RADICE, Evasio
– Nacque a Vercelli il 25 dicembre 1794 da Filippo e Anna Maria Apollonia Piacentini.
Trascorse pochi anni a Vercelli, dove il padre aveva un’attività commerciale. Nel 1804 i due genitori si separarono e la madre si trasferì insieme ai figli Evasio e Alberto a Milano, dove aprì una merceria. Pur priva di grandi mezzi economici, Anna Piacentini si sforzò di dare una buona educazione ai due figli, che fece entrare nel collegio dei barnabiti di Milano. Mentre il fratello Alberto fu indirizzato verso l’attività commerciale, Evasio intraprese la carriera militare. Nel giugno 1815 entrò nell’accademia militare di Modena, come sottotenente sovrannumerario nel reale corpo di Artiglieria. In quegli anni all’interno dei corpi tecnici dell’esercito sardo, soprattutto tra gli ufficiali più giovani, stavano maturando idee costituzionali e filopatriottiche, e anche Radice abbracciò questi ideali.
In particolare, di grande importanza fu il rapporto con Giacinto Provana di Collegno, che di Radice fu comandante una volta che questi raggiunse il suo reparto a Torino. Nella capitale del Regno, Radice, divenuto capitano nel 1820, insegnò nelle regie scuole teoretiche militari di Artiglieria e di Genio, e all'accademia militare, tra i pochi docenti di idee liberali in un contesto fortemente reazionario. Tramite Collegno, Radice entrò in contatto con il principe Carlo Alberto, che manifestò grande fiducia nei confronti del giovane ufficiale tanto da inviarlo a Milano nel febbraio 1821 per prendere contatti con i liberali milanesi, in particolare con Federico Confalonieri. Radice fu uno dei protagonisti del tentativo insurrezionale del marzo 1821: fu coinvolto nella momentanea occupazione di San Salvario dell’11 marzo; poi insieme a Collegno raggiunse Alessandria dove si erano concentrati gli insorti; infine al comando di una batteria partecipò alla battaglia di Novara.
Dopo la sconfitta fuggì a Genova e da lì partì per la Spagna, dove si trattenne per pochi mesi, risiedendo soprattutto a Madrid ed entrando in contatto con altri esuli, mentre a Torino veniva condannato a morte in contumacia (luglio 1821). Alla fine del 1821 decise di trasferirsi in Inghilterra. Una scelta abbastanza consueta per gli esuli italiani, ma per Radice motivata anche da ragioni economiche: privo di grandi risorse personali, contava infatti di poter trovare un’occupazione utilizzando i solidi legami commerciali che il fratello Alberto aveva Oltremanica. In effetti, nei primi mesi del suo soggiorno inglese, Radice ebbe un impiego presso una ditta privata a Birmingham, che però lasciò presto. Rimase in contatto con gli altri esuli (Santorre di Santa Rosa, Giuseppe Pecchio, Luigi Porro Lambertenghi) e ottenne il sostegno anche di famiglie inglesi filoitaliane; in particolare, ebbe quello di Sarah Austin, «santa protettrice degli esuli italiani» (Pecchio, 1823, p. 75), che lo introdusse anche in un gruppo intellettuale di fede unitaria di Norwich. Nel 1823 Radice tornò per un breve periodo in Spagna per unirsi alla causa liberale. Di nuovo in Inghilterra, grazie anche al sostegno dei suoi amici di Norwich, nel novembre 1824 ottenne la cattedra di Italiano e spagnolo al Trinity College di Dublino, cattedra che conservò fino al 1848.
La sua vita da esule si muoveva tra tre poli: la cultura letteraria, che acquisì soprattutto grazie alla sua attività di docente a Dublino; la cospirazione filopatriottica, che lo portò a entrare in contatto con Giuseppe Mazzini (almeno dal 1837); i progetti commerciali, che rappresentavano non solo un portato della sua esperienza familiare, ma che Radice vedeva anche come uno strumento per il progresso delle nazioni.
Negli anni successivi, durante i periodi in cui non era impegnato nell’insegnamento, compì numerosi viaggi, in Francia, in Svizzera, negli Stati Uniti, in Belgio, sia per mantenere vivi i contatti con altri gruppi di esuli, sia per imprese commerciali legate alle attività del fratello e dei suoi soci inglesi. Nel 1833 sposò Maria Hutton, che apparteneva al gruppo unitario di Norwich. Dal loro matrimonio nacquero due figli, Alberto (1836-1916) e Nina (1841-1866). Nel 1837 fu naturalizzato inglese, mentre nel 1842 rientrò nell’indulto concesso da Carlo Alberto ai condannati nel 1821.
Anche se nella prima metà degli anni Quaranta aveva intrapreso dei viaggi in Italia e anche in Piemonte, il ritorno definitivo in patria si realizzò solo nel 1848, dopo la concessione della costituzione nel Regno di Sardegna. Radice arrivò a Torino all’inizio di aprile, negli stessi giorni in cui era stato emanato un decreto regio che reintegrava nei quadri i militari coinvolti nei fatti del 1821. A Radice venne attribuito il grado di maggiore a riposo; rifiutò invece la pensione che gli veniva offerta, dichiarandolo pubblicamente con una lettera pubblicata su La Concordia (14 aprile 1848), giornale della Sinistra piemontese, che coglieva l’occasione per sostenere la sua candidatura alle imminenti votazioni politiche, esaltando il suo passato di patriota e di esule. Radice fu eletto nel quinto collegio di Torino ed entrò in Parlamento nelle fila della Sinistra, facendosi notare sia per la sua dura condanna dei fatti napoletani del 15 maggio, sia per il sostegno al potenziamento dell’esercito. Alla fine di maggio, il ministro degli Esteri Lorenzo Pareto gli offrì la carica di inviato straordinario del Regno di Sardegna presso la Dieta di Francoforte, suscitando perplessità negli ambienti diplomatici aristocratici. La missione a Francoforte durò solo pochi mesi. A settembre Radice fece ritorno a Torino e si presentò alle elezioni suppletive per il suo collegio, resosi vacante dopo la sua partenza. Grazie soprattutto all’appoggio del Circolo politico nazionale, di cui era presidente, Radice ebbe la meglio sul candidato moderato Ottavio Thaon di Revel. Pochi mesi dopo il nuovo ministero Gioberti gli offrì l’incarico di rappresentante del Regno in Belgio e Olanda (dicembre 1848), carica che conservò fino al maggio 1849, quando fu richiamato a Torino. Alle elezioni del luglio 1849 fu di nuovo eletto deputato, questa volta per il collegio di Vercelli, e in quella stessa circoscrizione venne riconfermato nelle nuove votazioni di dicembre. Pur auspicando un possibile connubio tra moderati e democratici, nel Parlamento che ratificò il trattato di pace con l’Austria (9 gennaio 1850), Radice fu uno dei diciassette deputati che votarono contro, seguendo l’indicazione del deputato Giovanni Battista Josti, anche egli reduce del 1821.
Negli anni successivi Radice fu meno interessato alla vita politica; d’altronde durante tutta la sua carriera parlamentare furono piuttosto limitati ed estemporanei i suoi interventi in aula. Anche se meditava da tempo di abbandonare la vita politica attiva, fu solo il peggioramento delle sue condizioni di salute che lo indusse a dimettersi da deputato nel novembre 1853. In quegli anni fu invece spesso impegnato in affari familiari che lo portavano fuori Torino, sovente in Inghilterra e in Irlanda. Nel 1853 trovò una nuova causa per la quale impegnarsi: appoggiò infatti le ragioni dei valdesi, promuovendo una raccolta di fondi in Irlanda e sostenendo la congregazione di Genova.
Morì a Genova il 29 ottobre 1855
Fonti e Bibl.: I Radice Family papers, conservati presso l’Harris Manchester College di Oxford (mss. Radice 1-39), contengono lettere, documenti, diari di Evasio Radice e di sua moglie Maria Hutton. Sulla base di questi documenti il pronipote Fulke Rosavo Radice ha stampato in proprio un volume The Radice family (1979), conservato presso la Bodleian Libraries di Oxford (su Evasio pp. 5-303). Sul 1821: Arch. di Stato di Torino, Ruolo matricolare ufficiali, Corpo Reale Artiglieria, p. 38; Torino, Biblioteca reale, Sentenze R. Delegazione. Inoltre: A. Manno, Informazioni sul Ventuno in Piemonte, Firenze 1879, p. 187; A. Segre, I profughi sardi del '21 in Spagna, in Rassegna storica del Risorgimento, VIII (1921), f. straordinario, pp. 179-224; Id., L'episodio di San Salvario (11 marzo 1821), in La rivoluzione piemontese dell'anno 1821, a cura di F. Lemmi, Torino 1923, pp. 270-272; N. Rodolico, Carlo Alberto. Principe di Carignano, Firenze, 1931, pp. 114 s.; I Costituti di Federico Confalonieri, a cura di F. Salata, I, Bologna 1940, ad ind.; S. Carbone, Fonti per la storia del Risorgimento italiano negli Archivi di Parigi. I rifugiati italiani 1815-1830, Roma 1962, pp. 26, 50, 54, 79, 148; Dizionario dei Piemontesi compromessi nei moti del 1821, a cura di G. Marsengo - G. Parlato, Torino 1986, ad vocem. Sull’esilio: G. Pecchio, Anecdotes of the Spanish and Portuguese Revolutions, London 1823, p. 75; S. di Santa Rosa, Lettere dall’esilio (1821-1825), a cura di A. Olmo, Roma 1969, ad ind.; G. Pecchio, Scritti politici, a cura di P. Bernardelli, Roma 1978, ad ind.; C.H.D. Stocker Giglioli, Una famiglia di patrioti emiliani. I Giglioli di Brescello, Milano 1935, ad ind.; M.C.W. Wicks, The Italian Exiles in London, 1816-1848, Manchester 1937, ad ind.; A. Bistarelli, Gli esuli del Risorgimento, Bologna 2012, ad ind. Sulla sua attività politica e diplomatica nel 1848-1849 Roma, Ministero degli Esteri, Archivio storico diplomatico, Legazione Sarda a L’Aja, b. 6; A. Codignola, Dagli albori della libertà al proclama di Moncalieri. Lettere del conte Ilarione Petitti di Roreto a Michele Erede dal marzo 1846 all’aprile del 1850, Torino 1931, p. 583; F. Curato, Il parlamento di Francoforte e la prima guerra di indipendenza italiana, in Archivio storico italiano, CX (1952), 2, pp. 283 s.; F.R. Radice, E. R. e una prima idea del connubio?, in Rassegna storica del Risorgimento, LXII (1975), 1, pp. 209-211; R. Romeo, Cavour e il suo tempo, II, 1842-1854, Roma-Bari 2012, ad ind. Sulla sua attività di deputato: Camera dei Deputati, Portale storico, http://storia.camera.it/deputato/evasio-radice-17941225#nav (2 marzo 2017).