MALTAGLIATI, Evelina (Evi)
Nacque a Firenze l'11 luglio 1908 da Nicola ed Emilia Benelli.
Iniziò molto giovane a studiare con la nota attrice Italia Vitaliani che, succedendo a L. Rasi, diresse per un certo periodo la Scuola di recitazione del capoluogo toscano. Appena quindicenne, nel 1923, esordì come "amorosa" nella compagnia Galli-Guasti in Le campane di San Lucio di G. Forzano.
Dotata di presenza scenica (lineamenti aristocratici, colori chiari, slanciata) e di un evidente talento, proseguì il suo apprendistato alternandosi, dal 1924 al 1930, tra la compagnia di Maria Melato (1924-26; 1928-30, dove si avvicinò al repertorio dannunziano e a testi di W.S. Maugham e L. Pirandello), e quella di Tatiana Pavlova (1926-28, di particolare interesse la sua partecipazione a L'albergo dei poveri di M. Gor(kij).
Dal 1930 al '32 transitò in due compagnie di tutto rispetto (la Fontana - De Sanctis, e, soprattutto, quella di L. Picasso, attore e direttore specificamente legato al repertorio pirandelliano), raggiungendo, a soli 24 anni, il ruolo di primadonna al fianco di R. Ricci (1932), quindi di R. Lupi (1933-34).
Nel 1933 aveva anche preso parte al Maggio musicale fiorentino in uno spettacolo che fece epoca, il Sogno di una notte di mezza estate di W. Shakespeare per la regia di M. Reinhardt, in cui fu una perfetta Titania, ruolo che metteva in giusto risalto sia la sua bionda, longilinea bellezza sia la classica misura dell'interpretazione.
Nella stagione 1934-35, accanto ad A. Falconi, ottenne un successo personale nella Pamela nubile di C. Goldoni. L'anno seguente formò compagnia con G. Cervi e S. Tofano.
Con Cervi la M. costituì una coppia di grande richiamo; la sua recitazione, raffinata e brillante, e la naturale eleganza ben si prestavano al repertorio, prevalentemente di evasione ma tuttavia di livello, prediletto dalla compagnia (fra gli altri: Intermezzo di N. Coward, Il cigno di F. Molnár); più significativa e interiorizzata la sua prova d'attrice nel personaggio della dolce Gasparina Torretta di Ma non è una cosa seria di Pirandello, regia di Tofano ma con la diretta supervisione dell'autore (la M. riprese con inalterato successo il ruolo nel 1949 al teatro Quirino di Roma, al fianco di C. Ninchi).
Nei primi anni Quaranta, in ditta con L. Cimara (cui si affiancarono prima C. Ninchi, poi A. Migliari), e per lo più sotto la direzione di E. Giannini, regista che le era particolarmente congeniale, la M., senza abbandonare l'abituale repertorio eclettico e brillante, affrontò anche ruoli per lei nuovi e significativi, avvicinando autori che avrebbe continuato a frequentare per tutta la sua lunga carriera.
In titoli quali Come tu mi vuoi e Vestire gli ignudi di Pirandello, Non si sa mai di G.B. Shaw, Sesso debole di é. Bourdet, Anna Karenina (ridotto da Giannini dal testo di L.N. Tolstoj), la M. dette interpretazioni psicologicamente accurate, misurate e puntuali, ed espresse una recitazione capace di accensioni liriche ma lineare, infine libera da quei piccoli "manierismi" che l'avevano talvolta appesantita, dimostrando di aver raggiunto la piena maturità artistica.
La versatilità di cui aveva dato prova in questi anni le permise, nel 1943, una puntata nel teatro di rivista, sempre con Cimara, ambedue però affiancati da E. De Filippo, in Tombola, scritta e diretta dalla coppia F. Nelli - M. Mangini. Negli anni di guerra e dell'immediato dopoguerra continuò a recitare e il suo nome figurò in ditta a fianco di M. Benassi, Cimara, Cervi, C. Ninchi. Nel 1947-48 la M., in veste di capocomica, scritturò alcuni giovani talenti destinati a grande successo: V. Gassman, T. Buazzelli, N. Manfredi.
Con questa compagine affrontò un repertorio "di avanguardia", in particolare Erano tutti miei figli, uno dei primi successi di A. Miller, allora quasi ignoto in Italia; e L'aquila a due teste di J. Cocteau in cui, al fianco di Gassman, giovane rivoluzionario, ricoprì magistralmente il ruolo della regina, senza sfigurare nel confronto con l'interpretazione che quasi in contemporanea ne dava sullo schermo la celebre Edvige Feuillère.
Con T. Carraro (che già le era stato al fianco come Vronskij nella versione della Karenina del 1941), la M., nel 1950, interpretò il ruolo della madre in Processo agli innocenti di C. Terron, uno fra i nomi significativi della scena italiana contemporanea; nella stagione 1950-51, con Cimara, intraprese un'importante tournée in Sudamerica.
Proprio nei primi anni Cinquanta, al meglio dei suoi mezzi espressivi, la M., completando l'evoluzione di una carriera già lunga e iniziata nelle compagnie dei vecchi capocomici, seppe trarre il meglio dal teatro "di regia" quale prima attrice del Piccolo Teatro della città di Roma, fondato e diretto da O. Costa.
Fu un'incisiva Lady Macbeth nella pièce shakespeariana, una brillante Candida nel ruolo "en titre" del lavoro di Shaw, una memorabile Priora di Croissy ne I dialoghi delle carmelitane di G. Bernanos e ancora, confermando la sua vocazione pirandelliana, una straordinaria Signora Frola in Così è (se vi pare).
L'esperienza proseguì successivamente in altri stabili, in particolare quelli di Torino, Genova e Napoli. Al 1968 risale il suo definitivo ritiro dalle scene, con un'ultima apparizione nei panni della moglie in Morte di un commesso viaggiatore di Miller, accanto a Buazzelli, per la regia di E. Fenoglio. Ma fin dalla seconda metà degli anni Cinquanta la M., diradando l'attività teatrale, aveva cominciato ad apparire sul piccolo schermo della televisione, intensificando via via la sua presenza, all'inizio in spettacoli di prosa, per passare poi allo specifico televisivo dell'epoca, gli sceneggiati.
Mosse i primi passi davanti alla telecamera in trasposizioni di alcuni classici come La porta chiusa di J.-P. Sartre, regia di C. Fino (1955), la ripresa de I dialoghi delle carmelitane per la regia di Costa e La nemica di D. Niccodemi, regia di S. Blasi (entrambi del 1956). Numerosissimi furono gli sceneggiati ai quali partecipò, fra questi i più significativi: Romanzo di un giovane povero (1957, ruolo di Donna Giuseppina, regia S. Blasi); Le avventure di Nicola Nickleby (1958, signora Nickleby, regia D. D'Anza); Umiliati e offesi (Anna Andreevna, regia V. Cottafavi). Nel 1959 costituì una brillante coppia con Lilla Brignone in Le rispettabili signorine Arbuckle, un originale televisivo diretto da A. Gagliardelli; nel 1962, G. Morandi la diresse in una serie di originali sulla vita familiare dal titolo Vivere insieme; andarono poi in onda lo stesso anno Racconti dell'Italia di oggi, una serie di affreschi contemporanei di stampo neorealista, e Il tempo e la famiglia Conway, sotto la direzione di A. Brissoni; nel 1963, Annuncio a Maria di P. Claudel. Nel 1965 ritrovò Cervi ne L'affare Picpus, della serie Le inchieste del commissario Maigret, con la regia di M. Landi, in tre puntate; diretta da L. Cortese, vestì i panni di Caterina II in La figlia del capitano da A. Puškin. Al principio degli anni Settanta, con Fenoglio regista fu la contessa Elisabeth nella riduzione televisiva de I Buddenbrook di Th. Mann (1971), e partecipò a diverse produzioni per la "TV dei ragazzi" (La finestra all'interno, 1970; Viaggio di ritorno e Il signor Pietro, entrambi 1971). L'ultima apparizione televisiva della M. risale al 1972 in Rosmersholm di H. Ibsen, sotto la direzione di Cottafavi.
La M. fu soprattutto attrice teatrale e come per altre note attrici di teatro la sua carriera cinematografica non fu fortunata; il tipo fisico, la perfetta dizione la destinarono, nell'ottica dell'epoca, a ruoli di gran signora, talvolta di femme fatale, legati ad atmosfere preferibilmente drammatiche. Ma di fondo il suo aspetto era ritenuto poco conforme ai canoni della bellezza tipicamente italiana, richiesta dal cinema degli anni a cavallo fra i Trenta e i Quaranta; fu tacciata di eccessiva magrezza e di scarsa fotogenia e, pur utilizzata con una certa frequenza, non raggiunse mai la vera popolarità cinematografica, stazionando nel gruppo delle grandi protagoniste della prosa solo saltuariamente prestate allo schermo e utilizzate senza troppa convinzione. Ciò detto, la sua carriera nel cinema fu piuttosto intensa: nell'arco degli anni dai Trenta ai Sessanta prese parte a circa quaranta titoli, spesso sacrificata in pellicole di scarso rilievo o in ruoli che non mettevano sufficientemente in luce le sue capacità recitative, e che accettò per ragioni prevalentemente economiche.
Aveva debuttato nel 1934 in un ruolo secondario, ne La fanciulla dell'altro mondo di G. Righelli; l'anno seguente fu però protagonista in Aldebaran di A. Blasetti, come affascinante fidanzata, poi moglie, del tenente di vascello Cervi; nel film storico I due sergenti di E. Guazzoni (1936), ambientato in epoca napoleonica, fu, con sua evidente scarsa convinzione, una sorta di Mata Hari inglese attiva in Francia. Fra le prove migliori il ruolo della monaca di Monza ne I promessi sposi di M. Camerini e quello dell'egoista e superficiale signora Valdata in Sissignora di F.M. Poggioli (ambedue 1941). Nel dopoguerra, si possono citare le sue apparizioni cinematografiche del 1949, ne La sepolta viva (regia di G. Brignone), e, soprattutto, del 1952 nell'episodio italiano de I vinti di M. Antonioni, nei panni della madre borghese. Al cinema, comunque, si devono le sue ultime prove d'attrice: nel 1972 partecipò al film di A. Bevilacqua Questa specie d'amore, e l'anno successivo a L'affare Dominici di C. Bernard-Aubert.
La M. morì a Roma il 27 apr. 1986.
Fu sposata con E. Cappabianca, attore, capocomico e impresario teatrale, con cui ebbe la figlia Grazia.
Fonti e Bibl.: Necr. (tutti in data 29 apr. 1986), in Paese sera; Corriere della sera; La Repubblica; Avvenire; Il Messaggero; vedi anche: E. Maltagliati, Che cosa vi dice Evi M., in Cinema illustrazione, 15 apr. 1936, n. 16, p. 10; S. Masi - E. Lancia, Stelle d'Italia. Piccole e grandi dive del cinema italiano dal 1930 al 1945, Roma 1994, ad ind.; Enc. dello spettacolo, VII, coll. 19 s.; Filmlexicon degli autori e delle opere, IV, coll. 149 s.; Diz. del cinema italiano. Le attrici, pp. 209 s.; Enc. della televisione (Garzanti), p. 426.