EVOCAZIONE (dal lat. evocatio, da evŏco "chiamo fuori"; cfr. ἐκκαλέω)
È il rito diretto a chiamare, per virtù magica, sia un'anima dal mondo infero, sia una divinità dalla sede abituale. Ha una virtù magica in quanto l'evocatore usa gesti e formule capaci di provocare irresistibilmente l'effetto, e si riannoda a quella sezione della magia che si fonda sulla supposta onnipotenza magica del nome in quanto contiene l'essenza della cosa da esso significata. Lo scopo dell'evocazione è quasi sempre divinatorio (necromanzia).
Casi di evocazione sono registrati nella prassi magica di tutti i popoli. Secondo Luciano (Necyom., 6) i maghi caldei erano assai esperti in tale pratica, un esempio della quale è forse da vedere nella tav. XII dell'Epopea di Gilgamesh, là dove l'eroe evoca l'anima del morto amico Eabani attraverso un foro in comunicazione con l'arallu per sapere da lui quale sia la legge che ivi domina. Nella Bibbia (I Re [Samuele], XXVIII) Saul evoca per mezzo della maga di Endor l'anima di Samuele, per sapere l'esito della prossima battaglia contro i Filistei. Nel mondo classico ricordiamo Tiresia e la figlia Manto, Medea, Canidia e il caso celebre di Eritone, la maga tessala che rievocò un morto per predire a Sesto Pompeo l'esito della battaglia di Farsalo.
L'evocazione delle divinità avveniva per togliere al nemico il presidio delle sue divinità protettrici. La divinità veniva chiamata per nome ed allettata ad abbandonare la sua sede con la promessa di onori uguali o maggiori di quelli da essa attualmente ricevuti.
Le iscrizioni cuneiformi di Boğazköi ci conservano un caso d'evocazione operato dal re dei Hittiti. In Roma la prassi magica dell'evocazione apparteneva al collegio pontificale che ne conosceva le formule (cfr. Macrobio, Sat., III, 9). Notissimo è il racconto dell'evocazione di Giunone Regina fatta da Camillo durante l'assedio di Veio (Liv., V, 21).
Bibl.: Wissowa, in Pauly-Wissowa, Real-Encycl., s. v. Evocatio; W. Schmidt, Die Bedeutung des Namens, Darmstadt 1912 (Progr. d. Ludw.-Geogr.-Gymn.); L. Wohleb, Die altrömische und die hethitische Evocatio, in Arch. für Religionswiss., XXV (1927), p. 206 segg.