro presso lo scultore Rosi. Contemporaneamente, dal 1900 al 1903, frequentò con regolarità (e poi saltuariamente tra il 1910 e il 1914) la scuola dello scultore P. Dazzi, dove il Galducci insegnava disegno e plastica.
Nel febbraio del 1905 sposò Maria Amneris Baccani.
In questa fase l'attività del B. consisté praticamente soltanto in un lavoro di copie da calchi di Michelangelo, Donatello, Canova, che poi venivano vendute all'estero: ma tale tirocinio non lasciò nella sua opera tracce di maniera, anzi lo portò alla conoscenza e alla padronanza delle materie, addestrando la mano all'intaglio e alla modellatura.
Nel Ritratto del fratello (gesso) del 1912 sono già presenti le caratteristiche dell'individuazione del carattere e della sua traduzione "controllata" nel tocco, nel segno e nella forma. L'opera, esposta a Brera nel 1913, passò inosservata. Tuttavia, parallelamente al lavoro di alabastrino e intagliatore, il B. continuò la sua autonoma ricerca come scultore. Espose nel 1914 alla Promotrice invernale di Firenze la testa Il prete. Dello stesso anno sono le opere Pastorello e Testa di vecchio. Nel 1915, allievo dello scultore D. Trentacoste, eseguì il Ritratto del suocero (gesso). Il busto La cieca (1916: gesso; versione in bronzo nella Galleria naz. d'arte moderna di Roma) è un esempio della capacità del B. di tradurre la sua interpretazione di ogni diverso soggetto in una particolare ricerca formale. Qui appare una idea di attonita immobilità nella voluta pesantezza della forma, incisa da piccoli e fitti segni, tagliuzzature rabbiose della superficie. Il tocco si fa invece veloce e agile nel definire la mobilità di ogni tratto del volto del Fanciullo ridente (gesso; noto anche come Le boccacce e La smorfia), del 1916-17, pur mantenendo un composto senso della fissità e dell'unità della materia.
A questa data la figura artistica del B. è già chiaramente definibile: appartenente alla generazione di artisti della fine dell'Ottocento-primi del Novecento, periodo d'attesa e di compromesso tra l'insistito verismo meridionale e l'impressionismo dei lombardi, opera accentuatamente in senso veristico, ma, alieno dal vieto naturalismo della rappresentazione e senza mai cadere nell'"opera di genere", trasfigura il modello, scelto sempre nell'ambiente familiare e popolare che lo circonda, in tipo ideale, in una immagine la cui presenza oggettuale e simbolica trascende ogni descrittivismo analitico.
Allo scoppio della prima guerra mondiale il B., pur continuando a lavorare (frequentò anche la scuola libera di nudo e un corso di anatomia alla facoltà di medicina), fece, come volontario, i turni di notte all'ospedale militare della Riserva di Firenze. Nel gennaio del 1917 fu chiamato alle armi. Il fatto determinò un trauma nello scultore: presto si manifestarono, infatti, i primi sintomi di malessere psichico. Processato e incarcerato si radicò in lui l'idea della persecuzione.
Nel 1919, dimesso dopo un breve ricovero, modellò La madre (gesso; oggi esiste un calco del gesso originale), che la moglie riuscì a malapena a strappare alla sua volontà distruttiva .
Mentre le sue condizioni di salute si andavano aggravando (ed egli ne aveva piena consapevolezza), eseguì l'ultima scultura, la testa de L'idiota (1919).
Colpito da sindrome paranoica, il B. fu internato nel manicomio di San Salvi, a Firenze, nell'ottobre del 1920. Qui sopravvisse a se stesso, inattivo e dimentico del suo passato, salvo una breve parentesi di lucidità e volontà produttiva nel 1943, quando eseguì una serie di schizzi e disegni, improvvisati su carta da pacchi e fogli d'accatto, immagini allucinanti dell'umanità che lo circondava.
Aggravatosi improvvisamente, morì a Firenze (San Salvi) il 16 ag. 1946.
Già pochi anni dopo il suo ricovero in manicomio, cominciò un processo di riscoperta delle opere del B.: all'Esposizione fiorentina primaverile del 1922 vennero esposte quattro sue opere: Testa di vecchio (marmo), L'idiota (gesso), La cieca (gesso) e il Ritratto del suocero (gesso) (cfr. M. T., in Espos. Fiorentinaprimaverile, catal., Firenze 1922, p. 24; N. Tarchiani, in Emporium, LXV [1922], pp. 288, 289 [riproduz.].
Ma il posto del B. nella storia dell'arte italiana contemporanea è legato soprattutto al suo inserimento nel gruppo del "Novecento" (sue opere furono esposte sia alla prima che alla seconda mostra del movimento tenutesi rispettivamente nel 1926 e nel 1929 a Milano, nel palazzo della Permanente) e all'omaggio resogli nel 1927 (all'Esposiz. dell'incisione moderna a Firenze) dal gruppo del Selvaggio (vedi recensioni di M. Sarfatti in Rivista ill. delPopolo d'Italia, IV [1926], n. 3, e di P. Torriano in L'Illustrazione ital., 29 maggio 1927, p. 433; 7 aprile 1929, p. 532).
In verità, il B. è stato sostanzialmente estraneo al maturarsi delle concezioni novecentiste e del Selvaggio, cioè alle posizioni culturalmente frenanti nei confronti di ogni fenomeno d'avanguardia, dal futurismo a tutte le più avanzate correnti artistiche europee contemporanee.
Solo nella storiografia più recente (per es. in Lavagnino) la figura del B. viene ridimensionata storicamente, anche se talvolta (Ballo) si nota ancora incertezza nella distinzione tra il momento storicamente definito in cui l'artista opera e il momento successivo, in cui viene attratto a sua insaputa nell'orbita di movimenti non direttamente collegati alla sua personalità artistica.
Le fusioni in bronzo delle opere del B. sono state eseguite tra il 1928 e il 1943, i gessi originali, e qualche marmo, sono in deposito presso la Galleria d'arte moderna di Firenze (palazzo Pitti).
Esposizioni: 1913, Milano, Esposizione di Brera; 1914, Firenze, Promotrice invernale 1919, Firenze, Esposizione del Soldato; 1919, Torino, Esposizione Naz. di Belle Arti; 1922, Firenze, Mostra primaverile di Belle Arti; 1923, Torino, Quadriennale Nazionale; 1926, Milano, palazzo della Permanente, "Novecento Italiano", I Mostra d'Arte; 1927, Torino, La Quadriennale; 1927, Firenze, II Esposizione internazionale Incisione moderna (mostra personale di B. nella "Stanza del Selvaggio"); 1928, Madrid, Espos. Arte Italiana; 1929, Milano, palazzo della Permanente, "Novecento italiano" (II mostra); 1939, Firenze, San Gallo, Mostra Mercato Artigiano (mostra personale del B.); 1942, Düsseldorf, Mostra Artisti toscani; 1947, Losanna, Quarant ans d'Art italien; 1959, Firenze, Accad. delle Arti del disegno, Retrospettiva.
Bibl.: A. Soffici, E. B., in Il Selvaggio, 1927 (ristampato in Trenta artisti moderni italiani e stranieri, Firenze 1950, pp. 56-64); M. Tinti, E. B., Firenze 1929; D. Campana, Vite nonromanzate di D. Campana ... e E. B., Firenze 1938; G. Cartei, Artisti italiani: E. B., in Frontespizio, XI (1939), 2, pp. 703-705 (riprod.); V. Costantini, Scultura e pittura italianacontemporanea, Milano 1940, pp. 396-398 (riprod.); P. Bargellini, Scultura italiana contemporanea, Firenze 1945, pp. 5-9 (riprod.); M. Valsecchi, in Oggi, 3 settembre 1946; R. Franchi, E. B., in Paesaggio, I (1946), pp. 177-184 (riprod.); Id., E. B., in La Fiera letteraria, 19 sett. 1946, p. 6 (riprod.); L. Zanuccoli, L'arte allucinata di E. B., in Scena Illustrata, gennaio 1959 (riprod.); E. Lavagnino, L'arte moderna, Torino 1956, pp. 693 s. (riprod.); R. Biasion, Il destino di un artista prigionierodella follia, in Oggi, 24 dic. 1959; G. Ballo, La linea dell'arte italiana, I, Roma 1964, pp. 220, 238 (riprod.); Encicl. Ital., VII, p. 394; H. Vollmer, Künstler-Lexikon des XX.Jahrh.s, I, p. 260.