evoluzione culturale
L’evoluzione della cultura si svolge in parallelo all’evoluzione biologica, ne dipende ma se ne affranca in varia misura e può indirizzarla. Troviamo precise equivalenze tra i fattori evolutivi fondamentali nei due tipi di evoluzione: le idee e le invenzioni prendono il posto della mutazione genetica nell’introdurre novità e, in luogo della selezione naturale, gioca un ruolo importante la selezione culturale esercitata dall’ambiente umano. La trasmissione culturale ha luogo sia da una generazione alla seguente, come la trasmissione genetica, sia all’interno di una stessa generazione e fra soggetti anche lontani nello spazio e nel tempo: questo fa sì che la cultura evolva assai più rapidamente della biologia e sia divenuta lo strumento più importante di adattamento all’ambiente per la nostra specie. La potenza stessa dell’innovazione culturale rende però assai difficile prevederne gli effetti a lungo termine, che possono rivelarsi inattesi e indesiderati: le creazioni della cultura devono comunque passare al vaglio della selezione naturale. [➔ ambiente e cervello; cervello, evoluzione del; linguaggio; mente e cervello]
Chiamiamo cultura tutto ciò che può essere appreso da un individuo o trasmesso a un altro individuo, quindi ogni comportamento, forma di conoscenza, mezzo di comunicazione, tecnologia, consuetudine, creazione, credenza, attività volta a un fine. È la base biologica a rendere possibile la cultura, che estende e moltiplica le capacità di un organismo, fino a oltrepassarne i limiti naturali nel caso umano. Intendiamo per evoluzione la progressiva differenziazione delle specie viventi nel corso del tempo. Si osservano fenomeni culturali presso gran parte delle specie animali, ma in nessuna raggiungono il grado di sviluppo caratteristico della cultura umana, che è il tratto che più distingue la nostra dalle altre specie animali. Per e. c. umana intendiamo quindi sia il progressivo sviluppo e la diversificazione della capacità umana di produrre cultura, sia la storia delle diverse culture dell’umanità.
L’e. c. è strettamente intrecciata con quella biologica. Entrambi i tipi di evoluzione si manifestano come processi di trasformazione e diversificazione, che comportano un aumento della varietà disponibile, accompagnata per lo più da un aumento di complessità, e si risolvono nello sviluppo di capacità di interazione con l’ambiente. È da questa capacità di interazione che dipende la sorte delle specie viventi. Accanto a fattori evolutivi simili troviamo, nei due processi evolutivi, meccanismi di trasmissione assai diversi: il confronto fra loro mette in luce l’originalità e la relativa autonomia dell’evoluzione culturale.
Troviamo precise corrispondenze nei fattori evolutivi fondamentali biologici e culturali: mutazione, selezione, drift (lett., «deriva») e migrazione. Nell’evoluzione biologica, il fattore che introduce novità è la mutazione genetica, un cambiamento spontaneo, casuale e trasmissibile che si produce nel corso della duplicazione del DNA (in pratica, un errore di copia). Equivalente culturale delle mutazioni sono le idee nuove, anch’esse generate spontaneamente e trasmissibili ma in genere non casuali, anzi indirizzate per lo più a precise finalità, di solito di tipo pratico. Come il DNA contenuto nelle cellule si riproduce, quando si trova in un ambiente adatto, così le idee presenti nella mente di un individuo producono una copia di sé stesse nella mente di un altro individuo, se i due sono in grado di comunicare. Le mutazioni sono sottoposte al vaglio della selezione naturale che decide se e quanto siano compatibili con la vita; le idee sono invece sottoposte a un analogo processo di selezione culturale, esercitato dalla comunità umana anziché dall’ambiente naturale. L’indagine sul genoma ha mostrato come la selezione naturale sia in realtà ininfluente sulla maggior parte delle mutazioni, che si diffondono semplicemente in funzione del diverso numero di figli che diversi individui hanno: è un fenomeno casuale, detto drift o deriva genetica, terzo fattore evolutivo fondamentale. In modo affine, i vari tratti culturali possono diffondersi in forme sostanzialmente casuali, per deriva culturale (per es., la frammentazione di un’unica lingua in dialetti). Anche un quarto fattore evolutivo, la migrazione, presenta precise corrispondenze fra biologia e cultura: quando porta a uno scambio tra popoli, opera un rimescolamento sia genetico sia culturale; quando viceversa un gruppo abbandona il territorio di origine per fondare un insediamento lontano, che vivrà in sostanziale isolamento, si ha un massimo di differenziazione dagli altri gruppi, per deriva sia genetica sia culturale.
La trasmissione dei caratteri biologici (il DNA) avviene solo da genitore a figlio, quindi da uno a pochi, e soltanto da una generazione all’altra. La trasmissione culturale può avvenire da uno a molti, non solo seguendo il flusso delle generazioni, ma anche fra coetanei e da giovani ad anziani, persino da morti a vivi grazie a supporti quali la scrittura. Il cambiamento culturale risulta, di conseguenza, estremamente più veloce del cambiamento genetico. Distinguiamo due modalità fondamentali di trasmissione culturale: verticale e orizzontale. La prima avviene da genitori a figli, secondo la freccia del tempo e dell’età. È simile in questo alla trasmissione genetica e tende anch’essa a essere estremamente conservativa (il genitore insegna quanto lui stesso ha appreso). La trasmissione orizzontale può invece avvenire in più modi:
• Da persona a persona (da uno a uno), con una modalità di diffusione analoga a quella di una malattia infettiva (così circolano, per es., le barzellette).
• Da uno verso molti: in questa forma, la trasmissione culturale è particolarmente veloce ed efficace nell’operare cambiamento, quando la fonte della trasmissione gode di speciale potere o prestigio (autorità statali e religiose, personaggi di vasta influenza o notorietà). Così si diffondono tanto le nuove invenzioni tecnologiche quanto le mode.
• Da molti verso uno: i membri di un gruppo trasmettono a un individuo uno stesso messaggio. Così una società porta l’immigrato ad accettare la sua lingua e le sue norme; un’organizzazione (sia questa esercito o chiesa, azienda o banda criminale) porta il nuovo membro ad accettare le regole del gruppo e se ne assicura la lealtà. Un’istituzione tende così a riprodurre sé stessa nel tempo, in modo analogo a un organismo vivente. Questa è la più conservatrice fra tutte le modalità di trasmissione.
• Da molti verso molti: questa è una modalità originale nella storia umana, resa possibile dallo sviluppo della rete informatica planetaria (Internet) e da cui è lecito attendersi un’ulteriore accelerazione nella velocità di cambiamento. Ne è testimonianza la capacità di trasformazione della rete stessa, che mobilita l’intelligenza collettiva e stabilisce una base universale di informazioni, offrendo nuove opzioni in numero virtualmente illimitato.
La rapidità di diffusione dei fenomeni culturali (siano essi strumenti, idee o comportamenti) ha fatto della cultura il più potente strumento di adattamento della nostra specie. La capacità di abitare ambienti anche estremi (come l’Artico o gli oceani), grazie a tecnologie adeguate, ha consentito la diffusione dell’attuale specie umana sull’intero pianeta. La capacità di intervenire sull’ambiente per produrre il proprio cibo, con l’agricoltura e l’allevamento, ha permesso uno straordinario aumento demografico, da qualche milione a qualche miliardo di individui negli ultimi 10.000 anni (con un corrispondente aumento del numero degli inventori). La capacità delle tecnologie umane di intervenire sull’ambiente e la stessa velocità di cambiamento sono poi state moltiplicate dall’invenzione di strumenti di comunicazione via via più perfezionati (dalla scrittura e dalla ruota alla stampa e alla telecomunicazione digitale). Benché il cambiamento culturale sia rapidissimo a confronto con il cambiamento biologico (che può richiedere millenni per diffondersi), pure non è tanto veloce se misurato sui tempi delle generazioni umane: per es., un cambiamento sociale di vasta portata, quale il riconoscimento di pari diritti alla donna e all’uomo, ha richiesto oltre cento anni per verificarsi, ha avuto luogo solo in alcune nazioni più sviluppate del pianeta e anche in queste è ben lontano dall’essersi concluso.
Alcuni cambiamenti genetici sono un riflesso diretto dell’evoluzione culturale. Per es., il consumo di frumento come fonte principale di cibo (un’abitudine alimentare portata dall’agricoltura) ha favorito la diffusione di mutazioni che hanno portato un colore di pelle chiaro tra gli agricoltori che popolarono l’Europa, all’incirca fra 8.000 e 3.000 anni fa, permettendo così una maggiore penetrazione dei raggi solari attraverso la pelle: la ragione di questo è che il frumento non contiene vitamina D, essenziale alla crescita, ma un suo precursore (l’ergosterolo), che si trasforma in vitamina D soltanto sotto l’azione della radiazione solare. In modo analogo, la tolleranza al lattosio, cioè la capacità di digerire il latte anche da adulti (i mammiferi perdono questa capacità dopo lo svezzamento) si è diffusa estesamente in Europa a partire da popolazioni di pastori dei Monti Urali, dove una mutazione che permette di continuare a produrre l’enzima lattasi (il quale consente di utilizzare l’energia contenuta nello zucchero del latte) è comparsa intorno a 6.000 anni fa. La possibilità di consumare per l’intera durata della vita un alimento ricco di nutrienti, come il latte, grazie all’allevamento di animali, ha promosso una rapida diffusione della mutazione attraverso le generazioni. In generale, gli sviluppi culturali incidono in più modi sul nostro organismo. Le modifiche portate all’ambiente sono fattori squisitamente culturali: la progressiva trasformazione (o distruzione) degli ecosistemi naturali; la creazione di ambienti artificiali (città) con microclimi propri; la specializzazione e l’automazione del lavoro; la capacità stessa d’intervento farmacologico e chirurgico sull’organismo umano con la medicina. Questi fattori hanno influito sulla nostra biologia per più aspetti, che vanno dalla progressiva attenuazione del senso dell’olfatto all’aumento della statura, dalle capacità di cura di medicina e chirurgia ai mal di schiena che colpiscono chi svolge attività sedentaria, dopo milioni di anni passati sugli alberi. In varia misura, inoltre, l’e. c. estende e a volte supera l’evoluzione biologica: lo vediamo, per es., nel forte aumento della durata media della vita, che è quasi triplicata in duecento anni, o nella colonizzazione dello spazio, un ambiente in cui l’organismo umano non sarebbe attrezzato per vivere.
La cultura è più elastica della biologia come mezzo di adattamento all’ambiente: un gene che funziona male può portare a conseguenze tragiche, mentre un utensile che funziona male può essere ripensato e rifatto. Le mutazioni culturali, a differenza di quelle biologiche, sono un adattamento mirato. Questa non è però una garanzia di successo: ogni portato della cultura deve in definitiva affrontare il filtro della selezione naturale. Sul breve termine, uno strumento poco adeguato o un’idea che non funziona viene rapidamente abbandonato, magari per essere reinventato o riformulato più avanti in termini nuovi; sul lungo termine, però, è assai difficile prevedere gli effetti delle innovazioni culturali, che sono spesso a doppio taglio. Così, agricoltura e allevamento hanno permesso di moltiplicare la popolazione umana ma hanno anche avviato processi di desertificazione di intere regioni, portando alla distruzione di ecosistemi naturali e alla diffusione di fenomeni di inquinamento su scala planetaria. L’automobile ha portato una mobilità senza precedenti ma il suo impiego è diventato fra le principali cause di morte nei paesi sviluppati. Lo sviluppo tecnologico e l’utilizzo dell’energia contenuta nei combustibili fossili hanno reso possibile l’attuale modello di sviluppo, ma l’esaurimento di queste risorse potrà determinarne la fine. La capacità umana di intervenire sui processi naturali si estende oggi dall’ingegneria genetica all’impiego dell’energia atomica, dall’esplorazione dello spazio alle nanotecnologie: l’aumento di potere comporta un corrispondente aumento di responsabilità.
La cultura si basa sulla comunicazione e il linguaggio è il fondamento della cultura umana. Si tende oggi a pensare che un linguaggio avanzato sia comparso con l’uomo moderno (Homo sapiens), fra 150.000 e 100.000 anni fa, e sia stato il fattore che ha permesso il suo grande successo evolutivo. Si conoscono ca. 6.000 lingue parlate oggi al mondo, tutte di paragonabile complessità. La capacità di un neonato di acquisire qualunque lingua come lingua madre è una precisa indicazione di una base biologica per il linguaggio comune a tutta la specie e di un’origine comune di tutte le lingue esistenti. Vi è una precisa corrispondenza fra la genealogia delle popolazioni umane, ricostruita in base all’analisi del genoma, e l’albero genealogico delle lingue ricostruito dai linguisti; le poche differenze sono chiaramente spiegabili con eventi storici di conquista e sovrapposizione di popolazioni.
Si riscontra che mentre la variazione genetica è massima all’interno delle singole popolazioni umane (intorno all’89% la stima odierna) e minima fra popolazioni diverse, anche lontane (il restante 11%), la variazione culturale è, all’opposto, massima fra popolazioni diverse e minima all’interno di una stessa popolazione (stessa lingua, stesse norme, stessi costumi e organizzazione sociale). La variazione genetica si spiega facilmente considerando che siamo una specie giovane (i 60.000 anni dell’espansione fuori dall’Africa non sono stati un periodo sufficiente a creare forti differenze genetiche fra popolazioni). Di converso, la grande rapidità della trasmissione culturale ha portato popolazioni anche contigue a differenziarsi con particolare velocità: basti riflettere che 1.000 anni di separazione sono sufficienti a rendere reciprocamente incomprensibili due lingue originate da una stessa lingua madre (come il latino per l’italiano e il francese). La grande varietà delle culture umane, come la grande varietà di tipi genetici presente fra gli esseri umani, rappresenta la migliore garanzia di sopravvivenza per l’umanità nel suo insieme, a fronte degli inevitabili cambiamenti che intervengono in ogni ambiente di vita.
La comparsa del genere Homo coincide con la comparsa delle prime pietre lavorate, intorno a 2,5 milioni di anni fa. La capacità culturale risulta così propria già della più antica specie umana: possiamo dire che l’uomo nasce come Homo faber. Si ritiene oggi che già gli australopitechi usassero strumenti, almeno di legno, benché non conservati: questo non sarebbe sorprendente, visto l’uso di bastoncini di legno da parte degli scimpanzé, la cui linea evolutiva si è separata intorno a 6 milioni di anni fa da quella che ha portato agli australopitechi e all’uomo. Ci si può chiedere quali cambiamenti abbiano dato origine a una capacità culturale così spiccata nella nostra specie. Il passaggio da una vita arboricola all’ambiente terrestre della savana favorì lo sviluppo di una stazione eretta. Una volta liberate le mani (a differenza degli altri primati) dalle necessità della locomozione, per i nostri lontani antenati si creò una situazione favorevole all’interazione tra mani e cervello, che con ogni probabilità ha reso vantaggiose le mutazioni in grado di aumentare il volume del cervello, migliorando le possibilità d’interazione tra sistema nervoso e arti superiori. Vari crani di Homo habilis ritrovati in Africa orientale, e risalenti a oltre 2 milioni di anni fa, mostrano già la leggera asimmetria tra emisfero destro e sinistro del cervello che rende possibili le funzioni linguistiche, caratteristiche dell’umanità attuale. Benché una raffinata capacità linguistica possa essere un tratto distintivo dell’uomo moderno (comparso anch’esso in Africa orientale), è più che probabile che una valida capacità di comunicare, con i gesti oltre che con i suoni, abbia accompagnato fin dai tempi più antichi lo sviluppo del genere umano. Il potenziamento delle capacità umane di comunicazione può avere favorito a sua volta le mutazioni che hanno permesso la progressiva articolazione delle funzioni linguistiche del cervello. Si può sperare che sia la ricerca in neurobiologia di questo secolo a chiarire quali sviluppi del nostro sistema nervoso hanno reso possibile la produzione di cultura e a individuare e descrivere la natura chimico-fisica delle idee. Francesco Cavalli-Sforza